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Autore: Fiamma Drakon    02/03/2009    1 recensioni
Un alchimista... un demone devastatore... legati per la vita da una profezia annunziata secoli prima. Riuscirà Edward Elric ad impedirgli di stendere un velo di morte sul mondo?
Genere: Malinconico, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3_Verità Nella camera dove Edward e Alphonse Elric alloggiavano, le tende erano tutte tirate. La luce che filtrava da esse era tetra e bastava a malapena ad illuminare la stanza.
Alphonse era chino sul letto dove suo fratello era sdraiato. Edward se ne stava rannicchiato, le palpebre un poco calate sugli occhi spenti che fissavano un punto inesistente e lontanissimo dinanzi a lui. Si sentiva lacerato dentro, esausto. In quelle poche ore aveva vomitato altro sangue, sangue caldo che ancora impregnava i suoi vestiti. Impressi nei suoi occhi c’erano gli attimi vissuti poco tempo prima. Elizabeth, in piedi dinanzi a lui, libera dall’invisibile vincolo che l’aveva tenuta imprigionata nel suo corpo per quindici anni. Libera di portare la morte ovunque.
Un nuovo e più intenso fremito percorse il corpo del biondo, mentre le parole di Elizabeth si riaffacciavano nitide nella sua mente. Non erano ancora disgiunti. Erano ancora legati dal sottile filo d’acciaio che era la vita. La vita dannata che Edward aveva scelto di percorrere in solitudine. Se lei era ancora viva, la colpa era solo sua. Lui avrebbe dovuto morire prima e liberare il mondo da quella promessa di morte e dolore, ma non ne era stato capace.
Edward voltò il capo verso il bordo del letto, sentendo venir su altro sangue. Gli risaliva la gola lentamente, caldo e umido, fino a raggiungere la bocca. Il ragazzo si sporse e vomitò oltre il letto, in una bacinella che Alphonse gli aveva messo vicino per non farlo alzare.
L’armatura fissò il fratello in silenzio, mentre quest’ultimo si rannicchiava di nuovo sotto le coperte, gli occhi velati di ansia e terrore, emozioni per lui incomprensibili in quella circostanza. Non si era azzardato a fare domande, temendo che Edward reagisse in modo negativo, aggravando ancora di più la situazione.
Era difficile assistere sapendo di non poter far nulla di concreto per aiutarlo. Più sangue rigurgitava, più pallida diveniva la sua pelle, ormai esangue. Le pupille degli occhi erano bianchissime, quasi dissanguate totalmente. I capelli che gli circondavano il viso erano umidi e sporchi di sangue. Era una scena orribile, traumatica. In vita sua Alphonse non aveva mai visto suo fratello stare così male. E la consapevolezza di non poter far niente era opprimente, frustrante. Si sentiva completamente inutile. Era solo e superfluo in quella veglia intrisa di dolore che era la via verso la fine di suo fratello. Perché sapeva che, restando invariata la situazione, ben presto Edward sarebbe morto dissanguato.
Il biondo, giunto prematuramente a quella conclusione, sperava che almeno la morte lo strappasse a quel dolore fisico e emotivo. In mente gli si affacciavano tante domande sulle quali non valeva la pena di soffermarsi. Ormai era a un passo dalla morte. In quelle condizioni, l’unica domanda che gli sorse spontanea di farsi fu “Morire fa male?”. Non ne aveva idea, ma per quanto potesse soffrire mentre la vita lo abbandonava, sarebbe morto con la certezza che anche Elizabeth avrebbe lasciato il mondo.
Un lieve toc toc indusse Alphonse a voltarsi verso la porta, che si aprì leggera e silenziosa su due figure immobili.
- È permesso...? - chiese il colonnello, facendo un passo avanti, seguito dalla tenente.
- Colonnello... che cosa ci fa qui? -
- La tenente mi ha raccontato cosa ha visto in piazza e sono venuto ad accertarmi delle sue condizioni... - spiegò Mustang, accennando lievemente a Edward, che non aveva fatto una piega all’ingresso del colonnello.
Lo sguardo del moro si posò poi sulla bacinella, quasi colma di sangue, deposta ai piedi del letto del biondo.
- Vomita sangue? - domandò.
Alphonse abbassò lo sguardo e annuì.
- Non mi intendo granché di medicina, ma forse tutto ciò è causato da un’emorragia interna... -.
Mustang si avvicinò a Edward e si chinò su di lui.
- Acciaio... mi senti? -
Edward mugolò in risposta, senza voltarsi.
- Puoi dirmi cosa è successo? -
Il respiro affannoso del biondo si smorzò, mentre rievocava in un orripilante flash ciò che era successo quella mattina. Doveva dirlo. Se Elizabeth avesse scatenato il pandemonio e lui fosse morto dissanguato, i militari avrebbero quietato le acque.
Prese un profondo respiro e si costrinse a parlare.
- È... è uscita. Elizabeth è uscita... - rispose Edward con voce roca.
- Chi è Elizabeth? -
- Lei... lei era dentro di me. Aspettava di uscire. È... è malvagia. Ucciderà chiunque incontri... è tutta colpa mia... -
- Fratellone... -
- Acciaio... spiegati -
- La... la vedevo riflessa negli specchi. Lei dice di... di essere l’incarnazione delle mie... delle mie emozioni negative. Voleva uscire per... per seminare morte e distruzione. E io mi sono opposto... e poi lei... -.
La voce di Edward fu smorzata dalle lacrime che iniziarono a rigargli il viso silenziose.
Mustang rimase in silenzio per qualche istante.
- Poi? - chiese con morbidezza, invitandolo a continuare.
- Io... io non sapevo che... che avrebbe preso forma. Non pensavo che si sarebbe costruita un corpo. Non pensavo che... che sarebbe uscita senza che glielo permettessi. Ma oggi... -
- Oggi? -
- Ha visto quell’uomo morire... si è ribellata. Il cuore batteva... i muscoli non rispondevano... e poi... freddo. Tanto freddo... tanto, tanto freddo... -.
Edward tremava di nuovo. Non riusciva più a parlare, benché si sforzasse di riprendere il discorso. Voleva dirlo. Voleva mettere al corrente di ciò il colonnello. Ma quel freddo pungente che aveva provato si era di nuovo impossessato di lui. Lo pervadeva e non gli permetteva di formulare pensieri coerenti.
- Acciaio... -
- Lei... vuole la morte... può morire... solo se... anch’io... anch’io... -
- ... muori - concluse Alphonse.
Edward si era sforzato di dirlo. Morire. Sarebbe dovuto morire. Ma non riusciva ad esprimere quella realtà. Non la accettava ancora, benché avesse provato più e più volte a farlo.
- Acciaio... riposa -
- Lei... lei... - Edward fissò gli occhi su Alphonse.
E in essi quest’ultimo vide tutta la disperazione e il dolore che suo fratello aveva provato per quindici anni. Quegli occhi accecati dall’agonia. Quegli occhi che per tanti anni avevano celato le sue emozioni dietro una maschera fredda e impassibile. In essi, un brillio di follia.
- Al... perdonami... - esalò, abbandonando la testa sul cuscino.
No. Non era morto. Flebili e smorzati respiri si udivano, mentre il suo petto si alzava e si abbassava ritmicamente, tremando appena. Quegli sforzi lo avevano prosciugato delle ultime energie. Ora dormiva.
Il colonnello si alzò e guardò Alphonse.
- Non perdere d’occhio tuo fratello. Al resto pensiamo noi -
- Non era mia intenzione farlo -.
Mustang fece dietrofront e si allontanò dal letto. Aprì la porta.
- Colonnello... un’ultima cosa. Non provi ad uccidere Elizabeth - ammonì Alphonse, grave.
- Non era mia intenzione farlo - rispose il moro, uscendo dalla stanza. Riza si chiuse la porta alle spalle, lasciando i due fratelli di nuovo soli.
Il loro silenzio agghiacciante calò di nuovo, smorzato solo dai lievi respiri di Edward.
   
 
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