Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: alaskha    08/12/2015    4 recensioni
“No, aspetta – fui lui a fermarmi, quella volta – non ti va un caffè?”
“Io non bevo caffè”
“Sei davvero newyorkese o bluffi? Non mi piace la gente che bluffa”
Avevamo usato lo stesso verbo, quindi probabilmente Luke Hemmings non era un bugiardo bluffatore.
“Sono newyorkese e non bluffo, semplicemente non mi piace il caffè ed io e te non ci dobbiamo piacere, non dobbiamo neanche mai più rivederci, quindi non importa”
“Giusto”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante.
Istanti nei quali lui non si tolse mai dalle labbra quel sorrisino sfacciato.
“Quindi?” mi riscosse lui, dal mio stato pietoso di trance.
“Quindi addio, Luke Hemmings”
“Mi dici addio perché New York è grande ed è facile sbagliarsi?”
Annuii.
“Esatto”
“Speriamo non sia così grande come dicono, allora”.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
quando trovate l'asterisco ascoltate se volete "Human" di Cher Lloyd



 
chapter nine

e resto, te lo giuro

 


Ultimamente mi capitava di svegliarmi meglio, la mattina. Nei mesi precedenti, ogni piccola cosa, riusciva a mandarmi fuori di testa: ero irritabile, annoiata, scontrosa e non avevo voglia di fare nulla, non parlavo con nessuno, esistevano solo i miei libri.
Molto spesso mi ero ritrovata a chiedermi in seguito a che cosa, fossi riuscita a sentirmi così bene, così rinata, così in pace con me stessa ed il resto del mondo. E tutte le volte, riuscivo a rispondermi con un solo nome.
“Jenny! – la voce di Jai arrivò forte e chiara alle mie orecchie – John viene domani?”
Sorrisi al mio fratellino, portandomi i capelli sulla spalla destra.
“Certo, solo per te” lo misi al corrente.
Se John avesse visto il sorriso di Jai in quel momento, sono sicura che avrebbe pensato che decidendo di partecipare a quella cena, aveva senza ombra di dubbio preso la decisione giusta.
Lo guardai, seduto al tavolo della grande sala, con il suo libro degli esercizi di matematica davanti agli occhi. Mi sedetti affianco a lui, accarezzandogli dolcemente i capelli.
“Che ne dici di una KinderPausa?”
La KinderPausa era una cosa inventata dai fratelli Stratford al completo, quando ancora Jonathan viveva a Wall Street con noi. Gli occhi di Jai si illuminarono.
“Sì!” urlò, balzando giù dalla sedia.
Così lo seguii.
“Ehi, scimmietta, fai piano – dissi, notando un suo mancato scivolone sul pavimento lucido – ti voglio tutto intero domani, sarà la tua serata, e di nessun altro”
Lo presi in braccio, per avvicinarlo al mobile che conteneva la nostra scorta infinita di Kinder: kinder cereali, kinder bueno, kinder cioccolato.
“Quale vuoi?” gli chiesi.
“Mmmm – Jai ci pensò a lungo – kinder bueno!” e poi prese la sua decisione sofferta.
“Vada per il kinder bueno”
Ne afferrai due e posai il mio fratellino a terra. Nel voltarci per tornare in sala, incontrammo la figura di Maribel.
“Ehi, voi due! – ci riprese bonariamente – chi vi ha dato il permesso di ingozzarvi di cioccolato?”
“Ce lo siamo dati da soli” la informò Jai, leccando un po’ di crema.
Io ridacchiai, mentre Maribel mi guardava, intensamente.
“Che c’è? – chiesi, stranita ed anche un po’ divertita – mi stai facendo la radiografia, Mari?”
“Non lo so, piccolo fiore – iniziò lei, indagatoria – mi sembri diversa, c’è qualcosa in te..”
“Che cosa?”
Divenni improvvisamente nervosa, così divorai il mio kinder bueno, riempiendomi la bocca, impedendomi così di poter rispondere alle domande di Maribel.
“Sei più tranquilla – concluse poi – sei felice”
“E tu no?” le chiesi, di rimando.
“Certo, vederti così è una gioia – ammise – ma da un momento all’altro, questo cambiamento repentino di umore, sai, mi sembra un po’ strano”
Mi strinsi nella giacca di jeans che indossavo, aspettando che cambiasse argomento, perché conoscevo bene Maribel. Ma ci pensò Jai, purtroppo.
“E Luke viene domani?”
Strabuzzai gli occhi, guardando Jai come se fosse un alieno. Tentare nuovamente la fuga, sarebbe stato inutile. Rimasi inchiodata lì, cercando di non arrossire troppo, come l’ultima volta.
“Okay – fece Maribel, posando i piatti che stava maneggiando – adesso basta”
“Cosa?” domandai io, confusa.
“Venite con me”
Presi Jai per mano e, curiosa, seguii Maribel in sala.
“Sediamoci – ci invitò lei, sul divano – è da troppo tempo che sento il nome di questo Luke, adesso voglio sapere chi diavolo è”
Tirai un sospiro di sollievo.
“Sei pazza, Mari? – la accusai – mi hai spaventata a morte, pensavo dovessi annunciarci qualcosa di sconvolgente, non farlo mai più”
“Perdonami piccolo fiore – disse lei, sorridendomi – io non lo farò più, ma tu ora raccontami tutto di questo Luke”
Non ne potevo più di nasconderlo a tutti, soprattutto a Maribel. Ormai Luke Hemmings era entrato nella mia vita, ed io non avevo intenzione di mandarlo via ancora per un bel po’.
Diedi a Jai il mio iPhone, così che potesse giocare a Candy Crush, mentre io e lei parlavamo.
“Luke è, come ti dicevo l’altra volta, il fratellastro di Jj Hamblett”
“Quello innamorato di te?”
“Hai parlato con Zayn e Louis, per caso?” le chiesi, con fare indagatorio.
Lei alzò le mani in segno di resa.
“Sono stati loro a dirmelo, di loro spontanea iniziativa” si giustificò.
“Immagino” commentai io, sarcastica.
Quando Zayn e Louis venivano nel nostro attico, ovvero quando mio padre e Dan erano nel loro ufficio di Wall Street (sempre?), loro e Maribel facevano sempre salottino e vari confessionali, tra tazze di caffè e sigarette consumate in cucina.
“Beh?” mi riscosse Maribel.
Scossi la testa, concentrandomi nuovamente su Luke.
“Beh niente, Mari – dissi – Luke ed io passiamo il tempo insieme, lui ha una band, mi fa ascoltare la loro musica, siamo amici” spiegai, giocando distrattamente con un filo che fuoriusciva dalla maglietta verde di Jai.
“Solo amici?”
“Ti dimentichi così frequentemente di Daniel, Maribel?” le chiesi, retorica.
Lei sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, per poi appoggiare il braccio allo schienale del divano. Maribel era bella, bella davvero.
“Allora è merito suo questa nuova Jenelle?”
“Sono sempre io, Mari, non c’è nessunissima nuova Jenelle”
Stavo minimizzando il suo ruolo nella mia vita, ma forse era solo un meccanismo di autodifesa, non volevo restare delusa, non da lui.
“Oh sì, invece, lasciatelo dire da una che ti conosce da tempo – mi disse, con fare materno – piccolo fiore, tu sei cambiata, sorridi molto, ascolti tanta musica, ridi, canti e balli per casa! Non avrei potuto chiedere di meglio, per te – continuò – forse dovremmo invitarlo davvero, domani sera”
“Cosa? No! – sbottai – noi non possiamo invitarlo qui, a casa nostra, per una cena di famiglia!”
“Okay, Jen, adesso calmati – tentò di tranquillizzarmi – qual è il problema? Jai ne sarebbe super contento”
Lo guardai, intento a battere il livello di Candy Crush. Mi dispiaceva non poterlo rendere ancora più felice, ma era fuori discussione, Luke non poteva assolutamente partecipare ad una cosa del genere.
“Lo so – confessai – ma non voglio che Dan e papà sappiano di lui”
Maribel stava per dirmi qualcosa, ma la porta dell’attico si aprì, mostrando proprio le ultime due persone che avevo nominato. E fu come se un velo grigio calasse su quella casa, su di me, su di noi.
“No, Steve, dobbiamo assolutamente accettare la proposta di Baley..” sentii dalla voce di Dan.
“Non lo so Dan, non ne sono sicuro al 100 % - replicò papà – voglio pensarci ancora un po’, ma grazie del tuo aiuto, come al solito, sei fondamentale per me”
Oh, che carini, non li avevo mai sentiti scambiarsi dolci parole d’amore.
“Ciao anche a voi” dissi.
“Oh, ciao amore!” mi salutò Dan, allegro.
Si avvicinò per baciarmi le labbra. Ormai ogni volta che Dan mi baciava, era inevitabile per me pensare a come sarebbero state, le labbra di Luke sulle mie.
“Ciao ragazzi - ci salutò papà, distratto, recuperando il suo iPad – Maribel, che fai sul divano? Il mio ufficio è totalmente in disordine”
Maribel scattò in piedi, ed io mi morsi la lingua, per evitare di dire qualcosa di disdicevole nei suoi confronti. Odiavo il suo modo di trattare Maribel, ma che potevo farci, io? Di sicuro non mi avrebbe dato retta.
La guardai, e lei mi restituì uno sguardo che voleva comunicarmi coraggio. Così presi un bel respiro, spostai Jai dalle mie gambe, ancora intento nel giocare con il mio telefono e mi alzai, raggiungendo mio padre.
“Ehi, papà..” lo richiamai, incerta.
“Sì, Jenelle? Che c’è?”
“Ecco, vedi  - cominciai, torturandomi la manica della mia giacca – starei organizzando una cena, per domani, qui, a casa nostra”
“Che tipo di cena? – mi chiese, alzando finalmente gli occhi nei miei – per l’amor del cielo, Jenelle, come diavolo ti sei vestita?”
Cercai di ignorare quell’ultimo commento, concentrandomi.
“Ho invitato John e Sabine – buttai lì – sto facendo qualcosa di carino per Jai, sai, si sente un po’ giù ultimamente”
“Perché dovrebbe sentirsi un po’ giù? – domandò, sorpreso – gli ho comprato il nuovo Nintendo proprio ieri”
Sorrisi, amaramente.
“Già, così ti senti a posto con la coscienza, giusto?” chiesi, ironicamente.
“D’accordo, Jen – concesse poi Steve, piuttosto che sentirmi avrebbe acconsentito anche ad una mia dipartita in Messico – facciamo come vuoi, okay?”
E sparì nel suo ufficio. Non riuscivo a capire come facesse a parlare del suo figlio più piccolo in quel modo, proprio davanti a lui.
Sentii tirarmi la manica della giacca, e quando mi voltai, incontrai il volto di Jai.
“La cena si fa?” mi domandò, speranzoso.
Gli mostrai il mio sorriso più sincero, ed annuii.
“Sì, amore, la cena si fa”.
 
 
 
 
“Capisci, Zayn? Sembra che non gl’importi nulla, di lui”
Ero seduta sul cofano di una vecchia macchina azzurra, forse presente nell’officina da tempi remoti.
“Sì capisco, bimba, ma non sfondarmi quella, d’accordo? – fece, indicando proprio la macchina su cui ero accomodata – è un pezzo di collezione, mio padre ci tiene molto”
“Ma mi stai ascoltando?” domandai, spazientita.
Lui sbuffò, comparendo dal basso di un furgone che, probabilmente stava cercando di sistemare. Comunque mi raggiunse, accendendosi una sigaretta: era parecchio sexy, in divisa da meccanico.
“Certo, oltre che lavorare come un dannato per riuscire a pagarmi la vita a Londra, riesco anche ad ascoltare le lamentele di una petulante principessa – si bloccò – oh no, scusa, principessa non ti ci posso chiamare, non è così?”
Ridacchiai, mentre lui soffiava un po’ di fumo sul mio viso.
“Sei geloso, Malik?”
Zayn si strinse nelle spalle, con un sorriso a dipingergli le labbra.
“Certo, bimba, che domande”
Lo mandai al diavolo, e mi guardai intorno.
“Dov’è Louis?”
“L’ho mandato a casa – spiegò – non voglio che butti tutte le sue giornate qui, in questa schifosa officina”
“Ti sento, Zayn!” urlò il signor Malik.
Io e Zayn ridemmo, insieme.
“Lui vuole aiutarti, Zayn” gli feci presente.
“Lo so – annuì lui, spegnendo la sua sigaretta nel posacenere – e sta facendo molto, per me”
“Come siete carini” scherzai, pizzicandogli una guancia.
“E fa’ la finita – fece lui, prendendomi la mano nella sua – piuttosto tu, che mi stavi dicendo di tuo padre e Jai?”
“Sto organizzando una cena a casa nostra, per domani sera..” cominciai, ma lui mi interruppe.
“Frena, bimba, e perché io e Tomlinson non siamo stati invitati?”
Roteai gli occhi al cielo, dondolando le gambe nel vuoto.
“Vuoi davvero replicare la cena dell’ultima volta?”
Zayn ci pensò su teatralmente, per poi scuotere la testa, convinto.
“Meglio di no – sostenne – non ho abbastanza soldi per prendere tutta l’erba di cui avrei bisogno da Joy, devo risparmiare per l’Inghilterra”
“Ecco, allora non rompere – conclusi velocemente – comunque, ho convinto John ad essere presente”
“Wow, sarà da almeno un anno che tuo fratello e Steve non passano un’intera serata insieme, sei sicura di esserci riuscita senza ricorrere a minacce di morte?”
Annuii, solennemente.
“John lo fa per Jai, e mio padre per non sentirmi petulare per ore – spiegai – Jai è molto felice, e noi con lui, certo, a Steve non sembra importare molto, come al solito..” rimuginai.
“Ehi – mi richiamò lui, sorridendomi dolcemente – Steve Stratford è uno stronzo – disse, facendomi ridere – e tu una splendida sorella maggiore, vedrai, Jai sarà il bambino più felice del mondo, domani sera”
“Lo spero tanto”
Guardai Zayn tornare sotto al furgone, ed i miei pensieri corsero dritti a Luke. Non mi stancavo mai di sorridere, pensando a lui. Non so quale strano incantesimo mi avesse fatto, ma da quando c’era lui, con me, mi sembrava di vivere una vita nuova. Anche parlare con Zayn e Louis, andare al Paradiso, litigare con mio padre, ridere con Jai, qualsiasi piccola cosa, mi sembrava diversa, da quando Luke Hemmings era magicamente entrato nella mia vita.
“E ci sarà anche il tuo nuovo principe azzurro?”
La voce di Zayn mi riscosse, ed io scivolai giù dalla macchina, avvicinandomi un po’ a lui.
“No, stronzo”
“E perché mai?”
Appoggiai le mani al furgone bianco, increspando un po’ le labbra.
“Mh, fammi pensare – finsi – forse perché il mio fidanzato e mio padre, saranno presenti?”
“Non sanno di Hemmings?”
“No – dissi ovvia – hai idea del casino? Steve non lo permetterebbe mai, e Daniel darebbe di matto, voglio evitare la tragedia ancora per un bel po’”
“Non vuoi proprio rinunciare a lui, eh?”
“Per niente al mondo”.
 
 
 
 
 
Stavo rispettando il mio appuntamento quotidiano nel garage di Calum, tutti i giorni da una settimana ormai. I ragazzi erano fantastici, non avrei potuto divertirmi di più, insieme a loro. Speravo che un giorno avrebbero potuto fare la conoscenza di Zayn e Louis.
“Buongiorno svitati fuori di testa!”
Così feci la mia entrata trionfale nella tenuta Hood.
“Ciao Jenny”
Il fatto che Cal e mio fratello di otto anni mi avessero attribuito lo stesso soprannome, la diceva lunga sul suo carattere ancora gioioso di bimbo.
“Ehi, Stratford, stavamo giusto per fare una pausa – esordì Ashton, che diavolo, quanto era sexy – ti va una sigaretta? Offro io”
Mi scoccò un occhiolino, e la manata di Luke sul suo petto non tardò ad arrivare. Mi venne da ridere, e Mike se ne accorse. Si avvicinò a me, e posò le labbra affianco al mio orecchio.
“Scontro tra galli” sussurrò, facendomi ridere.
Dopodiché il ragazzo con i capelli verdi si allontanò, vedendo Luke avvicinarsi a noi.
“Principessa” mi salutò.
“Luke Hemmings” feci io.
“Nome e cognome?” mi chiese, inarcando un sopracciglio.
“Mi viene automatico” dissi, stringendomi nelle spalle.
“Voi due – ci richiamò Ashton – non fate gli asociali, venite qui”
“In realtà, Irwin – iniziò Luke, caricandosi la chitarra sulle spalle – io e Jenelle leviamo il disturbo, ci si vede stasera, figli di puttana”
I ragazzi ci salutarono, e prima che potessi semplicemente dire qualcosa, mi ero già ritrovata fuori dal garage di Calum, trascinata dalla mano di Luke.
“Non puoi fare sempre così” dissi, liberandomi dalla sua presa.
“Così come?” chiese innocentemente, incamminandosi per Brooklyn.
“Avere mille idee in testa che mi comprendono e non mettermi al corrente”
Luke ridacchiò, estraendo una sigaretta dal pacchetto di Marlboro, che porse anche a me.
“Ti sei dimenticato dell’ultima volta?”
“Andiamo, non potrà mai andare peggio”
Mi strinsi nelle spalle accettando, in fondo aveva ragione. Accese la sua sigaretta e poi, con un gesto meccanico, avvicinò l’accendino alla mia, fermandosi per osservarmi.
“Pronta?”
“Pronta”
Accese anche la mia sigaretta, ed io seguii i suoi insegnamenti del giorno prima, aspirando lentamente. Il fumo mi bruciò la gola, e poi uscì lento dalle mie labbra.
“Com’è?” mi chiese, riprendendo a camminare.
“Beh, intanto non mi sono quasi strozzata”
“Te l’avevo detto”
Annuii, mentre fumavamo insieme.
“Se mio padre mi vedesse adesso..” pensai, ad alta voce.
“Non pensare sempre a tuo padre e a quello che direbbe di te, Jen – mi consigliò Luke – vivi e basta, senza pensare troppo”
Aveva ragione lui, a che pro pensare sempre a mio padre?
“Dove mi stai portando?”
“Non ti piacciono le sorprese?”
“Non particolarmente, direi”
“Già, mi ero dimenticato di tutte le cose che non ti piacciono, o non ti piacciono fare”
Sbuffai, facendolo sghignazzare.
“Questa è casa mia” disse, fermandosi davanti ad un grande cancello moderno, bianco.
Lo guardai stranita, buttando il mozzicone per terra e schiacciandolo con lo stivaletto.
“Tu e Mike potete permettervi questa?” chiesi, indicando quell’enorme casa.
“Cioè, casa di mia madre e Kyle” si spiegò meglio.
“E perché siamo qui?”
“Vieni, ti piacerà”
Lo seguii, e mentre mi camminava davanti, lo osservai meglio: quel giorno portava una camicia a quadri, ed i soliti skinny jeans neri. Iniziai a pensare che ne avesse almeno quindici paia tutti uguali, nell’armadio. Ma quando entrammo nell’atrio di casa Hamblett/Hemmings, rimasi così incantata, da spostare lo sguardo da Luke, a quella meraviglia.
Entrammo in un lungo corridoio, contornato da pareti bianche e piante verdi che salivano lungo di esse. Il contrasto dei colori era qualcosa di magico, ed una lanterna pendeva dal soffitto. Mi stavo perdendo nella bellezza di quel posto, quando la mano di Luke si posò sul mio braccio.
“È bellissimo qui, Luke”
“Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto – cominciò – e non hai ancora visto il pezzo forte”
“Che intendi?”
Luke si posizionò dietro di me, e mi fece guardare in alto, indicandomi un grande terrazzo.
“È vostro?” chiesi, ancora col naso all’insù.
“Non mio – precisò – di mamma e Kyle”.
 
 
 
 
 
*“Wow, Luke, è bellissimo”
Ed era davvero bellissimo: la luce del sole stava tramontando e da lì sopra, riuscivamo a vedere tutta Brooklyn.  
“Ho proposto più volte ai ragazzi di venire a suonare qui – disse, sognante – ma loro sono troppo cagasotto per accettare, e in più Kyle mi ucciderebbe”
“È liberatorio” confessai.
Lui mi affiancò, annuendo.
“Sì, lo penso anche io”
Eravamo molto vicini, e me ne accorsi solo quando lui si voltò verso di me. Riuscivo ad osservare perfettamente i suoi occhi, che avevano tutte le tonalità del mare. Vidi il lato destro delle sue labbra alzarsi leggermente, ad imitare un lieve sorriso. Distolsi lo sguardo, sentendomi improvvisamente troppo a disagio, così vicina a lui, ed alle orecchie di entrambi arrivarono delle note di una canzone suonata al pianoforte, probabilmente da qualche vicino.
“Mi concede questo ballo, principessa?” mi chiese, imitando un inchino.
Ridacchiai, un po’ imbarazzata, ma poi accettai la mano che mi stava porgendo.
“Certo, signor Hemmings”
Luke mi avvicinò a lui, impossessandosi dei miei fianchi. Quella sensazione fu molto diversa, da quella che provavo quando andavamo insieme sullo skateboard. Era più intima, più sentita, ed io volevo che durasse per sempre. Muovemmo qualche passo, lungo il terrazzo, seguendo le note di quella canzone che nessuno dei due conosceva.
“Con chi andrai al ballo di fine anno?”
“E tu che ne sai del ballo di fine anno?”
“Jj è fissato”
Annuii, continuando a guardarlo negli occhi.
“E lui con chi andrà?”
“Spera di andarci con te”
“Ma non me l’ha ancora chiesto”
“Lo so”
“Dici che lo farà?”
“Non credo proprio”
Guardai le sue labbra distendersi in un sorriso beffardo.
“Che hai fatto, Luke?” gli chiesi, inquisitoria, con le mani allacciate al suo collo.
Fermai la danza, ma il nostro contatto non cessò con essa.
“Perché pensi che io abbia fatto qualcosa?”
“Non è così?” chiesi, retorica.
I suoi occhi erano magnetici, ed il suo mezzo sorriso ancora di più. Il mio sguardo oscillava dai suoi occhi, alla sua bocca, ed il suo anche.
“E va bene – ammise – gli ho detto che ci vai già con un altro”
“Sei perfido! – dissi, divertita – e perché l’avresti fatto?” chiesi, inquisitoria.
“Perché non voglio che rimanga deluso”
Finsi di crederci.
“E perché in realtà, spero davvero che sia così” aggiunse.
“Così cosa?”
Luke distolse per un secondo lo sguardo dai miei occhi, come per prendere coraggio.
“L’ingresso al ballo è aperto anche a chi non frequenta il liceo?”
“Sì, ma che..” tentai, ma lui non mi lasciò parlare.
“Ci verresti con me?”
Strabuzzai gli occhi, lasciando la presa sul suo collo.
“Ma che diavolo stai dicendo, Luke?”
Lui allargò le braccia, stringendosi poi nelle spalle.
“Perché no? – fece – sei la mia principessa, no? Non voglio che qualcun altro prenda il mio posto”
“Ma tu odi questo genere di cose”
“E anche tu – mi ricordò – potremmo divertirci insieme, che ne dici?”
Ci eravamo avvicinati, ancora, e la sue dita si erano lentamente intrecciate alle mie.
“Dico che è l’idea migliore che tu abbia mai avuto, da quando ti conosco”
Riuscivo a sentire il suo respiro dolce sulle mie labbra, ed il calore della sua bocca a pochi insignificanti centimetri dalla mia. Stavamo boccheggiando l’uno sulle labbra dell’altro, ed io ero in punta di piedi, sui miei stivaletti, quando il mio telefono squillò.
Scossi la testa, maledicendo tutto e tutti, per poi rispondere.
“Che vuoi? – risposi, senza guardare neanche di si trattasse – oh, scusami, no, tra poco sarò a casa per aiutarti, a dopo”
Riposi l’iPhone nella tasca della mia giacca di jeans, tornando da Luke.
“Problemi?” mi chiese, sinceramente interessato.
“No – scossi la testa – era Maribel”
“Chi è Maribel?”
“La domestica”
“Voi avete una domestica? – mi chiese, stranito – sei proprio una principessa, allora, avevo ragione”
“Ma piantala – dissi, scherzando – vuole che vada a casa a darle una mano per la cena di domani sera”
“Hai una cena in famiglia?” mi domandò, aggrottando le sopracciglia.
Annuii.
“L’ho organizzata io”
“Ah – recepì, stranendosi – credevo odiassi tuo padre”
“Già - feci, ridacchiando – me la dai un’altra sigaretta?”
Luke non rispose, estrasse il pacchetto dalla tasca posteriore dei suoi jeans e me lo aprì davanti agli occhi, lasciando che mi servissi da sola.
“Non esagerare” mi ammonì.
“Ipocrita” berciai io.
“Allora? – fece, accendendo prima la mia e poi la sua sigaretta – perché stai organizzando questa cena? Le nostre si tramutano sempre in drammi familiari, una volta io e Kyle abbiamo anche sfiorato la rissa” mi raccontò.
“Per Jai – spiegai – è triste, gli manca suo fratello e Steve non fa altro che peggiorare la situazione, dandogli ancora meno attenzioni del solito”
“Non se lo merita – disse – e nemmeno tu”
“Perché lo pensi?” mi feci curiosa.
“Perché sei meravigliosa, Jen – mi confessò – e lo so, perché lo so”
“Non posso più aggredirti, Luke, dicendoti che non mi conosci – ammisi – perché ormai è così, sai chi sono, e forse un po’ lo odio, perché non sono mai stata così con qualcuno”
“Dovrei sentirmi onorato?” scherzò, guardandomi di sottecchi, con un sorrisino sulle labbra.
“No, solo un coglione”
Luke scoppiò a ridere, giocando un po’ con il labret.
“Mostrare le proprie cicatrici a qualcuno ti fa sentire meglio” mi disse poi, improvvisamente serio.
Io annuii, completamente d’accordo, perché da quando conoscevo lui, non facevo altro che sentirmi meglio, ogni giorno che passava.
“La mia famiglia sembra perfetta, vista da fuori: mio padre, una personalità importante di Wall Street – mi misi ad elencare - io, giovane promessa della facoltà di economia all’università di New York e futura sposa di Daniel Crawford – continuai, con le lacrime agli occhi, rimuginando – Jonathan, che secondo i colleghi, stando ai racconti di mio padre, si è trasferito a Dubai per un importante incarico, ma in realtà vive a Brooklyn e mantiene lui e la sua ragazza con il suo lavoro da barista, e poi c’è Jai – mi fermai, scoppiando a piangere – e lui crede che Jai rovini tutto, ma non è così, Jai non rovina niente”
Sentii le braccia di Luke avvolgermi, e mi sembrò quasi che potessero proteggermi dal resto del mondo.
“Shh, piccola, non piangere – cercò di calmarmi – sono sicuro che tuo padre non pensa questo, di Jai, ha solo otto anni, è così piccolo, come potrebbe rovinare qualcosa?”
Appoggiai la testa alla sua spalla, ma non lo guardai negli occhi, mentre le sue dita accarezzavano delicate i miei capelli.
“Steve crede che mia madre se ne sia andata per colpa di Jai”
Non l’avevo mai detto ad alta voce, forse non l’avevo mai neanche voluto ammettere a me stessa.
“Non lo sapevo”
“E crede che sia solo uno stupido ragazzino – continuai – e Jai se ne accorge, è per questo che ogni notte sgattaiola nella mia camera, accucciandosi nella mia coperta, piangendo, convinto che suo padre, l’unico genitore che gli è rimasto, lo odi”
“È tremendo, Jen”
“Lo so – ammisi – sono stanca, Luke, non ce la faccio più, non da sola, almeno”
Voltò il viso, e sentii le sue dita spostarsi verso il mio mento, nel tentativo di alzare il mio sguardo nel suo, in un contatto dolce.
“Non sei più da sola – disse, serio – ci sono io adesso, e resto, te lo giuro”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

sounds good feels good!
ciao mie bimbe! come state? io sempre bene, lo sapete.
allora, eccoci arrivate al nono capitolo, che ha un titolo italiano. non chiedetemi perchè. cose a caso.
Luke chiede a Jen di andare al ballo con lui, nonostante il suo fratellastro Jj. cosa ne pensate?
e nulla, qui Jenelle si sfoga con Luke e capisce cosa lui significhi davvero per lei.
la mia idea era quella di salvezza. Luke è la sua ancora. si capisce?
fatemi sapere cosa ne pensate. vi amo da matti.
Simona 
 
 
 
 
 
Image and video hosting by TinyPic  
 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: alaskha