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Autore: Emmastory    08/12/2015    1 recensioni
Alcuni anni sono passati, e le nostre tre giovani streghe continuano a vivere la loro vita. La loro felicità sembra costantemente vacillare, così come la sicurezza del profondo e recondito segreto che custodiscono. Nessuna sarà al sicuro, e alcuni nemici a loro già noti non rappresenteranno che una grave minaccia. Il destino di Miriel, Minerva e Astrid, sembra quindi appeso a un filo sottile.
(Seguito di "Sangue di strega: Giochi di potere)
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di strega'
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Sangue-di-strega-III-mod
Capitolo XII
Corsa alle armi
Era ormai passata un’intera ora, e di Xavier neanche l’ombra. Con lo scorrere del tempo, divenivo sempre più ansiosa e preoccupata, e ignorando i consigli delle mie sorelle, mi feci coraggio, presi il mio pugnale e corsi fuori. I miei passi facevano scricchiolare i rami degli alberi ormai consumati dalla violenza dei Cacciatori, e l’intera città appariva completamente rasa al suolo. Ad ogni modo, sapevo che non era possibile. Tentando di ritrovare la calma, concentrai il mio pensiero su mia figlia. Pochi istanti dopo, i miei sensi di strega si fecero vivi, e facendo uso dei miei poteri, sentii la voce della mia piccola Jocelyn risuonare nella mia testa. Fermandomi di colpo, presi fiato, per poi lanciarmi in una trafelata corsa verso il centro del villaggio. Non appena arrivai, vidi mia nonna. Era circondata dalle sue sottoposte, che utilizzando le loro armi, consistenti in spade e daghe simili a quella che nascondevo, chiamavano a raccolta le loro forze per difendersi dagli attacchi che i Cacciatori continuavano a sferrare senza sosta. Improvvisamente, sentii qualcuno chiamare il mio nome, e voltandomi, scoprii nel mio interlocutore la mia ormai vetusta nonna. “Il pugnale!” mi gridò, consigliandomi di usare la mia arma al solo scopo di difendermi. Guardandola negli occhi per un singolo attimo, annuii, per poi spostare il mio sguardo su uno di quelli che sarebbe presto divenuto un mio aguzzino. Si avvicinava a me con velocità inaudita, e sguainando quella che identificai come un’argentea e affilata spada, scelse di provare ad attaccarmi. Schermendomi il volto con le mani, mi ferii accidentalmente, per poi cadere a terra con un tonfo. Sperando di fargli perdere interesse verso di me, mi finsi morta per alcuni secondi, allo scadere dei quali, con un profondo respiro, riuscii a rimettermi in piedi e restituire il colpo. Fu questione di un singolo attimo, e la mia daga penetrò nel suo braccio. Dalla profonda ferita sgorgava del sangue, e seppur lentamente, il mio nemico si stava indebolendo. Fissando il mio sguardo su di lui, svuotai la mente per alcuni secondi, rimembrando allo scadere degli stessi, un particolare di cui avevo letto nel libro di mia madre. I Cacciatori come quello che mi accingevo ad uccidere, possedevano un marchio la cui forma ricordava quella di una croce celtica. “Dimmi dov’è mia figlia.” Gli intimai, inchiodandolo a terra con la sola forza del mio sguardo. “Non lo so.” Rispose, lamentandosi per il dolore che la ferita gli provocava. “Stai mentendo.” Continuai, avvicinando il pugnale al suo volto. A quella vista, l’uomo iniziò a tremare. Era come se le mie parole lo privassero della forza e della crudeltà che caratterizzava lui e quelli della sua ignobile stirpe. “Non è vero.” Disse, incrociando il mio sguardo e tacendo nella vana ed inutile speranza di convincermi. “Dimmi dov’è mia figlia!” gridai, scandendo l’ultima parola che pronunciai e sferrandogli un pugno in pieno volto. “È stata rapita… dalle Superiori.” Biascicò, pregando che dopo tale confessione io lo lasciassi andare, per poi abbandonarlo al suo triste e ormai segnato destino. Per sua fortuna, quelle parole erano ciò che aspettavo di sentire, ragion per cui, mi voltai dandogli le spalle, per poi scegliere di mettermi alla ricerca di mia nonna. Correvo facendomi strada nella nebbia, evitando le infuocate frecce e gli innumerevoli cadaveri che incontravo, avendo comunque la premura di controllarli e sincerarmi che non appartenessero alla mia famiglia. La fortuna sembrava assistermi, e il mio cammino fu interrotto da una voce fin troppo conosciuta. Xavier chiamava disperato il mio nome, e voltandomi, notai che non era da solo. Difatti, e per quella che non esitai a definire una sorte benevola, era affiancato da Minerva, Astrid e Jonathan. In quel momento, le uniche persone assente all’appello erano Logan e Jocelyn. Ad ogni modo, abbracciai Xavier, felice di averlo ritrovato e di sapere che fosse ancora vivo. “Dov’è Logan?” non potei fare a meno di chiedere, notando delle amare e fredde lacrime rigare il volto di mia sorella e continuando a seguirlo nella corsa che ci avrebbe a suo dire condotto alla salvezza. “C’è stata un’imboscata, siamo riusciti a fuggire, ma lui è morto.” Rispose, lasciando che le parole venissero supplite dagli eloquenti sguardi che mi rivolse. A quella notizia, sbiancai. La scomparsa del povero Logan mi aveva colpito, ma ad ogni modo, la persona maggiormente provata dall’accaduto, risultava essere Minerva. Entrambi, si erano amati nonostante mille difficoltà, e poi lasciati a causa di un semplice errore, ma anche se ora lui non faceva più parte della sua vita, mia sorella dovette ammettere di avere la sua dose di colpa, e piangendo, si accasciò lentamente a terra. “Rialzati.” Le dissi, aiutandola a rimettersi in piedi e sperando che smettesse di piangere. In quel preciso istante, il suo dolore si dimostrò troppo forte per essere ignorato, ragion per cui, mi ignorò completamente, rifiutando di continuare a seguirci. “Io lo amavo!” gridò fra le lacrime, posando una mano sulla bianca e fredda coltre di neve, per poi sferrare un pugno al terreno. Subito dopo, sentii un urlo, e vidi una freccia scagliata da un abile arciere dirigersi proprio nella sua direzione. Istintivamente, chiamai il suo nome, e lei non ebbe che il tempo di voltarsi. I secondi scorrevano, e sentivo che la fine si avvicinava. Non sopportando quell’orribile vista, chiusi gli occhi, riaprendoli solo al calare del silenzio. Tutto appariva immobile, e non si sentiva nulla. Riacquistando la capacità di vedere, notai che Minerva era sana e salva, e che al suo posto, c’era qualcun altro. Istintivamente, lasciai andare la mano di Xavier, per poi muovere qualche indeciso passo in avanti e scoprire che nostra nonna aveva tentato di salvarla. “Io starò bene, ora fuggite.” Biascicò, rialzandosi lentamente da terra e sopportando il dolore e il colpo appena subiti. Posando il mio sguardo su di lei, esitai per un attimo, salvo poi vederla sorridere debolmente. “Va con loro, Miriel.” Mi disse, indicando il resto della mia famiglia con un cenno del capo. Seppur lentamente, mi allontanai da lei, decidendo quindi di darle ascolto. Non ebbi occasione di chiederle della mia bambina, ma stando a quel che avevo visto, Jocelyn non era con lei. Tutto questo, poteva avere un solo significato. Quello spregevole uomo mi aveva mentito in punto di morte, ed io avrei dovuto farmi giustizia da sola. Lasciando che Xavier mi prendesse nuovamente per mano, ricominciai a correre al suo fianco. Alcuni istanti dopo, sentii un suono basso e soffocato, che inizialmente non fui in grado di distinguere. Un guizzo di memoria mi saltò in mente, e ricordando, realizzai. Sapevo bene che i Cacciatori erano una stirpe a dir poco orrenda, e che erano disposti a qualunque sacrificio perché il volere di chi li comandava si compiesse. A tale scopo, avevano perfino addestrato le belve dei boschi ad obbedire ai loro comandi. Volendo unicamente proteggere la mia famiglia, mi voltai sguainando il mio pugnale, e scoprendo, con mia grande sorpresa, che un lupo ci stava seguendo. Alla mia vista, l’animale si fermò, mostrandosi pronto ad obbedirmi. “Mistral?” chiamai, dubbiosa. A quel nome, il lupo abbaiò, e da quel momento in poi, fui sicura della sua identità. Correndo, si mise in testa alla nostra marcia, e ululando, ci guidò fino ad un luogo che appariva sicuro. Guardandomi attorno, strinsi la mano di Xavier. Spostando poi il mio sguardo sulla coraggiosa Mistral, la accarezzai, complimentandomi silenziosamente. In fondo, la lupa non aveva fatto che il suo dovere, e ci aveva condotti in quello che riconobbi come il covo delle Streghe. Ancora una volta, mossi qualche incerto passo in avanti, per poi ritrovarmi di fronte una delle Streghe in persona. “Che cosa vuoi, miserabile strega?” chiese, in tono acidamente scortese. “Sono qui per mia figlia.” Risposi, riuscendo incredibilmente a tenerle testa. “Qui non c’è nessuno oltre a noi.” Mi disse, riferendosi al resto delle sue compagne. “Ho dato alla luce una Sangue Striato.” Chiarii, alterandomi di colpo. Per qualche strana ragione, la Strega risultò ferita dalle mie parole, tanto da massaggiarsi le tempie indolenzite. “Venite con me.” Disse, per poi guardarsi indietro e assicurarsi che la stessimo seguendo. In quel momento, camminavo senza proferire parola, e ad ogni passo, mi interrogavo sulle condizioni della povera Jocelyn. Sapevo che era stata nuovamente rapita dalle Superiori, e data l’assenza di mia nonna, ero certa che le avessero fatto del male. Dopo alcuni minuti passati a guidarci negli ampi e oscuri corridoi di quel covo, la Strega si fermò, per poi indicare un punto lontano e immerso nell’oscurità. “È proprio lì, ma fate attenzione.” Ci ammonì, fissando il suo sguardo su me e Xavier, e notando che le nostre mani erano di nuovo unite. Lentamente, ci avvicinammo al punto indicato, scoprendo che nostra figlia Jocelyn appariva diversa. Per qualche strana ragione, infatti, il marchio che la caratterizzava rendendola forse unica a questo mondo, risplendeva costantemente, e le sue mani erano calde al tatto. Limitandosi a fissarci, non parlava, e prendendola in braccio, notai che il suo esile corpicino era scosso da evidenti tremori forse dovuti al freddo di questo così pungente inverno. Parlandole con gentilezza, la rassicurai, avendo quindi la gioia di vederla sorridere. “Portatela via, e non tornate mai più.” Ci intimò quella Strega, per poi sparire dalla nostra vista attraverso l’uso dei suoi poteri. Per nostra fortuna, e forse anche a causa della forza d’animo che accompagnava i nostri movimenti, il viaggio di ritorno a Farebury fu breve, e al nostro arrivo, nulla era più uguale a prima. La nostra vista pareva ingannarci, eppure sapevamo di esser desti. D’improvviso, le mie palpebre si fecero pesanti, e i miei occhi si chiusero. Sentendo Xavier stringermi una mano, mi sforzai di riaprirli, e non appena lo feci, vidi ciò che non avrei mai voluto vedere. La bianca neve era completamente ricoperta di sangue, e gli alberi e le case bruciavano senza consumarsi. Non l’avevo mai detto ad anima viva, eppure la mia paura più grande era rappresentata dal fuoco. La sola vista delle fiamme libere e senza controllo mi terrorizzava fino a fami star male. Ad ogni modo, quello era forse l’ultimo dei problemi. Difatti, mia figlia fece qualche passo in avanti, e il silenzio si ruppe come vetro. Non vidi altro che lo splendere del suo marchio, e subito dopo, un urlo squarciò l’aria di quella notte. 
 
 
   
 
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