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Autore: Mue    14/12/2015    5 recensioni
Drusilla, sesto anno, Corvonero, odia due cose: il proprio nome e David Steeval, il tracotante, biondo e terribile migliore amico di James Potter. E ama due cose: il Quidditch e Tristan Vidal, il capitano della sua squadra.
Allora perché decide di mettersi con il suo migliore amico, scommette di far innamorare di sé il saccente Steeval e stringe un improbabile legame con il bizzarro Lorcan Scamandro?
Un'antica leggenda, vecchie storie di Folletti ribelli a Hogsmeade e un ballo a Hogwarts per una ricorrenza potrebbero ingarbugliare ancora di più questa situazione o darle finalmente la chiave della porta per il paradiso.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Nuovo personaggio, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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XIV.
Rivelazione

 

 

“Rose Weasley?”
La ragazza sussultò e alzò il viso rigato di lacrime su di loro.
“Oh” fece, scossa.
Per un instante regnò un silenzio di tomba.
Poi Rose si alzò con grazia. “Scusate” mormorò tirando su con il naso e oltrepassandoli, fuggendo sulle scale.
“Che cosa diavolo le è preso?” domandò Stuart sbalordito, rivolto più a se stesso che a Drilla.
Lei non rispose, paralizzata. Aveva appena visto Rose Weasley -la sua nemica, la sua rivale, la sua nemesi- in lacrime. Rose Weasley, figlia degli eroi del mondo magico. Rose Weasley, seconda, forse, solo a Stuart e Emily in quanto a voti. Rose Weasley, la bellissima Grifondoro. Rose Weasley, che stava insieme al suo Tristan…
“Andiamo!” esclamò, afferrando rudemente Stuart per una manica.
“Cosa?” fece lui, spiazzato.
“Andiamo!” gli gridò Drilla, trascinandolo giù per le scale.
Rose era già sparita, ma Drilla poteva immaginare dove stesse andando: lì vicino, almeno a quel che le risultava, c’era il dormitorio dei Grifondoro.
“Che vuoi fare?”
Drilla non rispose. Approdarono al pianerottolo di prima giusto in tempo per scorgere un lampo di capelli rossi svanire in un buco, subito coperto dal ritratto della donna più imponente che Drilla avesse mai visto.
Schizzò in quella direzione, tallonata dal povero Stuart, e arrivò ai piedi del quadro con il fiatone.
“Spostati, per favore.”
L’immensa signora dipinta sulla tela, avvolta nel suo abito cinquecentesco multicolore, inarcò un sopracciglio e non si mosse. “Parola d’ordine.”
Drilla boccheggiò. “Come?”
“Parola d’ordine” ripeté la donna freddamente.
“Ehm…” rivolse uno sguardo implorante a Stuart.
“Guardi me? Che vuoi che ne sappia io della parola d’ordine dei Grifondoro?” protestò aspramente il ragazzo, ancora piegato in due dalla corsa.
Drilla cercò di lambiccarsi il cervello in cerca di un modo per entrare. “Non la sappiamo. Non puoi farci entrare lo stesso, per una volta?”
“Senza la parola d’ordine non si entra” replicò austera la donna. “E poi voi ragazzini mi sembrate anche di un’altra Casa. Cosa volete fare, qui?”
“Dobbiamo vedere una persona” spiegò Drilla, che cominciava a irritarsi. “Se vuoi possiamo risolvere un indovinello…” tentò, pensando al dormitorio dei Corvonero.
“Ti sembro in vena di scherzare?” ribatté la donna seriamente. “Se non sapete la parola d’ordine andatevene e smettetela di disturbarmi.”
“Senti un po’, grassona…”
La donna grassa si inalberò. “Grassona a chi, sciacquetta?”
Drilla avvampò. “COME MI HAI CHIAMATO?”
“Drilla…” cominciò Stuart cercando di rabbonirla.
“Che diavolo ci fate voi qui?” interloquì una voce familiare.
Stuart e Drilla si voltarono.
David Steeval, una scopa in mano e la divisa di Quidditch ricoperta di fango, era appena arrivato dalle scale e li stava scrutando accigliato.
“Ciao, David” lo salutò Stuart, immensamente sollevato.
“Stuart” fece David, poi grugnì in direzione di Drilla. “E lei cosa fa qui?”
“Queste scale sono di tutti e io sono libera di andare dove mi pare!” replicò Drilla, ficcandosi le mani sui fianchi con aria minacciosa.
“Oh, certo” fece David, indifferente. “Ma, se permetti, questa è l’entrata del mio dormitorio e io vorrei andare a farmi una doccia.”
“Non m’interessa nulla di quello che vorresti fare, a meno che sia andare…”
Stuart, intuendo che la discussione stava per degenerare, interruppe Drilla in fretta. “Via, via, Drilla, lascia perdere. Non volevi entrare nel dormitorio, piuttosto?”
Drilla strinse i denti. “Già.”
David guardò da lei a Stuart, senza capire. “Entrare nel dormitorio di Grifondoro? Per fare che? Non ti basta più rovinare il panorama del tuo con la tua presenza?” insinuò malignamente a Drilla.
“Senti un po’…”
“Insomma, mi dite se volete entrare o no senza disturbarmi tutto il giorno?” tuonò la donna del ritratto, evidentemente seccata da tutto quel caos sul suo pianerottolo.
“Felix Felicis” disse David distrattamente. “E ora smettila di rompere, grassona.”
La donna si spostò di lato, indignata. “Se non la smetterai di offendermi non ti lascerò più entrare davvero, ragazzino! E non m’importa nulla di chi siano i tuoi genitori!”
David sbuffò e s’infilò nel buco dietro il ritratto. Drilla e Stuart lo seguirono.
“Non è che se ci vedono i Grifondoro, ci buttano fuori?” chiese Stuart preoccupato, uscendo dall’altra parte.
“Di sicuro le ragazze non butteranno fuori te” borbottò Drilla, emergendo a sua volta dal buco.
Non correvano nessun pericolo, tuttavia, poiché la Sala Comune sembrava totalmente vuota. Totalmente vuota a parte per due persona, una rannicchiata in una poltrona davanti al fuoco e scossa dai singhiozzi e l’altra che cercava di consolarla.
Rose Weasley e Lily Potter.
Drilla le individuò subito, e così fecero anche David e Stuart.
“Rose? Lily?” esclamò David, dubbioso.
Rose alzò lo sguardo e lo vide, ma non disse nulla. Poi notò anche gli altri due e spalancò gli occhi.
Si alzò subito, cercando di asciugarsi in fretta le lacrime e ricomporsi. Lily, al suo fianco, si rizzò in piedi a sua volta con un’espressione contrariata rivolta prima a Stuart e poi a Drilla
“Che cosa ci fate qui?” chiese con un ringhio.
“Ehm, noi…” cominciò Stuart, ma Drilla lo interruppe.
“Perché piangi?” domandò bruscamente a Rose.
La domanda era così secca e diretta che Rose, per un istante, rimase totalmente senza parole.
A rispondere ci pensò Lily, scontrosa. “Non sono affari tuoi.”
Non sono affari miei?” ripeté Drilla, indignata. “Mi pare nemmeno tuoi. Ti chiami Rose Weasley e stai piangendo?”
Il tono era così minaccioso che riuscì a zittire Lily di colpo.
Drilla tornò a rivolgersi a Rose. “L'altro giorno volevi parlarmi. Che cos'è successo?”
“Io… io…”
“Piantala di farle domande!” intervenne Lily, sebbene con meno convinzione di prima. “Cosa ne sai tu di quello che può passare Rose? Chi pensi di essere? Che vuoi da lei? Sei solo un'arrogante egoista Corvonero presuntuosa e...”
Drilla gonfiò le guance. Ne aveva abbastanza di quella mocciosetta.
“Io sarei un'arrogante presuntuosa?” esclamò Drilla alzando la voce. “Già, un'egoista Corvonero” disse amareggiata. “Che cosa ne posso mai sapere? Tu puoi capirla meglio di me, vero? Perché tu sei una leggendaria Potter, vero? Io invece non faccio parte del vostro gigantesco clan di Weasley e Potter, non ho genitori famosi, non ho depositi traboccanti di galeoni alla Gringott, non...”
“CHI SE NE IMPORTA DI QUESTE COSE!”
Nella stanza cadde un silenzio di piombo. Perché a urlare era stata Rose.
Non appena si accorse di ciò che aveva fatto, la ragazza si morse un labbro. “Io... io... ti volevo parlare l'altro giorno, è vero! Volevo dirti solo che... ecco, che... che ho lasciato Tristan.”
Drilla si pietrificò dov'era. “Cosa?” boccheggiò, incredula. David, poco oltre, sembrava anche lui sbigottito, e così Stuart al suo fianco che, quando gli cercò lo sguardo, come a trovare conferma che avesse sentito bene, ricambiò l'occhiata sconvolta.
“Volevo dirtelo perché so che tu gli sei vicina... Hai... hai una tale energia, una carica che ti invidio... e credo che potresti aiutarlo a farlo stare meglio se... se volessi” concluse balbettando Rose.
Drilla non poteva credere alle sue orecchie: era assurdo. “Tu hai lasciato Tristan?” domandò debolmente.
Rose annuì rossa in viso.
“Perché io... io... non ho mai voluto stare con lui.” Rose si guardava le punte dei piedi mentre parlava, il capo chino. “Credevo di essere innamorata di lui ma mi sono sbagliata... ho fatto un terribile errore ma adesso voglio correggerlo.”
Drilla tacque per un lungo istante, poi aprì la bocca, un fiume di insulti, imprecazioni e altro ancora pronto a dirompere.... Ma una mano fredda si appoggiò alla sua spalla, e il fiume si arrestò di botto.
“Scusa, ma stai dimenticando una cosa” disse una voce, calma.
Drilla si voltò verso Stuart: il ragazzo aveva un sorriso di beata serenità sulle labbra e guardava Rose come se la compatisse. “Forse ti è sfuggito che ora Drilla è la mia ragazza.”
Rose spalancò gli occhi. “Sì, ma io credevo che lei potesse…”
“No, lei non può. Io non voglio” replicò subito Stuart asciutto. “A meno che, ovviamente, lei ritenga meno importanti i miei desideri della felicità di Tristan Vidal. Drilla” aggiunse poi, guardandola tranquillo. “È così? Preferisci Vidal a me?”
Drilla ammutolì. Ma che razza di domanda era?
Guardò Stuart, serenamente in attesa di una risposta. Guardò Lily, con un’espressione sconcertata, e Rose, con la bocca aperta e il volto ancora congestionato dal pianto. E David, che la stava fissando con due occhi grandi come piattini da tè e un cipiglio serio.
Sospirò, chiuse gli occhi, poi li riaprì determinata, e fece un sorriso. “No.” Si volse verso Rose. “Io sto con Stuart, ora.”
Fu come sprangare una porta per sempre.


“Drilla, che cos’hai?” domandò Emily dolcemente quando la ragazza rientrò in dormitorio e si lasciò cadere sul letto.
“Niente.”
Emily tacque. “C’entrano David Steeval o Tristan?”
Drilla chiuse gli occhi. “Emy, dimmi la verità.”
“Su cosa?”
Silenzio. “Quando ha smesso di piacermi Tristan?”
Ancora un istante senza parlare. Poi Emily sospirò. “Diversi mesi fa, credo.”
“E perché ci ho messo tanto ad accorgermene?”
Emily esitò, poi asserì saggiamente: “Quando ti ostini a guardare fuori da una finestra è difficile vedere anche il tuo riflesso sul vetro.”
Sei cieca, Cook.
“Già, lo sono” disse ad alta voce. “Ma Stuart mi ha aperto gli occhi in tempo.”

 

   
 
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