– Ventotto –
Matt
Dovrei
rimettermi a camminare. Dirigermi verso l’albergo per tornare al terzo tempo a
salutare i miei amici, così da poter rientrare nel mio appartamento per
buttarmi finalmente nel letto, ancora vestito, concludendo la serata come ho
già fatto altre volte.
Tuttavia
non riesco a muovermi, continuo a rimanere impalato, gli occhi fissi sulla
porta di casa di Danielle, dove lei è appena entrata dopo essersi voltata
un’ultima volta sorridendo.
Mi
passo una mano fra i capelli al pensiero di quanto lei fosse bella stasera, con
il suo abito rosso, i capelli raccolti e il trucco leggero. Ripenso
automaticamente a tutti gli sguardi e i gesti che ha compiuto mentre le dicevo
– con le parole più immediate e, probabilmente, insignificanti che conosco –
quello che sento per lei; mi sono accorto che ha sussultato impercettibilmente,
che la presa sulla mia mano si è fatta più serrata, che le sue spalle si sono
irrigidite. Per me, tutti questi, sono stati segnali sufficienti a farmi capire
che Danni aveva intuito ciò che stavo per dirle e che, al contempo, desiderava
che lo facessi.
Faccio
un lungo respiro e mi sembra di sentire ancora il profumo della ragazza,
mischiato dolcemente all’odore di Cardiff. Ho fatto il possibile per
memorizzarlo mentre saliva delicatamente dai suoi capelli quando il suo corpo
era vicino al mio. Così come ho fatto il possibile per assaporare fino in fondo
il gusto custodito sulla sua bocca.
Sento
un leggero fremito percorrermi al pensiero del bacio scambiato con Danni, a
quel contatto lieve che lei non ha esitato a ricambiare, schiudendo le labbra
affinché il suo respiro potesse incontrare il mio. Ho percepito perfettamente i
suoi muscoli che si rilassavano mentre facevo scorrere la mia mano lungo la
linea sinuosa del suo collo, fino a raggiungere i suoi capelli. E lo sguardo
che ci siamo scambiati appena ci siamo separati è stata la conferma che nulla
era rovinato ma che tutto può solo migliorare.
Io
e Danni abbiamo appena iniziato una relazione. Dovremo affrontare l’argomento a
quattr’occhi, chiarire determinate cose, ma non penso che dopo stasera tutto
resterà come i giorni precedenti. Non posso desiderare altro. Da quando l’ho
conosciuta fino a oggi sono passati quasi tre mesi, non è molto tempo, ne sono
consapevole, eppure non mi sembra di avere mai preso una decisione sbagliata
che la riguardasse in tutti questi giorni in cui ho avuto a che fare con lei.
Danni è una ragazza semplice, indipendente e intelligente, un mix letale e
problematico per chiunque sia alla ricerca di una donna che lo assecondi e
basta. Invece non è ciò che cerco io, quello che speravo di trovare in una
ragazza è la capacità di essere continuamente in grado di stimolarmi, sotto
qualsiasi punto di vista. Sono sempre stato un amante del confronto e del
dialogo e non c’è niente che mi attiri di più in una ragazza che la prospettiva
di avere a che fare con qualcuna che non ti stanca mai, che troverà sempre un
modo o l’altro per aiutare a far passare il tempo.
Dev’essere
stato questo ad attirarmi fin da subito in Danielle. Fin da quel primo terzo
tempo in cui lei è rimasta con me mentre aspettavamo il ritorno di Jamie. Ho
capito che con lei ci sarebbe sempre stato qualcosa di cui parlare, per tale
motivo l’ho invitata a bere qualcosa solo pochi giorni dopo. Con il passare del
tempo le nostre conversazioni, per quanto brevi nei semplici rientri a casa,
sono diventate qualcosa di talmente piacevole che mi sentivo sempre più a mio
agio. Con Danni potevo – e posso – essere semplicemente Matt, il ventiseienne che
ama giocare a rugby e guardare serie tv, e non Matthew Evans, il capitano
gallese. Non so se sa quanto questo ha significato per me. Ripensare a lei, al
nostro legame che si rafforzava fino a sfociare in ciò che è successo stasera,
mi fa battere il cuore come a un ragazzino. Non riesco a smettere di sorridere,
sono certo che Paul capirà da solo quanto è appena accaduto, gli basterà
guardarmi in faccia.
Mi
incammino per tornare al terzo tempo, dopo aver frenato a forza il mio corpo
dall’impulso di suonare il campanello di casa di Danielle per chiederle di
stare ancora un po’ con me.
Strada
facendo ripenso alla giornata di oggi, alla partita, al Millennium Stadium, ai
tifosi che ci hanno sostenuto fino alla fine, credendo profondamente nelle
nostre capacità. Mi torna alla mente il clima negli spogliatoi e il mio stato
d’animo che, ora, ricordo a malapena. E ripenso anche al terzo tempo, a tutto
quello che è successo, finendo inevitabilmente con il tornare coi pensieri a
Danni. Devo ancora abituarmi all’idea che ora potrò vederla ogni volta che
voglio, che potrò sentirla appena ne avrò bisogno, che potrò andare a trovarla
senza un vero motivo, solo per stare con lei; ci metto sempre un paio di giorni
ad adattarmi alle novità che subentrano nella mia vita.
Smetto
di camminare, sollevando lo sguardo sull’albergo che mi si para davanti: sono
arrivato, è giunto il momento di raccontare tutto quanto al mio amico Paul. Al
solo pensiero mi viene quasi da ridere, perché sono certo di sapere già quello
che mi dirà appena mi vedrà, le espressioni che assumerà durante il mio
racconto e, quasi certamente, anche quale sarà il suo commento alla fine. Non
per niente siamo come fratelli.
Mi
avvio, rientrando nell’albergo. Saluto il receptionist e proseguo fino alla
sala da ricevimento, ormai vuota in gran parte. Scruto fra le persone ancora
presenti, sia per vedere chi è rimasto al terzo tempo, sia per riuscire a
scovare Paul; dubito che il mio amico se ne sia già andato, non avrebbe mai
lasciato la festa senza prima aver atteso il mio ritorno, non stasera almeno.
Lo trovo vicino al bancone del bar, intento a conversare allegramente con uno
dei piloni neozelandesi. Lo raggiungo, camminando con calma, ripetendo
mentalmente a me stesso di evitare di assumere qualsivoglia espressione che
possa smascherare al mio amico quanto è successo prima con Danielle: voglio che
sia una sorpresa e che lui fatichi, e parecchio, per scoprirla.
Quando
sono accanto ai due uomini mi fermo, rimanendo in silenzio in attesa di venire
considerato da entrambi o da uno dei due. Non devo aspettare a lungo: come
arrivo si voltano. Paul si dipinge in volto un gran sorriso e Kieran, il suo
interlocutore, mi accoglie con un cenno.
«Già
di ritorno?» mi punzecchia immediatamente il mio compagno di squadra.
«Sì,
già di ritorno» replico, cercando di non lasciargli intravedere nulla su quanto
successo. «Non volevo interrompervi, scusate. Se dovete finire di parlare
ripasso dopo»
Paul
e Kieran si scambiano un’occhiata ed è quest’ultimo a riprendere parola:
«No,
non preoccuparti. In totale onestà sospetto fossimo giunti alla fine»
«Esatto»
conferma Paul.
«Vado
a vedere cosa stanno combinando gli altri. Ci vediamo più tardi»
Il
neozelandese si congeda con queste ultime parole, dopo aver atteso che noi
ricambiassimo il saluto. Mi volto verso Paul, notando che lui mi sta guardando,
un sopracciglio alzato e un sorriso vittorioso in volto:
«Allora?»
domanda.
«Allora
cosa?» chiedo di rimando.
«Oh,
andiamo» sbotta. «Sai perfettamente a cosa mi riferisco, non fare il finto
tonto. Non ti caverò a forza le parole di bocca, stasera, quindi faresti meglio
a iniziare a raccontarmi tutto quanto»
Mi
strappa un sorriso e, alla fine, scuoto la testa divertito. Non posso
pretendere che si trovi le risposte da solo, questa volta gli racconterò com’è
andata. Ma alla prossima occasione lo farò penare senz’altro.
«D’accordo,
ok. Allora…» attacco, ma lui mi interrompe, piazzando una mano aperta davanti
al mio naso.
«Ah-ah,
aspetta, non ancora. Prima prendiamoci qualcosa da bere. La narrazione è più
fluida con una bionda fra le mani»
Detto
ciò si volta verso il bar, chiamando a sé il barista con un cenno. Ordina due
birre e non si azzarda a dire una parola prima che queste arrivino. Appena gli
vengono servite Paul torna a concentrarsi su di me, allungandomi uno dei due
boccali. Solleva il suo:
«Mi
auguro di essere in procinto di brindare a qualcosa» dice, alludendo, non
troppo velatamente, a quello che ho cercato di dirgli solo pochi minuti fa.
Mi
limito a guardarlo, tentando di rimanere serio, per quanto impossibile. Infatti
non ci riesco, un sorriso affiora sulle mie labbra e, a giudicare
dall’espressione che il mio amico assume, non è così invisibile.
«Lo
sapevo, lo sapevo» esclama, esaltandosi. «Vedi che hai fatto bene a seguire il
mio consiglio?»
«Ma
di che stai parlando?» domando, al solo scopo di provocarlo un po’.
«Non
prendermi in giro. Chi è stato a dirti di darti una mossa?»
Indica
la sua faccia con un eloquente gesto, poi sembra riflettere un momento:
«Glielo
hai detto, vero?»
«Sì,
gliel’ho detto. Ma non dovevo essere io a raccontarti tutto senza che tu mi cavassi le parole di bocca?»
cito, guardando Paul di sbieco.
Lui
si blocca:
«Hai
perfettamente ragione»
Mi
lascia il via libera con un cenno dopo avermi pregato di evitare i particolari
più melensi – che, comunque, non glieli avrei certamente detti – e inizio a
raccontargli, finalmente, tutto. Sono il più sintetico possibile, sia perché
non sono bravo a romanzare qualcosa, sia perché conosco Paul e so perfettamente
che lui non vuole che si giri troppo a lungo intorno al succo della questione.
Per questi motivi il mio resoconto si limita al rientro a casa di Danielle, a
me che le dico semplicemente quello che sento, a ciò che ci siamo detti dopo e
al bacio che ci siamo dati a conclusione di tutto. Il mio amico rimane ad
ascoltare in silenzio, senza interrompermi una sola volta. Di tanto in tanto
beve un sorso della sua birra, sollevando le sopracciglia e incurvando l’angolo della bocca nei momenti
salienti, ma sempre senza aggiungere nulla di più. Quando termino il mio
racconto mi zittisco, attendendo che sia lui il primo a dire qualcosa. Paul non
si fa aspettare a lungo; si mette a ridere di soddisfazione, sbandierando una
delle sue esultanze più contagiose. Mentre parlavo sono riuscito a rimanere
serio proprio perché anche lui lo era, ma ora, davanti al sorriso che mi
propone e che mi ricorda che con Danni è davvero successo tutto quanto, non
posso fare a meno di imitarlo.
Allarga
le braccia:
«Sono
davvero, davvero, contento per te» inizia. Si avvicina a me e mi abbraccia,
lasciandomi abbastanza perplesso: «Te lo meriti, amico mio. Anzi, ve lo
meritate entrambi» continua.
Appena
si stacca da me lo guardo, indicando poi la birra che tiene in mano:
«Quante
ne hai bevute di quelle?» chiedo.
Ride:
«Non
quante ne pensi. È che sono seriamente felice per te. Quella ragazza ti piace
davvero, l’ho capito dalla prima volta in cui me ne hai parlato»
Mi
limito a sorridere, senza replicare.
«Domani
vi vedete?» chiede Paul, dopo un po’ di silenzio.
Alzo
le spalle:
«Direi
proprio di sì. Domani la chiamo e sento cosa vuole fare. Abbiamo un paio di
cose di cui parlare»
«E
che non avete affrontato stasera»
«No,
infatti. Danni era davvero stanca, si vedeva. Almeno, ora, posso dire che
abbiamo tempo per parlarne con calma, io e lei»
«Senz’altro.
Sei stanco anche tu, vero?»
Il
suo tono si fa più premuroso a quest’ultima domanda. Annuisco con il capo,
abbozzando leggermente un sorriso. Paul ha ragione, sono stanco. Come ho
rimesso piede qui dentro ho sentito il mio corpo cedere improvvisamente, pareva
quasi avesse mantenuto le ultime energie per permettermi di dire a Danielle
quello che provo, poi, una volta fatto, le forze mi hanno completamente
abbandonato. Resisto per inerzia, solo perché il mio corpo ci è già passato e
so con che ritmi procedere.
«Andiamo
a sederci, allora» propone Paul.
Io
acconsento e lo seguo verso uno dei tavoli della sala. Finita la birra me ne
tornerò a casa per poter finalmente dormire, lasciandomi cullare da tutti i
pensieri che, certamente, mi riempiranno la testa prima di prendere sonno. Ma
non sarà un problema, perché sono certo che questa volta saranno positivi
nonostante la sconfitta contro gli All Blacks. Stanotte è il rugby a passare in
secondo piano.