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Autore: Emmastory    14/12/2015    1 recensioni
Alcuni anni sono passati, e le nostre tre giovani streghe continuano a vivere la loro vita. La loro felicità sembra costantemente vacillare, così come la sicurezza del profondo e recondito segreto che custodiscono. Nessuna sarà al sicuro, e alcuni nemici a loro già noti non rappresenteranno che una grave minaccia. Il destino di Miriel, Minerva e Astrid, sembra quindi appeso a un filo sottile.
(Seguito di "Sangue di strega: Giochi di potere)
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di strega'
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Sangue-di-strega-III-mod
Capitolo XVII
La vita contro la morte
Era di nuovo notte, ed io faticavo a dormire. L’aria notturna era divenuta pesante e a tratti irrespirabile a causa dei numerosi incendi appiccati dai Cacciatori. La guerra che loro stessi avevano scatenato con l’assurdo pretesto di eliminare ogni strega e creare poi un potente esercito che avrebbe poi sconfitto l’immenso potere delle Streghe Superiori, continuava, e le grida delle genti si udivano ovunque. Quello era l’unico suono apparentemente esistente, e capace di rompere il silenzio nel peggiore dei modi. Istintivamente, inizio a piangere. La mia casa è completamente vuota, ed io sono sola. So bene che Xavier se n’è andato nel mezzo della notte per combattere e proteggermi, e il solo pensiero di perderlo durante questo così aspro conflitto mi porta alle lacrime. Ora come ora, non provo sensazione dissimile dalla paura, e il tempo mi appare fermo. Volgendo il mio sguardo al cielo stellato, giungo le mani in segno di preghiera, per poi sussurrare quelli che sono i miei più ardenti desideri. Subito dopo, tento strenuamente di riaddormentarmi, seppur fallendo nel mio misero intento e prendere una ponderata ma saggia decisione. Respirando a fondo, mi alzai dal letto, scegliendo di raggiungere il salotto di casa e avvicinarmi a Mistral, la mia lupa. Chiamando a raccolta le mie forze e il mio coraggio, scrissi di mio pugno una lettera a Xavier, sperando che nonostante le difficoltà che era impegnato ad affrontare la ricevesse senza alcun problema. Alcuni istanti sparirono dalla mia esistenza, e con gli occhi velati dalle lacrime, lasciai che Mistral stringesse fra i denti la mia lettera. Con mia grande sorpresa, la lupa sembrava aver capito le mie intenzioni, e per tale ragione, stringeva quel foglio senza fare un eccessivo uso della sua forza, e avendo quindi cura di non rovinarla. Accarezzandole la testa, mi avvicinai alla porta di casa, scegliendo di aprirla e vedendola scomparire nella notte. Una lacrima mi solcò quindi il viso, ed io mi allontanai. La porta si richiuse sbattendo con violenza, ed io imputai la colpa di tale avvenimento all’aria notturna, che ora spirava con molta più decisione. Le ore scorrevano lente, e inginocchiata in un angolo della mia stanza, pregavo. Il freddo e la paura mi limitavano nei movimenti, ma nonostante tutto, continuavo stoicamente ad andare avanti, vivendo la mia vita per quella che era, e sperando di riuscire a restare al riparo dal dolore che la guerra mi stava lentamente e inesorabilmente infliggendo. I miei lamenti squarciavano la notte, e non venivano ascoltati dalle vive e codarde anime che fuggivano dal conflitto che stringeva il mio amato villaggio in una letale morsa. Mi sentivo pesantemente ignorata, ma raccogliendo le mie idee, compresi di non aver alcun potere su i sentimenti dei meri e semplici umani. Improvvisamente, avvertii un acuto dolore alla testa, e posandomi una mano sulla tempia dolorante, riuscii a calmare quella sensazione di malessere. Le forze mi vennero meno, e crollando sul letto mi addormentai. Sperando vivamente di non essere vittima di un ennesimo svenimento, tentai di aprire gli occhi e risvegliarmi, riuscendoci solo a causa di quello che riconobbi come un orribile incubo. Non sentivo altro che grida, e non vedevo altro che alte fiamme avvolgere ogni membro della famiglia che ero lentamente riuscita a costruirmi. Pur non essendone consapevole, mi agitavo nel sonno, e la vista che più mi turbava risultava essere quella di mia figlia Jocelyn. Piangendo calde lacrime, mi chiamava a gran voce perché la salvassi, ma nonostante i miei tentativi di aiutarla, ogni passo verso di lei risultava completamente vano. I battiti del mio cuore aumentarono quindi a dismisura, e gridando, mi svegliai di soprassalto. Guardandomi attorno, mi scoprii madida di sudore, per poi notare l’arrivo del mattino. Uscendo subito dalla mia camera, mi resi conto che la mia lupa non era tornata. Preoccupandomi, corsi fuori casa, rendendomi quindi artefice di una scoperta a dir poco orribile. Per qualche strana e a me ignota ragione, gli eventi che mi accadevano attorno sembravano seguire quelli del mio sogno, portandomi a provare una sensazione di freddo mista ad un’incredibile paura. Istintivamente, iniziai a correre gridando a squarciagola il nome di ognuno dei miei familiari, ma non ricevetti alcuna risposta. Il tempo scorreva, e quasi istintivamente, lasciai che la tristezza mi pervadesse, per poi cadere in ginocchio. Subito dopo, mi coprii il volto con le mani, quasi a voler fermare l’inarrestabile scorrere delle mie calde e amare lacrime. Scivolando nel più completo silenzio, piansi sommessamente, per poi sentire un suono distinto e facilmente riconoscibile. Guardando dritto di fronte a me, rividi Mistral. Mi fissava ma appariva ferita, ed io potevo scorgere il dolore nei suoi profondi occhi marroni. Istintivamente, le carezzai la testa, per poi sentirla mugolare. Provando quindi a rialzarmi, caddi nuovamente in terra, per poi venire aiutata dalla stessa Mistral, che lasciando che mi appoggiassi a lei, mi aiutò a rimettermi in piedi. Appena un attimo dopo, la lupa iniziò ad abbaiare, quasi fosse allarmata da qualcosa, e guardandosi attorno, tentò di convincermi a seguirla. Rimanendo perfettamente immobile, non proferii parola, scegliendo unicamente di annuire e seguirla nella sua corsa verso quello che speravo essere un luogo. Correvo senza sosta, avendo cura di non perdere di vista la mia lupa, unica compagnia in quel lungo viaggio. I minuti scorrevano veloci, e improvvisamente, non sentii che una voce. “Miriel!” chiamava, inducendomi a voltarmi e fare la migliore delle scoperte. Il mio amato Xavier era alle mie spalle, e sorrideva, felice di rivedermi nonostante quanto ci stesse accadendo. “Grazie al cielo sei ancora viva.” Mi disse, scegliendo di abbracciarmi stringendomi a sé e coronando quel momento con un magnifico bacio. Piangendo per la gioia, accettai il suo amore senza fiatare, per poi sentirlo stringermi una mano e pronunciare una frase di vitale importanza. “Non lasciarmi.” Disse, faticando a parlare e respirare a causa della corsa che lo aveva fortunatamente condotto fino a me. “Non lo farò mai.” Risposi, sorridendo debolmente e avvicinandomi ulteriormente a lui. “Hai visto Jocelyn?” chiesi, preoccupata. “Edward è con lei.” Replicò, riuscendo a rassicurarmi. “Vieni.” Continuò, afferrandomi un polso e invitandomi a seguirlo. Guardandolo negli occhi, annuii lentamente, per poi lanciarmi in una corsa verso il mio obiettivo più importante, ovvero mia figlia. Alcuni minuti trascorsero, e con gli stessi, scemavano le mie speranze di ritrovarla. Stavo per arrendermi, e fu allora che la vidi. Combatteva al fianco del suo amato Edward, ma faticava a difendersi a causa della sua ormai conosciuta condizione. Avvicinandomi, chiamai il suo nome, vedendola voltarsi e notando un debole sorriso sul suo volto. “Scappa.” Le consigliai, sperando di convincerla ad allontanarsi dal pericolo rappresentato dai Cacciatori. Per mia sfortuna, mia figlia scelse di disobbedire, e nello spazio di un momento, la vidi venir ferita da uno dei miei più acerrimi nemici. Stoica, accusò il colpo senza muovere un muscolo, ottenendo però un unico risultato, ovvero quello di venire rapita dagli ignobili Cacciatori. Il colpo che aveva ricevuto le aveva fatto perdere i sensi, e nonostante i miei sforzi nel tentare di liberarla dalle grinfie dei suoi aguzzini, la vidi sparire dalla mia vista come umida nebbia. Animata da una forza quasi mistica, mi lanciai all’inseguimento di quell’orribile uomo, avendo la fortuna di scoprire dove avesse intenzione di portarla. A quanto sembrava, anche i Cacciatori avevano un covo in cui ritirarsi assieme alle vittime e ai prigionieri che riuscivano a catturare. Muovendomi lentamente, mi nascondevo, conservando la segreta speranza di non essere vista. Per quella che io considerai fortuna, il mio nemico non sembrò notarmi, e il mio espediente funzionò alla perfezione. All’improvviso, accadde ciò che non mi sarei aspettata. Il ramo di un albero secco si spezzò sotto i miei piedi, e il Cacciatore si voltò, per poi tentare di ferirmi. “Quella è mia figlia!” gridai, sguainando il mio pugnale e difendendomi al meglio delle mie possibilità. “In questo caso, tu verrai con me.” Disse, legandomi i polsi con una robusta corda e costringendomi a seguirlo camminando forzatamente al suo fianco. In quel mentre, tentai di parlare con Jocelyn, ma ogni tentativo si rivelò vano ed inutile. Difatti, ad ogni mia parola corrispondeva quello che identificai come un sonoro e doloroso colpo di frusta. Volendo unicamente evitare altre ferite, tacqui istintivamente, per poi perdere i sensi. Mi risvegliai accanto a mia figlia dopo un tempo che non riuscii a definire, scoprendo che le corde che mi legavano i polsi erano state sostituite con delle robuste e pesanti catene. Le stesse, mi limitavano nei movimenti, e improvvisamente, un lamento giunse alle mie orecchie. Era Jocelyn, che lamentandosi per un apparente dolore, si posava una mano sull’ora gonfio ventre. “Aiutami.” Sussurrò tentando di liberarsi dalle catene che la bloccavano impedendole di muoversi. Contrariamente a lei, arrivavo a toccarla, ma nonostante tutto, sapevo di non poter fare nulla per aiutarla. Intanto, il suo dolore sembrava intensificarsi, e allo stesso seguirono delle strazianti urla, che ebbero il solo scopo di attirare l’attenzione del nostro aguzzino. “Smettila subito, miserabile strega!” le ordinò, ponendo inaudita enfasi su quello che giunse alle mie orecchie come il peggiore degli insulti. “Non toccare mia figlia!” risposi, riuscendo a liberarmi e alterandomi di colpo. Subito dopo, estrassi il mio pugnale dal fodero che lo conteneva, e lanciandolo, lo vidi volare all’interno della stanza fino a colpire il nostro nemico dritto negli occhi. Urlando per il dolore, il Cacciatore nascose il volto, fallendo nel tentativo di occultare il copioso scorrere del suo stesso e sporco sangue. Alcuni istanti dopo, quell’ignobile uomo tornò a guardarci, notando l’insolito splendore presente negli occhi di mia figlia. “Sta per succedere.” Sussurrò, parlando forse con se stesso. Attonita, mi ritrovai a fissare mia figlia, per poi vederla avvolta da un fascio di luce. Un suo urlo mi portò a posarmi le mani sulle orecchie, e quando finalmente quella forte luce svanì, la vidi intenta a tenere in braccio la sua neonata creatura. A quella vista, un ricordo si fece spazio nella mia mente, e riflettendo, concentrai il mio pensiero sulla profezia rivelatami da mia nonna. Ogni parola corrispondeva a verità, e finalmente, durante quest’aspra e cruda guerra, la luminosa vita aveva prevalso sulla nera morte.  
   
 
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