CAPITOLO
18
- PRESI -
Gli uomini del commodoro Smoker erano abituati agli strani
comportamenti del loro comandante ma, questa volta, aveva esagerato: senza
alcun preavviso, lui e la guardia marina Tashigi li avevano buttati giù dalle
brande in piena notte e costretti alla partenza. In quindici erano stati
imbarcati senza alcuna spiegazione e anche in quel momento, dopo settimane di
navigazione, ancora non conoscevano la loro destinazione. L’unica cosa che
sapevano era l’urgenza con la quale dovevano giungervi, urgenza che li
costringeva a remare per ore quando non tirava abbastanza vento.
D’altra parte Smoker non poteva permettersi dei ritardi: era venuto a
conoscenza dei nuovi ordini che Sindel Koler avrebbe dovuto eseguire e doveva
impedirgli di portarli a termine. Ancora non sapeva perché quella sottospecie
di scienziato pazzo volesse proprio quei due ma, considerando le capacità della
donna, di sicuro aveva in mente qualcosa di losco. Non era fiero di quello che
stava per fare, visto che stava per aiutare nuovamente la ciurma di Cappello di
Paglia: tuttavia, il fatto che fosse venuto a sapere di quegli ordini altamente
top-secret poteva avere un solo significato: qualcuno voleva che lui sapesse,
che sapesse ed impedisse.
Il cacciatore bianco tirò una boccata dai suoi sigari e alzò lo sguardo su
Tashigi, di ritorno da una discussione con la vedetta, il suo scotimento del
capo fu la conferma a quel che già sapeva: erano ancora distanti, non rimaneva
che sperare di fare in tempo.
Dopo quasi tre settimane di navigazione, tutto sommato tranquilla, la ciurma
era di nuovo a scorrazzare per le vie di una cittadina piuttosto
caratteristica.
Visto le varie priorità dei vari membri, i ragazzi non avevano mantenuto un
unico gruppo ma si erano sparpagliati un po’ a caso.
C’era chi aveva deciso di fiondarsi sul cibo come suo solito e chi era stato gentilmente
costretto a seguirlo per evitare debiti di dimensioni catastrofiche.
Chi, invece, dovendo andare un po’ fuori città per recuperare attrezzi di
carpenteria, si era ritrovato ad accompagnare una compagna fra strane pietre di
interesse, a quanto pare, archeologico.
Un paio, nonostante tutti i tentativi di evitarsi l’un l’altro, erano finiti a
fare la spesa insieme.
Tre erano alla ricerca di informazioni e due, addirittura, stavano per
battersi.
«Rufy, accidenti, quanto cavolo mangi?!» domandò Tristan sull’orlo di una crisi
di nervi «Nami mi ucciderà» piagnucolò posando la fronte sul bordo del
bicchiere d’acqua che aveva ordinato per non fare aumentare inutilmente il
conto.
«Aaah e piantala!» lo prese in giro Usop dandogli una sonora pacca sulla spalla
prima di addentare un cosciotto «Fregatene e mangia quello che vuoi e, se Nami
si arrabbierà, tu non dovrai far altro che dare tutta la colpa a questa fogna
qui» concluse indicando il capitano che aveva appena finito di spazzolarsi il
ventesimo piatto e sembrava ancora lontano dal volersi fermare.
«Cameriere, altre dieci porzioni!» ordinò di fatti il moretto, ignaro del
perfido piano del nasone.
Il blu si portò entrambe le mani alla faccia disperato «Ci ucciderà, ci
ucciderà tutti!»
«Adesso dimmi te se non hai avuto una fortuna sfacciata, chi l’avrebbe mai
detto che avresti trovato dei reperti archeologici lungo questo sentiero?»
chiese Franky alla compagna, mentre camminava guardandosi attorno piacevolmente
stupito dal panorama.
Robin si alzò con un sorriso dal punto in cui si era accucciata per vedere
meglio quelli che dovevano essere i resti di una colonna «Credi davvero che non
lo sapessi?» gli disse seguendolo lungo il cammino «Mentre ti informavi per i
tuoi interessi, io mi informavo per i miei»
«Che cooosa?!» il cyborg spalancò la bocca per lo stupore «Che opportunista,
allora mi hai seguito solo perché ti faceva comodo e io che pensavo volessi
farmi compagnia»
«Mi pare te la stia facendo comunque anche se non era fra le mie priorità» gli
fece presente la mora prima di farsi distrarre dall’ennesimo reperto.
Il carpentiere sbuffò «Diretta come al solito, eh?! Ma guardati…» aggiunse,
poi, con una mezza risata « … ti piace veramente questa roba»
Al solo sentir pronunciare questa roba un sopracciglio della donna
scattò inarcandosi «Come hai detto?»
«Ehi, non fraintendere!» si difese subito l’altro «Volevo solo dire che si vede
quanto ami tutto questo. Anche a me piace, anche se a dir la verità preferisco
tutto ciò che è costruito con legno a ciò che è fatto di pietra»
Per Robin fu come un flash: in un attimo le immagini dell’albero della
conoscenza in fiamme le trapassarono la mente «Ma il legno brucia e di esso non
rimane più nulla» sussurrò a fior di labbra.
«Come?» chiese Franky tendendo l’orecchio per sentire meglio.
«Niente» si riprese lei «Stavo pensando che se non ti interessa non sei
obbligato ad aspettarmi»
«Figurati, non c’è problema» le rispose lui in un’alzata di spalle «Credo che
quel villaggio laggiù sia quello che sto cercando, quindi non ho fretta… e poi
se ti lasciassi sola e ti succedesse qualcosa, Dio solo sa cosa potrebbe farmi
il fratello che hai lasciato con Nami»
Sanji diede un’ultima occhiata alla lista che portava con sé e la ripiegò
«Perfetto, ancora un paio di cose e poi, per il momento, direi che siamo a
posto» iniziò a spingere il carretto pieno di tutte le provviste comprate fino
a quel momento «Un negozio ancora e fra poco potremo tornare dagli altri»
Claire, qualche metro avanti a lui, si bloccò di colpo e si voltò «Ho come
l’impressione che tu non veda l’ora di non avermi più tra i piedi» buttò lì con
una delle sue solite espressioni enigmatiche.
Il cuoco rimase un attimo immobile, stranamente incapace di fronteggiare quell’angelo
decaduto che aveva davanti «Ma che vai a pensare, Claire cara» anche le sue
solite moine, però, risultarono non essere degne delle altre «Stavo solo
pensando che, finché Nami non scopre quanto dovremo rimanere su quest’isola,
non posso comprare troppe cose e non posso neanche andare in giro tutto il
giorno trascinandomi dietro tutte le provviste»
La ragazza lo scrutò di sbieco per qualche secondo, poi riportò il suo sguardo
nero sul cammino che doveva riprendere «Se lo dici tu…»
Complice del fatto che lei era tornata a dargli le spalle, il biondo inspirò il
fumo dalla sua fidata sigaretta e scosse il capo: che diavolo gli stava
succedendo? Mai nella vita era rimasto senza qualcosa da dire davanti ad una
bellezza di quel calibro invece con lei, con una certa frequenza, di recente
accadeva. Proprio per questo cercava di rimanere solo in sua compagnia il meno
possibile.
«Dici che questo può andare?» chiese Claire fermandosi nuovamente, questa volta
davanti ad un negozio di frutta e verdura. Lo indicò con un cenno della mano
sinistra, mentre la destra andò a sistemare distrattamente una ciocca di biondi
capelli dietro all’orecchio. Quella mano, però, non tornò a rilassarsi lungo il
fianco: rimase immobile a mezz’aria con il polso bloccato nella ferrea stretta
di un uomo.
«Che cosa vuoi?» gli chiese seccata mentre cercava di divincolarsi.
Quello, un omone composto da circa centotrenta chili di muscoli, mantenne salda
la presa «Su, non fare la difficile. E’ da un po’ che ti stavo osservando e
alla fine mi sono convinto che tu sei in grado di soddisfare il bisogno che ho,
non so se ci siamo capiti» le sorrise piacente.
«Ci siamo capiti benissimo…» rispose la bionda disgustata, proprio ora che
aveva avuto l’opportunità di chiudere per sempre con quel capitolo della sua
vita, non aveva di certo voglia di ricaderci « … ma non ho nessuna voglia di
soddisfare i tuoi bisogni»
«Posso pagarti molto bene sai?» le disse abbassando il capo per andare a
sfiorarle audacemente un orecchio con le labbra.
La mano libera di Claire scese velocemente dietro la schiena per recuperare la
rivoltella dal posto in cui riposava quando portava i pantaloni «Ti ho detto
che non mi interes…» ma non finì la frase, così come l’arma non interruppe il
suo riposo: la sua mano infatti tremò sul calcio della pistola solo un momento
per, poi, rimanere immobile sotto al tocco gentile di quella del cuoco.
Sanji soffiò fuori del fumo «Mi pare tu stia importunando un po’ troppo questa
signorina»
Quello, sentita puzza di guai, lasciò andare immediatamente il polso della
ragazza «Ho capito, ho capito: a quanto pare ho inteso male» girò le spalle ed
iniziò ad allontanarsi, borbottando tra sé «Tsk… ma quale signorina, si sente
lontano un chilometro che quella è solo una puttana»
Lei lo sentì e abbassò il capo affranta, poi fu un attimo: il primo calcio si
infranse sullo stomaco dell’energumeno che si ritrovò piegato in due dal dolore
«Chiedile scusa!» gli ordinò il cuoco furibondo.
Il tizio sputò «Fottiti!»
Un nuovo calcio partì per arrivare di nuovo con potenza a destinazione «Ti ho
detto di chiederle scusa!»
Il silenzio di colui che aveva di fronte lo convinse a caricare il terzo calcio
ma, in quel momento, l’altro si ricordò che il salvare la pellaccia era la
prima delle sue priorità «Ok, ok, fermo amico… ti chiedo scusa ragazza, mi sono
sbagliato» buttò lì al volo prima di rimettersi faticosamente in piedi.
«Bene» esordì soddisfatto il biondo «Adesso vattene e vedi di non ricapitare
davanti ai miei occhi» Lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava, poi, si
voltò verso Claire: aveva il volto rigato dalle lacrime «Grazie…»
Il cameriere servì, tutto sommato, tranquillo il budino al tenero animaletto
che occupava una delle sedie del tavolo per tre. Iniziò ad agitarsi quando
dovette posare davanti ad una bellezza mozzafiato una fetta di torta agli
agrumi per, poi, lasciarsi andare quasi al terrore nel momento in cui lasciò
una tazza di caffè sotto al naso dell’ultimo rimasto.
La giovane renna attese che il ragazzo si allontanasse prima di assaggiare quel
che aveva ordinato «Certo che sono stati proprio gentili a volerci offrire
tutto» considerò nella sua semplicità.
Nami lasciò la forchetta sospesa a mezz’aria «Come sei ingenuo, piccolo
Chopper» lo prese bonariamente in giro.
«Io non sono ingenuo» ribatté l’altro mettendo il broncio.
«Oh sì che lo sei» continuò quella ridacchiando «Non ci hanno offerto tutto
questo per pura gentilezza, ma per colui che è di fronte a te…» continuò
indicando con una mano Jacques che, per facilitare il recupero delle
informazioni, aveva deciso di andare in giro senza mantello « … un uomo da
cinquecento milioni di Berry che per un suo capriccio potrebbe demolire questo
locale in un attimo»
«Che cooosa?!?» sbottò il medico di bordo quasi alzandosi in piedi sulla sedia
«Ma Jacques non lo farebbe mai, giusto?» chiese, poi, rivolto al compagno.
Il cavaliere lo guardò da sopra il bordo della tazza dalla quale aveva appena
finito di prendere il primo sorso «Ne sei certo?» gli chiese assottigliando lo
sguardo.
Chopper si bloccò incredulo e impaurito. Jacques si lasciò andare ad una
leggera risata «No, non lo farei» gli disse dandogli una leggere pacca sul
cappello con una mano «Ma loro non possono saperlo»
Mentre l’animale borbottava qualcosa a proposito del fatto di smetterla di
prenderlo in giro, Nami guardò il cavaliere divertita «Certo che è stata
proprio una grande idea quella di chiederti di venire con noi, non solo hai
evitato di farmi spendere per queste consumazioni ma…»
Non
riuscì a finire perché l’altro la interruppe «Chiedermi? Tu mi hai imposto
di venire con voi dietro al riscatto dei dieci milioni di Berry, storia che
devo ancora capire tra l’altro, e poi sii seria: non avresti sborsato neanche
un soldo per questo, avresti fatto pagare tutto a me»
La rossa scosse una mano per far cadere lì il discorso «Questo è solo il tuo
punto di vista, comunque volevo dire che sei stato molto utile anche nel
negozio di quella signora, praticamente non voleva neanche parlarmi ma, non
appena sei entrato tu e ha capito che eri con me, ha snocciolato tutto quello
che volevo sapere, fornendomi anche un paio di carte niente male» finì l’ultimo
pezzo di torta rimasto «Chissà perché a me non avrà voluto dire niente, ho una
taglia sulla testa anche io dopo tutto, no? A quanto pare non è abbastanza alta
per incutere timore ma lo è sufficientemente per farmi prendere di mira dai
cacciatori di taglie» rimuginò pensierosa.
«Più che ad una questione di soldi, io credo che quella donna non abbia voluto
parlarti per il nome che ti porti dietro» considerò Jacques in un’alzata di
spalle «Immagino che l’idea di essere rapinata dalla Gatta Ladra non le
piacesse poi così tanto, se al suo posto ci fosse stato un uomo avresti avuto
di sicuro più successo»
«Davvero?!» sbottò per l’ennesima volta Chopper «Dici che un uomo sarebbe stato
felice di farsi rubare tutto da Nami?»
Il cavaliere rimase un attimo sorpreso, poi sospirò spostando le labbra in un
sorriso «Sì, diciamo di sì…»
«Bene, direi che questo posto è ottimo, nessuno ci disturberà» esordì Alyssa
voltandosi verso lo spadaccino, dopo aver affrontato una mezzora di cammino in
assoluto silenzio.
Quello, dal canto suo, si limitò ad alzare le spalle più o meno indifferente
alla piccola radura trovata dalla ragazza, sebbene fosse contento di non
correre il rischio di imbattersi nel cuoco che, di sicuro, gli avrebbe rotto
l’anima per l’aver preso anche solo in considerazione l’idea di confrontarsi
con lei. «Che regole stabiliamo?» le chiese posando una mano sull’elsa della
Wado Ichimonji.
«Una regola sola e semplice: il primo che resta ferito perde» gli rispose
l’altra mentre con un elegante movimento sfoderava la sua spada.
Zoro quasi s’incantò a guardare quell’arma, dato che non aveva mai osato
sfoderarla: una splendida katana lunga
dalla lama lucente incisa di fitti caratteri, troppo lontani per capire cosa
significassero ma abbastanza vicini per ammirare il disegno che formavano.
Sorrise «D’accordo, questa regola mi sta bene» acconsentì e sfoderò la Sandai
Kitetsu, curioso di scoprire chi avrebbe vinto fra l’aura quasi divina che
sprigionava la spada di lei e quella demoniaca che ardeva fra le sue mani.
Alyssa dal canto suo parve delusa «Una spada sola? Non mi mostri la tua famosa
tecnica a tre?»
«Lo farò se ce ne sarà bisogno» le spiegò l’altro.
La ragazza pantera non gradì la risposta «Mi stai sottovalutando, per caso?»
«No…» le rispose lui « … voglio solo vedere quanto vali»
Lei sorrise «Perché temi che se usassi tutte e tre le spade la tua forza bruta
farebbe terminare subito lo scontro? Questo si chiama sottovalutare, Zoro»
«Tutto a favore tuo, no? Potresti andare in giro a dire di aver battuto colui
che diventerà lo spadaccino più forte del mondo»
«Sarebbe alquanto disonorevole per te»
Zoro ghignò «Per questo non perderò»
Alyssa si prese un momento per osservare la terra sotto i suoi piedi, poi piegò
leggermente le ginocchia «Ottimo, allora direi che è giunto il momento di
cominciare» scattò.
Lo spadaccino non credette ai propri occhi: la ragazza, sebbene fossero
piuttosto distanti, piombò su di lui in un attimo e solo grazie ad un istintivo
movimento di polso riuscì a deviare il primo colpo. Si prese un secondo –
quello che lei gli concesse prima di un’altra stoccata – per compiacersi della
sua avversaria, poi iniziò a contrattaccare.
Fu un combattimento senza esclusione di colpi: la forza fisica di Zoro era
nettamente superiore a quella di Alyssa ma, dal canto suo, la ragazza era di
un’agilità e di una precisione fuori dal comune.
Le lame saettavano fendendo l’aria, quasi fischiando, per poi cozzare
violentemente fra loro rischiando di fare scintille. Uno scambio
particolarmente violento fece sì che la ragazza venne scaraventata lontano ma,
sotto allo sguardo allibito dell’altro, il suo corpo svolse una strana torsione
che la fece atterrare miracolosamente in piedi. Un centinaio di metri a
dividerli e il tempo necessario per caricare l’ultimo fendente, poi, l’ultima
carica.
Il duello finì con i due avversarsi che si davano le spalle a vicenda: Zoro
rinfoderò la Sandai Kitetsu e un sorriso andò a dipingersi sulle sue labbra
quando un piccolo taglio colorò di rosso il braccio destro della ragazza.
Tuttavia, quel sorriso fu subito bloccato dall’insorgere di un leggero bruciore
sulla guancia sinistra: si portò le mani al volto stupendosi di trovare i
polpastrelli sporchi di sangue.
Alyssa sbuffò «Questo è il peggior finto pareggio che abbia mai visto in vita
mia»
Lo spadaccino si voltò verso di lei «Cosa?»
L’altra rise «Credi che non me ne sia accorta? Lasciamo pure perdere il fatto
che tu non abbia voluto usare la tua tecnica più devastante, però non puoi
negare di aver avuto ben più di un’occasione per terminare questo duello ma, o
perché il fendente che avevi caricato era troppo forte o perché mi avresti
colpito al viso, hai preferito aspettare e colpirmi più delicatamente in un
posto meno visibile»
«Ciò non toglie che tu mi abbia colpito comunque»
«Io non capisco…» gli rispose lei scotendo il capo «O sei particolarmente
sensibile dal preoccuparti per il mio orgoglio ferito, o sei così masochista da
voler massacrare il tuo» ridacchiò «E considerando che il sensibile ai problemi
femminili mi pare di aver capito sia Sanji, credo che la seconda opzione sia
quella più giusta»
Zoro sorrise ma non rispose: la verità era che, sebbene sapesse che in un vero
duello non ci sarebbe stata storia, il fatto di aver abbassato troppo la
guardia gli bruciava non poco.
«Direi che è il caso di tornare dagli altri adesso, si chiederanno dove siamo
finiti» disse Alyssa portandosi una mano alla nuca improvvisamente in
imbarazzo.
Lo spadaccino si limitò ad annuire, stupito per il suo istantaneo cambiamento:
con la spada sguainata dimostrava una sicurezza e un’aggressività che ben
poteva richiamare il suo alter ego animale ma, una volta finito tutto, tornava
una semplicissima ragazzina più timida che estroversa. «Bah…» esordì infine per
terminare il suo ragionamento e decise di seguirla: peccato che, pochi metri
dopo, prese inesorabilmente un’altra strada.
Dopo aver portato le provviste alla nave insieme a Claire, il cuoco aveva
ripreso a girare per la città senza di lei che, ancora scossa per l’episodio
del pomeriggio, non se l’era sentita di seguirlo. «Nami-chaaaaaan! Finalmente
ti ho trovata!» esordì gioioso come non mai per l’essersi imbattuto in una
delle sue dee preferite «Hai fatto compere?» le chiese notando tutte le scatole
e pacchetti che trasportava la povera renna al suo fianco.
«Sì, ma vorrei comprare ancora qualcos’altro» gli rispose la navigatrice
passandosi la mano sotto il mento, riflettendo su cosa le mancasse.
Il povero Chopper non sbiancò solo perché non poteva farlo «Altra roba? Non ce
la faccio più!» piagnucolò.
«Perché devi portare tutto tu?» gli chiese Sanji guardandosi attorno «Che fine
ha fatto Jacques?»
Nami alzò le spalle «Gli ho lasciato un po’ di libertà, abbiamo pensato che
fosse meglio evitare di stare troppo in giro tutti e tre insieme. Visto che la
Marina lo cerca così tanto da avergli affibbiato una taglia del genere sulla
testa, è meglio che non sappiano ancora che si è unito in pianta stabile alla
ciurma»
Il biondo aspirò del fumo «Tsk… e ti ha lasciato andare in giro da sola?»
La rossa inarcò un sopracciglio «Non lo digerirai mai, vero?» ridacchiò «Avrei
qualcosa da ridire comunque: in primis questo non mi sembra un luogo così
pericoloso, secondo ho lasciato un minilumacofono a Jacques per ogni evenienza
e terzo, non sono sola per niente» concluse lanciando un’occhiata al suo
fianco.
«Giusto!» confermò subito il giovane medico «Io sono pronto a proteggerla!»
affermò deciso.
Prima che il cuoco potesse rispondere, tutto trafelato e imprecante come non
mai spuntò da un vicolo lo spadaccino «Ma porc… dove diavolo sono finit…» si
bloccò davanti agli sguardi allibiti dei suoi compagni «Eccovi qui, si può
sapere dove vi eravate andati a cacciare?» li salutò cambiando immediatamente
espressione, come se fossero stati loro ad essere andati chissà dove.
«Ti sei perso, Marimo?» lo sbeffeggiò il biondo sghignazzando, dimenticandosi
completamente del precedente discorso.
«Non dire stupidate, cuoco della malora! Non mi ero affatto perso!» gli rispose
subito a tono quello.
«Che cos’è quel graffio che hai sulla faccia?» chiese sospettosa Nami, subito
dopo aver notato la leggera striscia rossa che gli segnava una guancia.
Zoro si portò meccanicamente una mano a coprirsi la lesione, nessuno sapeva del
suo accordo con Alyssa, nemmeno lei «Niente, ho preso un ramo in faccia tutto
qui»
Sanji scoppiò a ridere «Un ramo? Non mi dire che sei finito nel bosco?!?»
Lo spadaccino gli grugnì qualcosa dietro iniziando uno dei loro soliti
battibecchi. La rossa però non vi badò, troppo presa a contemplare quel taglio
che arrossava il viso del suo compagno: troppo netto per essere stato causato
da un ramo, sembrava più un taglio provocato… da una lama.
L’arrivo, tutt’altro che quieto, del capitano e del cecchino di bordo la
distolsero dai suoi pensieri: i due, infatti, se la ridevano allegramente,
contenti come non mai dell’essersi fatti una bella abbuffata.
Alla ragazza saltò subito all’occhio un particolare, ossia l’assenza di colui
che era stato designato come l’addetto alle finanze di quel gruppo «Dov’è
Tristan?» sibilò.
Bastarono quelle tre parole per gelare l’ilarità del nasone, mentre il moretto
si portò tranquillamente un dito nel naso «Ha detto che andava a nascondersi
perché abbiamo speso troppo» le spiattellò subito.
«Demente, non dovevi dirglielo!» gli urlò dietro Usop, momentaneamente munito
di una dentatura da far paura al più terribile degli squali.
Nami, però, non riuscì ad arrabbiarsi in quanto la sua attenzione fu nuovamente
catturata da un altro arrivo che l’allarmò, così come fece con il resto dei
suoi compagni. Ai loro occhi, infatti, si presentò il carpentiere della ciurma
sporco di sangue.
«Franky, che diavolo è successo?» gli chiese subito preoccupata.
«Siamo stati attaccati!» le rispose lui ansimando.
«Attaccati?» sbottò il cuoco «Dov’è Robin?»
Il cyborg si mise le mani nei capelli «Non lo so! Stavamo tornando alla nave,
avevo preso tutto l’occorrente per il mio lavoro quando siamo stati circondati
da delle ombre»
«Ombre?» chiese lo spadaccino non capendo.
«Sì, delle ombre che avevano una consistenza maledettamente reale!»
«Ma Robin?» ribadì la cartografa sempre più agitata.
«Ti ho detto che non lo so!» le rispose disperato «L’ ho persa! Appena ho
potuto sono venuto a cercarvi… maledizione, io dovevo proteggerla!»
Rufy gli posò una mano sulla spalla «Portaci dove vi hanno attaccati, la
troveremo!»
Robin si appoggiò esausta al tronco di un albero del boschetto in cui aveva
trovato rifugio dopo l’attacco. Ferma, nascosta, cercava di fare il minor
rumore possibile per non farsi scoprire dal suo inseguitore anche se, ad onor
del vero, non aveva più la sensazione di essere seguita. Si controllò le
ferite: ne aveva un sacco ma, fortunatamente, nessuna sembrava particolarmente
preoccupante, almeno non così a prima vista. Alzò lo sguardo e per poco, dallo
spavento, non attaccò la persona che le era appena comparsa di fronte. «Sei tu!
Cosa ci fai qui?» ma nonostante fosse ancora allarmata, tirò un sospiro di
sollievo «Bisogna andare dagli altri» continuò alzandosi «Io e Franky siamo
stati attaccati».
Fu così che l’archeologa diede le spalle a quella persona che credeva amica,
offrendole il tradimento su un piatto d’argento.
«Lo so» furono le parole che le arrivarono alle orecchie, non riuscì neanche a
stupirsi che venne colpita violentemente alla nuca, scivolando nel buio
dell’incoscienza.
Una leggera vibrazione nel taschino della camicia ricordarono al cavaliere del
piccolo lumacofono che la navigatrice gli aveva dato. Infilò una mano sotto al
mantello, ripreso per l’escursione in solitaria, e recuperò il mollusco.
«Sì?» disse attivando la comunicazione.
«Jacques!» il tono di voce di Nami lo allarmò subito.
«Che cosa è successo?»
«Franky e Robin sono stati attaccati!» gli urlò nel panico.
«Cosa?» Le chiese incredulo «Dove sono adesso? Come stanno?»
«Franky è un po’ malridotto ma è con noi…» la rossa esitò.
Jacques scandì le parole «Nami, dov’è Robin?»
Ma dall’apparecchio non arrivò nessuna risposta: l’oggetto si frantumò sulla
sua mano, trafitto da una lama nera interamente costituita d’ombra.
«Che diavolo?!» esclamò sorpreso, prima di schivare un nuovo attacco «Ancora
tu!» sibilò a denti stretti. Inutile guardarsi intorno per cercare il suo
nemico, inutile cercare di trovare un luogo in cui ripararsi: venne colpito.
Dopo un sacco di tempo finalmente, eccomi qui.
Per cominciare mi scuso se non riesco a dare una cadenza regolare alla pubblicazione dei capitoli ma, purtroppo, fra la mancanza di tempo e l'ispirazione che va e che viene, completarne uno diventa un'impresa piuttosto difficile.
Non sto dicendo che ho intenzione di abbandonare la storia, anzi ^^. Solo mi ci vorrà più tempo del previsto per completarla.
Farò del mio meglio per non far passare ere fra un capitolo e l'altro.
Sperando che questo vi sia piaciuto, lascio un ringraziamento particolare ad Akemichan che mi ha gentilmente commentato lo scorso capitolo e a Robin94 che ha aggiunto entrambe le mie storie nei suoi preferiti, commentandomi la precedente "Apocalypse".
Grazie mille anche a tutti gli altri che seguono il mio racconto.
Alla prossima
Eagle