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Autore: Soleil Jones    29/11/2015    3 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Per riprendere un po' il filo della situazione potrebbe esservi utile ridare una letta veloce all'ultimo capitolo.
In breve, eravamo rimasti ad
Amstrong. Scuola di magia americana, presunto luogo custode dell'ultima Noce Crononauta.
George, Eric e John hanno solo questa certezza come pista da seguire, più una giovane studentessa –
Ivory Thriving – che è l'unica in tutta la scuola ad affermare di aver mai anche solo scorto la figura di Ailis.
John opta per il cercare qualsiasi informazione utile in biblioteca, mentre Eric – si da per dire – decide di frequentare le lezioni approfittando del fatto di essere nella stessa Casa e nello stesso anno di ben tre componenti dell'Armata di Amstrong, il cui luogo di ritrovo si dice essere proprio la torre in cui risiede il fantasma di Ailis.
Questi tre sono Anthony Hale e Claire Mitchell (cugini) & Nyall MacFly.
L'atmosfera tra i superstiti dell'Armata tornati a scuola è tesa come una corda di violino e la meta, per quanto possa non sembrare, si fa sempre più vicina.

PIESSE: Nello scorso capitolo o quello precedente sono stati citati i
MacFly (dai fratelli Hitachiin, ricordate?).
Beeeene.
Un po' più di qualche capitolo fa (parecchi capitoli fa) si è fatto riferimento a una certa Jamelié MacFly; sorella gemella di Martyn MacFly, morta ad Hogwarts. Sorella maggiore di Nyall MacFly.
Ecco, ho modificato il nome, optando per "Lauren".
 
 

Nuovi personaggi; volti e nomi di quelli che appaiono in questo capitolo:
Andrew MacFly;
Martyn MacFly;
Ivory Thriving;
Prof.ssa Phoebe Pixie;

 
 
 

La maledizione dei Dioscuri

 
Tutto sommato James non era stato così male come Medimago improvvisato; le costole di Max stavano tornando al loro posto velocemente. E neanche Hailey era così disastrosa come Pozionista, dato che lo Scrutatore non aveva mai lamentato dolori particolarmente acuti.
«Ho avuto una buona insegnante.» Affermò una volta l’Empatica, pestando degli ingredienti affianco al calderone fumante. «Molto più qualificata di quella ufficiale, in effetti. Ma anche lui ci mette del suo, è un osso duro!»
«Non sono più resistente di quanto lo possiate essere tu o James, in realtà, ricordi?» Intervenne l’interessato, sdraiato sul letto con lo sguardo scocciato rivolto al soffitto e le braccia conserte. James ignorò volutamente il suo atteggiamento ostentato; sia lui che Hailey avevano costretto Max a non muoversi finché le sue ossa non sarebbero tornate a posto ed evidentemente non avrebbero potuto scegliere tortura peggiore di quella.
«E non è solo per dire…» Aggiunse il moro, rivolgendosi poi a James: «Quand’è che ti ho raccontato del gene?»
«Pochi giorni dopo avermi reclutato.» Rispose il biondo, aggrottando la fronte: «Com’è che a lei non abbiamo raccontato nulla prima dell’altro giorno?»
«Perché adoro coglierla di sorpresa.» Affermò scrollando le spalle Max, lo sguardo ancora fisso al soffitto e un sorrisetto irriverente dipinto sull labbra carnose e diafane.
Hailey roteò gli occhi, pestando le erbe mediche più forte del dovuto e buttandole malamente nel calderone, astenendosi dal rispondergli. Dentro di lei si chiese se ci sarebbe mai stata fine alla lista delle cose che doveva ancora sapere circa la sua situazione attuale e si rispose che, no: era alquanto improbabile.
Aveva sempre sospettato di non poter essere capitata in mezzo a tutta quella storia assurda per caso, ma qualcosa l’aveva sempre bloccata dal chiedere più spiegazioni di quante sapeva di riuscire a metabolizzare. James rispettava questa sua necessità, ed infatti era stato Max ad aprire il discorso; del resto, tra i tre era il TimeRider con più anni di esperienza alle spalle, non stava facendo nulla di più del suo dovere. Come aveva fatto prim’ancora con James.
Sapendo che genere di reazioni scaturissero dall’incontro del temperamento di uno e dell’altra, però, e per amore del quieto vivere, quest'ultimo era stato presente e parte integrante della conversazione.
«Niente di particolarmente sconvolgente, tranquilla.» Le aveva detto. Max aveva soffocato una risata, aggiungendo sarcastico: «Già, si tratta solo di qualche nozione di biologia e genetica, come sei messa a proposito?»
«Cosa…?»
«Non ti sei mai domandata perché sei stata reclutata, Hailey? In fondo l'avrai capito: le casualità non sono comprese nel pacchetto dei viaggi nel tempo. Il motivo della tua presenza qui è proprio questo: la genetica.»
Più o meno niente magia, quindi: TimeRiders si nasce, non si diventa.
Era stato James a scegliere di reclutare Hailey, dopo che il precedente Empatico era venuto a mancare.
«Sono da sempre stato uno Scrutatore, non accade quasi mai che uno cambi di ruolo, James è stato l’eccezione che conferma la regola. È nato per essere un Osservatore, ma quando chi c’era prima di te è venuto a mancare siamo stati costretti a rimpiazzarlo temporaneamente. Una settimana o poco più, poi James ha scelto te.»
«Da un fascicolo che contiene tutti i nomi e allegati di ogni TimeRiders nato e di tutti i Portatori Sani, cioè quelle persone che non hanno un gene totalmente formato.»
«È come… passami il paragone – è come dire: mezzosangue. I Portatori sono quelli che hanno il gene formato a metà, infatti li chiamiamo anche "Mezzani". Per questo è raro che nascano persone come noi, perché dal punto di vista genetico ci vuole l’unione di due Mezzani o di due TimeRiders perché la malattia venga trasmessa alla loro progenie in manier evidente.»
Funzionava come con qualsiasi malattia ereditaria: due portatori sani hanno un cinquanta percento di possibilità di generare un altro portatore, un venticinque che il bambino sia sano e un altro venticinque che sia malato.
Malati, ecco cos’erano alla fin fine; non c’era nulla di magico, anzi, era… umano, normale, da un certo punto di vista.
Una realtà tutt’altro che segreta, come invece aveva sempre pensato Hailey: in fondo Gregorovitch aveva capito cos’erano davvero, quando si erano presentati a lui. Questo perché qualcuno era stato messo al corrente della verità – o almeno in parte –: due fabbricanti di bacchette in un arco di due secoli e una cerchia di maghi specifici designati in momenti precisi a distanza di secoli.
«Naturalmente non possiamo correre troppi rischi, per cui tendiamo a non lasciare mai tracce nitide al nostro passaggio; modifichiamo o cancelliamo il ricordo della nostra visita, a seconda dei casi. Facciamo così anche con i membri del Conclave. Io sono l’unico, qui dentro, che c’abbia mai avuto a che fare. È una cerchia di Indicibili che ha un quadro più dettagliato della nostra esistenza, registra tutti i TimeRiders e i Portatori Sani nati nella loro zona d’azione dall’ultimo prelievo fino a quello successivo, cioè il momento in cui uno di noi si presenta lì per ritirare questo fascicolo.È sottilissimo, di Portatori Sani ne nascono un paio o poco più per secolo, certo, ma TimeRiders completi… non più di due, per fortuna! I nostri poteri possono essere pericolosi, se lasciati incontrollati.»
«Il gene influisce sul nostro corpo. Abbiamo un fisico più resistente di quello di una persona qualsiasi, più longevo – sente meno lo scorrere degli anni, eppure in realtà è fortemente condizionabile.» Aveva precisato James. «Viaggiare nel tempo logora le cellule nervose e del corpo in maniera irreversibile. Solo che i nostri poteri di maghi rendono il processo molto più lento rispetto a quello che subiscono i TimeRiders babbani – e infatti sono numericamente inferiori a noi. A loro sono concessi sette o otto anni di aspettativa di vita a partire dal momento in cui vengono reclutati, a noi venti, nel migliore dei casi.»
«In aggiunta, combinandosi ai poteri di un mago questo gene lo rende predisposto a spostarsi nel tempo. A te non è successo, lo sappiamo, non è qualcosa che vale per tutti, ma c’è chi prima di essere reclutato salta accidentalmente avanti o indietro nel tempo una volta o anche dieci. Il che a lungo andare è pericoloso, per la storia e per il mago in questione; l’invecchiamento prematuro causato dal continuo spostarsi avanti e indietro accelererebbe, rischierebbe la vita. La Protezione serve a questo, principalmente, ad aiutare a controllare questo potere e a usarlo nella maniera più corretta possibile.»
Inutile dire che l’unico modo per digerire tutte quelle informazioni si era rivelato essere il pestello. A distanza di giorni, tuttavia, tutto quello che Hailey riusciva a pensare era a quanto fosse strano sapere che non sarebbe invecchiata, non nel vero senso del termine; si sarebbe consumata, logorata, sarebbe appassita. Ma non invecchiata.
E la cosa davvero strana era che, se era così, allora prima o poi i suoi genitori avrebbero dovuto affrontare la presunta perdita di un altro figlio, cioè suo fratello minore.
«A proposito di sorprese,» Esordì Max. «non voglio averne altre da tuo fratello, James.»
«Solo il tempo potrà dirci cosa è meglio aspettarsi da lui.»
«Oh, andiamo–!» Esalò esasperato lo Scrutatore, gettando il capo all'indietro, contro il cuscino. «Mi sembra abbastanza ovvio che non possiamo far finta di niente! Non sa, è vero, ma conosce la nostra natura, potrebbe essere pericoloso.»
«Max, lui è...»
«–tuo fratello, ecco perché non riesci ad essere oggettivo.»
«Max non ha torto, James.» Si intromise con meno enfasi Hailey, attirandosi addosso entrambi gli sguardi dei compagni. «Però... be', suppongo che se farà qualcosa ce ne accorgeremo, no?»
«Certo che ce ne accorgeremo.» Annuì lapidario James, voltandosi verso Max. «Alla prima visione, al minimo accenno interverremo, va bene?»
Detto ciò si scansò dalla parete a cui era appoggiato e, dopo aver lanciato un cenno verso il calderone di Hailey e averle detto: «Non lasciarla troppo sul fuoco, le proprietà curative della pozione ne risentirebbero.» se ne andò.
Max guardò il punto in cui era sparito per poi voltarsi nella direzione opposta, sospirando. «Non preoccuparti,» Mormorò. «non è arrabbiato, ha solo bisogno di digerire la faccenda.»
«Difficile con te che ti metti a fare certi discorsi, non trovi?» Commentò alzando le sopracciglia Hailey.
«Gli ho solo indorato la pillola.» Fece spallucce Max. «Roba da maschi, capisci?»
Hailey fece una smorfia sarcastica. «Non credo di volerlo capire, se è roba da maschi.»
 
 
*
 
 
Se George fosse stato un tipo da biblioteca in quel momento sarebbe stato con John, intento ad aggirarsi tra decine e decine di scaffali, ma, appunto, non lo era. Gli sarebbe stato difficile starsene a frugare tra tomi polverosi – e pensare che tra Fred e George era sempre stato quest’ultimo il gemello in grado di passare un quarto d’ora filato in biblioteca senza sentire l’aria seriosa di quel luogo iniziare a opprimerlo.
La definivano una specie di allergia, loro, mentre a detta di altri era semplice negligenza.
Ecco, nel caso specifico George non avrebbe resistito neanche dieci minuti. Forse era Amstrong, forse era lui, fatto sta che si sentiva irrequieto. Anche se di fronte ai gemelli aveva fatto finta di nulla e rimuginare non era mai stato compreso nel pacchetto ‘George Weasley’ il sogno di quella notte era ancora lì a punzecchiarlo.
George lo ignorava bellamente. Perché la priorità in quel momento era trovare Ailis e… e sperare; insomma, lei era lì, tra quelle mura, su quell’isola sospesa in mezzo alle nuvole. E con lei l’ultima Noce – e con l’ultima Noce anche Fred.
Questo spiegava perché il rosso fosse irrequieto.
Iniziò a gironzolare per conto proprio che i corridoi erano deserti, improvvisamente silenziosi e inondati dei raggi del Sole. Quelli che davano sull’esterno, nell’ala Est, erano vetrati, per cui a quell’ora del mattino era possibile ammirare il vasto e cristallino orizzonte che dava sull’oceano Pacifico, puntellato da milioni di piccoli cristalli lucenti.
Amstrong era un bel posto in cui vivere, tutto sommato; salire e scendere le scale era persino emozionante: se quelle di Hogwarts cambiavano in continuazione creando deviazioni e percorsi alternativi, quelle di Amstrong – o la maggior parte – si materializzavano all’occorrenza una dopo l’altra. George le aveva percorse in lungo e in largo mentre cercava di arrivare fuori dal castello; non è che avesse molto da fare finché non avrebbe parlato con Ivory Thriving e, per quanto fosse ampia, ariosa e tutto, quella restava pur sempre una scuola.
Meglio fuori che dentro, dunque, no?
Poco prima la Caposcuola dei Rossincendio gli aveva anche consegnato una bussola stregata per orientarsi meglio.
«Dalle un colpetto e di’ a chiare lettere il nome del posto che vuoi raggiungere, conosce tutto il perimetro dell’isola.» Gli aveva spiegato in quattro e quattr’otto prima di, letteralmente, scappare a lezione. Al che George aveva pensato che molti degli inglesi che definivano gli americani una marmaglia informe di yankee sarebbero rimasti sorpresi di vederli alle prese con gli ospiti.
Stava appunto seguendo la lancetta del quadrante quando un sonoro e secco “slap!” riecheggiò da dietro l’angolo, facendolo fermare.
Credeva di aver sentito male, ma affacciandosi dalla parete vide un uomo dai capelli neri, la fronte ampia e gli occhi verdi furente – con la mano levata – e davanti a lui un ragazzo poco più basso dai capelli castani. La guancia sinistra di quest’ultimo era arrossata e il viso voltato di lato, eppure non faceva una piega.
«Questo per essere entrato clandestinamente in Inghilterra, aver messo stupidamente a repentaglio la vita tua e di tuo fratello, demolito la reputazione della tua famiglia e non esserti fatto vedere fino ad ora.» Sibilò il mago, trafiggendo colui che doveva essere suo figlio con lo sguardo. «Cos’è, ti sei forse improvvisamente ricordato di essere ancora uno studente?»
Solo allora George si accorse della presenza di una terza persona, che riconobbe come Nyall MacFly; guardava con occhi sgranati il fratello, senza osare proferire parola.
Quest’ultimo, lentamente, si voltò verso il padre, rivelando un paio di iridi blu a dir poco gelide, in quel momento emananti solo ripugnanza.
«Se sono qui ora è appunto per mio fratello, non certo per te, papà.»
«Non sei nemmeno degno di pronunciare quella parola. Specie dopo quello che hai fatto.»
«Quale?» Sogghignò beffardo il ragazzo. «Papà’, forse? Hai ragione, in effetti non so come si faccia a considerarti tale.»
«Martyn!» Lo riprese sottovoce Nyall, allarmato dal nervo che aveva preso a pulsare sulla fronte del genitore.
«Non so se l’hai saputo, caro padre,» Continuò imperterrito Martyn, nel suo tono di voce incrinato era palese quanto si stesse trattenendo dall’urlare. «ma tua figlia è morta – morta, cazzo, non c’è più!»
«Lo so bene che è morta!» Urlò il signor MacFly, guardando il figlio con gli occhi iniettati di collera, vitrei in confronto a quelli dei figli. «E in che modo, poi! Per far parte di quel gruppo di ragazzini, per giocare a fare l’eroina, per disobbedire e fare di testa sua ancora, ancora e ancora — Lauren è morta, lo so, e nella maniera più stupida che avrebbe potuto trovare.»
«Papà, smettila! Lauren è
 morta per salvarmi la vita.» Scattò all’improvviso Nyall. «Per proteggermi, non per una stupidaggine.»
«Proteggerti?» Sputò sprezzante il signor MacFly, scuotendo il capo e mormorando: «Direi che è il minimo…»
Martyn fu sul punto di metter mano alla bacchetta tanto era livido di rabbia, ma Nyall – ben più calmo e controllato – lo trattenne, esalando: «Se è questo che pensi perché sei qui?»
«Perché sono tuo padre, Nyall.» Rispose cautamente l’uomo, rivolgendosi poi al figlio maggiore: «E che ti piaccia o no sono anche il tuo. E si dà il caso che foste tutti minorenni quando avete deciso di averne abbastanza delle lezioni di Incantesimi e volervela vedere con dei pazzi pronti a uccidervi, eravate sotto la responsabilità di—»
«Arrow, mi pare ovvio.» Lo interruppe con rassegnazione Martyn. «Visto, Nyall? Si potrebbe pensare che sia venuto qui per vedere come stai, e invece no; diamo tutta la colpa ad Arrow per farci belli agli occhi del Congresso e al diavolo il resto!»
«Martyn, per favore…»
«No, papà. Per favore lo dico io: dacci un taglio, okay? E almeno prova a fingere che t’importi qualcosa di come si sente Nyall, o io, o la mamma.»
Stava alzando nuovamente la voce. George in quell’atteggiamento un miscuglio di alcune fasi che conseguono alla perdita di una persona cara: quella in cui ce l’hai col mondo intero semplicemente per il fatto che continua a girare imperterrito nonostante ormai non valga più niente, quella in cui in realtà non vorresti avere a che fare con nessuno se non con la solitudine e lo strazio comportato da ricordi destinati a perdersi nel tempo e quella in cui, alla fin fine, in fondo sai che non potrai stare così per sempre.
Una bella gatta da pelare se, come Martyn MacFly, sei da sempre abituato a usare la testa, ma anche se, come George Weasley, hai sempre avuto qualcuno con cui prendere la vita per le corna.
Ad un certo punto il rosso decise che ne aveva avuto abbastanza e che per uscire dal castello doveva esserci qualche altra via; in fondo era una questione di famiglia, quella, e lui non era mai stato una persona avvezza a farsi gli affari altrui.
Ma l’arrivo di un’altra persona lo fermò.
«Scusate l'interruzione, ma il professor Stark mi ha chiesto di ricordarvi che siamo in una scuola, non alla Coppa del Mondo di Quidditch.»
«Puoi dire al professor Stark, signorina...?»
«Ivory Thriving. E lei è il signor MacFly, suppongo.»
Era una ragazzina minuta, se messa a confronto con i MacFly; nonostante avesse una voce dai toni dolci e pacati, i grandi occhi chiari trasudavano intelligenza e arguzia.
Portava una giacca a vento uguale a quella di Lukas legata in vita, sugli shorts di jeans e le calze a righe colorate. Forse erano quei particolari, forse le scarpe da tennis bianche, la camicia celeste a maniche corte, i braccialetti tintinnanti o il fiordaliso incastonato tra le ciocche castane — fatto sta che George più che “strana” trovò Ivory Thriving "appariscente".
Martyn guardò la nuova arrivata per appena qualche attimo prima di guardare altrove; viceversa, Andrew MacFly non la smetteva di squadrarla da capo a piedi – cosa che, tra l'altro, non pareva mettere in soggezione Ivory.
«Puoi dire al professor Stark, signorina Thriving, che se questa fosse una scuola in piena regola io e i miei figli non ci permetteremmo neanche di metterci a urlare per i corridoi.»
«Ha capito male: al professore non importa che Martyn e Nyall urlino, è perfettamente tollerabile e comprensibile.» Precisò la giovane strega, sgranando gli occhi come per enfatizzare le proprie parole. «Che lei lo faccia... quello lo è molto meno.»
Fu come una secchiata d'acqua fredda, la temperatura parve diminuire improvvisamente di parecchi gradi nello stesso istante in cui il padre di Martyn e Nyall ridusse gli occhi a due fessure dall'aspetto glaciale: «Prego?»
«Lei era a Hogwarts il mese scorso, signore?» Rispose candidamente Ivory. «Io c'ero, i suoi figli anche, ma per quel che ricordo lei no. Va da sé che se possiede un minimo di buon gusto concorderà con me che il massimo che può permettersi di fare ora come ora è elaborare la faccenda come meglio crede per fatti suoi e lasciare che i suoi figli facciano altrettanto. Capirà e filerà nell'ufficio del preside Arrow che, tra parentesi, al momento sarà più che disponibile a riceverla.»
Seguì un silenzio surreale, durante il quale Nyall guardò con tanto d'occhi la Cobaltaurora. Lanciandole un'occhiata penetrante, Andrew MacFly si allontanò da Martyn quasi con stizza, dopodiché si allontanò a passo di carica; quando voltò l'angolo per poco non andò addosso a George, ma non se ne accorse nemmeno. Lo sorpassò come niente e la sua figura slanciata scomparve seguita dalle pieghe svolazzanti del mantello color oltremare.
«Grazie, Ivory.» Si sentì dire dalla voce di Nyall.
Ivory gli sorrise, «Non c'è di che. Ora che ne dici di tornare dalla Pixie?» rivolgendo poi a Martyn un'occhiata eloquente. Il ragazzo guardò il fratellino biondo e proruppe: «Vai, prometto di non sparire.»
«Ci conto.» Gli sorrise il quattordicenne prima di congedarsi per tornare in classe.
Quando fu sicura che non fosse più a portata d'orecchio Ivory commentò: «A tuo padre la ricordi molto.»
«La ricordo molto a tutti,» Rispose senza guardarla il castano. «persino a me stesso.»
Ivory riempì la distanza che la separava dal compagno e, alzandosi sulle punte, senza esitazione, gli circondò il collo con le braccia. In una maniera così spontanea che Martyn parve irrigidirsi, prima di ricambiare goffamente l'abbraccio.
Quando la più piccola si allontanò il Cobaltaurora le rivolse un sorriso accennato, ma riconoscente.
«Non dirlo nemmeno, Martyn,» Lo precedette Ivory. «è a questo che servono gli amici, giusto?»
«Giusto. Vado a sistemare le mie cose in Dormitorio, ci vediamo dopo.»
Una volta sola, prim'ancora che potesse muovere un passo e fare dietro front, la giovane avvertì dei movimenti alle proprie spalle. George era uscito allo scoperto, mosso dal pensiero 'O adesso o mai più' – Si guardarono per pochi secondi, prima che Ivory esordisse: «Ciao, posso aiutarti?»
«Credo proprio di sì.» Rispose con decisione George.
 
 
*
 
 
Eric non sapeva come si svolgessero le lezioni a Hogwarts, ma trovò che frequentare quelle di Amstrong fosse quasi divertente: non per le materie in sé per sé, ma per gli insegnanti!
Quella di Incantesimi, ad esempio, era bassina, con un caschetto color pece e degli occhiali squadrati talmente fini da essere praticamente quasi invisibili; grandi occhi nerissimi, costantemente sgranati, e un sorrisetto furbo sempre dipinto in volto.
Anthony Hale lo definiva più perfido che furbo.
«Non è male, credo, ma falla arrabbiare una volta e soffrirai come mai nella vita.» Gli aveva detto. A dire il vero non sembrava avere poi molta ragione, la professoressa Pixie girò tra i banchi con la stessa grazia di una driade e una voce trillante che non faceva altro se non rilasciare incoraggiamenti a destra e manca.
«Facciamo tanti complimenti a Roots, che oggi non si è ancora fatto sfuggire la bacchetta di mano! Continua così, Tim!»
A modo suo.
Certo era meglio di quella di Pozioni, Yizma Kronck: uno stecco tutt'ossa e rughe il cui picco di gentilezza massimo che Eric le sentì raggiungere in un'ora fu un sarcastico e ridacchiato: «La risposta, piccolo sciagurato che è disgraziatamente parte integrante del futuro di questo mondo finito in malora, è dentro di te».
Anthony, stranamente a proprio agio nelle vesti di cicerone, confidò ad Eric che non lo faceva di proposito; era semplicemente, irrimediabilmente fuori di testa. Ma un'eccellente pozionista ed un'abile strega, tuttavia, altrimenti perché tenerla lì?
«È malvagia, già, fino al midollo!» Aggiunse con una scrollata di spalle, calcandosi una maschera protettiva davanti al volto.
«Perché quell'affare?»
«Per evitare di rimetterci le sopracciglia, la settimana scorsa mi sono saltate in aria a causa sua -- E non bere quella roba!»
Dipendeva dai punti di vista: per Claire Mitchell il fatto che ogni lezione fosse anche un po' una sfida di sopravvivenza significava molte cose, cioé che la Kronck possedeva un pessimo senso dell'umorismo e che voleva tenerli ben svegli e sempre all'erta.
«Facendoci venire una crisi isterica dopo l'altra. Certo, Claire, ceeeeerto
«Taci, cugino, e sta' attento: il tuo calderone si sta liquefacendo.»
A seguire, prima di mezzogiorno, lasciato l'infinito laboratorio di Pozioni, toccò a Cura delle Creature Magiche. Non si era mai tenuta una lezione al chiuso, là ad Amstrong; l'insegnante, un vecchio Nano piccolo e tozzo con una voce potente e roca, la barba folta e un pessimo temperamento aspettò la classe – composta dai Terresploratori e gli Indacocclumanti – direttamente al limitare di un boschetto. Oltre il quale, a quanto si diceva, c'era una vasta pianura dove molte delle creature che vivevano sull'isola volteggiante trovavano pace e ristoro, lontani dalla rumorosa e caotica realtà che aleggiava al di là della foresta.
Non che qualcuno ci fosse mai davvero arrivato: quel luogo non aveva sentieri tracciati, era composto da alberi piuttosto alti che si pensava avessero la facoltà di muoversi.
L'unico punto fermo era l'enorme sequoia che svettava poco più a sud rispetto all'attuale posizione del gruppo di studenti. Tra di loro c'era chi, un po' per sfida e un po' per curiosità, qualche volta aveva provato la tentazione di avventurarsi dentro "la Selva Incantata", ma in realtà l'unica persona in tutto il continente che avesse l'inspiegabile capacità di muoversi con familiarità per quel luogo era Borin. Il professore, per l'appunto.
«Non è basso, è veramente un Nano.» Ridacchiò sommessamente una voce conosciuta vicino ad Eric, rivolta proprio a quest'ultimo. Era Eirik, alias Loki; l'orecchio era tornato al suo posto e tutto sommato pareva stare anche lui abbastanza bene. Se gli altri studenti vestivano con una certa uniformità – giacche a vento e cravatte uguali per Casa in primis
 pur mantenendo una certa individualità, lui si discostava molto dallo stereotipo di studente.
Aveva completamente sfatto la cravatta per poterla usare come un guinzaglio, a cui tenere assicurato il minaccioso e ringhiante libro di testo, la candida camicia bianca – facente a pugni con la pelle pallida e gli occhi chiari – era sbottonata e celante una canottiera viola. Per non parlare del fatto che aveva preferito un paio di pantaloni corti di jeans a quelli in tessuto, o del fatto che teneva la bacchetta nella tasca posteriore dell'indumento sopracitato!
«Steilsson, via la bacchetta da lì! Accorto come sei potresti sedertici sopra!» Tuonò il Nano, facendo poi cenno al resto degli studenti di seguirlo.
Eirik inarcò un sopracciglio come a dire: “E allora?", poi fece cenno ad Eric di non preoccuparsi. «Can che abbaia non morde, si dice, no?»
«Non avevo mai visto un Nano vero, prima.»
«Oh, io neanche sapevo che esistessero ancora, quando sono arrivato. Ce ne sono pochi in effetti, e ancor meno sono quelli che accettano di avere contatti con le altre specie. Maghi in primis.» Scrollò le spalle il biondo.
Eric seguì la piccola figura di Borin muoversi svelta e senza affanno; vestiva in maniera davvero singolare, tanto che pareva uscito da un libro molto vecchio. E alla cintola portava appesa, accuratamente riposta nel fodero, una piccola spada.
«Ma... non la usa, quella, vero?»
«Contro gli animali, dici? Nah, magari! Una volta l'ha puntata contro Incendio,» Rispose Eirik, abbassando notevolmente la voce nel nominare l'enorme drago color notte cavalcato da Lukas. «ma per il resto credo che sia abitudine. Deve essere abitudine, cioè, voglio dire: chi mai vestirebbe così, altrimenti?»
Il modo eclatante con cui Eirik parlava, accompagnato dalla sua gestualità spiccia e spontanea, fecero sbucare sulle labbra di Eric un sorriso. Avrebbe voluto chiedergli molte cose, a ben pensarci: ad esempio di dove andasse a finire Incendio quando non era con Lukas, che genere di rapporto avevano, come mai Nyall, Anthony e Claire, pur essendo anche loro parte dell'Armata di Amstrong, non gli rivolgevano la parola... Solo che Eirik non aveva affatto l'aria di uno stupido: era affabile e disposto a parlare e scherzare con chi glielo permetteva, ma anche estremamente furbo. Si vedeva, era palese e, be', se il suo nome in codice era quello del Dio norreno degli inganni e delle malefatte un motivo doveva pur esserci.
Così il castano optò per la domanda che più gli sembrava naturale, cioè: «Come sta Julchen?»
«L'ho vista stamattina.» Rispose un po' evasivamente Eirik, facendo finta di nulla. «Perché sono andato a trovarla, non perché abbia dormito in infermeria, bello.» Precisò subito, dando una spintarella al castano.
«Io dicevo sul serio. Sta bene, vero?»
«Ehi, piccoletto, credimi quando ti dico una cosa.» Tagliò corto Eirik, fermandosi di botto e guardandolo con fermezza. «A volte sono proprio le persone che sembrano più fragili a possedere una forza incredibile. Julchen potrà sembrarti una di quelle principessine bisognose del loro cavaliere senza macchia e ciance varie, ma ha una tempra che nemmeno ti immagini.» Distendendo le labbra in un sorriso, l'Indacocclumante aggiunse: «Ed io lo so bene, una volta mi ha rifilato una padellata coi fiocchi, amico!»
«Voi due, là in fondo!» Li richiamò Borin. Eric quasi scattò sull'attenti, Eirik invece non si scompose affatto. «Datevi una mossa e state insieme al gruppo, non ho intenzione di saltare il pranzo solo per venire a ripescare qualcuno di voi in giro per la Selva.»
«Non è vero.» Rise Eirik, affrettandosi a raggiungere il gruppo e sfilando la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni. «Lo farebbe eccome, è un piccolo cuor di panna!»
 
 
*
 
 
«Sei parecchio lontano da casa.» Osservò giocherellando coi propri braccialetti tintinnanti e guardando un punto imprecisato tra gli alberi. «Posso chiederti perché sei venuto fin qui?»
«Per una persona.» Rispose prontamente George. Era vero, in fondo, non le stava mentendo: era lì per Ailis, che a conti fatti era stata una persona, e per suo fratello Fred. Quindi non una, ma due!
«Oh, devi fare da Rilasciatario?» Annuì Ivory, aggiungendo subito: «La cerimonia della settimana prossima è un tributo. molti dei miei compagni la trovano inopportuna, ma è a modo suo una maniera per lasciare andare chi non c'è più. Letteralmente. Quello che farai tu sarà rilasciare dalla coppa che hai usato allo Smistamento il Detector Cor di--- di chi, scusa?»
«Hailey Grint.»
«Di Hailey. Ecco, per questo Rilasciatario.» Concluse la ragazzina. «Lo trovi stupido?»
«Se avessi perso qualcuno di importante e mi toccasse fare una cosa del genere, sì: lo troverei stupido.» Rispose storcendo la bocca George.
«Allora sei come Martyn?» Domandò schiettamente Ivory; «Come la persona che stai cercando, anche?»
Il rosso si aprì in un sorrisetto divertito, sbottando: «Cosa sei, una Legilimes?»
«Me la cavo.» Scrollò le spalle lei. «Ma in realtà sono solo una buona osservatrice. Tu e Martyn avete in comune la Maledizione dei Dioscuri, e diciamo che è qualcosa che salta all'occhio.»
«Prego?»
«Conosci la storia di Castore e Polluce?»
«Un gemello muore e l'altro no?» Azzardò mestamente George.
«Ridotto ai minimi termini è così, già. Sono i maghi greci a chiamarla così, ovviamente non è riferita a chiunque nasca insieme a un'altra persona: si riferisce a due anime che un tempo erano un'unica entità, destinate a rincorrersi e a cercarsi ogni volta che il tempo, le circostanze, lo spazio o la vita le divideranno.» Annuì seria Ivory. «L'ho sempre trovata una meravigliosa storia d'amore, sai?»
«Storia d'amore?» George inarcò un sopracciglio. «Sul serio?»
In altre circostanze avrebbe riso alla grande, ricordando le volte in cui, da bambini, Fred e lui trovavano semplicemente rivoltante l'idea di
 un giorno – sposarsi e metter su famiglia; pur tuttavia stando sempre insieme, alla stregua di due fidanzatini. In quel momento rimpiangeva, invece, quei momenti in cui gli adulti trovavano adorabile la visione di due bambini irrequieti che si tengono per mano o si scambiano un bacetto a stampo sulle labbra nel reale intento di traumatizzare uno dei loro fratelli maggiori  Percy, nel qual caso; e Ron un paio di anni dopo.
Erano stati gesti infantili e privi di malizia celanti un sentimento di fondo molto più vero e forte dell'amore normale. Gesti che col tempo si erano trasformati in sguardi complici e frasi subordinate o lasciate a metà.
«Sul serio!» Lo sorprese Ivory. «Non quel tipo di amore, ma così particolare da non poter essere paragonato a quello che esiste in una coppia.» Aggiunse, lo sguardo come perso in un bel ricordo che, man mano che parlava, andava via via sfumando di spensieratezza. «Questo finché non ho incontrato qualcuno che lo sta vivendo in prima persona.»
«Ailis.»
«Avrei detto Martyn, ma a quanto pare sai più di ciò che dovresti.»
«Vero. Senti, senza girarci intorno: è vero che tu la conosci?»
«È vero.» Annuì Ivory. «Ma non intendo fare da tramite fra voi due.»
George gettò il capo all'indietro con esasperazione, gemendo con frustrazione: «Oh, ma ti prego!»
«Lei sa che sei qui,» Lo ignorò Ivory. Quella frase fu sufficiente perché riottenesse tutta l'attenzione del rosso. «gira per il castello la notte, sente il suono dei sogni altrui, e stanotte ha ascoltato il tuo.»
Quindi era vero, c'era sul serio! Finalmente!
«Se hai avuto abbastanza fiducia per credere alle voci che girano tra i miei compagni,» Concluse con una nota d'indifferenza nella voce, sicuramente rivolta al solo pensiero. «allora abbila anche per fidarti delle mie parole: Ailis non è cattiva, è solo una persona buona con cui la vita è stata ingiusta. Non si fida, ma una volta che lo farà sta' pur certo che sarà lei a cercarti.»
 
 




Angolo autrice

Dunque, dunque – non linciatemi, vi prego!
Faccio da sola.
Ho giusto un po' di cosette da dirvi.
Prima di tutto mi scuso perché è da settembre [ mi faccio schifo da sola. ç_ç ] che non mi faccio viva con questa storia. Mmmmmma sono felice di annunciarvi che ho comprato un nuovo portatile (il nuovo amore della mia esistenza), quindi sono molto più agevolata di prima e di conseguenza più veloce!
. . . Che poi a scuola non ci sia un minuto di tregua è un dettaglio, shush.
Poi, ecco... ho pianificato tutto, nel senso che ho scarabocchiato un foglio A4 fino ad arrivare alla conclusione che questa fanfiction, se va com'è nei miei piani, si concluderà presto. Non arriveremo ai quaranta capitoli, vi dico solo questo.
Terza cosa: ho preso l'abitudine di scegliere dei 'prestavolti' ai personaggi non canonici (e giustamente, qua, ne abbiamo parecchi) presenti nella storia man mano che essi fanno la loro prima comparsa.
Se notate ve li lascio sempre, solo che esaurita come sono non ho trovato nessuno per la nostra pazza Yizma Kronck. :'D
Lo stesso dicasi per Borin. Un nano, mmh – sinceramente io ho subito pensato a quelli presenti in certi (ma proprio a caso, eh *^*) film di Peter Jackson. Solo che, be', dovete ammettere che ceeeeerti nani presenti ne 'Lo Hobbit' di tutto sanno tranne che di Borin.
Voglio dire: Aidan Turner, Dean O'Gorman, Richard Armitage... avete presente?! cwc
Comunque, ricomponiamoci!
Se qualcuno mai dovesse avere qualche idea in proposito parli ora o taccia per sempre lo dica!
Sicuramente c'era anche una quarta nota da fare, ma ora come ora l'ho scordata. E vabbé.
Come sempre vi rinnovo l'invito a scrivermi per qualsiasi dubbio/curiosità/domanda/critica/perplessità su trama/personaggi/avvenimenti etc. – davvero, non mordo. :3
Sarebbe anche lecito: spero di non avervi confuso le idee con il pezzo sui TimeRiders, vuole essere solo a titolo informativo: una curiosità sulla loro realtà, ecco.
Per finire ringrazio
– ancora e come sempre – voi. Uno ad uno. Tutti tutti!
Ich liebe dich,
Soleil
  
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