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Autore: Nori Namow    13/12/2015    4 recensioni
Nessuno aveva mai messo piede all’interno di casa Tomlinson, eppure era ormai tradizione dalle mie parti chiamarla ‘il Castello delle Bugie’.
Veniva chiamata così perché si diceva che, al suo interno, avvenissero cose fuori dal comune e che, seppur sembrasse una casa come tante altre, al suo interno si nascondessero le peggiori insidie.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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"Le bugie più crudeli sono spesso dette in silenzio." - Robert Louis (manco a farlo apposta hahaha) Stevenson
 

Eis

Due giorni dopo, mi avvicinai con un sorriso sulle labbra ad un Louis che sembrava aver ripreso sembianze e comportamenti umani. 
«Ciao Louis.» lo salutai sbattendo le palpebre, mentre lui sobbalzò impaurito. Si poggiò una mano sul cuore, respirando a fondo. «Deike, perché vuoi che mi venga un infarto?» mugolò continuando a camminare verso la sua auto. Lo seguii con dei passetti; nonostante fossi alta quasi quanto lui, Louis aveva un’apertura delle gambe maggiore delle mie.
«Senti, dovrei fare una cosa e Zayn non può accompagnarmi. Verresti tu?» mentii spudoratamente, non intenzionata a mollare la presa.
Misi su il mio faccino con gli occhi lucidi e grandi, l’espressione capace di sciogliere anche l’iceberg del Titanic. Louis inarcò un sopracciglio con fare annoiato, poi scosse la testa e continuò a camminare.
«Scordatelo.» sbottò, disattivando con le chiavi dell’auto la serratura delle portiere. Aprii la bocca incredula, poi andai verso la portiera del passeggero ed entrai in auto, sfoggiando il mio miglior sorriso riconoscente.
«Grazie, come sei gentile.»
Louis entrò in auto e sembrò scioccato da quella mia spudoratezza e dal mio interesse per lui.
«Scendi dalla mia auto, Deike.»
«Ma tu hai detto che mi farai compagnia.»
«Ma anche no. Hai un sacco di amici, cosa te ne fai del pazzo di paese? Vuoi che comincino a parlare male anche di te?» mi fulminò con lo sguardo, mentre io mi mordevo furiosamente la lingua per non imprecare.
«Non m’interessa di ciò che pensa la gente.» ribattei incrociando le braccia al petto. Louis scoppiò a ridere, poggiando le braccia e la testa sul volante. Aveva riso e per un attimo risi anche io di riflesso.
«Deike, cosa mi hai detto tre giorni fa?» si picchiettò il dito sul mento, fingendo di concentrarsi.
«Ah, sì. A tutti  interessa sapere cosa la gente pensa. E potrai negarlo all’infinito, io non ti crederò mai.» disse, ricordando alla perfezione le parole che io gli avevo detto pochi giorni prima. Aveva ragione, mi ero praticamente tirata la zappa sui piedi.
«Non importa, tanto nel posto dove dobbiamo andare non ci sarà nessuno ad osservarci, va bene?» ringhiai, perforandolo con lo sguardo.
«Devo andare a casa, Deike.»
«Ma che palle, chi c’è ad aspettarti a casa tua? La tv? Una serie di dvd porno? La tua bambola gonfiabile? Beh, qualunque cosa sia, può aspettare.» sbottai con le mani strette a pugno. Louis abbassò lo sguardo, affranto.
«Non è così che funziona la mia vita, Deike. Ti prego, stanne fuori.» sussurrò a mezza voce, scrollandomi appena per le spalle come a chiedersi perché non riuscissi a notare una cosa così ovvia come quella che mi stava dicendo. Ma io non capivo, nessuno avrebbe potuto farlo.
«E come funziona la tua vita, Louis?» chiesi a quel punto, incantata per un attimo da quei suoi occhi azzurri come il cielo sereno. Erano belli, specialmente in quel momento, senza esser circondati dalle solite occhiaie e con una scintilla di vita che mai prima d’allora avevo notato. Ma del resto, era la prima volta che osservavo con attenzione i suoi occhi screziati di un blu leggermente più scuro.
«La mia vita è fatta di attese e di cose che è meglio non conoscere.» disse per poi abbassare lo sguardo, sentendosi sotto assedio.
Mi scaldai ancor di più, perché era la prima volta che incontravo qualcuno testardo quanto me, o persino di più.
«Ma cazzo Louis, hai ventuno anni, sei stato bocciato tre volte per motivi che nessuno conosce, visto che sei un secchione di dimensioni apocalittiche, stai sempre chiuso in casa tua. Non li vorresti degli amici, un hobby? Una persona che ti ami?» strillai sbattendomi i pugni sulle gambe, convincendomi che se li avessi indirizzati verso il suo viso non sarebbe servito a nulla. Louis si morse violentemente il labbro inferiore e mi aspettai che da un momento cominciasse a sanguinare.
«Quella puttanata, l’amore, non esiste! È solo una scusa di merda inventata dalle persone per giustificare il fatto che vogliono scopare! “Oh, voglio scoparmi quel tipo perché lo amo.”  “Ah, ma io l’amo, è per questo che me la scopo.” . Deike, tu non hai visto tutta l’ipocrisia e la cattiveria che io ho visto, seduto nell’angolino mentre tutti gli altri parlavano male di me. Tutte le persone che reputi tue amiche hanno sparlato di te almeno dieci volte all’anno. “Deike è simpatica, ma ha un nome orrendo”, “Deike è troppo magra” “Deike se la fa con il professore, è per questo che ha voti alti”. Tutte le persone che ti circondano solo gelose, invidiose, orrende, hanno l’anima marcia. Non puoi parlarmi d’amore, quando tu non ne hai nemmeno visto traccia.» sputò quelle parole a raffica, e ogni sillaba fuoriuscita da quelle labbra furono come tanti pugni nel petto, perché lui in fondo aveva ragione, io parlavo di amore quando ero circondata da persone subdole, che sparlavano anche dei morti. La sua concezione dell’amore però era sbagliata, doveva esserlo, perché nonostante io non fossi una romantica di prima categoria, ero convinta che esistessero persone al mondo che si amassero per altri motivi, non strettamente legati al sesso. L’eccezione che confermava la regola.
Louis dal suo piccolo angolo emarginato del mondo, aveva visto più cose di me che ci vivevo.
Mi morsi il labbro inferiore, sapendo che le parole mi sarebbero uscire spezzate e tremanti a causa del suo tono duro nei miei confronti.
Ma cosa me ne importava poi, di come mi trattava Louis? Lui era solo un ragazzo come gli altri, forse persino più idiota, e io avevo avuto la folle idea di aiutarlo a non sprecare la sua vita, senza magari pensare che lui non lo volesse il mio aiuto.
«Scommetto che le cose che dicono di me, le pensi anche tu. Non è vero?» sbottai con rabbia, mentre una lacrima nera a causa del trucco mi accarezzava lentamente la guancia come a marcare meglio il mio dolore. Uscii dall’auto e sbattei fortemente la portiera, avviandomi a grandi passi verso qualunque posto, purché non vi fosse nemmeno un’anima viva. Le persone che pensavo mi stimassero, che non fossero così ipocrite, erano le artefici di quel mio piccolo dolore interiore. Ero una ragazza poco romantica, un po’ maschiaccio, un po’ ribelle, e piangevo perché le mie amiche dicevano cose di me, quando alla diretta interessata avevano affermato tutt’altro.
“Wow, che bel nome che hai, Deike!”
“Sei magra al punto giusto, Deike.”
“Complimenti per il voto preso al test, te lo sei meritato, Deike.”
Tutte bugie, tutte menzogne nella quale vivevo ogni giorno. E realizzai perché in fondo m'importasse così tanto sapere cosa attanagliava il petto di Louis, tanto da spaventarlo e non farlo dormire.
Io, come lui, vivevo in un enorme Castello delle bugie.
Forse lui, però, era al sicuro da tutte le malignità della gente, almeno quando era in casa sua. Io ero immersa nell’ipocrisia fino al collo, perciò pensai di chiamare l’unica persona che sperai non mi avesse raggirata, tradita. Composi il suo numero mentre tiravo su con il naso, fermando i singhiozzi.
«Hey, Deike!»
«A scuola parlano male di me?» urlai infuriata, andando dritta al punto. Non mi andava di creare giri di parole, perché di quelle ce n’erano fin troppe. Zayn sembrò perplesso a giudicare dal suo interminabile silenzio, o forse stava solo decidendo se dirmi o no la verità.
«Parlano male di tutti, Deike. Non deve importartene, ok?» sussurrò dopo un minuto buono, mentre io stringevo furiosamente il mio labbro inferiore fra i denti.
Era il mio migliore amico, avevamo condiviso tutta una vita.
«Perché non me l’hai detto, stronzo?» sbottai mentre sulle mie guance, le lacrime tracciavano delle linee nere.
Zayn sospirò. «Perché, come ti ho appena detto, sparlano di tutti e non deve importartene.»
Fui tentata di lanciare furiosamente il mio cellulare sull’asfalto per poi calpestarlo, fino a ridurlo in pezzi talmente piccoli da confonderlo con la sabbia. Poi ricordai che in quel modo non avrei ferito nessuno, né sarebbe servito a scaricare la rabbia.
«E tu? Tu cosa ha detto di me, Zayn? Si criticano fra sorelle, cugine, migliori amiche. Perché tu non dovresti farlo?» lo accusai, pregando con tutta me stessa che le mie supposizioni fossero false e infondate. Zayn, fra tutti i miei amici, era la persona della quale mi fidavo di più. E scoprire che lui poteva essere fra le persone che mi sorridevano per poi pugnalarmi alle spalle... Non avrei retto, sarebbe stato troppo.
«Mi conosci, Deike, sai quanti litigi e quasi espulsioni mi sono preso per attaccare briga.» mi spiegò brevemente, capendo che ci sarei arrivata da sola, alla soluzione. Zayn era solito dire, anche con strafottenza, tutto ciò che pensava e nel peggior modo possibile. Tirai un sospiro di sollievo e il peso sul petto sembrò andare via.
«Chi ti ha detto queste cose?» la sua voce giunse alle mie orecchie più seria che mai. Lui in qualche modo sapeva  il nome del ragazzo che mi aveva fornito quelle piccole informazioni, anche se in un momento di rabbia. Deglutii faticosamente, mordendomi il labbro.
«Louis.»
Un mugolio esasperato lasciò le sue labbra, e capii che era arrabbiato.
«Deike, mi spieghi cosa diavolo ti succede? Smettila di frequentare quel tipo, non fa che metterti in testa strane idee, per giunta sbagliate, e ti sta allontanando dai tuoi amici, da me.» sbottò, pungendomi nel vivo. Ma lui non capiva  che Louis non faceva proprio nulla, anzi, tentava di evitarmi. Una parte del mio interesse si era spostata sulle sue reazioni, sui suoi comportamenti, a quel qualcosa di misterioso che aleggiava attorno a lui. Louis non mi stava allontanando da Zayn, o dai miei vecchi amici, erano loro che non riuscivano a starmi dietro, mentre io cercavo in qualche modo di guardare oltre l’apparenza, oltre quel silenzio che Louis sembrava conoscere bene. Cercavo, in mezzo a quel blu del mare polare, il vero lui, come se avessi smesso di vederlo solo come Mister Strambo ma cercassi i resti del Louis Tomlinson curioso e sorridente.
«Voi non lo conoscete, e non lo conosco nemmeno io. Non mi sta allontanando da nessuno, siete voi che rimanete fermi nello stesso punto.» sussurrai, prima di chiudere la telefonata con una calma che pensavo non mi appartenesse. C’era una sola persona che poteva rispondere alle mie domande confuse e quella persona potevo trovarla solo lì, a casa Tomlinson.
 

Quando bussai per la seconda volta a quella porta, mi sentii stranamente osservata. La casa continuava in qualche modo a farmi sentire a disagio, come se trovarmi lì fosse la cosa più sbagliata del mondo. Trattenni il respiro per qualche secondo, mentre la porta si apriva lentamente fino a rivelare la figura di Susan, in tutta la sua graziosità di nonnina.
«Ciao cara, cosa ti serve?» sorrise educatamente, come se non fosse poi così contenta della mia visita.
«Dovrei parlare con Louis, riguardo un progetto di… storia. Sì, storia.» mentii cercando di sembrare veritiera. Susan strinse appena gli occhi come a riflettere sulla veridicità delle mie parole, poi si scostò appena e quasi con riluttanza, invitandomi ad entrare. Avrei finto di cercare Louis, e poi avrei parlato con lei del nipote. Era un ottimo piano, in fondo.
Appena misi piede in casa sentii un freddo penetrarmi fin dentro le ossa, e mi sentii gelare sul posto.
Mi mossi in avanti, sperando che Susan si rendesse conto che io non avevo la più pallida idea di dove fosse la camera di Louis, quando il ragazzo mi apparve davanti in tutta la sua… bellezza. Indossava solo un asciugamano bianco stretto il vita, i capelli bagnati che però aveva già scompigliato per dare loro la solita forma. Sentii le gote arrossarsi, mentre cercavo di concentrarmi su qualunque soprammobile della casa, o sulle punte delle mie scarpe. Louis sembrò spaesato per un attimo, quasi spaventato dall’idea che io fossi lì. Guardò un punto oltre le mie spalle, per poi cercare la mia attenzione.
«Deike, chi ti ha fatta entrare in casa?» sussurrò agitato, mentre le mie sopracciglia si alzavano di scatto.
«Tua nonna, che domande fai?!»
Ed eccolo di nuovo lì, il panico nei suoi occhi ed il respiro accelerato, tipico di quando aveva paura. Mi voltai, cercando Susan con lo sguardo, e mi sorpresi quando non la vidi più. Se ne era andata così velocemente e silenziosamente, come se non fosse mai stata lì.
«Era proprio qui, un attimo fa. Signora Susan!» la chiamai, camminando verso la cucina. Ma come faceva quella vecchina a muoversi come un ninja?
Louis mi strattonò per il polso, guardandomi con occhi sgranati e facendomi perdere qualche battito. Cominciava a passarmi un po’ del suo terrore infondato e proprio non capii cosa gli stesse succedendo. Aveva forse paura della nonna? Lei era un killer armato fino ai denti? Mentre il mio cervello formulava domande insensate ed ai limiti del ridicolo, Louis si chinò piano verso di me, fin quando le sue labbra non furono a pochi millimetri dalle mie. Ok che era un bel ragazzo e non mi sarebbe dispiaciuto baciarlo, però lì, nella stessa casa dove c’era sua nonna, non mi sembrava il momento adatto.
«Deike, non fidarti di ciò che vedi.» sussurrò piano, come se temesse che le mura potessero sentirlo e rivoltarglisi contro.


 

Hey bitches
ma saaalve. Ecco il quarto capitolo.
Insomma Deike i fatti tuoi proprio HELL NO.
Btw stasera ho visto l'ultimo episodio di Jessica Jones
e lasciatemi dire MIO DIO CHE BELLO.
Se non l'avete visto, vi consiglio vivamente di farlo.
Comuuunque, what do ya think? teorie? cospirazioni?
GOMBLOTTI IN QUESTA FF? tell me
p.s. ho bevuto vino e quindi non so se ho corretto bene.
perdonatemi vi voglio bene
with love and hate,
@marvelastic

 
   
 
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