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Autore: Emmastory    10/12/2015    1 recensioni
Alcuni anni sono passati, e le nostre tre giovani streghe continuano a vivere la loro vita. La loro felicità sembra costantemente vacillare, così come la sicurezza del profondo e recondito segreto che custodiscono. Nessuna sarà al sicuro, e alcuni nemici a loro già noti non rappresenteranno che una grave minaccia. Il destino di Miriel, Minerva e Astrid, sembra quindi appeso a un filo sottile.
(Seguito di "Sangue di strega: Giochi di potere)
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di strega'
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Sangue-di-strega-III-mod
Capitolo XV
Scoperte e incertezze
Un anno era nuovamente svanito dalla mia vita come uno benevolo spirito o un etereo fantasma, e la guerra al di fuori delle mura di casa mia, continuava. Era ormai arrivata la primavera, ma nonostante questo, il caldo sole appariva sempre celato alla mia vista dalle bianche e immacolate nuvole, rifiutandosi di uscire dal suo nascondiglio. Quasi come se fosse spaventato dalla guerra stessa, non splende più come un tempo, e i giorni che passano scanditi dalle ora innumerevoli morti ne sono la prova. Ognuno di noi ha paura, ma non desiderando altro che la libertà dalla minaccia degli scaltri e ignobili cacciatori, ci difendiamo sempre al meglio delle nostre possibilità. Ora come ora, sono in casa, e il mio corpo è pervaso da un’orribile sensazione. So bene che le parole rivoltemi da mia nonna non sono un caso, così come non lo era quel seppur strano sogno, ma ad ogni modo, la mia mente lotta per convincermi del contrario. “Nessuno potrà farmi del male.” Queste le cinque parole che mi ripeto come se stessi recitando un vedico mantra e parlando con me stessa, finendo poi per trascorrere gran parte del mio tempo a preoccuparmi per la mia intera famiglia. “Fidati di noi.” Dice mia sorella Astrid, abbracciandomi nel mero tentativo di confortarmi. Accettando il suo affetto, sorrido debolmente, per poi abbandonarmi a dei cupi sospiri. Il tempo non arresta la sua infinita corsa, e la mia mente si riempie di pensieri e paure. Le parole di mia nonna continuano a risuonare nella mia povera testa, e il terrore mi assale. Così, con questo unico pensiero insito nei meandri della mia giovane coscienza, inizio quasi inconsapevolmente a tremare, e dopo solo alcuni attimi di silenzio, svengo. Le forze mi abbandonano, ed io divento letteralmente cieca. Il buio finisce per inghiottirmi e circondarmi, e con il passare delle ore, la sorte mi sorride. Difatti, vengo aiutata da mia sorella e da mio marito, che al mio risveglio, appaiono sollevata. “Ci hai fatto preoccupare.” Dice mia figlia Jocelyn avvicinandosi unicamente per posarmi uno straccio bagnato sulla fronte. Data la sua reazione, mi poso una mano sul viso, scoprendo che le mie guance sono improvvisamente divenute bollenti. Stordita da quanto era accaduto, non riuscivo a trovare una spiegazione logica al mio svenimento, salvo riuscire a farlo solo dopo concreti attimi di riflessione. Evidentemente, il mio corpo aveva avuto un’esagerata reazione allo stress al quale mi sottoponevo senza volere, causando il mio fortunatamente temporaneo stato di malessere. “C’è qualcosa di cui dobbiamo parlarti, mi dissero Jocelyn ed Edward, parlando all’unisono. “Non adesso.” Risposi, massaggiandomi le tempie ancora doloranti. “È importante.” Replicò Edward, quasi ignorando quella che alle sue orecchie giungeva come pura indifferenza. In quel momento, mi arresi, sospirando e lasciando che lui e Jocelyn mi parlassero. Poco prima di iniziare il loro discorso, mi chiesero di seguirli fino alla mia stanza, unico posto in cui sapevano di non poter essere uditi da nessuno oltre a me. “Mantieni la calma.” Mi dissi, ben sapendo che quella sorta di promesso avrebbe significato qualcosa di realmente serio. Con un gesto della mano, li incoraggiai a parlare, ma sorprendentemente, nessuno dei due proferì parola. Alcuni secondi trascorsero veloci, e muovendo qualche deciso passo in avanti, Jocelyn decise di sciogliere il nodo che le stringeva la gola, rivelandomi ciò che affermava di nascondermi da tempo. “Sono incinta, e il bambino è di Edward.” Confessò, mentre la sua voce diveniva fievole e a tratti inudibile, e il suo mento sembrava tremare a causa di quello che identificai come un sommesso e silenzioso pianto. In quel preciso istante, allargai le braccia per invitarla ad avvicinarsi, e subito dopo la strinsi a me. “Noi non volevamo.” Mi disse fra le lacrime, tentando di giustificarsi per ciò che le era successo. Ascoltandola in silenzio, vidi Edward avvicinarsi a lei, iniziando quindi a carezzarle la schiena. Subito dopo, le sussurrò in un orecchio qualcosa che non capii, e da quel momento in poi, non mi restò che assistere alla sua reazione. Sostituendo le amare lacrime con un debole ma convincente sorriso, lasciò che Edward la baciasse su una guancia, per poi dirigersi verso la porta della stanza ed uscirne, ormai sicura della mia calma riguardo a quanto mi aveva appena confessato. Seguendola, tornai nel salotto di casa, per poi incrociare lo sguardo di Mistral, la lupa un tempo appartenuta all’ormai defunto Logan, e passata a me secondo la sua stessa volontà. Seduta accanto al divano di casa, mi guardava con occhi vivaci e brillanti, e la sua espressione calma mi rassicurava. “Sono qui.” Sembrava dire, mentre pareva perfino sorridermi. A quella vista, mi feci sfuggire un lieto sospiro, scegliendo di sedermi sul divano e contemplare l’ora spento caminetto. Appena un attimo dopo, Mistral si avvicinò ulteriormente a me, e mugolando, posò la testa sulle mie ginocchia. Intuendo il suo stato d’animo, l’accarezzai gentilmente. Rimanendo fermo, Salem la fissava. Non muoveva un muscolo, ma qualcosa, una sorta di freddo scintillio nei suoi grandi occhi gialli tradiva quella che io definivo gelosia. Non ero sicura che il mio gatto provasse tale sentimento verso un lupo ormai accettato e conosciuto, ma ad ogni modo, sapevo di non avere certamente tempo di occuparmene. Al calar della sera, posai il mio sguardo sull’argentea luna, e mantenendo il più completo silenzio, mi convinsi di una realtà previamente esistente, secondo cui l’ora dominante calma sarebbe stata sconvolta e tradita dalla più ardua delle tempeste.    
   
 
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