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Autore: almost_    10/12/2015    4 recensioni
Borgo Silvano, nella regione di Kérehon, è l'ultimo luogo dove umani e Pokémon vivono assieme in armonia.
Un uomo malvagio ha infatti preso il potere, il Tiranno, vietando il possesso dei Pokémon, rinchiusi e sottratti ai proprietari. Borgo Silvano è troppo piccolo per costituire una minaccia, finché non si scopre che vi si nasconde uno studioso di Pokémon, il professor Oshizami, che conduce ricerche su qualcosa che potrebbe rivoluzionare la concezione dei mostri tascabili: l'abilità Empatica di ognuno di loro.
Il paese verrà distrutto, il professore rapito.
Toccherà al giovane Kaede andarlo a cercare, assieme ai suoi amici e agli assistenti del professore, in un viaggio ricco di insidie, che farà scoprire verità mai svelate sui Pokémon e aiuterà i protagonisti a maturare.
Un mondo difficile e oscuro si aprirà davanti ai loro occhi e per riportare l'equilibrio dovranno affidarsi alle indicazioni di uno studioso di una regione lontana: Samuel Oak.
Tra sfide, battaglie ed incontri vecchi e nuovi affronteranno il mondo, vincendo e perdendo contro loro stessi: una volta terminato il viaggio, niente sarà più come prima.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ash, Brock, Misty, N, Nuovo personaggio, Prof Oak
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Capitolo undici: Notte

 
Aruya non riusciva proprio a prendere sonno, quella notte.
Si girava e rigirava tra le coperte, fissando il soffitto, con gli occhi che rifiutavano di chiudersi. La sua camera era al secondo piano, accanto a quella di Kaede; sopra di loro, nel sottotetto, era incastrata quella di suo fratello Satoru, di cui spesso si sentivano le imprecazioni per le testate date. Tadashi invece dormiva al primo  piano, nella stanza adiacente a soggiorno e cucina. Quella casa era fin troppo larga per loro quattro.
La ragazza, nella penombra, lanciò uno sguardo ad Eevee, profondamente assopita su un cuscino di piuma accanto al letto. La accarezzò piano, per non svegliarla, e sorrise sentendola mugugnare nel sonno.
Quella era stata una giornata piena di emozioni.
La battaglia contro Onix non l’avrebbe scordata mai, per il resto della vita. L’adrenalina in corpo, la sintonia con il suo Pokémon, la felicità per la vittoria… Anche la paura era stata tanta, ma lei e i suoi amici erano riusciti a lottare nonostante tutto.
Aruya sapeva che non dovevano scordarsi del vero motivo per il quale erano partiti: il Tiranno. Nella sua fantasia lo immaginava come una figura alta, avvolta nell’ombra, con un ghigno minaccioso in volto. Al solo pensarci, le vennero i brividi.
Si picchiettò la fronte e scosse la testa, dandosi della stupida. Non doveva mica preoccuparsi, in quel momento! Era ovvio essere spaventati, ma doveva impegnarsi al massimo nell’allenamento, così da diventare forte. La più forte di tutti. Avrebbe sconfitto il Tiranno e tutti gli Allenatori l’avrebbero presa ad esempio. Avrebbe vinto anche contro Kaede… 
A quella speranza, un po’ di tristezza le salì nel cuore. Ci sarebbe riuscita davvero? Si ricordò di quella mattina, quando Onix era riuscito a raggiungerla, e si sentì sprofondare. Se Kaede e Satoru non l’avessero aiutata, chissà cosa le sarebbe successo… Ripensò al ragazzo e al suo passo svelto, ai suoi capelli color del grano che sfrecciavano avanti a lei, seminandola… Anche durante i loro ultimi giorni a Borgo Silvano aveva cominciato a notare alcune differenze fra lei e Kaede, nel dojo di karate. I muscoli dell’amico stavano crescendo più dei suoi e presto l’avrebbe superata in altezza.
Sarebbe più riuscita a reggere il confronto con lui?
Eevee si stiracchiò nel sonno, con un dolce brontolio.
Non doveva darsi per vinta! Nelle lotte Pokémon sarebbe stata lei la migliore, per forza! Erano rivali e non  poteva permettere che Kaede l’avesse vinta tanto facilmente.
Nell’impeto di quei pensieri, non si accorse neanche di essersi alzata a sedere sul letto, con i pugni stretti e i capelli corti tutti in disordine. Sospirando e rinunciando a dormire, poggiò i piedi sul pavimento di legno, che scricchiolò in modo sinistro sotto al suo peso. Si tirò in piedi di scatto, spaventata. Quanto erano vecchie quelle travi?
Non fece in tempo a riprendersi, che un lieve bussare si udì da dietro la porta chiusa della sua camera.
«Chi… chi è?» chiese perplessa, schiarendosi la gola.
L’uscio si aprì con un cigolio e lei poté riconoscere stagliata nella penombra la sagoma magra di Kaede, in pigiama, con i capelli color grano arruffati e l’album da disegno stretto tra le mani.
«Non riesci a dormire neanche tu, Aru?» domandò, strofinandosi un occhio cerchiato.
«Kae!»                       
La ragazza non si curò di essere anche lei in pigiama e accese la lampada sul suo comodino, per rischiarare l’atmosfera. Era così felice che l’amico l’avesse raggiunta! Mai come in quel momento aveva sentito il bisogno di compagnia e nello sguardo di Kaede vedeva lo stesso desiderio. Sembravano sintonizzati, loro due.
«Come mai sveglio?»
«Disegnavo Onix!» Il ragazzo le mostrò l’album da disegno, con un gran sorriso. «Sono ancora troppo emozionato, per dormire!»
Aruya sgranò gli occhi davanti alla perfetta rappresentazione del Pokémon che li aveva attaccati quella mattina. Ogni dettaglio, ogni sfumatura erano perfetti.
«Che c’è? Non ti piace?» fece Kaede, vedendola immobile davanti all’illustrazione.
«Ma come ti viene in mente! Sei bravissimo, Kae!»
Il ragazzo alzò le sopracciglia, non aspettandosi quei complimenti.
«Dov’è che hai imparato?»
«Ho imparato da me, credo.»
«Sei incredibile.»
 Aruya sfogliò le pagine addietro, mentre l’amico faceva spallucce.
Vide Nekochi ed Eevee addormentati l’uno sull’altro, Satoru che mangiava avidamente le frittelle preparate da Tadashi, Brock che mostrava loro il suo Vulpix. Vide anche Borgo Silvano distrutto, e una fitta dolorosa le attraversò il petto.
Chiuse l’album, porgendolo all’amico.
«Eppure non è giusto! Perché io non so disegnare?»
Kaede rise.
«È solo questione di pratica! Ma non sono poi tanto bravo…»
«Non fare il modesto, che sei insopportabile.»
Il ragazzo si grattò la testa, imbarazzato.
«Kae, tu… Com’è che disegni?»
«Com’è che disegno, dici?» Il ragazzo si sedette sul letto, accanto all’amica. «Sai… Ho sempre pensato che esista un qualcosa, chi sa dove, che ci lega: uomini, Pokémon, animali… alberi e piante, addirittura! Se ci si ferma ad osservare un momento, si riesce a vedere il suono della vita, che unisce tutto, come un dolce sottofondo.»
«E quindi?»
«Quindi beh, io vorrei tentare di disegnarlo. Per farlo un po’ più mio, per sentirlo un po’ più vero. Disegnare è come rapire l’anima delle cose, in fondo. Vorrei poter arrivare a toccare questa grande e unica anima, senza aver bisogno di cercarla col disegno: vorrei poter chiudere gli occhi, e trovarla.»
Tra i due calò il silenzio. Non un silenzio imbarazzato, però. Uno di quelli intimi, complici, che soltanto persone davvero vicine tra loro possono condividere.
Aruya aveva percepito l’importanza nelle parole del migliore amico. Non le importava di non saper disegnare bene quanto lui, non le importava che da quel punto di vista l’avesse superata. In quel momento dentro di lei sentiva solo calore, un sentimento che non aveva mai provato prima, incredibilmente dolce. Guardò il profilo di Kaede al suo fianco: aveva un’aria sognante e trasandata, col pigiama stropicciato e i capelli scompigliati, eppure non le era mai parso così bello.
Bello? Si diede un ceffone, improvvisamente disgustata da quei pensieri stupidi.
«Tutto apposto?» fece il ragazzo, preoccupato.
«Sì, lascia perdere.» Scosse la testa, imbarazzata. Ma che diamine andava a pensare?
Si sistemò meglio fra le coperte e sbadigliò, sentendo le palpebre appesantirsi.
«Ti domandi mai come ci siamo finiti in questa situazione?» fece Kaede «Insomma, solo l’altro giorno eravamo a Borgo Silvano che sognavamo i nostri primi Pokémon. E adesso siamo in viaggio come Allenatori per salvare il Professor Oshizami! Ci avresti mai creduto?»
«Ovvio che no! Scemo come sei non ti ci avrei mai visto in una missione così pericolosa!»
Kaede rise. Poi, stiracchiandosi, sbadigliò anche lui.
«Lo sai, Aru, nonostante tutto sono felice che di star viaggiando assieme a te.»
Fu l’ultima cosa che Aruya udì, prima che gli occhi le si chiudessero con dolcezza, facendola scivolare in un sonno tranquillo.
 
 
«Voi due… Che cavolo avete combinato, stanotte…?»
La ragazza alzò le palpebre offuscate dalla stanchezza, sentendo la voce del fratello.
Si rizzò a sedere di soprassalto, accorgendosi di essersi addormentata accanto a Kaede, che ancora le russava accanto. Una coltre di rossore le offuscò la vista.
«Non è assolutamente come sembra!»
Satoru li fissava scettico a braccia incrociate.
«Non siete un po’ troppo giovani, per fare certe cose?»
«Ma che diamine dici, stupido! E tu svegliati, cretino!» Kaede si svegliò di soprassalto ricevendo un sonoro ceffone, che per poco non gli staccò la testa dal collo.
«Ma che cos…? Uh, buongiorno, Satoru!»
«Buongiorno? Tenti forse di rabbonirmi? Non ti basterà mica un “buongiorno”, dopo quello che hai fatto alla mia innocente sorellina…»
«Come? Io? Ma…»
«Piantala, insomma! Kaede non ha fatto proprio un bel niente! Si è solo addormentato qua, questo rincretinito…»
«Come no, dicono tutti così…» Satoru scoppiò a ridere, mentre dalle scale arrivava la voce divertita di Tadashi: «Dai, non torturarli, come risveglio sei riuscito ad imbarazzarli abbastanza.»
«Mi sa che hai ragione, Masahiro-san! Questi innocentelli non sarebbero mai in grado di fare certe zozzerie…»
Aruya stava diventando più rossa dei suoi capelli, tanto che pareva pronta ad esplodere da un momento all’altro. Kaede sembrava solo molto confuso.
«Basta, su. Venite a fare colazione?»
«Subito, Masahiro-san!»
Satoru fu il primo a correre giù per le scale, seguito da Riolu e Kaede, incurante del fraintendimento mattutino. Subito li raggiunse Nekochi, affamato.
Anche Eevee si svegliò, tirandosi su con un brontolio.
«Ben svegliata» la salutò Aruya con un sorriso, accarezzandole il pelo morbido tra le orecchie. «Raggiungiamo quegli idioti.»
«Eevee, vee!» 
 
 
Il tavolo della colazione era imbandito con uova strapazzate, bacon, cereali e pancake appena sfornati da Tadashi. Satoru si era già servito abbondanti porzioni di ogni cosa. La sorella si sedette affianco a lui, con una tazza di latte caldo fra le mani. Kaede sbadigliò, addentando il suo pancake.
«Ce n’è anche per voi!» annunciò allegramente Tadashi rivolto a Nekochi, Luxio, Riolu ed Eevee, porgendo grandi ciotole di Poffin e Pokémelle.
I Pokémon gli vennero incontro felici e affamati, esalando versi d’approvazione.
«Oggi riprenderete l’allenamento, giusto?» chiese il maggiore, accarezzando Luxio.
«Proprio così!» rispose Kaede, finalmente sveglio.
«Io e Riolu avremo molto lavoro da fare» disse Satoru con le guance piene di uova strapazzate.
«Ci impegneremo anche noi!» esclamò Aruya, piena di forze.
«Mi raccomando.» Tadashi sorrise. Tutta quella grinta aveva dato la carica anche a lui, facendogli dimenticare la conversazione avuta con Ichirou il giorno prima e i pensieri tormentati che gli frullavano per la testa. Si sentiva pronto per riprendere le ricerche che aveva interrotto a Borgo Silvano. Era importante che ci si concentrasse per bene: da esse potevano dipendere le sorti dell’intera regione di Kérehon…
 
I pancake non erano ancora stati finiti che un bussare frenetico e deciso si udì dalla porta di casa.
Tadashi andò ad aprire, perplesso. Chi poteva essere, a quell’ora del mattino?
Brock comparve oltre la soglia col respiro affannoso, piegandosi sulle ginocchia. Sembrava uscito da una lunga corsa, e il suo Crobat gli svolazzava sopra la spalla agitato.
«Brock! Cos’è successo?» chiese Satoru, alzandosi assieme agli amici e correndo all’ingresso.
L’uomo riprese faticosamente fiato, portandosi una mano al petto. Si raddrizzò, guardando negli occhi Tadashi.
«Masahiro… La montagna… Sta succedendo tutto come avevamo previsto…»
I ragazzi fissavano senza capire il maggiore tra loro, che si premette gli occhiali sul naso con una smorfia preoccupata.
«Davvero, Brock…»
Nekochi mordicchiò ansiosamente la gamba dell’Allenatore, intuendo il pericolo. Kaede, col respiro improvvisamente fattosi affannoso, non riusciva a decifrare l’espressione di spavento sul volto del fratello.
«Sai cosa vuol dire questo, vero?» fece l’uomo, serio.
«Cosa sta succedendo?» domandò Aruya con le sopracciglia inarcate.
«Vogliamo saperlo!» esclamò Satoru.
«Ma è proprio questo il problema. Non lo sappiamo» il tono di Brock era grave.
«Però, ragazzi…» cominciò Tadashi, abbassando lo sguardo. «Faremo meglio a star pronti.»
Un brivido rizzò i capelli sulla nuca di Kaede. Nekochi gli morse con più forza la caviglia.
Allenatore e Pokémon si guardarono intensamente: nuovi guai erano in arrivo.
 
 
 


   
   
 
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