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Autore: Leonhard    30/11/2015    2 recensioni
"Il Lifestream circola all'interno del Pianeta: vedilo come un corso d'acqua all'interno di un percorso circolare".
"Allora, se io ad un certo punto getto un ramo all'interno del Lifestream, dopo qualche tempo lo vedrò passare nuovamente dal punto in cui l'ho buttato?". Cloud si prese il suo tempo per rispondere.
"Spero di no..." rispose, ma la faccia era seria, preoccupata. Aveva probabilmente colto nel segno.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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4.    Esse3


Il SOLDIER era stato legato ad una sedia in quello che era stato il rifugio segreto della Avalanche. Cloud dubitava che sarebbe servito a qualcosa: i Second non erano trattati in maniera massiccia come i First, ma erano comunque difficilmente gestibili da persone ordinarie ed immobilizzabili con semplici corde: andava male perché in quel caso l'unico in grado di fargli la guardia  era proprio lui.

C'era anche Tifa, ma lui non era mai stato bravo con i bambini. E bisognava controllare che Denzel e Marlene si addormentassero e non sgusciassero fuori dalla camera per giocare in strada.

Cloud si buttò pesantemente sulla sedia davanti al prigioniero e sbuffò, pregustandosi la pessima serata che gli si presentava.

“Progetto C...” constatò la figura. Cloud lo ignorò. “Io sono Esse3”.

“Molto poco lieto: ora sta zitto” replicò il biondo. La figura continuò.

“Hai recuperato la mia gamba?” chiese. Silenzio. “Immagino di no...e poi queste costole rotte...probabilmente anche una spalla lussata...”.

“No la tua spalla sta bene” borbottò Cloud. “Più che altro hai perso parecchio sangue da un'orecchio”.

“Ah...” replicò lui. Il tono era tranquillo, quasi scocciato: evidentemente delle costole rotte, una gmba mutilata ed una probabile commozione cerebrale erano semplice sbucciature. “Aspettiamo qualcuno?”. Il soldato sospirò.

“Se hai tanta voglia di parlare potresti spiegarmi che è successo in quel rettore” disse. “Così, tanto per galanteria”.

“Sei un uomo d'altri tempi” commentò lui. “La galanteria è morta”.

“Tra qualche ora lo sarai anche tu”.

“Sì, può essere...”. Era sempre calmo, così annoiato e disinteressato...

“Hai detto di essere uno dei Riuniti” osservò Cloud. “C'è qualcosa che devo sapere?”.

“Nulla che tu non sappia già”.

“So che volete mettere le mani sulle cellule Jenova” replicò lui. “Mi sfugge il perché...”.

“Chi te l'ha detto?”.

“Non è importante”.

“Potrebbe diventarlo”.

“Non ne dubito”. Cloud si sporse verso di lui. “Senti Violetto: puoi vuotare il sacco con me con le buone oppure aspettare domattina e vuotarlo ugualmente
con metodi non proprio ortodossi”.

“Tu non sei uno a cui piace torturare le persone”.

“Io no...”.

“...ma a Vincent Valentine sì, giusto?”. Quell'uomo la sapeva un po' troppo lunga. Cloud mascherò con uno sbadiglio un sospiro nervoso.

“Beh, se non vuoi dirmi nulla di interessante fai il bravo e sta zitto” sbottò lui, piccato. Esse3 parlo lo stesso.

“Sei convinto di fidarti delle persone giuste?” chiese.

“Io mi fido di chi paga” replicò Cloud.

“Ma non ti hanno ancora pagato”.

“Lo faranno...”.

“Certo...Rufus Shinra è noto per la sua onestà nel saldare i debiti”. Ma porca...!

“Se le cose le sai, perché le chiedi?”.

“Perchè mi annoio”.

“Sapessi io...”.

“Sei sicuro di sapere tutto quello che c'é da sapere?”. Quel tipo saltava da un discorso all'altro come se nulla fosse. Complice il sonno, Cloud certe volte faticava a stargli dietro.

“So quello che serve” rispose. Il SOLDIER annuì.

“Certo, ma non ti chiedi mai se stai agendo per persone oneste? Con te intendo...” disse. “L'ultima volta che hai basato la credibilità di un uomo sul compenso ti sei trovato in qualcosa di discretmente lungo e pericoloso”.

“Storia della mia vita...” commentò Cloud.

Stava parlando di Rufus? Quel tipo sapeva qualcosa in più di lui? Beh, era palese che sapesse più di lui ed altrettanto normale: lui era un cattivo, i cattivi sanno sempre più cose dei bravi.

Il divertente era che ci rimanevano male quando il bravo in questione sventava il loro brillante piano: quando vedeva queste cose nei film si sganasciava dalle risate, si voltava verso una Tifa presissima dalla vicenda e le chiedeva per quale diabolico processo mentale i cattivi spiegavano ai buoni il loro piano e poi se la prendevano così tanto quando finiva puntualmente a schifio.

Perché i buoni vincevano sempre? Perché ad un certo punto un idiota gli avrebbe spiegato nei minimi dettagli cosa il cattivo voleva fare. Elementare.

Rufus aveva parlato di una talpa: il fatto che fossero coinvolte due gruppi segreti il cui oggetto del desiderio erano le cellule di Jenova gli faceva sentire il sordo desiderio di incontrare al più presto l'idiota che gli avrebbe spiegato cosa il cattivo voleva fare. Sbadigliò e si sistemò sulla seggiola: l'aveva scelta scomoda apposta, ma il sonno si faceva sempre più insistente e le sue palpebre più pesanti. Fu tentato dall'idea di chiedere il cambio a Tifa, ma decise di non disturbarla: quella mattina si era svegliata di malumore e lui era stato fuori per tutto il giorno, lasciandola a sbrigare tutte le faccende ed a gestire il bar da sola. Dubitava seriamente che il suo umore fosse migliorato e la sua ragazza di malumore era una delle poche cose che gli facevano veramente paura.

“Mi pare di capire che non hai ancora afferrato la gravità della cosa” osservò Esse3. Cloud lo guardò con curiosità: possibile idiota a ore undici.

“Se tu parlassi più chiaramente...” replicò. “Anzi scusa: se tu parlassi di cose serie e non di fesserie...”. Lui scosse la testa.

“Non c'è bisogno di parlare...” disse. Cloud ne ebbe abbastanza: aveva bisogno di dormire, non si era nemmeno fatto una doccia e quel tipo stava lì a fargli indovinelli. Si alzò e si avvicinò al prigioniero.

“Allora domani urlerai” ringhiò. Lo colpì alla nuca, spedendolo nel mondo dei sogni. Prima di andarsene, legò saldamente polsi e caviglia contro le sedia.

“Non ho molta pazienza quando sono stanco...”.


In parecchi furono delusi il giorno dopo, leggendo il cartello sulla porta del Seventh Heaven che rendeva pubblico il fatto che l'inventario avrebbe tenuto chiuso il bar per mezza giornata. Però, se fossero entrati, avrebbero visto una botola al posto del flipper e, sporgendosi per studiare la singolarità, avrebbero goduto della vista di un tipo con un lungo mantello rosso tutto indaffarato con schiacciapollici e ferri incandescienti attorno ad un tipo legato su una sedia.

Ma non avrebbero sentito nulla.

Vincent era ormai mezz'ora che martoriava quel corpo, ma il SOLDIER non faceva piega né verso.

“Dov'è il Progetto C?” chiese. Vincent lo guardò dritto nel casco.

“Nella tua testa” ringhiò glaciale. “Vorrei solamente capire come fare per tirartelo fuori”.


Cloud non era tagliato per i bambini. Ma nemmeno per le torture: aveva quindi scelto il minore dei mali. Denzel e Marlene lo guardavano incuriositi, mentre apriva la corrispondenza giornaliera. Il pagamento non era ancora arrivato ed il biondo cominciava ad irritarsi. Stava per mollare tutto e saltare sulla Fenrir, quando Denzel prese parola.

“Quindi…il Lifestream è una sorta di sistema sanguigno? La vita del pianeta?” chiese. Cloud sorrise, divertito dal paragone che il bambino aveva appena fatto

"Il Lifestream circola all'interno del Pianeta: vedilo come un corso d'acqua all'interno di un percorso circolare".

"Allora, se io ad un certo punto getto un ramo all'interno del Lifestream, dopo qualche tempo lo vedrò passare nuovamente dal punto in cui l'ho buttato?" ipotizzò dopo un momento. Cloud si prese il suo tempo per rispondere.

"Spero di no..." rispose, ma la faccia era seria, preoccupata: aveva probabilmente colto nel segno, anche se nessuno in quella stanza ancora lo sapeva. Il cellulare trillò nella tasca del SOLDIER; al terzo squillo, rispose.

<. Era Vincent. >.

“Novità? Ha parlato?” chiese. Il silenzio che seguì lo fece deglutire.

<> rispose. La comunicazione si interruppe: Cloud e Vincent erano bravi a fare a gara a chi dei due fosse più
introspettivo ed al momento la partita non vedeva ancora un vincitore nemmeno pronosticato. Scese nel seminterrato e la prima cosa che vide fu l’amico.

“Quindi?” chiese. Vincent non rispose, ma si fece da parte mostrandogli il prigioniero: il casco era a terra e, sotto la chioma di capelli biondi sparati in tutte le direzioni vi era la sua stessa, identica faccia.
   
 
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