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Autore: Red_Coat    02/12/2015    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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- La voce risuonò fin troppo limpida e modulata, in mezzo a quella sommessa cacofonia di coscienze che sussurravano, si muovevano, apparivano e scomparivano senza un ordine e un tempo precisi, e le sovrastava. 
Era quella di un ragazzo. Disperata, determinata, piena di fede. E chiamava il suo nome. 
Immerso nel flusso vitale, nel bel mezzo di un vigile dormiveglia, Sephiroth riaprì gli occhi all'istante, rivolgendogli la sua attenzione.

 
              << Victor ...>> mormorò, e quasi subito un ghigno soddisfatto si dipinse sulle sue labbra
                   sottili, illuminando quegli occhi felini di meraviglia 
 
Fu quasi sorpreso di sentirla, ma non più di tanto 
 
             << Riconosci questa voce? >> gli chiese allora, quella dolce e insinuante di sua Madre, e  
                  quasi gli parve di vederla scrutarlo con curiosità. 
 
Continuo a sorridere, con una meraviglia ed una soddisfazione ora palesi sul suo volto perfetto, mentre seguitava ad ascoltare il suo ex allievo chiamarlo, quasi come se stesse recitando una estremamente intima preghiera, che solo ed esclusivamente loro due potevano sentire. 
Il Sephiroth di un tempo, quello ancora troppo ingenuo e innocente come un bambino a cui è stata nascosta la verità fondamentale della vita, ne sarebbe rimasto sorpreso, e avrebbe continuato a chiedersi perché. 
Ma quel Sephiroth non esisteva più adesso, era morto quel giorno a Nibelheim e stava rinascendo, lentamente, sotto una nuova e più degna forma. Quella di un dio, che avrebbe punito chiunque in tutti quegli anni aveva osato oltraggiarlo. 
Il sorriso si tramutò in un ghigno. Doveva ringraziare quel soldato per questo, avrebbe avuto tutto il tempo per farlo.
E anche il giovane che ora gli stava parlando avrebbe dovuto, perché era quello il Sephiroth che Victor Osaka cercava, seppure ancora non se ne rendesse nemmeno conto. 
Lo aveva sempre fatto, fin dal primo giorno in cui i loro destini si erano incrociati, ancor prima di conoscersi. 
Era nato per questo. Victor Osaka non aveva mentito, quel giorno in sala di simulazione. 
Dal giorno in cui aveva deciso di seguirlo in SOLDIER, era quella forma che stava aspettando di poter vedere, era lui il dio che aspettava di poter servire. 
E adesso, Sephiroth lo sapeva.
Lo aveva sentito, durante quel lungo peregrinare. Qualcosa gli era giunta, in quel suo lungo sonno in attesa della rinascita, parole confuse, sensazioni remote che lo avevano sorpreso e che aveva creduto fasulle, solo frutto di quelle tante anime che lo circondavano.
Ora invece lo vedeva chiaramente nei pensieri del ragazzo, lo percepiva in quella voce che si era fatta più tremula, affaticata. Soffriva terribilmente, ma non aveva mai smesso di parlargli, neanche per un momento. 
Quale mirabile fedeltà! Doveva dargliene atto.
Cosi, quasi per gioco, gli bastò volerlo e in pochi attimi la mente del giovane si aprì sotto i suoi occhi, permettendogli di vedere ogni cosa anche da lì, immerso nel Lifestream fino alla più minuscola fibra di ogni filo dei suoi capelli d'argento. 
Dal giorno in cui il piccolo Osaka aveva scoperto quasi per caso i suoi poteri, fino a quello in cui aveva deciso di seguirlo, ovunque lui andasse e qualsiasi fossero state le sue scelte di vita; 
passando per il giorno della morte di Mikio Inoue, al tempo in cui non c'era stata abbastanza speranza per resistere al potente richiamo del fumo e dell'alcool, fino al periodo appena trascorso, la vita da SOLDIER al suo fianco, e il lungo viaggio che aveva intrapreso per giungere fino a Nibelheim, dove tutto era iniziato e finito.
Proprio come aveva fatto con ognuno dei libri della biblioteca del Maniero Shinra, Sephiroth lesse ogni pensiero, ogni angoscia, ogni gioia ed ogni desiderio nascosto di quella giovane mente. 
E se ne servì, per riuscire finalmente a ricomporre quel puzzle complicato e misterioso che si era da sempre celato dietro quel ragazzo così speciale. 
Così... anche lui stava rinascendo. E cos'era, quella rabbiosa sete di vendetta così forte da non riuscire ad essere estinta neanche col sacrificio di un'intera civiltà? Più uccideva, più voleva farlo. Più feriva e oltraggiava quella terra che lo aveva accolto, più la fame aumentava in maniera esponenziale.
Sentimenti antichi, radicati in lui fin dal principio e ancora senza un'apparente spiegazione, come quei poteri, quegli immensi poteri che, proprio ora il ragazzo lo stava giurando, avrebbe usato soltanto per lui.
Sperduto, in balia del tempo e di ciò che gli avrebbe portato, lo implorava di rimanere con lui, e lui ... non poté non compatirlo, con una pietà quasi magnanima, mentre le sue sottili labbra ora tornavano ad incresparsi in un sottile sorriso di approvazione
"Oh, Victor ..." pensò, senza riuscire a non sentirsi adulato e fiero.
Erano ancora una volta entrambi uniti, lui al centro del pianeta, ed il suo allievo che ne percorreva le orme in superficie, calpestando la terra nemica e arida, solo e senza clemenza neanche nei confronti di sé stesso.
Era un volontario, poco più che un semplice soldatino al suo servizio. Sapeva di esserlo, voleva.
Eppure, mentre lo pensava, altri ricordi riemersero dal suo passato, dalla sua infanzia da principe imprigionato, schiavizzato. Quella forza, quelle doti scambiate per diversità, viste con paura, con odio, con disprezzo perfino da lui stesso.
Avevano cercato di fargli credere di essere un mostro, quando invece ... loro erano le creature impure e inferiori, indegne.
Ripensò alla notte della vendetta, alla lama della sua adorata Masamune che tranciava il midollo, feriva la carne, toglieva per sempre il respiro. E poi c'era stato il fuoco.
Benefico, liberatorio, purificante. Divorò ogni sudicio angolo di quel misero formicaio, distrusse ogni cosa, serpi insieme a formiche, ratti ed esseri umani. Ridusse al silenzio quelle menti primitive, quelle bocche putride.
Si era finalmente sentito libero. Di essere ciò per cui era nato, di stare insieme ... a lei.
Non c'era stato momento più bello di quello, in tutta la sua vita.
E nel ripensarci, si accorse di come anche la vita di quel ragazzo fosse stata così ... simile.
Nato in mezzo ai ratti, forte, diverso, spaventato, incompreso, solo.
Fino a che non si erano ritrovati. Fino a quando, finalmente, aveva potuto stare al suo fianco.
Ora ... molte cose avevano una loro spiegazione.
Incluso il perché avesse così intensamente e infantilmente cercato di proteggerlo. Ma questo, senza che lui se ne accorgesse, lo legò inesorabilmente, nuovamente al ragazzo che continuava la sua litania. Quel legame che nessuno dei due aveva mai saputo spiegarsi tornò a formarsi, nell'arco di brevi istanti, ed improvvisamente si stupì, quando s'accorse che qualcosa stava succedendo anche dentro di lui, qualcosa di molto simile a quello che era appena riuscito a fare col suo giovane allievo. 
Non solo in alcuni punti della propria mente Victor Osaka aveva eretto, forse inconsciamente, un muro invalicabile perfino da lui. Ma adesso ... lo stava ripagando con la stessa moneta. 

 
             << Sephiroth, sei tu? >> disse la voce, tornando a riempirsi di gioia. 
 
Sentì i pensieri di Osaka farsi sempre più intensi e forti, in un crescendo di estasi, e mentre la sua mente cercava in ogni modo di resistere, l'albino strinse i denti.
 
             << Sephiroth ... >> ripeteva la voce del ragazzo, sempre più intensa, sempre più ...  
                  insistente << Dove sei? Lui ... lui aveva ragione. Riesco a sentirti! Sei qui? Sei ...
                  ancora qui? >>
 
Che cosa ... cosa stava succedendo? Come ci stava riuscendo? Nessuno poteva ... osare tanto. Nessuno, mai! O forse ... Victor sì. Perché? 
 
              << Dove sei, Sephiroth? Dimmi ... chi siamo? Dove sei? Per favore. Ho bisogno di
                   saperlo, Sephiroth! Ho bisogno di te! >>
 
Di nuovo quella rabbia, la stessa che aveva provato lui, quando le fiamme avevano divorato Nibelheim, restituendogli nuova vita. Ora ardeva dentro il cuore del giovane, così forte da ribollire come un vulcano, mista a una puerile paura di … perderlo. E con esse, un improvviso sentimento di speranza balenato nel suo cuore non appena i pensieri di Sephiroth avevano violato la sua mente. 
 
                  << Impossibile! >> ripeté tra sé l'albino, in un mormorio incredulo, stringendo i pugni e
                       scacciando violentemente dalla sua testa quel tentativo di forzare i suoi pensieri,
                       quasi come fosse il ronzio di una mosca fastidiosa.
 
Ronzio che, tuttavia, era riuscito ad arrivare alle sue orecchie. 
Trascorsero altri interminabili secondi prima che l'ex SOLDIER s'accorgesse che la preghiera era cessata, trasformandosi in un sospiro sconfitto. 
Sephiroth si concentrò quindi di nuovo su di sé, constatando con sollievo di avercela fatta, ma non riuscì a trattenersi dal chiedersi stupefatto come fosse riuscito quel semplice ragazzo ad entrare così facilmente nel vestibolo della sua mente. 
Se non lo avesse fermato, quasi sicuramente sarebbe riuscito ad avere quanto meno accesso a parte dei suoi fugaci pensieri di quegli attimi straordinari. 
Doveva essersi indebolito, pensò con improvviso sgomento, oppure ... doveva inconsciamente averglielo permesso.
Quel legame ... quel sottile filo che li univa, forse era così forte, che ...
Fu allora che la voce di Jenova si decidesse a rompere il silenzio, rigato dal continuo mormorio di pensieri confusi del Lifestream.
Non si era neppure accorto che i suoi ricordi su quel giorno avevano spinto un'andata di mormorii terrorizzati, a levarsi dal flusso che lo accoglieva.
Tornò a sorridere, mentre ascoltò le prossime parole di sua Madre

 
              << Ti sta cercando. >> disse << Disperatamente. E non troverai nulla di nuovo in lui, se
                    non ciò che hai già visto. >> 
 
Dunque ... era così.
Non appena era caduto nel lifestream, aveva percorso molte miglia, e incontrato molti volti. Tra questi, alcuni di quegli antichi al quale si era paragonato.
Loro gli avevano rivelato la verità, lui aveva iniziato a disprezzare anche loro. Nessuno avrebbe più potuto separarlo da lei.
E adesso ... Victor era uno di loro?
Un Cetra, un essere speciale, che tuttavia gli aveva votato la sua esistenza. Era un dono? Un dono che la madre gli aveva fatto, per il suo proposito di vendetta? Oppure ... c'era dell'altro?
"Chi siamo?" gli aveva appena chiesto Victor, come se cercasse la risposta, a quello che ormai entrambi sapevano già da tempo.
E, tutto d'un tratto, anche per Sephiroth quella domanda assunse valore.
Nel silenzio, aguzzando i sensi puntò le sue pupille da aspide appena sopra di sé, continuando ad ascoltare quel respiro che un momento prima stava per trasformarsi in pianto e subito dopo fu un impercettibile ringhio di rabbia. 

 
               << È come uno specchio. >> disse allora la voce di Jenova, sempre più materna, sempre
                    più ammaliatrice, interrompendo quella lunga pausa << Non puoi sfiorarlo, ne
                    romperlo. Solo osservare la tua immagine riflessa, sapendo che ogni tua azione su di
                    esso si rifletterà in un modo o nell'altro anche e solamente su di te. >> gli spiegò,
                    quasi come se si stesse accingendo a raccontargli una storia
 
A quelle parole, l'albino sembrò rianimarsi, ricordando
 
                << Uno specchio ... >> mormorò tra sé, sempre più affascinato, concentrato.
 
Un'altra immagine sfiorò la sua mente, un altro ricordo di loro due insieme, quando stavano ancora imparando a scoprirsi, studiandosi a vicenda.
Victor aveva avuto il coraggio di farlo, lui glielo aveva permesso. Alla fine si erano scontrati, ma nessuno dei due aveva prevalso.
Erano stati solo in grado di replicarsi, l'uno nei gesti e nei pensieri dell'altro, proprio com'era accaduto poco fa.
Victor ... era stato l'unico in grado di contrastarlo, giocando sulla sua stessa falsa riga. L'unico, degno di potersi accostare al suo livello.
In entrambi i casi, questo lo aveva scosso e sollevato al contempo.
Era come sentirsi minacciato e al contempo non più solo, una nuova forza che mai e poi mai più aveva creduto di non poter scoprire ancora, che non si sarebbe mai spezzata.
Perché Victor voleva lui, voleva morire per lui, respirare per lui, anche uccidere. E lui sentiva di non avere ancora finito con quel ragazzo strano e così ammirabilmente leale.
E così ... restava una sola domanda da chiarire ancora, la più importante.

 
              << Chi è Victor? >> ripeté, a quella creatura che già una volta gli aveva negato la risposta
 
"Vivi!" Gli aveva detto. Aveva obbedito, come sempre. E adesso sentiva di essere giunto al compimento di quel dovere. Non poteva continuare a farlo, senza una risposta.
La sua mente doveva essere chiara, limpida, priva di altri dubbi o domanda. Doveva approfittare di quella fortuna, prima di riemergere a nuova vita e completare il suo semplice, inarrestabile proposito di vendetta.
La Madre sorrise. Non riuscì a vederla, ma non gli servì. Senti quel sorriso intenerito se suadente dipingersi su quella labbra sottili, e gli occhi illuminarsi di una luce bieca, prima che la sua voce ritornasse a rimbombare vellutata e suadente nel vuoto sopra di lui

 
             << Non ricordi? >> gli chiese, dolcemente
 
L'albino aggrottò le sottilissime sopracciglia, fissando nel vuoto la sua immagine invisibile ancora più intensamente
 
             << No. >> disse semplicemente alla fine
 
Non chiese "cosa?" o "perché?".
Sapeva bene, ricordava quella sensazione di soddisfazione che aveva provato quando se lo era ritrovato davanti la prima volta, tra le sue reclute, e anche quando aveva visto la sua immagine riflettersi nelle fiamme quella notte a Nibelheim.
Anche Victor lo sapeva. Aveva solo obbedito ad un suo ordine. E lui non stava facendo altro che dargli la sua ricompensa.
Quello che voleva sapere adesso, era quando glielo aveva impartito? E perché per tutto questo tempo nessuno dei due ne aveva più memoria, pur continuando rispettare le condizioni di quel tacito accordo?
Jenova sorrise di nuovo. Si sentì come avvolto da una carezza impalpabile, la accettò chiudendo gli occhi, poi li riaprì per tornare ad ascoltarla

 
             << Eppure sei stato tu stesso a sceglierlo. >> continuò lei, sempre più teneramente
                  divertita, ma verso la fine la sua voce tornò suadente, sussurratrice << Per condurlo
                  qui. >>
             << ... Io ...? >> bofonchiò allora Sephiroth, dopo un lungo, concentrato attimo di silenzio,

                 mentre all'improvviso nella sua testa all'improvviso tutti i pensieri conversero dentro un
                 grande, fastidioso, immenso buco nero che li trascinò in un buio ancor più intenso di
                 quello che lo circondava << Quando? >> chiese ancora << Perché lo avrei fatto? >>
 
Troppo semplici le risposte, troppo lontano il tempo in cui si sarebbero realizzati i piani che lo avevano portato a questo. Doveva accadere ancora molto, ma questo era il momento per lui di sapere la verità, di conoscere quella strada che insieme a lei aveva tracciato e che poi, per forza di cose, era stato costretto a scordare perfino di averla percorsa già.
Jenova sorrise di nuovo

 
               << Te lo dirò io, allora. Ma ci vorrà molto, molto tempo ancora, prima che questo racconto
                    finisca. >>
 
Un ghigno si dipinse anche sul volto dell'ex SOLDIER. Tutto d'un tratto, ricominciò a sentirsi stanco, sapeva che avrebbe dovuto rimettersi a dormire ancora per qualche tempo, lasciando al lifestream il compito ed il piacere di cullarlo e trascinarlo lontano, fino a che non sarebbe stato abbastanza in forza da ricominciare, ed abbastanza fortunato da trovare una via d'uscita.
Non si sarebbe mai arreso alla morte. Non prima di aver punito ed annientato quel pianeta indegno e i suoi miseri abitanti. "Ne avrò, per ascoltarti madre. Finalmente." pensò, e stava per pronunciarsi quando, come intuendo i suoi pensieri, lei gli suggerì dolce

 
              << Chiudi gli occhi. Lasciati cullare. Il suono dei tuoi ricordi si farà udire ugualmente.>>
 
Prima di farlo però, all'improvviso s'accorse di non udire più nulla dal mondo esterno, nessun singhiozzo, sussurrò, lamento o altro segnale che Victor Osaka fosse ancora lì, a tentare di nuovo di trovarlo.
Eppure ... qualcosa gli diceva che lo era. Non più collegato al pianeta, ma ancora lì dove era riuscito a trovare un modo per sentirlo.

 
              << E Victor? >> chiese, senza neanche sapere bene perché lo aveva fatto
              << Lascia che continui il suo viaggio. >> rispose Jenova, la cui voce adesso si era

                   ritrasformata in un suadente sussurro maligno << Che viva. Il tempo si compirà anche  
                   per lui, di scoprire ciò per cui è nato. Non ti tradirà.>> concluse dunque, sempre più
                   sibillina << Ha giurato, in entrambi le sue vite. >> -
 
***
 
Mollo brusco la presa sulla gemma di Lifestream cristallizzato sopra il quale mi ero accasciato poco fa, in preda a un forte dolore alle tempie, e urlando mi ritraggo, accasciandomi e accartocciandomi su me stesso con un rantolo come un fragile foglio di carta straccia, la schiena premuta contro la base ruvida del piedistallo di roccia e le mani che ancora una volta stringono forte i fili corvini dei miei capelli.
L'ho perso di nuovo.
È l'unica cosa che riesco a pensare, l'urlo raschia la mia gola fino a inaridirla del tutto, le lacrime offuscano la mia vista e la disperazione si appropria di me.
L'ho sentito, ho sentito ancora la sua voce per me, con e contro le mie parole in una danza aritmica col battito del mio cuore. E ho sentito la speranza crescere fino a diventare felicità, e la felicità estasi infinita, per poi ripiombare nel dolore e nella paura più grande.
Non ho resistito. La mia mente non ha retto, il mio corpo, le mie mani e le mie braccia, i miei muscoli tutti.
Si sono sgretolati come panetti di burro, e io non ho potuto far altro che arrendermi alla mia scellerata debolezza.
Sono stato debole. Lo sono, lo sarò sempre se messo a confronto con lui. Perché Sephiroth non può non essere così meravigliosamente grande, e forte, potente.
E, mentre lo penso, all'improvviso il pianto si trasforma in riso e accovacciandomi su me stesso con le ginocchia strette tra le braccia mi libero, ridendo tra le lacrime, in modo che agli occhi di chiunque apparirebbe folle.
Nessuno potrebbe mai capire.
Nessuno sarebbe in grado di percepire ciò che ho appena vissuto io. È stato orribile eppure intenso, spaventosamente meraviglioso! Incredibile, un po' come andare sulle montagne russe.
Una parte di te non vede l'ora di scendere, mentre l'altra prega affinché possa restarci in eterno.
Ed io ci resterò.
Anche dopo questi attimi, continuerò a restarci. Adesso che so di Sephiroth, e lui sa di me. Non ho idea del perché mi abbia lasciato andare, forse neanche lui avrebbe voluto farlo, e mi sento in colpa per questo. Ma so che tornerà, di sicuro, e allora, proprio come ho promesso, io sarò lì ad aspettarlo, volontario al suo servizio.
Quanto altro tempo manca ancora, prima di quel momento?
 
///
 
- Aveva piovuto quella notte, e anche durante i giorni successivi.
Due gocce qua e là nell'arco di qualche ora, ma sufficienti in una zona alta e montagnosa come quella per far abbassare ulteriormente la temperatura.
Osaka, che non aveva avuto la forza e il coraggio di riprendere ancora il cammino dopo quello sforzo immane per connettersi al pianeta e poi alla mente di Sephiroth, passò ancora qualche ora vicino al piedistallo dal quale sgorgava la fontana, occhi chiusi e mani abbandonate sul grembo, ascoltando il suo respiro ed il silenzio attorno, e sonnecchiando un po', col sorriso stampato sulle labbra mentre il freddo umido che penetrava nella grotta gli gelava le ossa e risvegliava i nervi dei muscoli addormentati, meglio di una doccia gelida.
Si sentiva finalmente di nuovo sereno, calmo. Esattamente come Sephiroth gli aveva detto di restare, durante uno scontro.
Era stato turbolento, durante l'ultima parte di questo suo viaggio. Troppa fretta di arrivare, troppe domande a cui dare risposta, e soprattutto troppi ricordi da scacciare e dubbi da dissipare.
Ora tutto era diverso. Aveva imparato a conoscersi, sapeva di essere un 1st class, un Cetra, e l'unico in grado di poter restare vicino a Sephiroth, sempre, comunque, in ogni modo.
Sapeva fino a che punto poteva spingersi, cosa era in grado di fare.
Ecco da cosa derivava tutta quella calma adesso, con che spirito avrebbe affrontato tutte le sue prossime missioni. -
 
***
 
Era una serata tranquilla e gelida quella.
La popolazione si era rintanata nelle case di fronte al focolare o sotto un paio di calde coperte, e i fanti e i turk addetti al servizio di guardia nonostante il freddo glaciale non potevano fare a meno di essere di buon umore.
Quello appena passato era stato il loro ultimo giorno lì, in quel posto sperduto lontano dalla civiltà (come diceva qualcuno). La maggior parte delle truppe era già tornata alla base, vista anche la carenza di personale nell'HQ dopo la mobilitazione generale dell'esercito contro i due fuggiaschi di qualche giorno prima.
Il resto, che il Professor Hojo aveva ottenuto con gran difficoltà di far rimanere ancora per qualche giorno, avrebbe finalmente lasciato Nibelheim e le sue rovine ricostruite alle prime luci dell'alba, sugli stessi elicotteri che li avevano portati lì.
Solo uno sparuto gruppo di SOLDIERs, molti fanti e un piccolo gruppo di turk addetti esclusivamente alla sicurezza del professore e del suo staff.
Tseng era nervoso. Mentre percorreva i corridoi sinistri del maniero alla ricerca dei suoi uomini, non poteva fare a meno di sentirsi nervoso.
Avrebbe dovuto essere alle calcagna di Zack e del fante che si era portato dietro, adesso, cercando di evitare che accadesse il peggio. E invece gli toccava assecondare i folli piani di uno scienziato ch'era ancora convinto di riuscire nel suo intento.
Era passato un anno e mezzo ormai da quando Victor Osaka aveva fatto perdere le sue tracce, abbandonando la Shinra e portando con sé solo la sua arma e la sua divisa.
Era come se si fosse volatilizzato da allora, neanche la sua famiglia aveva ricevuto più notizie, ed intanto suo figlio era nato e continuava a crescere con rapidità.
Forse non avevano cercato con abbastanza solerzia? Oppure Osaka sapeva semplicemente giocare bene le sue carte? Non sapeva più cosa pensare, il che era strano per uno come lui, con sempre ogni situazione sotto controllo.
Quello che non riusciva a capire era il motivo di questa sua assenza, che faceva presuppore totale disinteresse nei confronti di quello che in fondo tutti avevano sempre preso per scontato fosse divento uno (se non l'unico) dei suoi più cari amici.
Erano entrati in SOLDIER con solo un anno di distanza l'uno dall'altro, erano diventati subito amici nonostante la palese riluttanza alle relazioni sociali del soggetto in questione, e alla fine avevano condiviso gioie e dolore di quella vita divenendo l'uno la spalla dell'altro come era già successo in passato, tra i loro maestri e il SOLDIER traditore Genesis Rhapsodos.
Forse però, si disse ripensando proprio a questi ultimi, un legame nato tra le file di un esercito d'elite era solo apparentemente forte come si voleva credere, pronto in realtà a sciogliersi come neve al sole non appena non fosse stato più necessario.
Quello tra Hewley e Rhapsodos era durato di più, spingendoli entrambi alla rovina, forse proprio perché aveva radici più antiche di quelle dell'amicizia tra Fair e Osaka.
Ad ogni modo, anche considerando che Nibelheim rimaneva pur sempre il punto di partenza da cui cercare Sephiroth, aveva sperato forse con troppa ingenuità che le sue intuizioni fossero giusta questa fosse l'eccezione.
Ma durante quel tempo perso dell'allievo di Sephiroth non si era vista neppure l'ombra, e forse - considerando il carattere e l'imprevedibilità del soggetto - non avrebbe neanche dovuto stupirsene così tanto.
Quello che invece lo colpì all'improvviso, come un proiettile in pieno petto, fu la vista di un'ombra furtiva che sgattaiolò nella stanza da dove erano fuggiti Fair e il suo compare, seguita dalla sagoma distinta e vittoriosa del professore che, affacciatosi alla porta, si esibì in un sorriso famelico e felice, prima di esordire con le parole che gli raggelarono il sangue nelle vene
 
           << Finalmente, Victor Osaka! Ho l'onore d'incontrarti. >>
 
E il turk, affrettandosi a sfoderare la sua arma, boccheggiò alla ricerca d'aria.
 
***
 
-                                                               << Pessima idea, Osaka! >>
 
La voce del ragazzo del sogno fermò Osaka proprio a pochi passi dalla fine del sentiero che lo avrebbe portato di nuovo alle porte del villaggio.
Sapeva già cosa cercare, anche se non aveva idea di ciò che iniziare. Perciò quando, contravvenendo a una regola non scritta e facendo un passo in avanti nella loro relazione, il giovane soldato che fino ad ora era stato soltanto un'illusione si materializzò in un'immagine davanti a lui sbarrandogli il cammino, un ghigno quasi beffardo colorò le sue labbra sottili, ed i suoi occhi s'illuminarono di soddisfazione

 
              << Però... >> rispose, schernendolo e piegando di lato la testa osservandolo << Anche tu
                   stai facendo progressi a quanto vedo. Non mi aspettavo questo salto di qualità! >>
                   concluse sorridendo
 
Aveva l'aria sicura e quasi annoiata come di uno pronto a tutto ormai, ed in effetti era proprio così. Si sentiva quasi invincibile.
Una sensazione che lo caricava e lo inebriava al contempo. Nessuno gliel'avrebbe più portata via.
L'altro lo osservò, fingendosi severo e contrariato anche se c'era qualcosa, un'altra luce particolare nella sua espressione, che lo contraddiceva. Sembrava fosse quasi fiero di lui.
Eppure, quando parlò la sua voce tuonò come mai prima in un rimprovero

 
             << Me lo hai reso necessario! >> disse << E forse non potrò parlarti per un bel po' dopo
                  questo. >>
 
Victor sospirò profondamente, alzando gli occhi e le braccia al cielo
 
             << Sia ringraziata Minerva nell'alto del suo olimpo! >> esclamò, tornando a schernirlo
             << Smettila di fare l'idiota e ascoltami, Victor! >> lo ammonì ancora il giovane senza nome,

                  zittendolo con veemenza << Non è una buona idea questa, te lo ripeto! Hai avuto ciò
                  che volevi, hai parlato con Sephiroth. Ora vattene in fretta da questo dannato posto e
                  non cercare mai più di tornarci, okkey? >> concluse quasi sbottando, agitando le
                  braccia e cercando di non urlare come un forsennato
 
Osaka ascoltò in silenzio quel ringhio che uscì dalla sua gola e vide la pelle del suo viso farsi rossa e paonazza mentre cercava di controllarsi animando con ampi e rapidi gesti il discorso, continuando a sorridere con calma e a guardarlo con alterigia, il mento alto e gli occhi limpidi come mai prima
Attese ancora qualche istante in silenzio, come se volesse essere sicuro di non essere ulteriormente interrotto, poi parlò a sua volta, in un tono talmente gentile e pacato da risultare su di lui inusuale e al contempo inquietante

 
                << Apprezzo il tuo interessamento nei miei confronti. >> disse, mostrandosi
                     sincero << Visto che sei sempre stato così premuroso perché non mi stai davanti  
                     mentre io cerco di capirci qualcosa, visto che a quanto sembra la tua visuale della
                     situazione è molto più ampia della mia? >> concluse quindi, e verso la fine della frase
                     il suo ghigno appena percepito si tramutò in un sorriso ammiccante
 
Quello lo fissò a bocca aperta, incapace di proferire altre parole per un buon paio di minuti. Restò semplicemente lì a fissarlo, e pian piano la luce soddisfatta nel suo sguardo si accentuò di pari passo con la sua espressione inebetita e severa
 
                << Dì, sei impazzito per caso di recente? >> esclamò alla fine, sconvolto come se quella  
                     fosse una richiesta assurda
 
Osaka soffocò un sorriso, e incrociando le braccia sul petto fece spallucce fingendo superiorità mentre rivolse il suo sguardo verso la selva che li circondava
 
                << Si. >> rispose << È probabile. >> concluse tornando a ghignare come se ne fosse
                     quasi lusingato, poi però chiese ancora << Perché, c'è qualche problema forse? >>
                     simulando innocenza
                << Una marea di cose! >> rispose l'altro sbruffando
                << Tipo? >> chiese ancora quindi, facendosi attento ed iniziando a suggerire << Puoi

                     essere visto da qualcun altro a parte me? >>
                << No. >> confermò l'altro, all'improvviso cauto e un po' confuso

 
Osaka annuì soddisfatto
 
                << E non è forse vero che, per qualche misterioso motivo che io ancora ignoro, è come
                     se tu fossi al di sopra di me? >> tornò a ribadire, descrivendo un breve gesto
                     suggeritore col palmo della mano rivolto verso di lui
 
Il giovane senza nome ci mise poco a capire dove voleva andare a parare, e non appena lo comprese prese a sospirare rumorosamente con aria sconfitta, scuotendo il capo
 
                << Vero. >> rispose, e stava per affrettarsi ad aggiungere altro quando l'altro sentenziò
                     perentorio, superandolo e ponendosi di fronte alla strada libera
                << Perfetto allora! Indicami la strada e ce ne andremo di qua senza rischi, promesso. >>
                << Si, certo! >> bofonchiò in risposta quello << Le conosco le tue promesse, mai

                     fidarsi! >>
 
A quelle parole, Victor Osaka si voltò e inclinando il labbro inferiore verso l'esterno finse di essersela presa fino alle lacrime, inclinando di nuovo il capo di lato come un cucciolo ferito
 
                << Davvero pensi questo di me? >> chiese piagnucolando << È triste dopo tutto quello
                     che abbiamo passato. >> concluse quindi, sorridendo malizioso e scoccandogli un
                     breve occhiolino
 
La soddisfazione nello sguardo del suo interlocutore divenne tale che, alla fine, non poté impedire ad un sorriso appena accennato di colorargli le labbra
 
                 << Oh, e va bene! >> acconsentì << Ma farai esattamente tutto come ti dico io,
                      soldatino testa dura, e subito dopo dritti il più lontano possibile qualsiasi cosa
                      accada. E chiaro? >> concluse, prima di sparire così come era venuto
 
" Limpido come il lifestream. " pensò l'ex 1st class, riprendendo il suo cammino " Altrimenti non mi avresti neppure fatto giungere fin qui. "
Poco dopo, le mura del Maniero Shinra si aprirono al suo passaggio, e con un piccolo e silente aiuto dall'alto e un po' di basica magia difensiva fu facile e veloce per lui superare la sorveglianza di qualsiasi tipo per ritrovarsi dritto lì, tra quelle povere sporche mura che avevano visto cose atroci, prima di quello.
E il suo cuore sembrò fermarsi all'istante, quando una sensazione gli restituì quell'ultimo pezzo di verità.

 
\\\
 
Tremo. Improvvisamente la mia pelle è ghiaccio, il mio fiato corto e il mio corpo incapace di muoversi.
Non mi ci vuole molto a capire cosa sia successo. So che due cavie sono scappate da qui qualche giorno fa, ho sentito quel turk dirlo.
Ma è quando vedo le iniziali appuntate sulle etichette sotto ciò che resta dei giganteschi piloni di vetro che capisco.
Uno dei due è quasi completamente frantumato in mille pezzi, sparsi sul pavimento. Tra le schegge, vedo le impronte di due mani, e quelle delle suole di un paio di anfibi da SOLDIER.
Z.F
Zack Fair ...
Muovo i primi passi, barcollante e in balia dei miei pensieri. Devo aspettare di ricadere in ginocchio a pochi centimetri da quei vetri, per riuscire a mormorare sgomento, al ragazzo che ancora mi sta accanto
 
         << Questo ... tutto questo ... Zack era qui? >>
 
Lui mi guarda, affranto, poi abbassa il viso in una muta ammissione e annuisce, lieve, prima di tornare a fissarmi e sparire.
Sono in lacrime.
Stringo i pugni, riuscendo a farlo solo a metà col destro, e e dentro di me sento nascere la disperazione, il dolore, la rabbia.
Era come pensavo, lo è stato fino a pochi giorni fa. Zack non è mai riuscito a scappare, dopo quella notte.
È rimasto qui, incapace di opporsi, per tutto questo tempo, mentre io lo pensavo in giro per il mondo o magari sano e salvo a casa sua.
Subiva. Chissà cosa, chissà quanto. E ... da chi?
Un singhiozzo scuote il mio petto, proprio nel momento in cui la voce gracchiante del peggiore degli incubi risuona alle mie spalle, come evocata da me solo, rivolgendomi tutto il suo vorace scherno
 
          << Finalmente, Victor Osaka! >> mi dice << Ho l'onore d'incontrarti. >>
 
Immediatamente, alzo la testa e ascolto le sue parole rimbombare sulle pareti sudice, mentre sento un rumore rapido di passi e scorgo la punta di alcuni stivali circondarmi, e qualche fucile caricarsi con un breve scatto.
Sono circondato. In trappola come un topo. E cosa spera di fare questo ridicolo fante alle mie spalle, appoggiando la canna della sua arma alla mia nuca?
Le mie labbra s'increspano in un'espressione di rabbia e disgusto, mentre i miei occhi puntano dritto verso l'altro contenitore, quello ancora intatto, contraddistinto con le iniziali C.S.
Ora mi dà ancora più fastidio che un fante stia osando toccarmi!
Nel frattempo, lo scienziato alle mie spalle compie qualche passo avanti, rassicurato dalla scorta che crede possa servire a paralizzarmi.
La sua immagine sgorbia e orrenda, come una orribile maschera dei mali dell'uomo, entra nel mio campo visivo quando mi si accosta, e portandosi una mano dietro la schiena con l'altra si regge gli occhiali, chinandosi a scrutarmi.
All'istante, i miei occhi tornano ad essere Suoi. Perché proprio adesso?
 
             << Sorprendente. >> osserva affascinato Hojo, scrutandomi ancor più
                  attentamente << Davvero, davvero sorprendente! >> esclama poi rialzandosi << Ora gli
                  somigli ancora più di prima, devo ammetterlo. Ho fatto bene ad aspettarti, anche se
                  stavo iniziando a temere che la fuga del tuo commilitone ti avesse scoraggiato dal farci
                  visita. >>
 
Odio. Mentre vedo un ghigno perfido e famelico schernirmi più di quelle parole, sento un odio torvo, intenso e prepotente ribollirmi dentro come la lava incandescente di un vulcano.
Voleva usare Zack per attirarmi qui da lui. Ha osato mettere quei disgustosi artigli su di lui solo per farmi un dispetto. Schifoso bastardo! Vorrei vomitargli addosso tutta l'ira che sento adesso, ma ciò che mi spinge a muovermi da questo momento in poi non è il mio sangue caldo.
La mia mente è lucida, i miei muscoli sono scattanti potenti ed agili, l'energia che sento scorrere nelle mie vene è così limpida da permettermi di ascoltare il battito del mio cuore, assieme a quello di ogni essere che mi circonda, proprio come in quei mesi passati a migliorarmi prima di giungere qui. Ora sento che potrei averli tutti tra le mie mani.
E lo faccio, senza permettere alle successive parole di Hojo di turbarmi in alcun modo, e dandogli la dimostrazione che voleva
 
           << Sai, non mi piace fare del male più del dovuto alle mie preziose cavie. Fossi venuto
                 appena un paio di giorni addietro, forse avrei accettato di lasciarli liberi, in cambio
                 di ... >> continua, ma s'interrompe bruscamente quando la stanza semi oscura viene
                 illuminata quasi a giorno da sottili e fluidi filamenti di lifestream, che sollevandosi tutti
                 intorno a me danzano in silenzio, fino ad arrivare a stringere il collo di questi insulsi
                 esseri che pensano di tenermi prigioniero.
 
Sento il fucile allentare di colpo la presa sulla mia nuca per poi cadere a terra con un tonfo assieme agli altri, mentre le mani del suo proprietario terrorizzato si agitano cercando un modo di liberarsi dalla presa che in meno di mezzo minuto lo strangolerà, assieme ai suoi amici
 
            << C-che .... che cosa stai facendo? >> gracchia lo scienziato indietreggiando
 
Sorrido, mentre dietro di lui vedo apparire la sagoma di un turk con la pistola puntata verso di me e un'espressione sgomenta negli occhi neri. Tseng, il turk wutaiano della mia missione a Junon.
Ci metto davvero poco a riconoscerlo, schifoso traditore! Zack si fidava di lui, e alla fine? Scommetto che non ha mosso neppure un dito per cercare di proteggerlo. No che non lo ha fatto, non può! È un turk, uno dei segugi della Shinra che ha cancellato le prove del massacro e fatto sparire i corpi, uno di quei meschini cagnolini ubbidienti senza un briciolo di volontà propria che farebbe di tutto, perfino uccidere i propri parenti, se solo il Presidente glielo ordinasse. Sono disgustosi, alla stregua di Genesis. E mi sbagliavo quando pensavo che lui fosse diverso dal resto, anzi penso sia perfino peggio.
Ma non importa adesso, posso ucciderlo quando voglio.
 
           << Esattamente ciò che mi hai chiesto, professore. Ti do una dimostrazione di ciò che so
                fare con queste >> rispondo, con un pizzico di sano orgoglio muovendo rapido le dita e
                facendo roteare i polsi, mentre scorgo le gambe del fante presuntuoso agitarsi per
                l'ultima volta in uno spasmo contorto prima della morte, che sopraggiunge puntuale e
                immediata quando la stretta gli toglie via anche l'ultimo briciolo di ossigeno.
 
C.S.
Cloud Strife. Mi piace immaginare che ci sia lui al posto della mia vittima, mentre vedo i corpi degli altri riflessi negli occhi increduli di Tseng e degli altri due Turks che sono sopraggiunti a dargli man forte, e le ombre dei cadaveri appesi sulle pareti intorno a me.
Cinque soldati, strozzati per mezzo dello stesso lifestream nel quale sono stati generati e torneranno, quando li lascerò andare.
Si, il professore ha ragione. Davvero sorprendente!
E i mastini addetti alla sicurezza? Perché non mi sparano adesso? Potrebbero farlo in qualsiasi momento, ma evidentemente non sono abbastanza coraggiosi da farlo.
Oppure vogliono ammirare ancora un poco la mia nuova forza?
Eheh si, dev'essere così. Vedo Tseng guardarmi come se non riuscisse a credere ai suoi occhi, e il ragazzo dai capelli rossi spalancare sgomento occhi e bocca annaspando assieme al suo collega.
Mi godo ancora un po' quel momento, ascoltando lo scricchiolio dei muscoli del collo dei malcapitati che si spezzano e meravigliandomi di quanto sia facile. Non sento nulla, neanche un po' di stanchezza o il peso dei loro corpi su di me. Questo perché, ovviamente, ci sono riuscito. È il pianeta che uccide per me, ora. E che sensazione meravigliosa è questa!
Fingendomi stanco, con grosso sospiro mi spingo in avanti e scaravento i cadaveri contro il muro di fronte, compiendo un rapido movimento delle braccia. Li osservo soddisfatto precipitare al suolo come sacchi di sabbia, esattamente come le creature di Cosmo Canyon, pieno di lividi e pallidi come cenci.
Alcuni di essi sono rimasti senza casco, e i loro occhi vitrei ci fissano senza più espressione.
Ma non ho ancora finito, e allora approfittando dello stupore generale scaglio una serie di deboli fulmini sui turk, per stordirli. Poi, nel tempo che c'impiegano a rimettersi, afferro Hojo -che già si apprestava a scappare- per il collo e lo inchiodo al muro alle sue spalle, a pochi passi dalla porta.
Penso al sorriso di Zack, poi vedo questo volto bestiale, orrendo. Vorrei strozzarlo qui, e adesso. Ma prima devo sapere
 
        << Che gli hai fatto, carogna? >> sibilo a denti stretti, minaccioso
 
Lui sorride, nonostante non ce la faccia neanche più a sopportare la mia presa. Mi fa schifo anche solo pensare di stringere tra le dita quella pelle rugosa. Mi fanno schifo i suoi occhi impuri.
 
         << In-teressante ... >> mormora, ignorando la mia domanda << S-sapevo ... che non eri
              normale, ma ... ... ora mi affascini ancora di più. >> conclude guardando i miei occhi felini
              e stringendo i suoi arti scheletrici sul mio braccio
 
Aumento la potenza sulla presa, sento i turk rimettersi in piedi. Devo andarmene di qui.
Sorrido di nuovo
 
         << Attento professore. >> lo avviso << A giocare col fuoco, potresti bruciarti. >>
 
E, mentre lo dico, il palmo della mia mano comincia a scaldarsi. Lo marchierò a fuoco, come con i condannati a morte. O, se mi resterà tempo, lo incenerirò come i cadaveri che ha fatto sparire.
In ogni caso, gli darò una lezione che faticherà a scordarsi. Tutti faticheranno a dimenticare questo giorno, quello in cui osarono sfidare l'allievo di Sephiroth.
Non sono più un SOLDIER, posso farlo adesso. Sono libero.
Ma, nonostante la puzza di carne bruciata cominci a sentirsi e lui sembri quasi tremare per il dolore, riesce ancora a trovare la forza per parlare
 
          << Che cosa sei tu? >> mi chiede, mentre il dolore gli mozza il fiato
 
Un ghigno mi si dipinge in viso, una risata appena percepita mi sgorga dalla gola. Scuoto la testa e faccio spallucce, mentre il ragazzo del mio sogno mi dice di non farlo, di muovermi e uscire da lì.
E perché no? Se si metterà in testa d'inseguirmi, sarà solo un'altra buona occasione per ucciderlo. Ho il pianeta in mano, adesso.
Posso scatenare l'apocalisse, mi basta solo desiderarlo. Io ... posso tutto, o quasi.
Ma mi piacciono le sfide difficili, e perché non farlo ammattire ancora di più? Del resto ho ancora qualcosa da fargli vedere
 
         << Non l'hai ancora capito, genio? >> lo schernisco, e lo vedo sgranare gli occhi offeso,
              prima che uno sparo ci faccia sobbalzare entrambi
 
La mia barriera scintilla alle mie spalle, segno che qualcosa ha tentato invano di oltrepassarla, e quando Tseng torna a gridarmi di liberare il mio prigioniero capisco che è finita l'ora delle chiacchiere.
 
          << D'accordo. >> rispondo calmo, dopo in profondo sospiro
 
Poi lascio cadere a terra il mostro e godendo della grave ustione sul suo collo che gli ho provocato gli sferro un pugno facendolo crollare a terra e frantumando i suoi occhiali, per poi sfoderare la mia katana ed iniziare a combattere come mi hanno insegnato.
Senza nessuna pietà.
Con un calcio faccio volare via la pistola dalla mano del wutaiano, e quando si fionda su di essa per riprenderla lo afferro per il colletto della giacca e sollevandolo di peso lo scaravento addosso agli altri due, che avevano pensato di prendermi alle spalle, facendoli finire tutti e tre a pochi centimetri di distanza da un Hojo semi svenuto e creandomi una via di fuga verso la porta libera.
Mi fiondo fuori ed inizio a correre, più veloce che posso, sentendo già le urla dei tre che si affannano a richiamare gli altri soldati sparsi per i corridoi.
Hojo deve aver ordinato loro di catturarmi vivo, probabilmente per poter 'studiarmi' meglio. Str&%#o!
Sephiroth aveva ragione quando diceva di stare alla larga da lui, aveva intuito ogni cosa. Probabilmente, anche io e la mia inesperienza abbiamo aiutato a farci notare.
Comunque, non importa.
Adesso devo solo trovare un modo per andarmene in fretta da qui e, proprio mentre lo sto cercando, vedo una ragazza sbarrarmi la strada, probabilmente un altro turk visto il completo che indossa.
È una bambina quasi, deve avere poco meno di diciotto anni, o almeno questo suggerisce il suo aspetto. Capelli rossi e mossi tagliati di netto sopra le spalle, riflessi agili, sguardo atono e severo e un grande Shuriken appuntito ed affilato come arma.
Mi si para di fronte, a pochi metri di distanza, e me lo lancia senza esitare, proprio nel momento in cui sento Tseng urlarle di non farlo.
 
          << Cissnei, no! >> le dice
 
Ghigno, e con un rapido gesto blocco la corsa dell'arma a pochi centimetri dal mio viso. Cissnei, eh?
 
          << Forse dovresti ascoltare i tuoi superiori, quando ti danno un ordine. >> mormoro,
               glitchando a pochi centimetri da lei e stringendo il suo corpo fragile tra il mio e una delle
               lame che ora le trapassano il ventre
 
La vedo spalancare gli occhi, un rivolo di sangue sgorga da un angolo delle labbra quando spingo ancora più in profondità.
Sento il suo petto fermarsi all'istante sotto la mia mano che le cinge il fianco, il rumore della carne che si sfalda, il sangue viscido si frappone tra la stoffa raffinata dei suoi abiti e la pelle nera del mio guanto. Infine, un ultimo gemito lascia la sua gola, ed i suoi occhi mi fissano sorpresi e sgomenti mentre il battito del suo cuore rallenta sempre di più .
Sorrido di nuovo. È quasi rigenerante.
Uno dei tre turk urla.
"Avreste dovuto evitare di provarci, cani rognosi"
Abbandono la ragazza agonizzante lì, e riprendo a correre percorrendo la strada a ritroso.
Sento Tseng dire a uno dei due colleghi rimasti di occuparsi di lei, poi richiama un'altra squadriglia e mi si rimette alle calcagna.
Mi ritrovo circondato in meno di qualche minuto.
Dalle scale che danno all'esterno stanno precipitandosi altri fanti, forse una quindicina, e Tseng con i suoi mi stanno raggiungendo rapidamente.
Ha rinunciato a sparare, probabilmente ha capito che contro la mia barriera i proiettili a lungo raggio non funzionano, ma quelli mirati da vicino potrebbero farlo.
Forse.
Mi trovo al centro di uno spiazzo circondato da piccole porte e sostenuto da pilastri di pietra grezza. Mi basterebbe farli crollare uno ad uno per sbarazzarmi di tutti e avere la via libera, ma non sarebbe divertente come lo è stato fino ad ora.
Ho un'altra idea invece.
Continuando a mantenere la barriera attiva lascio che mi circondino, limitandomi a farne fuori qualcuno con i proiettili della mia vecchia pistola a tre canne.
Poi, non appena sono abbastanza vicino, sfodero la katana e do inizio al massacro.
Con un'ampia stoccata ne falcio tre e ne ferisco altri due.
C'è un'idiota che continua a spararmi alle spalle mancandomi sempre, forse sperando che non me ne accorga; glitcho dietro di lui e risolvo il problema trapassandogli la schiena con la mia lama, poi rinfodero la spada, prendo il suo fucile e inizio a scaricare tutti i colpi rimanenti sugli altri, passando ad un altro fucile quando quello è scarico, e poi ad un altro e un altro ancora, fino a che non mi sono stufato.
È divertente vederli cadere come mosche, non me lo ricordavo così.
Anche il turk amico di quello con la zazzera rossa è rimasto ferito, l'ho colpito ad un braccio due volte.
Rude ... che nome da imbecille!
Adesso mi è rimasto solo Tseng, ma lui voglio colpirlo guardandolo in faccia, perciò ...
Piano C.
Mi sposto sull'altro lato dell'arena, facendomi strada tra quelle mosche a furia di stoccate, calci e pugni.
Una decina di loro cadono a terra con una profonda ferita alla gola; il verso che emettono è orribile, e alcuni di loro sono 3rd.
Comunque, una volta raggiunto il bordo mi smaterializzo dentro una delle piccole stanze buie chiuse a chiave sotto il colonnato, e aspetto, accucciato su una delle assi di legno che -con mia grande sorpresa e fortuna - sono ampi soppalchi fatti apposta per contenere armi e munizioni.
Evoco una flebile luce di lifestream sul mio palmo, e noto che proprio al mio fianco vi è un vasto assortimento di granate di ogni dimensione.
Ne prendo una piccola in mano e sorrido, illuminandomi eccitato. Fuori, i rumori della battaglia si attenuano piano, e le voci dei soldati rimanenti scadono in un bisbiglio confuso mentre Tseng continua a chiedere cosa ci sia qui dentro.
Qualcuno gli risponde 'armi', lui ci pensa un secondo, poi decide
 
         << D'accordo. >> dice soltanto, poi cala il silenzio più totale
 
Crede di fregarmi, l'imbecille. A quanto pare non gli è bastata la mia dimostrazione, eh?
"E va bene" penso facendo passare la granata da una mano all'altra per un paio di volte con un ghigno famelico "concludiamo con i fuochi d'artificio".
Poi all'improvviso la porta si spalanca, e loro cominciano a sparare all'impazzata in tutte le direzioni, Tseng in testa.
Mi acquatto ancora di più nel mio nascondiglio, al sicuro sul lato della stanza e protetto anche dall'oscurità, continuando a stringere la granata sul petto e stendendomi su quel po' di spazio libero rimasto come se fossi morto.
È un buon modo per evitare che qualche proiettile mi colpisca, e poi se anche lo facesse salteremmo in aria entrambi, cosa che né io né loro vogliamo. Mirano ovunque, tranne che verso le armi.
Sorrido di nuovo. "Cani rognosi e codardi, non avete neanche il coraggio di morire per la causa".
Chiudo gli occhi, aspettando il silenzio, e quando arriva finalmente passo al contrattacco, scagliando contro di loro quante più granate possibili, una alla volta, e guardandoli saltare in aria come palloncini scoppiati.
Urlano come dannati, prima di dilaniarsi in mille pezzi. Qualche schizzo di sangue arriva fino a me, imbrattandomi il viso e gli abiti. Non mi sono ... mai sentito ... Così!
Una mensola di nitroglicerina liquida cade addosso a sette di loro, uccidendone due per mezzo del suo peso, e dandomi l'occasione di dare fuoco agli altri per mezzo dei miei poteri.
Stavolta è davvero troppo per loro. La stanza inizia a riempirsi della luce dell'incendio e delle urla dei malcapitati che starnazzano spaventati in mezzo ai cadaveri mutilati dei compagni, mentre il fuoco li divora, come i corpi di quella sera.
I restanti fuggono spaventati quando Tseng ordina la ritirata, ma intervengo e gli impedisco di seguirli; con un balzo mi fiondo addosso a lui, atterrandolo per poi sferrargli un pugno sul naso e prenderlo per il colletto, rialzandolo.
Lo trascino fuori come ostaggio e scudo, puntandolo verso i pochi rimasti che ancora oserebbero spararmi, e mentre inebriato premo la lama della katana sulla sua gola sento il suo cuore battere all'impazzata, fintanto che lui mi segue senza protestare verso la mia via di fuga
 
           << Coraggio! >> li incito strafottente mentre li osservo tremare << Sparate adesso,
                provateci andiamo! Chi vuole essere il prossimo dopo di lui, eh? Volontari? >> urlo    
                ancora più rabbioso, sporco di fuliggine e sangue << Non sono neanche minimamente  
                stanco, posso ricominciare quando voglio. >>
          << Lo sanno ... molto bene. >> mormora allora il turk, e nel controllare che non faccia azioni
               stupide mi accorgo che non ha neanche provato a spararmi ora che mi è così vicino
 
Il mio ghigno si accentua, trasformandosi in disprezzo solo per lui
 
           << Che fai, lavori anche per gli scienziati pazzi adesso? >> lo schernisco, poi aggiungo
                disgustato, sputandogli in viso << Come se un turk avesse un qualche tipo di onore da
                proteggere. >>
           << E tu? >> mi chiede lui, composto, facendomi rabbrividire << Non hai nulla da
                proteggere? >>
 
Ma subito dopo rido, divertito
 
              << Io non sono Angeal. >> ribatto, iniziando a salire il primo gradino e continuando a
                   guardare l'orrore << Né Zack. Te ne sarai accorto, immagino? >> aggiungo, poi premo
                   di più la lama sulla sua gola e avvicinando la bocca al suo orecchio sibilo << Dov'è
                   adesso, verme? Hai tradito anche lui per leccare il culo al Presidente. >>
 
Tseng chiude gli occhi e scuote la testa, grave
 
              << Non lo so. >> risponde, continuando a mantenere la calma << Avevo mandato Cissnei
                   a seguirli, ma lo ha perso di vista. >> mi rivela, e sento la rabbia e la delusione
                   ricrescere in me con sempre maggiore intensità
 
Ho fatto bene ad ammazzarla allora. E stata completamente inutile.
 
               << Noi turk non avremmo potuto fare nulla, speravo che tu arrivassi in tempo per ... >>
                    s'interrompe, perché una goccia di sangue ha appena raggiunto il colletto della sua
                    camicia dalla vena sotto il suo gozzo
               << Stronzate, Tseng... >> rispondo, ringhiando rabbioso << Sono tutte solo colossali,
                    fottutissime, megagalattiche stronzate! Perciò adesso chiudi il becco e dimmi almeno
                    se ci sono altri idioti da spedire all'inferno la fuori. >> lo invito, molto caldamente

Lui scuote di nuovo la testa, pianissimo, poi deglutisce e risponde semplicemente che
 
              << Erano tutti qui. Sapevamo che saresti venuto, Hojo ci voleva tutti pronti per accoglierti.
                   Ti vuole ad ogni costo.>>
 
Scuoto il capo di lato, con un sorriso divertito e impietosito
 
               << Ho notato. >> rispondo, mentre anche gli ultimi soldati rientrano nella zona sicura,
                    lontano da noi
 
Ora rimangono solo corpi agonizzanti, fiamme e un silenzio spettrale come quello di quella notte.
Ma anche se siamo soli, non lo lascio andare. Non mi fido, e mi serve ancora
 
                << Renditi utile e apri questa cazzo di porta adesso, forza! >> gli ordino invece,
                      voltandomi verso il portone in ferro e lasciando che sia la barriera a proteggermi le
                      spalle

Mi sorprendo quando lo fa, stranamente senza protestare.
Poi, tutto d'un tratto la luce della luna mi accoglie all'uscita, assieme ad una ventata di aria gelida. Sorrido, e facendo strisciare la lama sulla sua pelle lo libero il cane puntandogli subito dopo l'arma contro.
Lui resiste alla tentazione di piegarsi e tamponarsi la ferita, e mentre gli sorrido varcando la soglia gli lancio un ultimo anatema
 
                << Ricordati questa notte, Turk. >> dico, e vedo i miei occhi felini scintillare nei
                     suoi << Ricordala anche al Professore, se mai gli tornasse in mente di provare a
                     cercarmi ancora. E consideratevi graziati se siete ancora vivi. La prossima volta ... >>
 
Mi fermo, facendo scorrere lentamente la lama imbrattata di sangue all'altezza della mia gola.
Poi lo guardo fisso, in silenzio, aspettando che mi dia cenno di aver capito il messaggio.
Lui annuisce, toccandosi la ferita. Poi, cogliendomi del tutto impreparato, aggiunge cupo
 
                << Trovalo. Ha l'esercito alle calcagna e poco tempo a disposizione. E torna a casa,
                      poi. >>

Sorrido, quasi prendendomi gioco di quella supplica. Certo che lo troverò. Certo che tornerò a casa.
 
               << A qualsiasi costo. >> rispondo con sicurezza e determinazione, puntandogli di nuovo
                    l'arma contro e lanciandogli un ultimo, intenso sguardo altero prima di dargli le spalle,
                    e sparire nel buio e nel silenzio di questa notte stellata, così come sono venuto.

Immediatamente, e 'il più lontano possibile da qui'.
 
***
 
-           << Imbecilli! >> gracchiò il professore con voce rauca per la rabbia e le botte prese,  
                 prendendo sotto tiro chiunque si trovasse nel laboratorio semidistrutto << Idioti!

                 Chi mi ha spedito il Presidente? Ve lo siete fatto scappare da sotto il naso! >> sbraitò
                 poi, rivolto al turk di Wutai che aveva condotto l’offensiva
 
Tseng, dal canto suo, non riuscì neppure a starlo a sentire.
Sporco di sangue, pallido e ferito appena lievemente, taceva osservando il macabro scenari di soldati rotti come marionette e abbandonati in mucchio vicino al muro contro al quale era stati scagliati da quella forza che veniva dal pianeta.
Cissnei era morta.
Dopo essere stato liberato e aver permesso al suo assassino di scappare, aveva aiutato Rude –ferito alla spalla destra e ad una gamba- a raggiungere la zona sicura, e poi lo aveva lasciato nelle mani dei medici correndo da lei.
L’aveva trovata tra le braccia di un Reno in lacrime. Era strano vederlo così. Era stato strano vederla spegnersi. Si era chinato su di lei, mentre l’altro la teneva ancora stretta, e dolcemente gli aveva accarezzato la fronte madida. In fondo, i turk erano la sua unica famiglia, e lui l’aveva sempre vista come una sorella, nonostante ‘non avessero nessun genere di onore da proteggere’.
Aveva fatto di tutto per resistere fino al suo ritorno. Così … era arrivato il suo momento. Così presto?
 
            << Ti avevo detto di non intervenire. >> l’aveva ammonita, con non troppa convinzione
            << Gliel’hai detto? >> aveva risposto lei
 
Il suo flebile mormorio si era mescolato ai lamenti dei feriti, alle urla lontane di quelli che stavano cercando di spegnere il piccolo incendio nella stiva delle armi.
Tseng aveva scosso piano il capo con un sorriso. Lei dunque aveva inarcato in su le labbra, e un’ultima, singola lacrima aveva lasciato i suoi occhi, pochi istanti prima del suo ultimo respiro.
Era morta così, guardandolo e sorridendo. Perché lo avesse fatto … sarebbe stato solo unicamente un loro intimo segreto.
Poi le aveva chiuso gli occhi con dolcezza, e aveva incaricato Reno di occuparsi del suo piccolo, giovane corpo. Lo spirito libero adesso aveva ali con cui volare.
Lui ancora no. Aveva dovuto occuparsi di contare i feriti e i cadaveri, alcuni completamente irriconoscibili, altri ancora da finire, e continuare a fare il suo dovere senza scomporsi. Era la cosa che sapeva fare meglio. Il suo unico dovere.
Era stata un’altra carneficina, solo che stavolta … se l’erano cercata. Non era stata per nulla una buona idea, fin dall’inizio. Come gli aveva detto, quando i soldati si erano accorti di chi fosse il loro aggressore avevano avuto paura, perché lo avevano conosciuto attraverso le gesta che continuavano a risuonare di lui ancora, tra i corridoi del 46esimo piano.
Non c’era stato un SOLDIER in grado di uguagliare Sephiroth, e dopo di lui … continuava a non esserci.
Quella notte lo aveva confermato. E anche adesso guardando l’orrore, quegli occhi vuoti, i suoi colleghi distrutti e la pelle bruciata del collo del Professore, seppe … ch’era proprio come Victor gli aveva detto.
Si sentiva un graziato, una vittima risparmiata. Victor Osaka era riuscito a trasformare quei sotterranei in un sanguinoso campo di battaglia. I turk non erano abituati a questo, non ad affrontare una guerra, ma a muoverne i fili dietro le quinte.
Eppure, adesso più che mai, sentiva di dover continuare a proteggere quel bambino e sua madre, assieme a Zack.
Era l’ultimo favore che avrebbe fatto a Cissnei, anche se ... non sarebbe mai stato abbastanza in grado di riprendersi dal ricordo dell’immagine della morte, che aveva avuto per interminabili minuti il volto di Victor Osaka.
 
        << Un Antico! >> continuava a sbraitare il Professore, sempre più eccitato e nervoso, mentre
             un altro paio di fanti si apprestava mestamente a trascinare fuori dalla stanza i cadaveri
             dei loro compagni << Quel ragazzo è un altro Antico, ne sono sicuro! L’unico in  
             grado di sopportare in maniera eccellente le cellule di Jenova! Un esemplare unico,
             qualsiasi sia stata la sua origine! E adesso grazie a voi non riuscirò a dimostrarlo! >>   
             concluse, puntandogli contro il dito
 
Il turk non parlò, continuando a fissare lo sguardo altrettanto sconvolto di Reno. La partita era aperta, dunque.
 
“Ricordalo al professore, se dovesse venirgli ancora in mente di cercarmi.”
 
E lui era stato assegnato alla sua sicurezza.
Non gli restava che un’unica scelta, per non rischiare ancora una volta di essere coinvolto
 
           << Dobbiamo tornare a Midgar, Professore. >> disse, distaccato e calmo << Farò rapporto

                comunque al Presidente di quanto è successo. >>       
 
Hojo sgranò gli occhi, e voltandosi all’improvviso puntò l’indice destro contro di lui, con aria minacciosa e sguardo truce
 
           << Sarò io a parlargliene, se e quando servirà! >> sibilò << Tu e gli altri terrete la bocca
                 chiusa fino a che Osaka non sarà nelle mie mani, o saranno guai! >>
           << E queste morti? >> aggiunse allora Reno, faticando a non mostrarsi scioccato da quella

                richiesta assurda << Come faremo a … >> seguitò, ma si bloccò all’improvviso quando
                con una mano Tseng gli diede l’ordine di zittirsi
           << Ogni prova di condotta insubordinata contro la compagnia deve essere eliminata.
                Queste sono le regole. >> disse, guardandolo dritto negli occhi << Faremo ciò che
                abbiamo fatto fino ad ora. >> concluse poi, rivolgendosi allo scienziato
 
Hojo sorrise. Quel turk …
Allora c’è n’erano ancora di esemplari intelligenti, in quel branco di cani
. -
   
 
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