Libri > Trilogia di Bartimeus
Segui la storia  |       
Autore: Mayo Samurai    01/12/2015    2 recensioni
Raccolta di One shot tutte BartNat, seguendo la traccia amorevolmente offerta da internet, alias la "100 word challenge".
Cento capitoli per cento prompt.
Sperando di riuscire a completare la sfida, vediamo almeno di iniziarla!
Buona lettura!
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bartimeus, Nathaniel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Suono
 
 
 
 
 
“Mi dispiace disturbarla ma è pregato di andarsene.”
L’archetto inciampa sulle corde emettendo striduli fischi: ma che cazzo-
Quando si volta, alle sue spalle è comparso un ragazzo: alto, moro e con una faccia irritata.
Si guarda attorno, ma non c’è nessun altro.
“Perché?”
Il sopracciglio destro dell’altro trema, solo per una frazione di secondo, poi si ferma.
“Perché sta disturbando.”
“Chi? Non c’è nessuno.”
“In ufficio.”
Alza lo sguardo, e in effetti al secondo piano delle finestre sono aperte, ma non credeva che qualcuno ci lavorasse.
“Impossibile.”
“Come scusi?”
“Impossibile, sto suonando perfettamente, l’acustica è fantastica, come posso disturbare?”
L’altro sembra volerlo strozzare, ma non ci dà molto peso.
“Se ne vada, sta comunque su suolo privato.”
“La galleria d’arte è privata?”
“Si.”
Bartimeus non può far altro che sospirare pesantemente:” Io non sto suonando nella galleria ma-“
“Ma nell’atrio antecedente all’entrata. Senta, non mi faccia perdere altro tempo, mi è stato chiesto di mandarla via e io sto facendo quello che mi han ordinato.”
Storce il naso: non gli va di darla vinta a questo damerino, ma per ora proverà ad accontentarlo.
Probabilmente tornerà, non si molla un posto del genere per così poco.
 
 
 
Di fatti, tre giorni dopo è di nuovo lì.
Questa volta ci prova in un orario diverso, qualche ora prima, durante il pranzo.
In effetti per qualche ora non scende nessuno, ma quando scoccano le tre, il ragazzo di qualche giorno prima fa nuovamente la sua comparsa.
“Di nuovo tu?”
“Dovrei dire la stessa cosa.”
Se gli sguardi uccidessero.
“Gliel’ho già detto una volta, non può stare qui a suonare!”
“Non c’è nessun cartello che lo vieta, e non tirare fuori la storia del privato, perché ho controllato e anche se la galleria è privata fa parte del suolo pubblico, e io sto suonando su suolo pubblico!”
L’altro rimane in silenzio, e così ne approfitta: con una scrollata di spalle si sistema il violino e riprende a suonare da dove era stato interrotto.
Per esser fermato di nuovo.
L’idiota ha allungato la mano verso l’archetto, riuscendo pure a tagliarsi.
Lo vede portarsi il dito alla bocca, alquanto scocciato.
“Tagliarsi con la crina, geniale.”
Gli lancia uno sguardo furente:” Non cambia le cose. Stai disturbando e sei già stato avvertito una volta, non farmi chiamare la polizia.”
Bartimeus rotea gli occhi:” Ho suonato praticamente ovunque, e so perfettamente come comportarmi con le forze dell’ordine, non sei di certo il primo che va a lamentarsi per un po’ di musica.”
L’altro sembra parecchio in difficoltà: che gli frega che lui venga arrestato? Non si schioderà mai di lì, il posto è perfetto e gli serve, e anche se facesse schifo, sarebbe rimasto lì a suonar per pura ripicca visto tutto l’impegno che ci stan mettendo per cacciarlo.
“Non ti interessa finire in prigione?”
“Come se mi sbattono dentro per questo.”
“Quanti anni hai?”
“Non si chiede l’età al primo appuntamento, oh, aspetta, in effetti è il secondo, allora posso dirtelo, nel ho 23.”
Il moro sembra arrossire quando menziona l’appuntamento, però non batte ciglio, e continua.
“Sembri più giovane.”
“Grazie, anche tu non sembri dimostrare i tuoi novant’anni mentali.”
L’altro sospira e si porta una mano sugli occhi, strofinandoli.
“Non sono io quello che vuole mandarti via.”
“Però lo stai facendo. Perché non protesti?”
“Perché non mi interessa nulla della tua musica, ok? Potresti essere Beethoven tornato in vita e non mi interesserebbe! Ma una parola sbagliata e mi cacciano dalla galleria, quindi, sul piatto, la mia carriera è molto più importante dei tuoi stupidi esercizi!”
Bartimeus lo guarda intensamente per un attimo, poi alza le spalle:” E allora a me non ne frega nulla della tua carriera ma dei miei esercizi si, come se tu fossi l’unico che ha cose importanti da fare!”
Per qualche minuto l’altro non risponde, e lui può suonare in santa pace.
Non appena l’arco torna a scivolare sulle corde, il suono s’espande come dentro un’enorme chiesa, riempiendo i vicoli e gli angoli lì attorno.
Ama suonare il violino, certo, è uno strumento delicato e molta gente pensa che non gli si addica, ma sa perfettamente cosa si può fare con un violino, e il ventaglio di musica che si può creare è ampio.
Potrebbe suonare il requiem più triste oppure una ballata allegra, basta solo saperlo fare.
Per ora si limita a qualcosa di semplice, non completa nemmeno le canzoni, e le lascia in sospeso per prenderne altre e provarle.
Non gli interessa cos’hanno da dire quelli della galleria, ha trovato il posto perfetto per registrare e non se lo lascerà scappare tanto facilmente.
“Le hai scritte tu?”
Si ferma, e si volta.
Il ragazzo sembra combattuto: tiene le braccia incrociate al petto, e mastica l’aria, da quanto è irritato.
“Alcune, molte sono cover, o sonate scritte apposta per il violino.”
Lo vede sospirare pesantemente, lanciare un’occhiata al secondo piano dove le finestre sono aperte e poi tornare con lo sguardo su di lui.
“… Sei bravo, ma a loro non interessa.”
“Loro chi?”
“I miei capi, i gestori della galleria.”
“E che cos’ha la mia musica che non va?”
L’altro scrolla le spalle, in difficoltà:” Non lo so- Senti… non c’è un altro posto dove puoi andare? Proprio qui? Ti piacciono i guai?”
Sorride, quasi ride, e annuisce:” Amo i guai, e questo posto è perfetto, te l’ho già detto, ha un’acustica fantastica, i miei professori dicono che mi rovino l’orecchio a suonare in posti simili, ma hai sentito, no? Come s’espande, come risuona? E’ come suonare in una cattedrale.”
Lo guarda titubante, è ovvio che sta pensando alle sue parole.
“… Studi?”
“E’ il mio esame.”
“Oh.”
“Eh si.”
“E… perché qui? Non hai appena detto che ti rovini l’orecchio?”
“Devo comporre qualcosa per l’esame che duri almeno quindici minuti, e visto che voglio dimostrare a quei bacucchi cosa so fare, registrare qui mi farà passare l’esame in men che non si dica. E poi mi piace stuzzicarti.”
L’altro arrossisce e gli rifila un’occhiataccia.
“Come farai a registrare? Non dovresti esibirti di fronte alla commissione?”
“Casse, ho un amico a cui chiedere, però prima devo comporre, e scegliere cosa suonare e come suonarlo. Mi piacerebbe fare qui l’esame, però mi limito a registrare per fargli sentire che posto magnifico si stanno facendo scappare.”
“E… Devi fare un miscuglio?”
“Esatto.”
Oramai il ragazzo è completamente rapito, e anche Bartimeus ha messo da parte lo screzio, non sta suonando, ma adora spiegare il proprio lavoro, mettersi in mostra e far vedere quanto sia bravo.
E poi l’altro lo sta ad ascoltare come se dalla sua bocca stesse uscendo oro.
“UNDERWOOD!”
Entrambi sobbalzano e si voltano verso le finestre del secondo piano, dove un uomo dall’aspetto collerico e… Giallo? Sta sbraitando sporgendosi dalla finestra.
“Non ti pago per bighellonare! Torna al lavoro e vedi di scacciare quello zingaro!” strepita chiudendo le finestre con uno schiocco secco.
Underwood sospira pesantemente, mormorando un qualcosa che somiglia molto a “spero che un giorno cada da quella stupida finestra“.
Poi si volta verso Bartimeus, con uno sguardo imbarazzatissimo:” Senti, scusami per quello che ha detto-“
“Tranquillo, è stata una scena incredibile, pensavo di vederla solo nei film scarsi con ragazzini americani come protagonisti.”
“La fantasia non fa parte del repertorio del signor Tallow.” Ammette il ragazzo, molto più rilassato.
Condividono una breve risata, ma subito l’altro si ferma, schiarendosi la gola.
“Puoi… puoi venire qui a suonare nell’ora di pranzo, dall’una fino alle tre non c’è nessuno, a parte me, quindi… quindi non disturbi nessuno.”
Bartimeus gli regala un sorriso riconoscente, e tende la mano verso di lui”: Bartimeus.”
L’altro sembra confuso, poi allunga la mano e gliela stringe:” Nathaniel. Underwood, da quanto hai sentito.”
Gli sorride e dopo un breve cenno rientra nella galleria trotterellando veloce, sparendo oltre le porte di vetro, su per le scale.
 
 
 
Non perde nessun giorno, suona sempre nell’ora di pranzo.
Per i primi tre giorni Nathaniel non compare, ma al quarto lo vede seduto su una delle panchine di marmo fuori dalla galleria, immerso nella lettura di un libro.
Quando lo raggiunge il ragazzo balza in piedi sorpreso, preso alla sprovvista, e mentre ripone il libro Bartimeus riesce a intravedere il titolo “Il violino nella storia”.
Gli viene da ridere, ma è toccato da quel gesto, anche se non è sicuro che la curiosità di Nathaniel sia rivolta a lui oppure allo strumento in generale.
Mentre suona Nathaniel rimane in religioso silenzio, e solo dopo qualche giorno si ferma per tutta l’esecuzione.
Ogni tanto lo vede scarabocchiare qualcosa con la coda dell’occhio, ma non riesce a capire cosa.
L’esame è ancora lontano, ma Bartimeus vuole far faville, e prova finché ne ha la possibilità.
E in più è stranamente piacevole passare il tempo con Nathaniel, anche se i loro discorsi si basano sul saluto reciproco e sporadiche domande sul nome delle canzoni.
Però è bello: le giornate s’allungano e inizia a soffiare vento più caldo, e la terrazza è fresca e ampia.
Se non dovesse provare, probabilmente si farebbe un pisolino lì sotto, sdraiato come un gatto sul marmo, a godersi l’atmosfera tranquilla della galleria d’arte, il vento sul viso e l’ovattato grattare della matita di Nathaniel sulla carta.
Dopo una settimana Nathaniel si presenta con un pranzo fin troppo abbondante per una persona, e le prove possono aspettare, tanto Bartimeus è già bravo.
Dopo due settimane, s’accorge che Nathaniel è sempre nervoso, e che gioca parecchio con le cinghie della sua borsa, di un bel taglio e in pelle, ampia e curatissima.
Anche lui si sente nervoso, ma forse sono i sudori freddi dopo la breve corsetta sotto il sole dalla fermata del bus fino alla frescura dell’ombra del portico.
Ovvio.
Dopo un mese, ancora prima di iniziare le prove, domanda a Nathaniel quali siano gli orari della galleria, anche se li ha già controllati su internet e sono stampati a lettere d’oro sull’ingresso, e gli chiede anche se gli capita di fare da cicerone.
Nathaniel gli risponde di si, e aggiunge che siccome non c’è mai nessuno a pranzo può anche farlo entrare gratis, a patto che rimanga in silenzio e non lo interrompa.
“Non sembrerà che parli da solo?”
Tira fuori un piccolo registratore:” Spesso passeggio per la galleria e prendo appunti così, è comodo.”
Intelligente.
Non si mettono nemmeno d’accordo, perché Nathaniel si alza e lo guida all’interno della galleria.
Bartimeus lo segue senza una parola.
Non ci è mai entrato, e quando mette piede oltre l’ingresso gli sembra di navigare nell’oro e nel turchese.
Le ampie volte del soffitto sono decorate con lampadari tirati a lucido e gocce d’oro che minacciano di cadere sulle teste dei visitatori, ferme nel tempo come lacrime di una statua.
I muri sono ricoperti da quadri e drappi, e ogni pannello sembra un vestito diverso, come se si trattasse di una sfilata di spose.
E’ luminosa e raffinata, e i loro passi risuonano per i corridoi di marmo, rimbalzando sulle colonne candide.
Col naso per aria, ora che guarda una statua ora che si gira verso un quadro, Bartimeus non può far a meno che rimanere affascinato da tale sfarzo.
E non solo le sale, i muri o soffitti attirano la sua attenzione.
Nathaniel cammina accanto a lui raccontando a voce bassa la storia dietro a quel quadro, oppure che cosa ne pensasse lo scultore della politica del tempo, oppure quali fossero i soggetti preferiti di tal pittore.
Sembra che ad ogni parola, ad ogni passo diventi sempre più entusiasta più luminoso.
Gli indica i particolari e si perde a raccontare le tecniche usate con lo stesso tono di voce di un padre orgoglioso del proprio figlio.
La sua voce cambia, e si scioglie diventando calma e calda.
Nathaniel non riesce a fargli fare il giro completo, perciò spezzano le visite lungo la settimana.
Dopotutto lui è li per suonare, non per visitare la galleria.
La settimana dopo i quadri sono cambiati, e a Bartimeus sorge spontaneo un quesito: “Tu non esponi nulla?”
La domanda sembra far perdere la magia, e Nathaniel torna pallido, scontroso come quando l’aveva incontrato per la prima volta.
“No.”
“Sbaglio o sei uno studente d’arte? La tua valigiona non può contenere che disegni e progetti, di certo non cotechini.”
La battuta gli strappa un sorriso sincero, ma scuote la testa immediatamente.
“Non sono abbastanza bravo per loro. Prima o poi riuscirò ad esporre.”
Riprende il giro, ma c’è una nota triste: Bartimeus se ne intende di note e toni.
Dopo quel giorno Nathaniel non lo accompagna più per la galleria, afferma che non c’è più nulla da vedere, e perciò Bartimeus può riprendere con le sue prove senza interruzioni.
Anche se, Nathaniel inizia a portare con sé molti fogli dove scarabocchia furiosamente, intento a disegnare qualcosa che sembra non soddisfarlo, come se cambiasse continuamente idea.
Molti sono i fogli che ricoprono le gambe di Nathaniel prima che torni al lavoro, e li raccoglie anche prima che Bartimeus possa sbirciarli.
 
 
 
Arriva il giorno dell’esame, e anche se l’idea di invitare Nathaniel gli sia passata per la testa, non gli ha detto nulla, probabilmente lavora, lo avrebbe disturbato e basta.
Perciò non dice nulla ed affronta l’esame, ritrovandosi il pomeriggio libero dopo mesi di preparazione.
Che fare?
 
 
 
Il sole è alto e cocente quando arriva alla galleria.
Sente la maglietta appiccicata alla schiena per il sudore, ed è bellissimo nascondersi nell’ombra delle volte, poggiarsi alle colonne e sentire il freddo marmo sulla pelle accaldata.
Sospira pesantemente, scivolando stancamente su una panchina, lasciandosi cadete lungo disteso.
Oh, è piacevole come se lo era immaginato.
E’ semplice addormentarsi in un posto del genere, e Bartimeus non ha bisogno di farsi convincere.
 
 
 
Quando si sveglia la prima cosa che sente è il grattare di un qualcosa molto vicino.
Nel dormiveglia si ricorda di essersi appisolato fuori dalla galleria d’arte, e che ha anche fame.
Lentamente si sveglia, stirandosi come un leone sotto il sole.
“Ah, sei sveglio.”
Un veloce rimestare di carta attira la sua attenzione, e vede Nathaniel, accanto a sé che mette via dei fogli di tutta fretta, chiudendoli nella sua cartella.
“Non mi ero nemmeno accorto di essermi addormentato.”
Si mette seduto, concedendosi un enorme sbadiglio.
“Oggi eri qui prima.”
“Si, ho.. bhè, ho fatto l’esame che ti dicevo, quello di violino.”
“Davvero? Com’è andata?”
Bartimeus si concede un sorriso sbuffone:” Oh, dimmelo tu…” Rimesta velocemente nella cartella, estraendo un foglio e porgendoglielo.
“Ventinove!? Complimenti!”
Sente il cuore perdere un colpo e ingrandirsi di qualche taglia, ma forse è solo un’impressione.
“Si. All’inizio sembrava che non volessero darmi così tanto, gli aveva dato fastidio che avessi registrato in un posto simile. Ma alla fine han ceduto. E te? Come sta andando il lavoro?”
Il sorriso di Nathaniel si spegne, e Bartimeus s’annota mentalmente di non toccare mai più l’argomento.
“Male. Cioè, bene, ma non mi lasciano ancora esporre, e il bello che espongono tutto! Ma continuano a insistere che ciò che disegno non corrisponde al periodo e stile adatto! Non chiedo un’intera ala, anche se mi piacerebbe, ma anche solo un quadro!”
Sbuffa frustrato, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Rimangono in silenzio per poco.
“… Ho portato il pranzo” riprende Nathaniel: ”Fame?”
“Oh si, moltissima.”
Ed è ancora prima di iniziare a mangiare che Bartimeus alza la testa e dà un colpetto leggero al ginocchio di Nathaniel col proprio.
“Cos’è che disegni? Che stile? Spero non le schifezze che abbiamo visto nella stanza color senape, che tra parentesi, è un colore rivoltante per dei muri.”
Nathaniel lo osserva sorpreso per qualche attimo, prima di sciogliersi in un sorriso affettuoso e pieno di riconoscimento, partendo a raccontargli la storia, descrivendo fin nei minimi particolari la sua nascita e sviluppo, riportando esempi sui fogli di fronte a loro, mostrandogli molti dei disegni che aveva con sé.
Il suo ginocchio continua a battere contro quello di Bartimeus, ma va bene.
Se deve essere sincero, non ci capisce nulla d’arte, e non gli interessa più di tanto la storia delle tecniche, ma non importa, perchè l’unica cosa che vuole fare per ora, è stare in silenzio ad ascoltare la musica nella voce di Nathaniel.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Voglio solo far notare quanto sono tattica a non menzionare MAI il cognome di Bartimeus.
 
Sono un genio.
 
 
 
 
No, a parte quello volevo scrivere qualcosa su Bartimeus alle prese con gli strumenti musicali.
Nel libro Bart si offre per suonare l’arpa e cantare, e perciò il mio cervellino è partito in quarta e ora sono più che convinta che oltre che cantare come un usignolo, Bartimeus suona molto bene arpa, violino e pianoforte.
Ci sono diversi motivi per cui ho scelto sti tre strumenti, e prima o poi lo spiegherò.
Oppure no e chissenefrega, cioè, a meno che a voi non interessi-
 
 
 
 
Comunque immaginatevi un Bartimeus umano che non riesce a suonare l’arpa perché ha le braccia corte.
 
 
 
Me ne vado prima che arrivi una deflagrazione volante da qualche parte-
 
 
 
 
E “storia del violino” è un libro che esiste per davvero-
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Trilogia di Bartimeus / Vai alla pagina dell'autore: Mayo Samurai