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Autore: _apefrizzola_    12/12/2015    4 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo 5
 

CARTA STRACCIA






Quel rumore era familiare, James ne era sicuro, l’aveva già sentito. Forse non si era ancora svegliato del tutto, e la sua faccia schiacciata sul cuscino lo confermava, ma quel suono era chiarissimo. Non c’era nessun dubbio.
Il fatto che stava durando da ormai venti minuti buoni era una cosa normale.
Così come la sensazione di esagerata pesantezza alle palpebre non era strana abbinata a quel suono e al mal di gambe, piedi, collo e mani.
Era decisamente una situazione già vissuta, parecchie volte.

Lo scroscio dell’acqua della doccia che durava così tanto, la voglia di alzarsi dal letto pari a zero e i dolori da novantenne diffusi per il corpo erano il risveglio che gli ricordava sia che aveva dormito solo una misera ora, sia che prima di quell’ora le sue mani e i suoi piedi si erano strusciati allegramente su rocce, cortecce e cespugli spinosi; e soprattutto che doveva alzarsi per salvare il suo migliore amico da morte certa per annegamento.
Soltanto l’ultimo pensiero lo convinse a farlo rotolare giù dal letto e, senza nemmeno aprire gli occhi, arrancare verso il bagno.
Quante volte era capitato? Troppe. Non aveva nemmeno bisogno di controllare.
Avanzando a tentoni, sbattendo più volte sul letto dove Peter russava della grossa, sentì finalmente il caldo vapore attorno a sè.
Seguì il rumore familiare, riuscendo così ad individuare la vasca da bagno, e spostando la tenda cercò con una mano la manopola dell’acqua. La cascata si fermò all’istante.
Non aveva nessuna intenzione di aprire e sforzare anche gli occhi, così tastò l’aria fino a quando non trovò la testa bagnata che cercava. Il grugnito che fece Sirius bastò a James per sapere che era ancora vivo, come ogni volta.
Zoppicò con le braccia tese davanti a sè per non andare sbattere di nuovo sulla grassoccia gamba di Peter, e s’incamminò di nuovo verso il suo morbido ed accogliente baldacchino anche se mancavano dieci minuti alla sveglia.
Tutto solo perchè Sirius era un cane e perchè i cani hanno le pulci; solo perché Felpato prendeva le pulci e se le teneva addosso anche una volta che tornava in dormitorio da umano e il prurito non riusciva a farlo dormire per quelle due benedette ore se non si metteva sotto il getto dell’acqua calda; solo perché James non poteva lasciarlo annegare in una doccia.
 



 

*

 
 


Uno stormo di gufi e civette stava planando sui quattro lunghi tavoli della Sala Grande. Tra versi acuti, soffici piume tra le zuccheriere e lettere che cascavano dal soffitto, Lily adocchiò la sua posta.
«Grazie» fece, slegando la sua copia della Gazzetta dalla zampa di un gufo bruno prima di lasciare qualche zellino dentro il sacchetto di cuoio.
Come ogni giorno, quando non tardavano per colpa di Mary, Lily poteva leggere il Profeta tra un morso di toast e un sorso di succo di zucca.
«Mi passi la marmellata, Liv?»chiese in uno sbadiglio Mary. Liv gliela porse cercando di non farsi sotterrare dalle grandi pagine del giornale che Lily aveva cominciato a leggere con attenzione.
«C’è qualche novità?» chiese, riprendendo a mangiare tranquillamente la sua brioche. Potter, Black e Minus erano in ritardo e Remus doveva aver passato l’intera notte in infermeria, si stava così bene senza la loro rumorosa presenza.
La carta della Gazzetta si accartocciò tra le dita di Lily che non rispose alla domanda dell’amica.
«Lily?» la richiamò Mary, abbassando i fogli per poterla vedere in faccia. Gli occhi di Lily erano lucidi, fissavano le pagine con un misto di rabbia e paura.
«Hanno ucciso una famiglia di babbani, questa mattina alle quattro... non ci sono nomi» mormorò senza fiato.
Mary si agitò sulla panca, lasciando perdere la sua marmellata.
«Ci avrebbero avvisato» bofonchiò, leggermente tremante. «Nel caso... voglio dire... se fossero i nostri... ci avrebbero avvisato subito» continuò, spostando lo sguardo sul tavolo degli insegnanti dove La McGranitt, la Sprite e Vitious parlavano fitto tra loro. La grande sedia del Preside era vuota, così come lo era stata negli ultimi tre giorni.
Con un gesto veloce, Liv afferrò il giornale per accartocciarlo e farlo sparire con un colpo secco della bacchetta.
«Certo che vi avrebbero avvisato, non preoccupatevi» le tranquillizzò con sguardo deciso, cercando di sciogliere l’improvvisa rigidità che le aveva immobilizzato i muscoli e lo stomaco.
«Liv, facendo sparire il giornale non lo fai sparire anche da lì fuori» le disse Lily fissandosi le mani ormai vuote.
Liv storse il naso, riponendo la bacchetta nella tasca interna della veste.
«Non possiamo fare niente da qui, Lily. Non lo fai sparire da lì fuori nemmeno se continui a fissare un foglio lasciando che la paura ti invada».
Lily aprì la bocca, ma dovette richiuderla subito dando mentalmente ragione all’amica. Erano impotenti. Ma sua madre e sua sorella* lo erano ancora di più, impotenti nel vero senso della parola. Impotenti e totalmente indifese.
«Stasera andiamo in Guferia, voglio spedire una lettera a mia madre» riuscì solamente a dire, afferrando il suo calice.
Mary annuì al suo fianco. «Anch’io».
Il fiato fermo nella gola di Liv si liberò lentamente con tanti e piccoli sospiri, camuffati dal tintinnìo dei cucchiaini e dallo strisciare delle panche sul pavimento. Anche lei avrebbe voluto spedire una lettera a suo padre. Perchè però le veniva difficile dirlo?
«Possiamo cominciare ad andare in classe anche se qui non abbiamo finito?» mormorò a disagio Mary.
«Ti senti bene?» le chiese Lily preoccupata, afferrandole una mano tremolante.
Lo sguardo terrorizzato di Mary si era sollevato soltanto per un istante ma Liv aveva capito benissimo verso chi era stato rivolto.
Con una rabbia che cominciava a farle bollire il sangue nelle vene, i suoi occhi scuri puntarono al tavolo dei Serpeverde alla ricerca dell’unica persona che riusciva a spaventare a morte Mary.
Mulciber, con un ghigno soddisfatto e altezzoso che gli stirava le labbra, aveva  il calice con il succo di zucca sollevato verso di loro.
«Andiamo, sì. Forza» fece secca Lily sollevando la borsa dalla panca. Non poteva soppportare un minuto di più di quella scena. Non poteva sopportare di vedere Mary ridotta in quello stato e non poteva sopportare lo sguardo insistente di Severus. Per un attimo le era parso di vedere una scintilla di luce in quegli occhi neri incollati alla Gazzetta che aveva davanti al piatto.
 «Liv!» chiamò Lily notando che l’amica si era alzata dal tavolo, non per seguirle e andare via, ma solo per marciare spedita verso il tavolo dei Serpeverde. Con una piccola corsa tra i tavoli riuscì a raggiungerla prima che scoppiasse.
«Per piacere, Liv. Andiamo e basta, non valgono nemeno un nostro mezzo respiro» le sibilò stringendole un polso sotto lo sguardo lontano e accigliato della professoressa McGranitt. Non era la prima volta che la sua amica osava attaccare con la bacchetta, le parole e addirittura calci o pugni Mulciber e Avery, Malfoy o Rosier, l'aveva sempre fatto ogni volta che uno di loro aveva attaccato Mary o Lily stessa. In sette anni di scuola, Liv era passata per quella ''violenta e manesca", ma la maggior parte delle volte nessuno capiva il motivo, soprattutto quando quei Serpeverde avevano agito di nacosto proprio come in quel momento. Solo lei e Mary sapevano, e forse anche Black.
Lo sguardo infuocato di Liv non accennò a diminuire mentre fissava Avery che adesso se la rideva insieme a Mulciber, al fianco di un Piton all’apparenza indifferente.
«Stiamo cercando di fare colazione, finta Mezzosangue. Porta via la tua amichetta Sanguesporco e tornatevene in quel porcile che chiamate tavolo o ci verrà meno l’appetito» fece schifato Mulciber, sventolando il tovagliolo come per scacciare via un cattivo odore.
Liv lasciò andare la tensione in un sorriso ironico, completamente privo di allegria e colmo di scherno.

«Gli unici sporchi qui dentro siete tu e quelli che hai seduti lì, Mulciber, sarà per questo che sentite sempre la puzza attorno a voi?» lo sbeffeggiò con inquietante freddezza Liv desiderosa di continuare a smontagli ogni minima frase patetica, ma la stretta forte di Lily e la professoressa McGranitt che si alzava dalla sedia con espressione preoccupata e austera la bloccarono.
I volti alterati dei tre Serpeverde le fecero fremere lo sguardo di compiacimento prima di dargli le spalle con gli occhi neri di Piton, intrisi di veleno, a seguire la sua figura e quella d Lily fino a quando non sparirono dietro la grande porta.
 
 
 


 

*

 
 
 
 

«Potete... andare... più piano, per  favore!?»
«Peter... siamo in ritardo... di mezz’ora buona!»
«Ma siamo... sempre... in ritardo»
«Non così tanto... non possiamo fare così tardi... la mattina dopo la Luna Piena... I professori... sospetterebbero qualcosa... Silente... non è scemo.... »
«E chissà per colpa di chi... vero Felpato?! Un’ora e mezza... in doccia... anche se ci avevi praticamente dormito dentro... prima!»
«Ti vorrei proprio vedere... con le pulci, James! ...Ti mangiano lentamente la pelle... con i loro minuscoli... dentini e...»
«Ok, basta... mi sta venendo la nausea... Sirius».

Anche a Peter stava venendo la nausea ma solo per lo sforzo immane che stava facendo mentre correva a perdifiato tra arazzi, porte nascoste e armature cigolanti. Si sentiva letteralmente morire tra il peso della borsa e anche quello della sua pancia vuota per colpa della colazione saltata. Le sue corte gambe dovevano fare il doppio dello sforzo per compensare le ampie falcate di James e Sirius, e sentiva qualcosa pungere sotto il piede destro da quando si erano nascosti sotto il Mantello di James per non farsi vedere da Madama Chips che era rientrata nella Stamberga Strillante all’alba per prendere un Remus stremato.
Sgattaiolando da un passaggio segreto all’altro, James, Sirius e Peter arrivarono davanti all’aula di Incantesimi, tutti e tre senza fiato; la voce stridula del professor Vitious arrivava ovattata dall’interno.
«E non sono... ancora andate via... del tutto!» ringhiò con il fiatone Sirius, grattandosi vigorosamente sotto il mento.
Con gli occhi nocciola spalancati e le guance arrossate dalla corsa, James fissò il lungo taglio che aveva Peter sulla faccia.
«Ma ti sei visto allo specchio!? Come te lo sei fatto?!» gli chiese sbalordito.
«I rovi mi distruggono ogni volta! Voi potete saltarli, io ci devo passare per forza in mezzo! Ma tu... e Sirius... avete finito tutta l’Essenza di Dittamo!» rispose Peter stremato, tastandosi il tondo viso bordeaux con una smoria di dolore.
«Finito!? Ma se ho dovuto lasciar perdere i graffi qui sul collo per lasciartene, Codaliscia!» bisbigliò con rabbia Sirius spostandosi leggermente il colletto della camicia per fargli vedere la pelle arrossata dalle corse nella vegetazione selvaggia nel cuore della Foresta Proibita. E a volte, quando per sbaglio si avvicinavano troppo al villaggio di Hogsmeade, era difficile tenere a bada Lunastorta con l'odore di umani nell'aria.
James si mise le mani tra i capelli, disperato. «Non puoi farti vedere così, Pete! E siamo anche in ritardo pazzesco!»
«Perchè no?» chiese già nel panico lui. «Possiamo dire che è stato il gufo di qualcuno a graffiarmi, come quando a te era rimasto quel taglio sul naso!»
«Non si usano le stesse scuse due volte, Codaliscia! Dovresti averlo imparato!»lo ammonì Sirius lasciando che la sua voce prendesse il suo solito tono alto.
La porta dell’aula si aprì di scatto e la piccola figura di Vitious li osservò con cipiglio curioso dal basso.
«Questo vostro ritardo è dovuto al non saper aprire la porta, ‘signori’?» esordì il professore, osservando perplesso la faccia paurosamente rossa di Peter; la camicia fuori dai pantaloni di James e la cravatta slacciata sul collo di un Sirius con gli occhi coperti dai ciuffi di capelli.
«Alle scale piace cambiare, no? Oggi avevano particolarmente voglia di giocare» mentì tranquillamente James con un grande sorriso. Già dal secondo anno, quelle scale non erano un problema per i Malandrini.
«Ma perchè mi costringete sempre a togliervi punti?» sospirò l’omettino con aria arresa. «Cinque punti in meno a Grifondoro, a testa, per il vostro tremendo ritardo e la vostra divisa disordinata. Mi auguro che non succeda più».
«E ti pareva»mormorò ironica Liv, seguendo con lo sguardo i tre ragazzi che entravano in classe con la solita aria fiera.
«Codaliscia non toccarti la faccia o si noterà di più» mormorò a denti stretti James.
«Ci stavamo esercitando sull’Incanto Proteus» li informò il professore, trotterellando al fianco di Sirius che si lasciò cadere svogliatamente su una sedia all’ultima fila. «Ricordate qual è? Ve l’ho spiegato la volta scorsa. Se cambiate l’aspetto ad un oggetto anche gli altri dovranno farlo. Tirate fuori le bacchette e cercate di incantare tra loro i bottoni».
Con un gesto della bacchetta Vitious fece comparire quattro grandi bottoni a testa sul banco. «Per oggi potete pronunciare la formula, è un incantesimo parecchio complicato» continuò, dirigendosi con passetti affrettati verso la cattedra, più alta di lui.
«’Notte» bofonchiò sottovoce Sirius accasciandosi sul banco senza far caso ai piccoli oggetti rotondi.

Soltanto quando Vitious riuscì a salire di nuovo sulla sua pila di libri al fianco della lavagna e tutti ricominciarono ad esercitarsi, Mary si azzardò a parlare.
«Ma che cosa si è fatto Peter in faccia?»
Lily guardò di sottecchi l’ultima fila dei banchi per scrutare il viso del ragazzo. «Sarà stato attaccato da qualche gufo, come Potter quell’altra volta» commentò picchiettando gentilmente con la bacchetta i suoi bottoni da incantare.

«Non mi stupisce. Ogni tanto sembrano sopravvissuti ad una rissa tra gatti randagi, Remus compreso anche se non mi sembra proprio il tipo da riss... » soffiò Liv bloccandosi perchè un bottone proveniente dai posti dietro le sfrecciò davanti al viso per fermarsi poi di fronte a Lily, levitando dolcemente. Lily si guardò attorno per capire di chi fosse e notando il viso luminoso di James, che aveva la bacchetta puntata verso di lei, sbuffò. Afferrò di malavoglia il bottone e in un attimo, attorno ai quattro buchi, si formò una breve frase: ‘Hogsmeade insieme?’
Era incredibile. Non sapeva se essere sorpresa dal fatto che Potter era già riuscito con l’incantesimo o scocciata per quell’ennesima domanda.
Il sorriso di James però non si spense e colpendo per la seconda volta il suo bottone anche quello nella mano di Lily cambiò: ‘Stasera. Nel mio Regno.’
Lily cercò di mantenera la calma lanciando un'occhiata di sottecchi al professore in bilico sulla pila di cuscini dietro alla cattedra. Il suo Regno’ era chiaramente un riferimento a quello che le persone normali chiamavano ‘Campo da Quidditch’, si disse cercando di ignorarlo mentre si sbracciava dal suo banco. Si accorse soltanto dopo che stava indicando Liv.
James mise in mostra il bottone picchiettandolo con la bacchetta e ripuntando l’indice sull'amica.
«Liv» bisbigliò Lily allungando il bottone verso di lei.
«Mh?»
«Per te. Potter».
Liv controllò l’oggetto in mano a Lily per leggere la nuova frase: ‘Allenamenti’.
«SIGNOR POTTER! DOVREBBE ESERCITARSI CON L’INCANTESIMO, NON CERCARE DI PRENDERE LE MOSCHE!» La vocetta di Vitious echeggiò nell’aula facendo scattare in piedi Sirius, di nuovo sveglio.
«Sto facendo! Sto... l’incantesimo è fatto!» farfugliò spaesato, grattandosi dietro un orecchio.
«Lei è il signor Potter, signor Black!?»
«Sì, lo è» rispose per lui James, raggiante. Sirius gli sorrise, lanciandogli una fugace occhiata divertita. Si sentiva decisamente più ‘Signor Potter’ che ‘Signor Black’ e James lo sapeva benissimo.

 
 



 

*

 

 
 


«Alle sei al...»
«HO CAPITO, POTTER! BASTA!»
Era tutta la mattina, il pranzo e il pomeriggio che Liv sentiva quel mormorìo insistente arrivarle alle orecchie. Mormorìo perchè il Capitano non voleva di certo spifferare l’orario dei suoi sacri allenamenti ai giocatori delle altre squadre. Daisy, la povera nuova cacciatrice tredicenne, si era addirittura nascosta dietro la statua di Gregory il Viscido per scampare a James che continuava a ripetere ai suoi sei giocatori l’orario e il luogo per quella sera (come se ci fosse da sbagliarsi su quale posto raggiungere per allenarsi).
«Devo aver pestato cacca di civetta in Guferia» mugolò Mary sedendosi su una poltrona  della Sala Comune per controllarsi la suola delle scarpe.
«Porta fortuna» scherzò Lily recuperando il libro di Pozioni dalla borsa.
«AVVISO PER LA SQUADRA: ALLE SEI, CAMPO DA QUIDDITCH! AVVISO PER GLI ALTRI: NON PROVATE NEMMENO AD AVVICINARVI AGLI SPALTI, NÉ DA SOLI NÉ CON ALTRI ESTRANEI DI CASE DIVERSE DALLA NOSTRA. GRAZIE.»
Adesso che era al ‘sicuro’ in Sala Comune,  James poteva anche gridarlo.
«I Corvonero hanno un ottima visuale del Campo dalle loro finestre» gli urlò di rimando un ragazzo dai biondi capelli ricci, spaparanzato sopra al tappeto su cui era in corso un’agguerrita partita di gobbiglie.
James sollevò il mento, impettito. «Questo non è un problema, Billy» fece sereno, scambiandosi uno sguardo complice con Sirius che se la rideva dal divano, al fianco di Peter.  Il piano che avevano messo sù qualche anno prima non aveva mai fallito: le alte finestre del dormitorio dei Corvonero si appannavano e sigillavano ‘accidentalmente’ per tutta la durata degli allenamenti della squadra dei Grifondoro. Nemmeno i Tassorosso, giocatori leali, erano un problema.
Gli unici che ancora riuscivano a scoprire qualche loro tattica o formazione erano i Serpeverde. I ‘Veri Nemici’, così come li chiamava James. Ma aveva trovato una soluzione anche a quello.
Peter,  trasformato in topo, si infiltrava nella Sala Comune verde-argento o negli spogliatoi per spiare a sua volta gli schemi di gioco. James saltò giù dalla sedia che gli aveva fatto da piccolo palco per raggiungere Sirius e Peter sul divano.
«Tra cinque minuti torniamo in infermeria da Remus» informò, lanciandosi su una poltrona lì accanto.
 «Potter...  Black» li chiamò timidamente una bambina del primo anno con le guance completamente rosse. «Per voi, dal professor Lumacorno» disse, allungando la mano che stringeva due piccole pergamene arrotolate e strette da un frivolo fiocco viola.
Sirius ne afferrò una per stropicciarla e gettarla subito tra le fiamme del fuoco scoppiettante.
«Grazie» fece con nonchalance, rimettendosi comodo tra i cuscini.
La ragazzina lo guardò allibita ma si riscosse subito appena le dita di James sfiorarono le sue nel tentativo di prendersi l’invito.
«Sì, grazie» ripetè lui, sorridendole amichevolmente.
Lei annuì, diventando bordeaux, prima di correre via verso le poltrone di Lily, Liv e Mary.
«Evans?» chiese con un leggero fiatone, facendo scorrere gli occhi spalancati sui capelli di Lily che sollevò lo sguardo dal libro. Dall’espressione sconvolta su quel piccolo viso arrossato, Lily capì che molto probabilmente quella bambina non avrebbe più accettato di fare da messaggera al professore di Pozioni.
«Ciao» la salutò gentilmente per metterla a suo agio. «Mi devi consegnare qualcosa?» le chiese dolcemente posando gli occhi sul piccolo rotolo di pergamena lilla.
«Sì, grazie» bofonchiò lei porgendole l’invito di Lumacorno. Lily ridacchiò. «Grazie a te» disse prendendolo e seguendo con gli occhi l’undicenne che saliva velocemente le scale per i dormitori femminili.
«Sembravi tu, Mary» commentò Liv chiudendo il libro di Pozioni per aprire quello di Trasfigurazione. «Quando hai chiesto a Remus di uscire».
Il piccolo cuscino lanciato da Mary le arrivò in piena faccia.
 «Se tra mezz’ora schiverai i bolidi come hai ‘schiavato’ quel cuscino ti farò dannare, McAdams!» le gridò James prima di seguire Sirius e Peter oltre il buco del ritratto.
«HAI ROTTO LE... mmpf!» La mano di Mary riuscì a tapparle la bocca giusto in tempo, ma Liv se la staccò di dosso per finire la sua frase. « Palle , James Potter!»
Sirius rise e Mary sbuffò, guardandola di traverso.
«Che c’è? Non è la verità? Ha rotto» sbottò Liv recuperando libri e pergamene per spostarsi sul divano, adesso libero, prima che un gruppetto di quindicenni se ne potesse approfittare.
«Non è di certo per l’insulto a Potter, ma per le palle rotte. Jane Phillips ti stava osservando» l'informò Mary trasportando la borsa verso il divano insieme a Lily.
Liv spostò lo sguardo verso la ragazza mora che in effetti la stava fissando, truce. Jane, da quando era diventata Prefetto l’anno precedente, non le dava tregua. Era sempre pronta, sempre attenta e viglie ogni volta che ce l’aveva vicino. Sembrava non aspettasse altro che un suo passo falso.
«Vorrei capire perché ce l'ha con me» fece Liv sedendosi sul divano, tra i morbidi cuscini. «Non le ho mai fatto nulla, non abbiamo nemmeno mai parlato» continuò, grattandosi distrattamente un polso prima di riaprire il libro di Trasfigurazione.
«Se continua, ci parlerò io con lei» disse Lily sistemandosi sulla poltrona lasciata da James in modo tale da poter avere una perfetta visuale del buco del ritratto. Remus non era ancora tornato dall’infermeria. Slegò il fiocco viola dalla pergamena di Lumacorno e il suo sorriso divertito si spense subito appena cominciò a leggere.
«Oh, bene» fece, sarcastica «Ci inviterà per il dessert questo sabato, dopo la ronda».
 
 


 

*

 
 


«Hey! Come sta il nostr...?» La squillante voce di James fu bloccata dallo sguardo severo di Madama Chips.
Remus, pallido e con una nuova cicatrice sul collo, rise debolmente dal suo letto.
«Quante volte te lo devo ripetere ancora, Potter!? Siamo forse al Campo da Quidditch!?» lo sgridò la donna con le mani sui fianchi.
«No, ma ci vuole un pò di allegria qui dentro... altrimenti sembrerà un obitorio e non un’inferm...»
Di nuovo, la voce di James fu fermata da quello sguardo fulminante.
 «Come stai, Remus?» chiese solare Peter, avvicinandosi insieme a Sirius al letto dell’amico che sorrise mogiamente.
«Meglio. Se mi lasciate cinque minuti per vestirmi potrò uscire da qui con voi».
Madama Chips gli sistemò il cuscino dietro alla schiena, sospettosa come lo era stata per metà del quinto anno e per tutto quello precedente, da quando Remus aveva cominciato ad apparire ad ogni alba dopo una notte di luna piena con quasi nemmeno un graffio e decisamente molto più in forma rispetto agli anni passati. Sicuramente, la donna si stava ancora chiedendo come fosse possibile.
«Ricorda che non devi sforzarti troppo, Lupin. E prendi pure tutta la cioccolata che ti ho lasciato sul comodino» si raccomandò con tono premuroso prima di soffermarsi con lo sguardo sul graffio di Peter, ancora ben visibile in faccia.
«Santo cielo» mormorò avvicinandosi a lui che indietreggiò, spaventato. «Come ti sei fatto quel taglio, Minus?»
Peter arrossì all’istante cercando gli sguardi dei suoi amici. «Ah, be', io...» balbettò incerto.
Lo sguardo di Sirius era certamente il più insistente. ‘Non provare a tirar fuori la storia del gufo’.
«Colpa mia!» esclamò James affiancando l’amico grassottello «Colpa mia. Ad Erbologia stavamo letteralmente combattendo contro il Tranello del Diavolo e per sbaglio ho mollato un tentacolo che è finito dritto in faccia a Peter. Vero, Pete?»
«Sì, sì! É così che è andata» confermò lui con gli occhi luminosi rivolti verso James.
Madama Chips dopo un attimo di tentennamento parve convinta.
«Tranello del Diavolo» borbottò sotto shock mentre andava verso la credenza piena di bottiglie e barattoli «Pomona dovrebbe scegliere le piante con molta più accortezza! Tranello del Diavolo... un pericolo mortale bello e buono!».
 Lo sguardo colpevole di Remus che tentava di scendere dal letto fece sospirare Sirius, che lo ricacciò sul materasso mettendogli tra le mani le barrette di cioccolato.
«Quell’espressione cos’è, Lunastorta?» gli chiese facendo il finto tonto.
«Già, non la conosciamo. Credo che nemmeno esista come tipologia di espressione» aggiunse James raggiungendolo.
Le labbra di Remus si sollevarono in un piccolo sorriso.
«Non è colpa tua» gli mormorò allegro Peter anche se gli e l’avevano ripetuto un’infinità di volte.
«Essenza di Dittamo» esordì Madama Chips tornando da loro con una piccola bottiglia tra le mani. «Questa fa miracoli con i tagli e i graffi».
«Lei ne sa sempre una più del diavolo, Poppy» esclamò James, facendo ridere gli altri tre. La donna lo guardò di traverso prima di avvicinarsi a Peter per prendersi cura del suo viso.
«Potter, per quanto tu possa definirmi la tua ’balia’, viste tutte le volte che ti sei presentato qui con ogni fattispecie di malanno in questi sei anni, non ti permetto di usare tutta questa confidenza».
La risata che James fece però la fece sospirare, arresa.
Lasciando Remus e Peter in infermeria, James e Sirius uscirono dal castello diretti verso il campo di Quidditch. Il tiepido sole di settembre era velato da qualche nuvola leggera e il vento dei giorni precedenti sembrava essersi calmato.
Con compiacimento, James trovò gli spalti vuoti e gli spogliatoi occupati dai suoi promettenti giocatori.
 «Cosa ci fa Sirius?» chiese Michael infilandosi il casco da portiere in testa.
«Lui ‘può’» spiegò brevemente Alan Morgan, abituato a vedere il migliore amico del Capitano entrare ed uscire dagli spogliatoi a suo piacimento. Sirius era l’unico ad avere quel ‘privilegio’, James non ammetteva repliche.
«Io posso» rimarcò altezzoso Sirius, sorridendo apertamente a tutti.
Liv sollevò gli occhi al soffitto sistemandosi i guanti mentre Daisy le si avvicinava furtivamente, cercando di dare le spalle a Sirius che si era seduto scomposto su una delle panche in legno.
«Liv?» mormorò con sguardo preoccupato. «Si?» fece lei, sentendo un forte prurito sul collo.
La faccia della ragazzina sembrava sul punto di prendere fuoco. Liv capiva benissimo l’ansia e la paura di sbagliare proprio al primo allenamento, un pò la sentiva anche lei, ma diventare di quel colore le sembrava davvero eccessivo.
«Sono rossa?» chiese ancora più sottovoce la ragazza.
Liv spalancò gli occhi, grattandosi la pelle che ancora prudeva. Daisy le aveva chiesto se era rossa?
Cosa doveva dirle? Che, sì, era rossa come la Pluffa che James si stava mettendo sottobraccio? Rossa come le divise appese negli armadietti a destra?
Notò gli occhi chiari della ragazza spostarsi velocemente verso Sirius, adesso intento ad osservare il movimento esperto di Harrison che tentava di spiegare al suo nuovo collega battitore Carter come prendere al meglio la mira.
Altro che ansia pre-allenamento: era quell’idiota di Black, il problema, come al solito.
«No, non sei rossa» le disse tranquillamente per non farla arrossire ulteriormente. In fin dei conti quella era la verità: non era rossa, era bordeaux.
Daisy sorrise, buttando fuori un pò d’aria con un sospiro di sollievo.
«Forza! Tutti in campo con le scope!» li incitò James afferrando la sua dall’angolo più vicino alla porta.
Avevano iniziato soltanto da mezz’ora e James già non sapeva come accidenti aveva fatto a mettere sù una squadra così disordinata e confusa (a parte Harrison e Morgan, ovviamente).
Dei nuovi, soltanto Michael sembrava dimostrare le capacità che l’avevano distinto dagli altri ai provini. Aveva parato qualche tiro di Morgan, tutti quelli di Daisy e, nella sorpresa generale, uno di James.
 Harrison e Carter non erano coordinati. I bolidi di Harrison erano troppo forti e veloci (così come dovevano essere) e Carter, sempre più insicuro, faticava a centrarli con la mazza per rispedirglieli indietro.  
«Carter! Sei un Battitore!» lo richiamò ad un certo punto James «Battitore! E non perchè devi avere una faccia abbattuta ma perchè devi abbattere gli altri!»
Sirius se la rideva, sdraiato pigramente sull’erba, mettendo sempre più in crisi Daisy.
«Smith!» la chiamò James «Dove sono andati a finire quei passaggi forti e precisi che mi hai fatto vedere alle selezioni?!» le chiese dopo che la ragazza aveva passato goffamente la pluffa al loro compagno Morgan.
Liv sembrava ubriaca. La traiettoria della sua scopa era discontinua e non perchè il boccino stesse facendo chissà quali avventati movimenti, ma perchè continuava a grattarsi in ogni dove.
«MCADAMS!» gli urlò furioso James quando lei gli passò di fianco per seguire la scia dorata della pallina alata che si era avventurata tra i Cacciatori.
Liv, per l’ennesima volta, perse di vista il boccino mentre si grattava vigorosamente una gamba, rischiando anche di cadere dalla scopa.
Sentiva un prurito fortissimo invaderle ogni centimetro di pelle sotto ai vestiti, ogni due minuti era costretta a frenare bruscamente per grattarsi con insistenza sentendo di stare impazzendo sia dal fastidio che dalla rabbia.
Più passavano i minuti e più quella sensazione si espandeva. Era lo stesso prurito che aveva sentito mezz’ora prima negli spogliatoi e sempre quello che le aveva tormentato il polso quando era ancora seduta sul divano in Sala Comune.
Il divano. Il divano su cui era spaparanzato Sirius qualche istante prima che si sedesse lei. Fu come un'illuminazione.
Con una furia incontrollabile virò a sinistra senza rallentare. Puntò dritta verso il terreno in direzione di quel maledetto ragazzo che presto si sarebbe trovato sparso a pezzi su quell’erba.
 James soffiò più volte sul fischietto per cercare di fermarla, ma l’unico risultato che ottenne fu il blocco degli altri giocatori che smisero di allenarsi, accorgendosi così della folle discesa di Liv.
Sirius si era alzato di scatto vedendo che la scopa cavalcata da quella pazza gli stava arrivando addosso. Liv non aspettò nemmeno a toccare terra, saltò giù dalla scopa afferrando con rudezza Sirius per la cravatta rossa e oro per abbassarlo alla sua altezza e potergli gridare contro faccia afaccia con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
«CHE STRONZATA HAI FATTO!? EH!? POLVERE URTICANTE!? PELI DI CONIGLIO!?» lo attaccò, mollando la cravatta soltanto per dargli una spinta, incapace di trattenere la rabbia. Liv era certa che Sirius sapesse della sua allergia ai conigli visto quello scherzo che lui le aveva fatto al terzo anno.
«RISPONDI, CRETINO! TI SEI DIVERTITO? TI FA RIDERE?» continuò a gridargli addosso cercando di resistere al prurito solo per poterlo spintonare ancora, ripetutamente, con forza.
«Ma che cavolo stai dicendo?!» sbraitò lui indietreggiando per schivare i colpi che Liv si ostinava a dargli.
«CHE SCHIFEZZE HAI MESSO SUL DIVANO IN SALA COMUNE!?» urlò lei, afferrandogli il maglione, senza nemmeno accorgersi che tutti gli altri stavano atterrando sull’erba
«McAdams, piantala subito!» cercò di fermarla James, staccandole le mani dal maglione dell’amico.
«Schifezze sul divano? Tu sei fuori di testa, Olivia» affermò ridente ed incredulo Sirius, libero da quella presa nervosa, ma incatenato ad un dolce floreale profumo, inebriante e pulito, che gli era arrivato con la brezza e la vicinanza di Olivia. Un buon odore di shampoo o bagnoschiuma che gli annebbiò per un attimo i sensi tanto quanto quegli occhi marroni dalle nere pupille dilatate.
Liv si divincolò dalle braccia di James per grattarsi con urgenza un braccio e, osservandola, Sirius non potè far a meno di sollevare gli angoli delle labbra in un sorriso incredulo. Le pulci.
«Hai usato i peli del coniglio che ha graffiato Peter!? Non è vero!? AMMETTILO, RAZZA DI IDIOTA!» continuò Liv, adesso strofinandosi il collo con furia.
«Merda» mormorò divertito Sirius lanciando un’occhiata a James che sembrava aver capito.
«Sì. Merda per te, Black» ringhiò Liv afferrando la mazza da Battitore di Carter prima di rincorrere Sirius per tutto il campo.
«MCADAMS!»


 

 

 

 

 

*

 


 


«Come sono andati i primi allenamenti?» chiese serena Mary, sollevando lo sguardo dal piatto appena apparso sul tavolo insieme alla cena di tutti.
«Uno schifo» si limitò a dire Liv con voce funerea, prendendo posto vicino a lei.
Il sopracciglio di Lily, già inarcato dopo aver assistito alla comparsa dell’amica, si sollevò ulteriormente scrutando perplessa l’intera squadra che entrava in Sala Grande. 
Sembravano tutti dei cani bastonati. Tutti eccetto il Capitano e Sirius, che ridevano tra loro.
 «Rem, ci sei anche tu! Stai meglio?» esordì James sedendosi tra lui e Peter.
Remus, ancora debole, annuì cominciando a mangiare.
Lo sguardo di Liv scattò verso Sirius, lontano di tre posti ma comunque troppo vicino per i suoi gusti. Aveva ancora voglia di prenderlo a mazzate.
«Ma si può sapere cos’è successo? Siete così scarsi?» li punzecchiò Mary, ridente. 
James tossì forte, sputacchiando pezzetti di stufato. «Scarsi!? Scarsi, Macdonald!? Prima di tutto... non puoi giudicare una squadra dal primo allenamento» mise subito in chiaro, colpito nell’orgoglio.
«Quel deficiente mezzo Troll e mezzo Gnomo» lo interruppe Liv indicando Sirius che le sorrise falsamente. «Mi ha fatto venire l’allergia mettendo sul divano i peli del coniglio che ha graffiato Peter per farmi cadere dalla scopa!»
Remus cominciò a tossire subito dopo le parole: ‘Coniglio che ha graffiato Peter’.
«Coniglio? Quale coniglio?» chiese spaesato Peter.
Sirius gli diede una gomitata mentre James aiutava Remus a respirare di nuovo.
«Non sei stato graffiato da un coniglio?» sbottò Liv scrutandolo per bene.
Peter boccheggiò, in ansia. Avevano deciso che era stato il Tranello del Diavolo, no? Non era così? Adesso cosa c’entrava questo coniglio? Si chiese nel panico più totale.
«Certo che è stato graffiato dal coniglio! É stato un trauma, per lui, e non se lo ricorda perchè è ancora scosso da stamattina quindi parlate fra voi tre e lasciateci in pace» s’intromise Sirius con arroganza.
«Dovrebbero dare al coniglio un po' di Pozione Calmante visto che li graffia a turno» disse Mary, impressionata.
«A me sta simpatico proprio per questo. Vorrei stringergli la zampa a costo di riempirmi di bolle» disse Liv con un sorrisino provocatorio.
«Avevo detto di lasciarci in pace, o sbaglio?» s’inserì Sirius, altezzoso.
«Avevi detto che potevamo parlare tra noi ed è quello che stiamo facendo, o sbaglioribattè Liv, altrettanto altezzosa. Black l’avrebbe pagata cara. Non sapeva ancora come, ma non l’avrebbe passata liscia.
Era decisamente stufa degli scherzi pericolosi che quell'arrogante mente avventata organizzava ogni anno; erano l'unica cosa, di lui, che le avevano fatto storcere il naso dal primo anno.
A Liv erano sempre piaciuti i Malandrini, soprattutto quando rallegravano le giornate o rimettevano al loro posto altri bulli, Piton compreso. Spesso si era ritrovata ad usare la bacchetta come loro, ma se faticava ad essergli amica un motivo c'era ed era il fatto che non avevano fatto differenza tra bersagli innocenti e persone che meritavano una fattura.
Gli avrebbe fatto capire come ci si poteva sentire ad essere improvvisamente una vittima senza motivo, per una buona volta. Prese un sorso di succo di zucca senza distogliere lo sguardo da quello di Sirius, posato ancora su di lei, e Lily accanto a Mary restò in silenzio spostando gli occhi verde chiaro su tutti e quattro i ragazzi.
Il graffio sul volto tondo di Peter sembrava proprio una zampata di un coniglio particolarmente rabbioso, simile a quello che Remus aveva sul lato del collo sinistro. Dylan Davies, un Corvonero del loro stesso anno, come tutti era convinto che Remus avesse un coniglio ribelle in dormitorio.
Lily non sapeva come Peter si fosse fatto quel taglio, ma il coninglio non c'entrava niente con le cicatrici sulla pelle di Remus.
Lo scrutò in modo discreto, senza farsi vedere per lasciarlo tranquillo: era ancora pallido e debole.

 

 

 


 
 

*

 
 

 






Note:

*All'inizio la mia idea era di far morire i signori Evans insieme in un unico incidente stradale tra il sesto e il settimo anno. Facendo diverse ricerche mi sono accorta che non tornava qualcosa.
La Rowling dice che durante il settimo anno di Lily, Vernon chiede a Petunia di sposarlo nel ''salotto di sua madre" (signora Evans) e questo mi ha fatto pensare che nel 1977 o inizio '78 c'era solo la madre di Lily e Petunia (Petunia, tra l'altro, vive e lavora a Londra dai suoi diciotto anni).
Quindi qui Lily ha già perso il padre e ho scelto l'estate dopo il quinto anno (giugno 1976, che sarebbe più di un anno prima dal prologo di questa storia).
Dubito che Vernon abbia chiesto in sposa Petunia a breve distanza da un lutto così pesante, quindi ho evitato di far morire il signor Evans tra il sesto e settimo anno.
Più avanti troverete degli accenni del post morte del signor Evans, anche i pensieri di James a riguardo.
Purtroppo, iniziando a scrivere dal settimo anno ho perso molti momenti importanti (me ne sono pentita).
La Rowling non dice quando sono morti i nonni materni di Harry, dice solo che sono mancati per normale morte babbana. Nel 1971 sono entrambi vivi al binario nove e tre quarti. La madre di Lily dovrebbe morire tra la fine del 1978 (se muore prima del matrimonio di Lily) e il 1980. Non sappiamo se ha partecipato al matrimonio di Lily e James o se ha visto Harry (i genitori di James hanno partecipato al matrimonio ma non hanno visto harry, sono morti prima a distanza di giorni l'uno dall'altro per una malattia magica). Sappiamo per certo che Lily non accenna a sua madre nella lettera per Felpato dopo il primo compleanno di Harry mentre sono chiusi in casa (una setimana prima di morire). La lettera è relativamente allegra, senza contare la morte dei McKinnon e James frustrato per il fatto di non poter uscire di casa senza Mantello. Secondo me, la signora Evans era già morta da un anno, se non di più. Harry deve restare orfano il 31 ottobre 1981 e non credo che Lily sarebbe stata così serena nella lettera se avesse perso da poco la madre.
  Ho sempre pensato, poi, che Lily e James si sono sposati tra l'estate e l'autunno del 1979. Harry deve essere concepito a novembre di quell'anno.
Ho scelto l'incidente stradale perché oltre al fatto che è una morte molto babbana, Petunia dice a Harry che Lily e James sono morti in un incidente d'auto (giusto per non sentire domande). Ho voluto fare un parallelismo tra Lily e Harry che penserà di aver perso i genitori per un incidente. È da Petunia, che magari si vuole vendicare così. Cattivissima.
.


   
 
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