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Autore: Kamper    01/03/2009    2 recensioni
Cosa faresti se dovessi vivere l'eternità nei panni di ciò che più odi? E cosa faresti se questa condanna ti venisse inflitta dalla persona che più ami?
Genere: Drammatico, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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04

IL MOSTRO

 

Linea 77, dall’album Horror Vacui [2008]

 

E non ti accorgi che ora sei unico

Arriva il mostro e tutti applaudono…

CLAP CLAP

 

 

Forks (Washington), 11 settembre, 03.14 AM

Isabella Cullen

 

Alice aveva appena predetto la nostra morte. Non era la prima volta che succedeva.

In quel momento mi parve di tornare indietro di quasi un anno, quando la mia sorella acquisita, oltre che la mia migliore amica, ebbe la stessa identica sconvolgente visione di noi che venivamo sterminati dai Volturi, l’autoproclamatasi “stirpe reale” dei vampiri, l’organizzazione che gestiva la Mascherata. Coloro che vigilavano affinché si mantenesse il segreto sulla nostra esistenza. Mia figlia Renesmeé, nonostante fosse una mezza vampira, nei primi mesi di vita sembrava in tutto e per tutto una Bambina immortale, uno dei peggiori tabù del nostro mondo. I Volturi, avvisati da una vampira del clan di Denali, si scatenarono in forze, pronti ad affrontarci ed annientarci con tutta la loro guardia personale, mogli comprese.

Solo un grande assembramento di Vampiri nostri alleati, che testimoniarono a nostro favore sulla crescita e sulla capacità di mantenere il controllo di Renesmeé, ci risparmiarono dall’annullamento totale. Oltre ad un intervento provvidenziale proprio di Alice, che riuscì a rintracciare un altro Mezzovampiro nel mezzo della foresta amazzonica.

Lo compresi, e ci pensai seriamente migliaia e migliaia di volte in pochi secondi. Era l’unica soluzione possibile.

Lo dissi lentamente, soppesando ogni parola. «Carlisle, dobbiamo informare i Volturi.»

Edward in quell’istante mi prese alle spalle e mi voltò verso di lui. I suoi occhi mi fissavano con cieco odio. Non mi sembrava che in tutto questo tempo fosse stato così arrabbiato con me così tante volte in così poco tempo. «SEI-USCITA-DI-SENNO?!»

«Vuoi dare a Caius una nuova scusa per ammazzarci?» commentò Rosalie all’unisono con Edward.

«Non dico tutti!» assicurai io. «Solo i cacciatori. Felix e Demetri

Appena pronunciati quei nomi, Edward lanciò un occhiata di fuoco ad Emmett, che evidentemente era esaltato all’idea di combattere contro la gigantesca guardia dei Volturi. E soprattutto ancora più esagitato all’idea di restituire a Key il favore per l’arto tagliato.

«E’ fuori discussione!» urlò Edward. «E’ uno solo, mentre noi siamo in tanti. Io posso sentire la sua presenza, e per Alice non sarà un problema prevedere quando cercherà di colpirci di nuovo.»

Io ero ormai fuori di me. «Sei tu che sei uscito di senno, Edward. Alice ha appena detto che entro cinque mesi saremmo tutti morti. Lo ha visto, e fino ad adesso le sue previsioni non hanno mai mancato il colpo.»

Non era esattamente la verità, ma per fortuna Edward non poteva leggermi nel pensiero per carpire quello che mi stava passando per la testa. In effetti Alice, oltre che prevedere la mia trasformazione in vampira, aveva previsto anche la mia dipartita per mano di James.

Ma comunque scommettere contro Alice equivaleva a sperare di fermare l’avanzata di un treno in corsa facendosi scudo con un foglio di carta. Ora che ci penso, credo che ora ne sarei anche capace...

«Oltretutto Carlisle ha detto che lui se ne frega dell’inferiorità numerica. Attaccherà senza curarsi di se stesso, e lo farà con l’intenzione di uccidere quanti più di noi possibile. Con che coraggio tu vivresti la tua eternità conscio che hai fatto ammazzare uno dei tuoi fratelli o sorelle, o tuo padre o tua madre, o me stessa, per fermare lui?»

Quelle parole mi erano uscite di getto, ma rispecchiavano la cruda realtà. Le persone che combattono senza avere qualcosa da perdere sono tremendamente pericolose.

Ma quelle che combattono avendo molto da proteggere lo sono altrettanto.

E io avevo un marito, una figlia e un’intera famiglia a cui volevo bene da difendere.

«Merda...»

Edward di colpo allentò la presa su di me, e corse come un razzo alla vetrata che dava sul bosco, ormai buio.

«Che succede.» chiese Carlisle.

«Seth... mi stà dicendo... che il branco lo ha perso. È riuscito a scappare. Ma non prima di aver abbattuto quattro di loro...»

Tutte le parole coraggiose che avevo pronunciato prima mi parvero d’un tratto assurde ed infantili. Il dolore che mi colpì al cuore, terribile e inarrestabile, incominciò a corrodermi dentro come un acido.

Per colpa mia quattro Queillute non avrebbero rivisto la luce dell’alba.

Alice comprese la mia sofferenza, e mi abbracciò stretta, senza dire una parola. Sapeva fin troppo bene che dirmi che non era colpa mia non avrebbe avuto effetto.

«Stà tornando.» disse semplicemente Edward.

«Key?» chiese ansioso Carlisle.

«No.» rispose lui, con una smorfia. «Renesmeé. E’ diventata ancora più veloce di quando l’abbiamo lasciata andare a caccia. E’ quasi arrivata. Jacob non riesce più a starle dietro, la stà perdendo di vista.»

All’improvviso Edward spalancò gli occhi.

«Oh...» poi disse una parola impronunciabile.

«Cosa! Che succede!?» Urlai.

«Jacob è riuscito a bloccare Nessie. Ma ha incrociato la traccia di Key.»

Se il mio cuore fosse stato ancora capace di battere, di sicuro sarebbe esploso per frequenza troppo alta.

«COSA?» dissi io, in preda all’ansia.

Si voltò lentamente, guardandoci tutti con aria grave.

«La traccia è fresca. Stà dicendo che punta dritta verso casa nostra.»

Un suono invase la camera di Edward, in quell’istante. Un suono distinto e musicale. Una nota, e se non mi sbagliavo era un Si bemolle. Si ripeteva ritmicamente, sempre più veloce.

Solo un oggetto nella villa Cullen emetteva un suono così bello e dolce.

Il pianoforte di Edward, nel salone d’ingresso.

Noi vampiri siamo molto veloci. Possiamo fare grandi distanze in poco tempo, nell’ordine dei quattrocento chilometri orari costanti per giorni e giorni, senza bisogno di riposare, ma l’espressione “Avere le ali ai piedi” sarebbe di sicuro stata adatta in quella circostanza. Circa otto decimi di secondo dopo aver compreso l’origine del suono sia io che Edward eravamo già ai piedi della scalinata dell’ingresso.

Vi rammentate quando vi avevo detto che la vita era spesso ingiusta? Quello era uno di quei momenti.

Al pianoforte era seduto lo stesso ragazzo che fino a poco tempo prima aveva cercato di uccidere me e Edward, che aveva mozzato un braccio ad Emmett e che aveva tentato di fare la stessa cosa con Carlisle. Ma l’espressione sul suo volto era diversa da quella che avevo notato in precedenza. La spada che gli avevo visto in mano, quella con cui aveva falciato Emmett era adesso nascosta dentro un anonima sacca nera, chiusa al vertice con un nastro di stoffa azzurra, come una comune canna da pesca, a tracolla sulle spalle massiccie e vigorose. Il cappuccio della felpa ora era abbassato, permettendomi di vedere chiaramente i lucidi e meravigliosi capelli castani, lunghi e ribelli come quelli di Edward, anche se non altrettanto affascinanti come i suoi. Le ciocche ricadevano scomposte sul suo volto, bello e perfetto come quello di tutti i vampiri, e creavano un contrasto stupefacente con la sua pelle bianca. Gli occhi rossi, che avevo visto così bene e così da vicino poco prima, ora appena di intravedevano attraverso di esse. Al collo si scorgeva uno scintillio dorato di una catenina. Ai piedi dello strumento era posata una sacca da viaggio verde scuro pesantemente usurata.

Gli anonimi jeans e le scarpe da ginnastica sportive consunte non facevano che renderlo ancora più affascinante. Bello e maledetto, il destino di tutti i vampiri.

Le dita bianche ed affusolate scivolavano veloci sui tasti, fino a lasciare una indistinta scia candida nell’aria.

Era impossibile non restare in silenzio ad ammirare la leggiadria della sua esecuzione, nonostante in me montasse la furia per quello che aveva cercato di fare poco prima.

Ricordo di aver detto ad Edward che i vampiri erano bravi in tutto. Ma in quel momento mi venne il terribile dubbio che neppure Edward sarebbe stato capace di tanto, infondato certo, ma che mi rodeva dentro come un amaro calice di veleno.

Stava suonando una melodia strana e malinconica. Non avevo dubbi, l’avevo già sentita, era uno dei pianisti contemporanei preferiti di Edward, Giovanni Allevi.

E, con ironia, mi ricordai che il titolo della sonata era Pensieri nascosti.

La sua esecuzione era perfetta, senza sbavature, ma ogni tanto inseriva delle variazioni personali nella composizione.

Mi parve di restare ad ascoltarlo per secoli, ma all’improvviso si bloccò.

Carlisle era comparso di fianco a me, insieme a tutto il resto della famiglia. Sapevamo cosa bisognasse fare, ed eravamo tutti pronti ad agire, ma eravamo coscienti che dovevamo dare a nostro padre una possibilità di ricucire i rapporti con quello che per lui è stato quanto di più vicino ad un fratello ci potesse essere, prima di abbatterlo come un qualunque nemico. O farci abbattere da lui.

Il silenzio che scaturì da che smise di suonare mi riempì il cuore di angoscia e tensione, tanto orribile che sobbalzai quando un suono secco lo ruppe. Il rumore di mani che battevano.

Carlisle stava applaudendo, seguito a ruota, molto timidamente, anche da Esme.

«Bravo.» disse semplicemente.

Key non parve neanche dare segno di averlo sentito. Rimase ancora fermo, con me dita premute sui tasti, per un altro interminabile minuto. Gli occhi chiusi e lo sguardo fisso non facevano trasparire alcuna emozione.

Era una statua di marmo.

«Carl...isle...» sillabò con la sua voce bellissima, ma atona.

Riaprì gli occhi e si voltò lentamente verso di noi, squadrandoci uno alla volta.

Istintivamente ci stringemmo, pronti per affrontare un altro attacco.

Dalla calma con cui sia Edward che Alice si muovevano però riuscivo ad intuire che non prevedevano un attacco immediato. Key stava prendendo tempo, per qualche motivo.

Ma solo a me risultava strano che nessuno dei due fosse riuscito a individuare la sua manovra diversiva, e che fosse entrato in casa nostra, per giunta dalla porta principale?

Ancora seduto sul seggiolino del pianoforte continuò a guardare Carlisle senza proferir verbo per parecchi altri minuti. Il tempo è una cosa decisamente relativa, per chi come noi ne ha tanto. Un secondo può durare una vita intera, e una notte intera di passione potrebbe essere troppo corta per apprezzarla appieno.

Sussurrai sottovoce ad Edward «Ma cosa stà aspettando?»

«Stà pensando cosa chiedere a Carlisle

«Riguardo a cosa?»

«Riguardo a noi...» rispose semplicemente.

Stavo per dire qualcos’altro, quando Key cominciò a parlare.

«Mi hai tradito, Carlisle.» disse semplicemente. Non era un’accusa. Era una constatazione.

Sinceramente, Carlisle rispose «Mi dispiace.»

Key ridacchiò debolmente. Un suono delizioso, alle mie orecchie. Un tintinnare argentino simile a quello della voce di Alice.

«Un “mi dispiace” non è sufficiente, fratello. Tu mi hai precluso ciò che più di ogni altra cosa bramavo. Una vita umana, lunga e meravigliosa, coronata alla fine da un eterno e meritato riposo. A causa tua, della tua vigliaccheria, della tua maledizione con cui mi hai lordato, io non posso più anelare a ciò. Tu mi hai condannato ad un’eternità di buio e solitudine!»

Rosalie, ancora alterata, non poté trattenersi dal fare un commento sprezzante.

«Hai scelto il mestiere sbagliato per morire in pace, assassino!»

Gli occhi rossi fuoco del vampiro parvero ardere come braci, quando fulminò Rose con lo sguardo. L’ira che traspariva da essi, quasi tangibile, la fece indietreggiare dallo spavento, facendola inciampare nel gradino e cadere rovinosamente.

Era una cosa incredibile, considerando che i Vampiri non perdevano mai l’equilibrio.

«Tieni la tua lingua a bada tra i tuoi denti, succhiasangue! Non accetto commenti da esseri come te.»

Ma invece che tacere, nonostante fosse terrorizzata, lei rincarò la dose.

«Se odiavi tanto la nostra razza perché non ti sei ucciso con i tuoi stessi metodi? Avevi paura, non è vero? Alla fine, se sei qui, significa che sei un codardo pauroso, come tutti i patetici insulsi e vigliacchi esseri umani!»

Rimasi sconvolta dalla veemenza con cui tali parole uscirono dalla bocca di mia sorella.

Successe tutto in un solo istante, tanto veloce che nemmeno Edward lo lesse.

In un unico gesto fluido con la mano destra sciolse la sacca che teneva sulla schiena, estraendone la lucente Katana mentre con la sinistra si mise la mano in tasca, lanciandolo poi nell’aria di fronte a se tre piccole sfere blu, non più grandi di un sasso.

E poi fu l’inferno.

Sferzò l’aria con un fendente, tanto veloce che era impossibile vederlo, e dall’arco che la spada aveva tracciato nell’aria eruppero tre enormi lingue di fuoco blu che illuminarono a giorno il buio salone.

La rapidità con cui eseguì questa azione colse tutti di sorpresa, compresa Rosalie che non ebbe il tempo di schivare il getto di fuoco che la colpì in pieno.

Il suo urlo si spense in pochi secondi, insieme al fuoco azzurro.

Quando riaprì gli occhi, che per lo spavento avevo serrato, mi apparve davanti agli occhi una scena orrenda.

Il bellissimo corpo di Rosalie era ora squarciato da tre segni, simili alle zampate di una bestia mitologica, che le bruciavano addosso come un veleno, dal fianco destro risalendole il petto diagonalmente, fino ad arrivare alla spalla sinistra. Non avevo mai visto in vita mia qualcosa di simile.

«Oddio! Rose!» Gridò Emmett precipitandosi verso di lei.

Il suo sguardo era vacuo e non rispondeva agli stimoli, nonostante ciò pareva ancora “viva”, se così si può dire.

Non conoscevo i limiti di rigenerazione della nostra razza, ma finché un vampiro non veniva completamente bruciato, non era ancora morto.

«Bastardo! Che le hai fatto! CHE HAI FATTO!» ruggì Emmett, partendo alla carica verso di lui.

Solo l’intervento provvidenziale di Jasper ed Edward gli impedì di essere il prossimo.

«Calmati!» gli continuava a dire lui. «Non ti rendi conto che non l’ha uccisa di proposito, anche se poteva farlo?»

L’espressione stravolta dalla rabbia di Emmett indicava che questo per lui era un dettaglio opinabile

«Non me ne frega un ***** se non voleva ucciderla! Questo infame ha dato fuoco a mia moglie! Io gli strappo quella spada dalle mani e lo costringo a passere il resto dell’eternità a nutrirsi con una cannuccia!»

Per niente spaventato dalle minacce, per la verità un po’ fiacche, di mio fratello, Key ripose la spada nel fodero che teneva sulle spalle.

«Immagino che quella bocca di cui fa largo uso gli torni molto utile con te, “Emmett”... per un po’ non la aprirà temo... spero non ti dispiaccia.» disse, con voce atona.

Una volta battute così sconce erano proprio una prerogativa del mio fratellone, che non la prese molto bene.

«ORA TI AMMAZZO!»

Come birilli Jasper e Edward volarono ai lati opposti della stanza, lasciandolo caricare come una furia Key.

«EMMETT! NO!» urlò Carlisle, troppo tardi.

ZAC!

Una macchia rossa come il rubino apparve sulla T-shirt di Emmett, nel punto in cui la spada lo trafisse. Dritto al suo cuore immobile.

Cercò di farfugliare qualche parola, ma prima che riuscisse da farle raggiungere un senso compiuto con un colpo di palmo Key lo disincagliò dalla spada mandandolo a sfracellarsi addosso alla scalinata, a pochi metri da Rose.

«Qualcun altro ci vuole provare?» disse, con un tono che pareva intendere “vi prego, qualcuno ci provi... datemi una scusa per farvi fuori!”

Io no di certo.

Il climax stava arrivando.

Per qualche strano motivo, in quel momento sentivo la Volvo bruciare molto più forte di prima...

Le fiamme si stavano avvicinando, forse?

«Dimmi Carlisle» riprese «chi sono questi esseri immondi che ti stanno affianco?»

Carlisle si limitò a dire «Sono i miei figli.»

Pessima scelta.

«Figli...» ripeté Key lentamente.

Edward scattò, molto così velocemente che nemmeno io riuscì ad accorgermi della sua scomparsa dal mio fianco fino a quando non lo vidi a terra con Carlisle in braccio.

E nel punto in cui fino a pochi millesimi di secondo ci stava lui, si trovava Key. Con la sua spada piantata a fondo nel legno.

Nessuno di noi osò muovere un solo muscolo. Eravamo otto statue del marmo bianco di Carrara più splendente, sole in attesa che il pazzo Leonardo ci facesse diventare come mezzibusti greci senza arti. E senza testa.

Senza sollevare il capo disse «Dì un po’, sei forse uscito di senno? Dimmi forse, cosa nel mondo ti ha convinto a infettare altri innocenti con la nostra sporca maledizione?»

Alzò la testa. Gli occhi rossi erano spalancati ed uno sguardo ardente pareva bruciare l’aria stessa che ci circondava, rendendola pesante come il piombo.

Ogni respiro che facevamo poteva essere l’ultimo.

Ma nonostante ciò, Key non si mosse dalla sua posizione. Poteva benissimo sterminarci. Aspettava solo che noi ci lanciassimo.

Ma voleva che Carlisle parlasse. Voleva ascoltarlo, nonostante tutto.

Aveva troppe domande a cui voleva una risposta, e la sua apparente immotivata ira non era sufficiente a togliersele dalla testa.

Carlisle si risollevò in piedi, aiutato da Edward, e si avvicinò pericolosamente a Key.

Key, che continuava a mandarlo a fuoco col suo sguardo, fece un impercettibile sorriso di ammirazione verso mio marito.

«Sei bravo. Non avevo mai incontrato un essere più veloce di me. Comunque non volevo ucciderlo.»

Nel tono c’era un pizzico di ammirazione.

«Michael, ti prego ascoltami. In questi secoli sono successe tante cose. Cose che hanno drasticamente cambiato il mio modo di vedere la mia condizione. Ti scongiuro... sediamoci e parliamone.»

«Carlisle... Le cose sono cambiate, anche per me. Più di quanto tu stesso creda. Le persone sono cambiate, i luoghi sono cambiati. Il mondo stesso è cambiato. Ma i problemi sono sempre gli stessi....»

Distolse lo sguardo, estrasse la lama e ci diede le spalle per raccogliere da terra il fodero.

«Ti ringrazio, Michael.» disse Carlisle.

Ringuainò la spada, ma si bloccò, lasciando scoperto un pezzo di essa.

«Non chiamarmi più con quel nome. Era il mio nome da umano. Io sono fatto di carne e sangue ma non sono umano. Non sono più umano da quasi 350 anni.» poi, con un sonoro Tack, chiuse la spada nel fodero.

Colsi la sottile ironia, riconoscendo la frase che aveva appena detto come appartenente nientemeno che a “Intervista col Vampiro”.

 

  
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