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Autore: Shelter    15/12/2015    1 recensioni
“Hogwarts will always be there to welcome you home”.
Somewhere, in Scotland.
L’ultima grande guerra magica aveva lasciato molte ferite, nei cuori di tutti quanti, alcune più visibili di altre, che, grazie al tempo, avevano perlomeno smesso di sanguinare copiosamente.
E, nonostante si cercasse di ricostruire il tutto e di ripulire il marcio — arrestando e condannando ad Azkaban gli ultimi seguaci di Lord Voldemort, la paura e l’astio per quelle famiglie “ripulite” continuava a sopravvivere in una buona parte della popolazione magica, come una miccia che, con un'unica scintilla, avrebbe dato il via ad una rivolta popolare.
Harry Potter, Ron Weasley ed Hermione Granger lasciano il posto ad una nuova generazione, ricca di speranza per il futuro — uno di quelli dove un Malfoy non è più costretto a nascondersi ed una Weasley o un Potter non devono più comportarsi da eroi.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo Uno.
 


‟  Smells like teen spirit  ”
 
‹ I’m worse at what I do best
And for this gift I feel blessed
Our little group has always been
And always will until the end ›.
— Nirvana.
 
 
 
▬▬ Rose Weasley.
 

La sveglia suonò, con il suo inconfondibile e fastidioso trillio, e le sue palpebre si aprirono subito, mentre cercava di spegnere quel rumore con la mano.
Avvertiva, soprattutto sotto gli occhi, una leggera pesantezza, chiaro segnale che le ore notturne di studio iniziavano a farsi sentire ed a farsi strada sul suo viso, ed anche la sua mente sembrava ancora un po’ intontita, regalandole un atteggiamento da ubriaca, non appena si alzò dal letto per dirigersi verso il bagno. E questo era soltanto il primo mese scolastico.
Al suo quinto anno, Rose, aveva sostenuto — come tutti gli altri, del resto — gli esami G.U.F.O. (Giudizio Unico per Fattucchieri Ordinari), portandone a casa la bellezza di dodici1, rendendo i suoi genitori terribilmente fieri ed orgogliosi dei suoi risultati; nella sua numerosa famiglia, soltanto suo zio Percy era riuscito nell’impresa mastodontica di accaparrarseli tutti quanti, visto che neanche Molly, la sua stessa figlia, con la sua secca bocciatura in Divinazione, era riuscita ad arrivare a quel numero (fermandosi, comunque, all’eccellente traguardo di undici).
Adesso, però, che  era al suo ultimo anno, non faceva altro che maledirsi da sola, dato che, passando tutti gli esami, ci si aspettava un bis anche ai M.A.G.O. (Magie Avanzate Grado Ottimale) — ovviamente.
“Ed io, invece, sono uno straccio dopo solo trenta giorni di lezioni”, pensò, sistemando al meglio la propria cravatta blu-bronzea, mentre guardava il suo riflesso nello specchio. “Ma quanto è meravigliosa la vita degli studenti, una continua festa”, aggiunse con acido sarcasmo.
Appena ebbe finito di mettere in ordine la propria divisa, nella quale, nell’angolo destro, sul seno, svettava una spilla animata del suo Club del Libro — dove il disegno di una ragazzina ingoiava un libro, per poi lasciare spazio alla frase “La cultura fa mangiare” di un bel viola acceso — diede un’occhiata ai suoi capelli rossi, troppo gonfi e scomposti anche per lei. Li raccolse in uno chignon alto, utilizzando un numero imbarazzante di forcine, e, nonostante un paio di ciuffi riuscirono comunque a sfuggire al suo controllo, si ritenne abbastanza soddisfatta del risultato.
 
La prima lezione della mattinata era Storia della Magia, con il fantasma del professor Rṻf, insieme ai Tassorosso, anzi, insieme a quei poveri sfigati che, proprio come lei, avevano avuto la (s)fortuna di passare la materia, negli esami del quinto anno.
Questa disciplina scolastica, già di per sé, non era estremamente interessante, se poi colui che la spiegava era anche noioso a dei livelli estremi, si creava il perfetto clima per una bella dormita sui banchi o per qualsiasi altra attività che non includesse l’ascolto di quella roba. Non sapeva nemmeno lei come riuscisse a prendere appunti ed a rimanere, perciò, sveglia ed attenta. Probabilmente, operava un qualche tipo di miracolo, ogni volta che entrava in quella classe, dato che anche l’aria stessa era impregnata di tedio e sonno.
“Vorrei tanto capire chi è il genio segreto che mette questa barba alle prime ore del mattino”, pensò, recandosi immediatamente in aula, senza passare per la Sala Grande, dove, senz’ombra di dubbio, era stato tutto allestito per la colazione — pasto che lei saltava sempre a piè pari — e la trovò deserta, dato il buon quarto d’ora di anticipo che la separava dall’inizio del tormento. “E vorrei anche capire perché, dopo tutti questi anni, mi ostini ad arrivare sempre così presto”.
Aprì la propria borsa a tracolla, nera e semplice, e, dopo aver preso posto nei primi banchi, posizionò, con un ordine quasi maniacale, un paio di pergamene ed una piuma, insieme alla boccetta con dentro l’inchiostro; il tempo da impiegare era ancora tanto e, perciò, Rose prese dalla borsa un libro, intitolato “Oliver Twist”, che le era stato prestato da suo cugino Albus. Gliene aveva parlato bene, per quanto concerneva la trama, anche se fin da subito l’aveva messa in guardia sullo stile dello scrittore, Charles Dickens, che catalogava tutti i suoi personaggi come “buoni” o “cattivi”, “bianco” e “nero”, senza nessuna possibilità di sfumatura.
Insomma, proprio il libro che non faceva per niente al caso del ragazzo, portato com’era a pensare che ogni persona, che non poteva mai essere totalmente questo o totalmente quello, possiede dentro di sé una sfumatura infinita di colori e che quello che era giusto per uno poteva essere assolutamente sbagliato per l’altro.
 
Si immerse comunque nella lettura, facendo volare quel lasso di tempo che, se fosse stato privo del libro, sarebbe passato in maniera lenta e monotona.
“Più o meno come la lezione”, pensò, mentre gli studenti iniziarono a prendere posto: erano in pochissimi, come al solito. Al suo fianco, si sedette Julia, una ragazza di Tassorosso con cui aveva stretto amicizia anni addietro, in biblioteca. Le sorrise calorosamente e questa le restituì il gesto, mostrando una serie di denti splendenti e delle guance piene davvero tenere.
« Pronta per l’inizio della noia? », si sistemo i corti capelli biondi dietro l’orecchio, preparando anche lei il materiale per la lezione.
« Certo che no, ma mi ci butto con gli occhi chiusi, sperando di non morire neanche questa volta ».
Julia ridacchiò, « Ho portato i rinforzi, nel caso una delle due rischiasse la vita », e tirò fuori un sacchetto di carta pieno zeppo di biscotti al — se il naso non la ingannava — gusto di limone.
« Ti ho mai detto che Lily ti adorerebbe? ».
« Può darsi », Julia ne prese uno, dandogli un piccolo morso e chiudendo gli occhi per gustarsi al meglio il sapore. « E’ una dei tuoi tanti parenti, vero? ».
« Mia cugina più piccola », annuì Rose, facendo scappare un’altra piccola ciocca di capelli dalla presa delle forcine. « Te l’avevo anche presentata, non ricordi? E’ quella ragazza bassina, coi capelli lunghi e rossi, il volto pienissimo di lentiggini. Gioca anche nella squadra di Quidditch ».
« AAAH! Adesso ho capito chi è. Non stavo collegando il nome al viso ».
Le stava per dire di non preoccuparsi, che era abbastanza normale, ma il fantasma del professore apparve in classe, puntuale come al solito, e mise fine a qualsiasi conversazione.
“Da adesso, manca un’ora e cinquantanove minuti”, prese la penna, intinta nell’inchiostro, ed iniziò a prendere appunti. “Ce la posso fare”.
 
 
« Okay, ci vediamo in biblioteca, stasera », le due ore erano appena passate, ringraziando qualsiasi divinità fosse presente lassù, ma, purtroppo, la mattinata non era ancora conclusa; fra mezz’ora, si sarebbe tenuta la lezione di Pozioni, insieme ai Serpeverde, e lei doveva assolutamente scappare. « A dopo! ».
E, senza neanche quasi aspettare il cenno di saluto di Julia, che vide con la coda dell’occhio, si diresse a passo di marcia verso i sotterranei, dov’era ubicata l’aula della successiva lezione — molto più interessante e divertente, rispetto a quella appena conclusa, popolata, anche questa volta, da ennesime rivolte di goblin.
“Non che ci voglia molto ad essere meno noiosi di Storia della Magia”, sorpassò un gruppetto di studenti di Grifondoro, che, data la loro età apparente, dovevano essere al loro terzo anno, e si diresse verso le scale da scendere, per arrivare a destinazione. Iniziò a percepire il cambio di “clima”, sentendo l’umidità farsi strada fra i suoi vestiti, fin dentro alle ossa, chiedendosi, per la milionesima volta, come facesse Albus, insieme a tutti gli altri studenti verde-argento, a non morire di freddo.
Le aveva, sì, detto che l’ambiente, nei dormitori, era riscaldato e tutto quanto, ma lei si ricopriva di plaid anche nella sua camera ed anche la loro torre veniva comunque riscaldata; insomma, se fosse stata smistata in Serpeverde, sarebbe morta congelata dopo — quanto? — dieci minuti? Anche meno, molto probabilmente.
 
Anche questa volta entrò in classe con uno scarto d’anticipo di un quarto d’ora, ma non era sola: la figura di Albus, seduto in uno dei tanti tavoli da lavoro e con il naso affondato in uno dei suoi tanti libri, spiccava agli occhi, vista la desolazione dell’ambiente.
« Ehi, ciao », esclamò a bassa voce, certa che, un po’ per il silenzio tombale che regnava in quella stanza ed un po’ per l’udito finissimo che il ragazzo aveva sempre avuto, l’avrebbe sentita e non l’avrebbe disturbato troppo.
Il ragazzo non rispose subito, ma Rose non se la prese; probabilmente, stava solo finendo la riga a cui era arrivato leggendo e, infatti, dopo una manciata di secondi, un paio di occhi smeraldini si sollevarono, posandosi nei suoi, ed un sorriso si fece largo sulle sue labbra, illuminandogli il volto.
« Ehi », rispose, con la stessa tonalità bassa di voce, inserendo un segnalibro nel volume e chiudendolo con delicatezza.
« Da quanto tempo sei qui? », si posizionò nella postazione di lavoro davanti alla sua, sedendosi sullo sgabello con la schiena rivolta al proprio tavolo.
« Un po’ », sembrò rifletterci su, prima di dare una stima del tempo. « Meno di un’ora, questo è certo ».
La ragazza annuì, per nulla sorpresa da una risposta del genere; conosceva bene il cugino e sapeva anche quanto amasse stare da solo, in compagnia di un buon libro, per il quale era solito, se poteva, arrivare con largo anticipo nelle aule dove si tenevano le sue lezioni.
Il freddo iniziava a diventare abbastanza insostenibile, rendendo i suoi nervi molto più sensibili del solito, motivo per cui si decise a tirare fuori dalla propria borsa la sciarpa blu-bronzea che più di una volta l’aveva salvata dall’assideramento durante le lezioni.
« Freddo? », il ragazzo ridacchiò, anch’egli per nulla stupito da quell’azione.
« Mi sto congelando », borbottò, coprendosi non solo il collo, ma anche una buona parte del viso. « Ancora non capisco come non rischiate di trasformarvi in statuine di ghiaccio ogni due secondi ».
« Credo che sia per via del sangue che, a differenza tua, ci scorre nel corpo ».
Le venne da ridere ed Albus, che la trovava sicuramente molto buffa bardata in quel modo, la seguì a ruota.
« Immagino che oggi sia un “buongiorno” per voi due », una voce profonda, ancora un po’ assonnata, fece capolino nella stanza, e, ancora prima di girarsi, Rose seppe perfettamente a chi apparteneva.
« Buongiorno, Scorpius », gli sorrise, girandosi nella sua direzione, ma, coperta com’era dalla sciarpa, il suo gesto venne nascosto.
« Weasley rossa, no! », il ragazzo, con i capelli candidi completamente spettinati, si avvicinò a loro, sedendosi, dopo aver salutato Albus con il loro classico e rumoroso “cinque”, vicino a quest’ultimo. « Finché ci saranno lezioni che mi costringeranno a svegliarmi così presto, non sarà ammesso nessun “buongiorno” ».
La ragazza roteò gli occhi, « E’ “Rose”, non “Weasley rossa” ». Quel soprannome, che il ragazzo le aveva affibbiato da sempre, le era veramente indigesto; chiamava tutti i suoi parenti in quel modo — ad esempio, Louis era “Weasley francese”, suo fratello, Hugo, era “Weasley canterino” e Molly, invece, era “Weasley pazza” — e non c’era verso di fargli cambiare idea, visto che continuava a sostenere il fatto che, essendo loro in troppi, non si poteva pretendere che si ricordasse ogni singolo nome. L’unico escluso da quel tormento era Albus.
« E’ ancora troppo presto per tutto ciò, Weasley rossa », calcò volutamente sul suo nomignolo e Rose non riuscì a trattenere il proprio sguardo, che si diresse un’altra volta al soffitto.
Controllò subito dopo il proprio orologio da polso, « Ma sono quasi le undici », borbottò.
« Ed io trovo che questa stanza sia anche troppo riscaldata, ma sono così gentile da non farti pesare la tua diversità », scoccò un’eloquente occhiata divertita alla sua sciarpa, tenendo il sopracciglio sinistro alzato e sollevando lo stesso angolo delle labbra.
“Gne, gne, gne!”, pensò con una vocina volutamente infantile, mentre un brivido di freddo — dopo aver notato che la semplice camicia leggera della divisa, più la cravatta allentata, era tutto ciò che lo “riparava” dal freddo — le fece fare uno scatto.
« Vuoi qualcosa in più per coprirti? », Albus corrugò la fronte, come faceva sempre, quando iniziava a preoccuparsi. « Dovrei avere un paio di guanti, se non ricordo male ».
Rose scosse il capo, « Non ti preoccupare, anche perché dovrei comunque togliermeli per la lezione ».
« Ancora devo comprendere che cavolo di problemi ha il tuo corpo per non riuscire a produrre da solo un minimo di calore », Scorpius scosse la testa, ancora incredulo, nonostante tutti gli anni di conoscenza.
 
« BUONGIORNO! », un ragazzo, dai capelli biondo sporco e gli occhi sporgenti, entrò saltellando nell’aula e, avvicinandosi in un battibaleno al terzetto, si sfilò un paio di occhiali — gialli, con le lenti viola e tonde — dalla testa e li indossò. « Ro’, per le mutande di Merlino, sei pienissima di Nargilli. Hai provato a lavarti i capelli come ti avevo suggerito io? ».
Rose fu grata a se stessa per aver ancora indosso la sciarpa, che, coprendole mezzo viso, nascose i propri denti che mordevano il labbro inferiore, nel tentativo di non ridere in faccia al ragazzo.
Lysander, proprio come sua madre — che aveva scoperto, poi, essere ugualmente strana, anche grazie alle accurate descrizioni del proprio padre — credeva nell’esistenza di creature totalmente prive di qualsiasi base scientifica e che dovevano essere “allontanate” con metodi alquanto bizzarri, come spruzzarsi il succo di limone nelle orecchie. Fin dalla sua prima comparsa, la sera dello smistamento, si era domandata com’era possibile che un elemento del genere, pieno di certe idee, potesse essere stato mandato fra i Corvonero e la risposta l’aveva imparata in tutti quegli anni di conoscenza: Lysander era veramente intelligente, creativo ed innovativo. Aveva un raziocinio completamente diverso da quello che possedeva lei, che gli faceva intraprendere strane strade per risolvere i problemi e trovare le soluzioni. Non a caso, tra l’altro, aveva conquistato un buon numero di G.UF.O. tra cui quello di Pozioni, non fra i più facili della scuola.
“Un po’ come Sherlock Holmes2, si disse, soddisfatta del proprio paragone.
Invece, il suo fratello gemello, Lorcan, diverso da lui come il giorno e la notte, era una persona calma, che non credeva minimamente a nessuna delle cose che suo fratello professava a gran voce; se non fosse stato così particolare anche lui, con quel suo stile gotico, l’avrebbe visto come “noioso” in confronto a quel terremoto biondo.
« Lys, no, perdonami, ma non ho trovato nessuno struzzo a cui rubare l’uovo », il metodo che le aveva consigliato, infatti, prevedeva che lei si lavasse i capelli con il tuorlo di un uovo di struzzo, animale che neanche volendo avrebbe trovato fra le mura di Hogwarts.
Albus sorrise, nel sentire tutto ciò, mentre Scorpius, che non aveva mai digerito il ragazzo, assunse un’espressione molto infastidita. Entrambi, a differenza sua, non avevano mai dato corda alle sue stramberie, ma, mentre suo cugino si era sempre tirato indietro con pacata gentilezza, l’altro aveva sempre tenuto un atteggiamento scontroso, che Rose non aveva mai approvato.
Lysander, ovviamente, era stato preso in giro sin da subito, soprattutto i primi giorni, quando gli venivano propinati anche scherzi davvero pessimi, ma lui non si era mai fatto abbattere, arrivando anche a ridere più forte dei suoi stessi aguzzini. Per quanto fosse diverso da lei, lo ammirava.
« Te lo procurerò io, allora », si tolse gli occhiali, mostrando quei suoi occhi scuri che, per forma naturale, sembravano perennemente sorpresi, e annuì seriamente, guardandola negli occhi. « Vuoi anche delle radici di mamma per il freddo? ».
“A quanto pare, sono tutti amanti del gelo, qui dentro!”.
« Credo che siate voi, quelli climaticamente sbagliati », scrollò le spalle, con noncuranza. « E’ un dato di fatto che nei Sotterranei ci sia umidità e non capisco come riusciate a sopportarla ».
« Il sangue nelle vene, ripeto », Albus annuì convinto.
Lysander, che si era seduto nello sgabello di fianco a quello di Rose, le allungò una mano con il palmo rivolto verso l’alto, in un chiaro segno di concedergli la sua, di mano, cosa che Rose fece, senza problemi. Il contatto fra le proprie dita, congelate, e le sue, calde, fu, per i primi istanti, quasi doloroso, sentendosi come incendiare l’arto.
« Hai dei ghiaccioli, cavolo! ».
Le venne da ridacchiare e gli avvicinò la mano libera alla sua guancia, facendogli spalancare gli occhi e facendogli fare un movimento buffo per allontanare la sua pelle da quel contatto.
« “Mani fredde, cuore caldo”, almeno così sostiene il detto popolare ».
« Dice “fredde”, non “che fanno concorrenza ad un cadavere” », aggiunse Scorpius, che si era passato una mano fra i capelli, spettinandoli ancora di più. Anche Lysander era solito avere i capelli mossi completamente privi di qualsiasi regola, ma doveva ammettere che l’effetto, sui due, era estremamente diverso: Malfoy non sembrava un pazzoide.
« Solo perché risultava essere troppo lungo, ne sono certa », rispose a sua volta, facendo ridere sia Albus che Lysander e strappando un sorriso anche allo stesso Scorpius.
 
 
 
Horace Lumacorno, direttore della Casa dei Serpeverde, nonché professore di Pozioni, nonostante la sua, ormai, veneranda età, entrò in classe ad una velocità straordinaria, con un grosso sorriso stampato sotto ai folti baffoni.
« Okay, questo è molto inquietante », sussurrò Rose, con uno sguardo scioccato, facendo scoppiare Lysander in una serie di risatine soffocate.
« Buongiorno, miei cari studenti », esordì il vecchio professore, con una malcelata nota di trepidazione nella voce. « Ho una notizia da annunciarvi. Una notizia veramente splendida, che vi farà gongolare dalla contentezza ». Iniziò anche a dondolarsi sui piedi, guardandoli in faccia uno per uno, pregustandosi l’effetto scenico che, con tutta quell’attesa e quel mistero, stava creando.
« Decisamente inquietante », ribadì la ragazza.
Lysander si portò una mano alla bocca, per tenere a freno l’ennesimo scoppio di ilarità che quelle parole gli avevano provocato, ed incurvò la schiena in avanti, cercando anche di nascondersi dallo sguardo del professore, che, se l’avesse visto ridere in quel modo, l’avrebbe di sicuro rimproverato. Rose sorrise, girandosi verso il ragazzo, e si bloccò anche lei dal seguire a ruota l’amico; non pensava di aver detto niente di così divertente, ma, in effetti, si stava parlando di Lysander, lui trovava comiche cose particolari. Gli diede, però, una gomitata gentile, quando il professore, con uno sguardo eloquente, silenziosamente intimò loro di smettere di ridere.
« Un mio ex studente, di cui sono rimasto un ottimo amico, mi ha regalato ben tre biglietti per la partita finale di Quidditch, dove si scontreranno, come sicuramente ben saprete, i Tutshill Tornados e le Vespe di Winbourne », l’uomo si godette la reazione che quelle parole fecero nascere nella sua classe. Gli studenti, infatti, iniziarono a creare un brusio concitato. La finale di Quidditch era un evento imperdibile e, notoriamente, i biglietti andavano a ruba nella prima settimana in cui venivano rilasciati, con prezzi anche molto vertiginosi. « E, ovviamente, non potendo io scegliere chi portare con me, ho deciso che sarete voi a farlo », Lumacorno, con esasperanti gesti teatrali, tirò fuori dal proprio mantello un biglietto cartaceo, con disegnati dei ghirigori dorati, che andavano a formare il disegno di un Boccino. « La miglior Amortentia, decreterà il vincitore ».
« Mi scusi, professore », un ragazzo magrolino, con un’acne sul viso molto pronunciata, che Rose riconobbe come Arthur Miles — uno di Corvonero del suo corso — con cui aveva parlato qualche volta. « Non ho ben capito! Le due migliori pozioni otterranno i biglietti? ».
« Assolutamente no, signor Mason », Lumacorno, con un sorrisetto divertito, scosse la testa, rimettendo il biglietto nel proprio mantello. Nessuno badò molto al cognome sbagliato, nemmeno Arthur stesso, abituato com’era. « La migliore avrà il biglietto. L’altro è stato già vinto, nella lezione di ieri sera, fra Grifondoro e Tassorosso. Ha vinto un Grifondoro, con un Distillato della Morte Vivente coi fiocchi ».
 
Rose alzò un sopracciglio.
La pozione che il professore aveva richiesto loro, il più potente filtro d’amore esistente, non era facile da preparare — tutt’altro; un giro in più del mestolo e tutto sarebbe sfumato in un battito di ciglia. L’avevano studiata l’hanno scorso ed una peculiarità dell’Amortentia, che a tutti rimaneva impressa, era quella di avere una profumazione diversa per ogni persona, a seconda dei gusti e delle preferenze, anche sconosciuti alla stessa.
“Molto impegnativa”, pensò, mordicchiandosi distrattamente l’interno della guancia. “Mi piacerebbe riuscire a farla,, ma vincere quel biglietto non mi interessa più di tanto”.
Anche perché, sì, lei aveva ottenuto una “O” (Oltre Ogni Previsione), nel G.UF.O. di Pozioni, ma grazie soprattutto allo studio che aveva fatto insieme ad Albus, che, in quella materia, eccelleva come pochi. Solo come Scorpius, in effetti. Entrambi, infatti, erano stati ammessi al famoso Lumaclub — che, come suggeriva il nome, era il club privato del professore, che amava circondarsi da studenti che, nelle sue idee, sarebbero diventati pezzi grossi — proprio per questa loro bravura innata ed evidente sin dai primi momenti.
« Mh, non sarà facile vincere quel biglietto », la voce di Lysander la distrasse dai propri pensieri.
« Vorresti andare alla partita? », la ragazza si girò a guardarlo in viso, abbastanza curiosa, visto che il ragazzo, da quello che ricordava, non era affatto un tifoso di quel gioco.
« Darei il biglietto a mamma », scrollò le spalle, come se fosse un’azione del tutto ovvia, e fece sorridere la ragazza, il cui gesto venne nascosto dalla sciarpa che ancora indossava.
« Professore, ma il Ministero ha vietato la produzione dell’Amortentia », una Corvonero, con spessi occhiali rettangolari posti sulla punta del naso, che Rose riconobbe come Amelia Hughes, alzò la mano, per attirare l’attenzione dell’uomo. « Non sarebbe — ecco! — illegale prepararla? ».
« Mia cara signorina », Lumacorno ridacchiò, non perdendo neanche un briciolo dell’allegria che aveva portato con sé da quando era entrato nell’aula. « Ho espressamente detto “la migliore” per un motivo. Come ben saprete dall’anno scorso, questa è una pozione di livello davvero molto avanzato e, nonostante voi siate i migliori del vostro anno, non credo che nessuno riuscirà a preparare un’Amortentia il cui effetto duri anche solo un quarto d’ora. Mi potreste stupire —  certo! — ma ho i miei dubbi ».
 
[…]
 
Le ore erano passate velocemente — anche troppo! — mentre erano impegnati nella preparazione della miscela magica, ed ormai erano agli sgoccioli. Rose osservò la sua pozione, lievemente più scura di quello che la ricetta sosteneva, e si chiese in quale passaggio avesse sbagliato; magari aveva dosato male gli ingredienti, anche se aveva controllato tutto due volte, o, forse, aveva usato troppa energia nel mescolare il liquido con il mestolo.
« Il tempo è scaduto », trillò il professore, che non stava più nella pelle dalla curiosità di scoprire chi si sarebbe aggiudicato il succulento premio.
“Fa niente!”, pensò, posando la bacchetta sul tavolo da lavoro, vicino a dei petali di rosa avanzati, per nulla dispiaciuta di quella sconfitta. “Tanto sappiamo tutti chi ha più probabilità di vittoria”.
« Passerò a controllarvi uno per uno » e, dopo aver detto ciò, si mise subito al lavoro, controllando le caratteristiche dei diversi miscugli. L’Amortentia, per essere perfetta, doveva possedere una luminosità madreperlacea, un colore decisamente cangiante ed un vapore che, se lasciato innalzare, avrebbe formato dei ghirigori. « Troppo densa, signorina Hughes, mi sa che non farà innamorare nessuno per questa volta », passò allo studente successivo, Lorcan. « Un bel colore, signor Scamander, ma queste spirali di fumo non mi convincono granché ».
Il professore si avvicinò, finalmente, al loro banco, « La sua pozione non è male, signor Scamander », esclamò, dopo averla analizzata attentamente, e gli diede una pacca sulla spalla. « Signorina Weasley, cos’abbiamo qua? Un’Amortentia un po’ troppo scura, mi pare ». Rose annuì, con un sorriso di dispiacere impresso sulle labbra.
Abbassò la propria sciarpa, per liberare il viso, e rabbrividì, quando la pelle calda entrò in contatto con l’aria pregna di umidità. « Credo di aver sbagliato ad utilizzare il mestolo ».
« No, non credo sia quello il problema », espresse l’uomo, dando un’altra occhiata approfondita alla pozione. « Molto probabilmente, le sarà scappata la mano, quando ha versato la polvere di peperoncino ».
La ragazza annuì, accettando il giudizio e cercando un’altra volta di ripercorrere tutti i passaggi mentalmente; non le dava tanto fastidio l’aver sbagliato, quello era inevitabile, soprattutto in una materia complessa e minuziosa come quella, quanto il non capire dove si celasse l’errore. Era oltremodo fastidioso.
 
« Mi sento un po’ spiazzato, signor Potter », la voce del vecchio uomo baffuto la riportò al presente: probabilmente, la pozione del cugino era risultata, se non perfetta, quantomeno la migliore. « Non aveva mai avuto un risultato così scadente, in sette anni ».
A Rose, per poco, non cadde la mandibola a terra dallo shock.
Albus, l’Albus che tutti conoscevano, aveva appena preparato un qualcosa che non era stato definito “perfetto” dall’insegnante! C’era sicuramente un errore. Avevano un altro compagno con il suo stesso nome e non se n’erano mai accorti?
“Non ci posso credere”, pensò, dopo essersi girata dietro, dove stavano sia Malfoy che suo cugino — quest’ultimo con la testa inclinata verso il basso ed un visibile rossore sulle guance — ed aver visto il calderone di Albus — l’oggetto, che lui curava più di se stesso — completamente imbrattato da una brodaglia nera, che, strabordando, aveva riempito anche una buona parte del suo tavolo da lavoro. “Questo è sicuramente un sogno! Adesso mi sveglio, sì, adesso mi sveglio sicuramente. Lo sapevo che quel budino al cioccolato mi sarebbe rimasto sullo stomaco e mi avrebbe fatto sognare certe cose”.
Il presunto sogno, però, non sembrava volesse finire, anzi, continuava imperterrito, facendo capire alla rossa che era davanti ad un evento più unico che raro, oltre che vero e non un prodotto della sua mente, intossicata dalla cena abbondante della sera prima. Suo cugino non solo non aveva brillato come suo solito, ma aveva sbagliato miseramente. Neanche Lumacorno in persona sembrava credere ai suoi stessi occhi ed impiegò un po’ di tempo per passare al calderone di Scorpius, preso com’era a fissare quella poltiglia nera, quasi in trance.
« Cielo! », lo sentì borbottare fra sé e sé, scuotendo la testa ed iniziando a testare l’altra pozione vicina.
I minuti passavano e, alla fine, ci fu il verdetto anche per il biondo. « Congratulazioni, signor Malfoy », disse, facendo ritornare sulle proprie labbra il sorriso che, a causa della delusione ricevuta, si era precedentemente spento. « Un risultato davvero eccellente. Niente di così perfetto da poter essere catalogato come pericoloso — proprio come mi aspettavo — ma preparata così accuratamente da dare un minimo di risultato. Se chiudo gli occhi e mi concentro, posso persino sentire alcune specifiche fragranze ».
Fece come aveva detto ed inspirò rumorosamente a pieni polmoni, annuendo a chissà quale pensiero nella sua testa. « Credo proprio che abbiamo un vincitore, qui », ed estrasse dal mantello il biglietto.
Venne, quindi, consegnato al suo nuovo proprietario ed il calderone venne subito svuotato, con un colpo di bacchetta del professore; escluso lui, soltanto Scorpius ed Albus avrebbero potuto sentire i vapori della pozione.
Rose era sempre stata curiosa di sapere quali odori avrebbe sentito, dato che il miscuglio magico svelava anche molte fragranze che il soggetto non pensava di amare, ma anche questa volta, come l’anno scorso, non riuscì a soddisfare la propria curiosità ed ebbe un moto di stizza nei confronti di Lumacorno.
“Caspiterina, certo che poteva lasciarla altri cinque minuti”, pensò, trattenendo uno sbuffo, e si girò verso il proprio banco di lavoro, che ripulì con una mossa della bacchetta, raccogliendo i propri oggetti per infilarli nella borsa a tracolla.
 
 
Rose, giocando distrattamente con un ricciolo rosso sfuggito alla sua crocchia, fissò il pezzo di Shepherd’s Pie3 che si era messa nel piatto per pranzo, senza vederlo realmente, incantata com’era a pensare ai propri affari, che, per il momento, ruotavano intorno al numero di pagine che avrebbe dovuto studiare oggi, calcolate attraverso conti più o meno complessi.
“Potrei andare in biblioteca verso le due e mezza”, pensò, arricciando con la punta delle dita la ciocca di capelli. “E studiare Storia della Magia fino alle quattro e mezza. Due ore dovrebbero bastarmi per ripetere tutto ciò che ha spiegato oggi il professore. Dopo, però, devo assolutamente mettermi sotto con Aritmanzia, nell’ultima lezione non ci ho capito molto”.
« Qualcosa mi suggerisce che sei sovrappensiero », la voce di Lysander la riportò alla realtà, facendole sbattere le palpebre un paio di volte.
« E cosa te lo fa pensare? », la ragazza sorrise e, dopo aver smesso di torturare la propria chioma, prese in mano la forchetta, assaggiando la pietanza che, come sempre, risultò essere impeccabile. Gli Elfi Domestici, inutile dirlo, erano davvero dei cuochi provetti.
« Ti girano attorno un sacco di Nargilli ».
“Giustamente!”, disse la sua vocina interna, con un pizzico di ironia. Non era quel tipo umorismo cattivo, fatto per ferire le persone, semplicemente trovava divertente quanto quel ragazzo scovasse le motivazioni più strane per i suoi ragionamenti. Niente era ovvio o scontato con lui, se non una cosa: ci saranno esserini strani in mezzo. Quindi, il ragionamento sarà — brillante, questo sì — innovativo, ma si arriverà sempre e solo ad un’unica soluzione: quella cosa è così a causa di Nargilli, Gorgosprizzi o chissà cos’altro.
« Lo studio mi divora, Lys! Devo fare un mucchio di roba e— », venne interrotta dal gesto del biondo, che le mise un dito, l’indice per esattezza, proprio davanti al naso.
“Okay, questo è strano”, gli fece un’occhiata confusa, cercando di capire cosa volesse dirle. “In una scala da uno a dieci, si posizionerebbe al livello cinque”. Ed un “livello cinque” per quel ragazzo, che era sempre strano, non era da sottovalutare.
« Tu sei stressata », Lysander mantenne la propria posizione ed annuì convinto, come per dare più valore alla sua frase. « Ti serve una pausa ed un uovo di struzzo, per liberarti di quegli esserini ».
« Non posso concedermi una vacanza, non scherziamo ».
« Rose, siamo solo ad ottobre e tu ti stai già sovraccaricando di studio, non credo che ti faccia bene, sai? ».
La rossa scosse lievemente la testa, più a se stessa che al ragazzo seduto davanti a lei — proprio come la prima volta in cui si erano conosciuti, tanti anni fa — sentendo una crescente ansia al centro esatto dello stomaco, che, in meno di un secondo, si chiuse definitivamente. Il pezzo di pasticcio di carne, ormai, non le sembrava più così invitante, per questo posò la posata e spinse via il piatto.
“Grandioso!”, pensò, alzandosi subito dopo. “Mi è anche passata la fame. Perlomeno, posso iniziare a studiare un po’ prima”.
« Non ho più fame », ripeté anche a voce alta, guardando gli occhi scuri — decisamente incuriositi da tutto ciò — del ragazzo. « Vado un po’ in biblioteca, Lys. A dopo ».
 
[…]
 
Era in biblioteca da un bel po’, ormai, qualcosa come due o tre ore e mezza.
Aveva un gran mal di testa ed i suoi occhi non ne potevano più di vedere rivolte magiche e conflitti di troll, così come i suoi capelli che — a furia di essere toccati, legati e poi sciolti — avevano iniziato a prendere l’aspetto di un cespuglio rosso, sempre più gonfio.
“Ma perché devono essere lo specchio del mio Io interiore?”, si chiese dentro di sé, con un tono disperato; c’erano quelle ragazze che, pur morendo di ansia o di nevrosi, rimanevano sempre perfette — al massimo, sbiancavano o arrossivano — perché lei, invece, era stata maledetta con una chioma che possedeva vita propria? “Siete fondamentalmente inutili”.
Tirò un sospiro di stanchezza, l’ennesimo della giornata, ed alzò le braccia al cielo, per stiracchiarsi un pochettino, prima di gettare di nuovo la testa fra libri ed appunti.
« Buongiorno, Ro’ », una voce sussurrata le arrivò alle orecchie, facendola sobbalzare, e la fece girare immediatamente verso la sua fonte, trovando il viso tondo e solare di Julia, sicuramente venuta anche lei per studiare.
« Ehilà », rispose laconicamente, con un sorriso.
La ragazza, dopo aver risposto con un altro sorriso, si sedette nel posto davanti al suo, iniziando a sistemare le cose per lo studio “matto e disperatissimo” che si stava preparando a fare. Julia, in definitiva, le piaceva proprio per questo: era una ragazza acqua e sapone, con una forza di volontà ed una tenacia fuori dal comune, ma che non scalfivano affatto la sua bontà. Portava sempre, dietro di sé, un profumo di cannella, che, a dirla tutta, la rappresentava appieno — dato che, oltre ad essere una spezia buonissima, aveva anche usi medici, come il suo utilizzo nei casi di infreddature — e, in più, nonostante fosse una cosa stupida e banale da pensare, il fatto che si vestisse sempre di colori caldi (quando, ovviamente, non aveva addosso la divisa studentesca) aiutava parecchio.
Inoltre, non sapeva ben spiegare il motivo, Rose trovava che l’amica fosse la perfetta incarnazione di Tosca4 Tassorosso — una dei quattro fondatori storici di Hogwarts e, per l’appunto, la creatrice della Casa di Julia — con quei capelli biondi come il grano e, seppur corti fino al mento, di un bel mosso, con quegli occhi grandi e di un verdeacqua molto grazioso; il tutto contornato da un viso paffuto e “materno”, come se, da un momento all’altro, potesse riempirti di biscotti. Cosa che, in effetti, se ci pensava, faceva già ampiamente.
« Ho qualcosa sulla faccia? ».
La voce della ragazza la riportò alla realtà, facendole capire quanto sembrasse pazza ai suoi occhi, visto che aveva passato — quanto? — cinque minuti buoni a fissarla senza dire una parola.
“Mi rinchiuderanno al San Mungo prima del previsto”, pensò, scuotendo la testa, per rispondere alla domanda che le era stata fatta. « No, scusa, mi ero incantata », bisbigliò, facendo ridacchiare l’altra.
 
Rose riportò lo sguardo sui propri appunti e tornò a studiare, concentrando tutte le proprie energie in quell’unica attività, in maniera tale da non distrarsi neanche per un secondo.
Quando, però, si sentì toccare una spalla, dopo neanche tre minuti di guerre magiche, capì che gli astri, quel giorno, avevano deciso di mettere a dura prova la sua volontà da studiosa e brava ragazza. Si voltò, senza avere la più pallida idea di chi potesse essere, e si trovò davanti un visetto sbarazzino, completamente ricoperto di lentiggini, con dei bellissimi occhi scuri da cerbiatta, un sorriso impertinente e dei lunghi capelli rossi, legati in una treccia: era quel piccolo uragano di Lily, sua cugina.
« Rosie! », esclamò, un po’ troppo a voce alta, riscuotendo le occhiate infastidite non soltanto degli altri studenti, ma anche della bibliotecaria. « Meno male che ti ho trovata — anche se, in effetti, non è difficile, basta pensare all’unico posto noioso in comune con Albie e Mols — ti devo chiedere un favore enorme, gigante, stratosferico ».
La quantità di gesti, con cui aveva accompagnato quella fiumana di parole, era esorbitante e Rose aveva anche provato, inutilmente, a farle abbassare la voce.
« Okay, quale favore ti serve? », le chiese, dopo essersi scusata, con un gesto imbarazzato della mano, con l’ennesima persona che aveva loro lanciato una chiara occhiata di astio.
« Hai presente Erbologia? », Lily iniziò di nuovo a muovere freneticamente le mani, come per cercare le parole giuste che, se Rose conosceva bene la cugina — ed eccome se la conosceva! — servivano soltanto ad indorare una pillola molto amara. « Lo sappiamo tutti che non è il mio forte, no? Quindi, in un certo senso, bisognerebbe trovare ammirevole i miei continui sforzi nel ricercare sempre e comunque di passare quella dannata e noiosissima materia ».
Fece una pausa, dove studiò il suo viso, per capire se il preambolo che aveva appena sputato fuori fosse abbastanza corretto, e sorrise a trentadue denti.
“La stessa espressione di quando stava o aveva già combinato qualcosa”, pensò la Weasley, trattenendo una risata.
« Tutto questo per dire che ho perso i miei appunti », aveva detto questa frase tutta d’un fiato, incassando la testa fra le spalle, gesto che la rendeva terribilmente simile al fratello Albus. « Non so come, ma un bel giorno — PUFF! — sono completamente spariti, probabilmente hanno capito che non siamo fatti l’una per l’altro ».
Rose si morse l’interno della guancia, per non scoppiare a ridere davanti a quel teatrino oltremodo comico; avrebbe, magari, dovuto adirarsi o farle la ramanzina, ma le era praticamente impossibile, non quando la cugina riusciva ad impostare in chiave ironica il tutto. Inoltre, erano cose che accadevano, no?
“Assolutamente no, ma Lily è la sbadataggine fatta persona”.
« E ti servirebbero i miei », non era una domanda, ma un’affermazione.
Lily indossò un’espressione da “cucciolo smarrito” sul volto, con tanto di labbruccio all’infuori. Assomigliava sempre di più ad un cartone animato, ormai ne era certa. « Non sarebbe male, così mi eviterei l’ennesima “T” da recuperare, con successiva strigliata da parte del favoloso Harry Potter ».
E, dopo questa, Rose non riuscì più a trattenersi: una risata le sconquassò piacevolmente il petto, facendole immediatamente alzare l’umore. Sua cugina era un toccasana naturale per i nervi affaticati che si ritrovava.
« Non ridere, ehi! », la Potter si finse offesa, gonfiando le guance. « E’ una cosa seria! Non posso neanche chiedere aiuto a Mols e, con “posso”, intendo dire che non “voglio”. Anche perché mi farebbe una paternale di mezz’ora sul mio essere perennemente distratta, che, a quel punto, preferirei quella di mio padre per un brutto voto. Durerebbe senz’altro di meno ».
Anche su questo aveva ragione. Molly, che era considerata — giustamente, a parer di Rose — la “cervellona amante dello studio” della famiglia, proprio come suo padre prima di lei, concedeva ben volentieri i suoi aiuti, quando venivano espressamente richiesti, ma amava terribilmente aggiungervi una buona dose di rimproveri, il cui argomento poteva spaziare da “Non devi essere così distratto/a” a “Ti saresti dovuto/a preparare prima per non chiedermi tutto all’ultimo minuto”, che, in effetti, potevano essere un po’ scoraggianti.
« Perdonami, non volevo, ma sei fantastica! », rispose, dopo che lo scoppio di risa era stato finalmente sedato, e si asciugò una lacrima dagli occhi. « Comunque, sì, non ti preoccupare, ti faccio avere i miei appunti, non appena li trovo. Te li passo dopo cena? ».
Lily si morse il labbro, stranamente a disagio.
« Merlino, non dirmelo! ».
« Che cosa? », chiese la ragazzina, con un tono fintamente innocente.
« Quando hai il test di Erbologia? », rispose la riccia, chiudendo gli occhi, in attesa della brutta notizia.
« Potrebbe essere domani ».
« Cosa?! », esclamò Rose, sforzandosi infinitamente per far rimanere il proprio tono di voce basso, e guardò disperata la cugina, che ancora un po’ e si sarebbe messa a fischiettare tranquillamente.
« Mi sa che qui qualcuno avrà bisogno di una buone dose di biscotti per affrontare lo studio », la voce di Julia, dietro di lei, la fece sorridere, mentre si  voltava nella sua direzione, notando un sacchetto di carta appoggiato al centro del tavolo.
« BISCOTTI, EVVAI, TI ADORO! », urlò la quindicenne, sedendosi immediatamente in una delle sedie libere ed agguantando un biscotto che, a giudicare dal colore scuro, doveva essere al cacao. « Con questi posso studiare tutto il tempo che volete ».
L’aveva detto lei, Lily avrebbe adorato Julia.
 
 
Rose aveva appena finito di mettere a soqquadro la propria stanza ed i propri appunti, per cercare quelli specifici di Erbologia di ben due anni fa. Aveva l’insana voglia di strozzare sua cugina, con gli stessi fogli che le avrebbe dovuto consegnare per il test che aveva domani.
“Chissà cosa le passa in mente a quella ragazzina”, pensò, sentendo un’ansia nascere nella bocca del proprio stomaco. Invidiava tantissimo quel piccolo uragano rosso, che, nonostante tutto, riusciva a non preoccuparsi di niente, a non perdere il sonno. Lei, se si fosse ritrovata il giorno prima a doversi preparare per un qualche tipo di compito, sarebbe morta prima di crepacuore.
Tirò un respiro di sollievo, quando, finalmente, trovò i fogli che stava così freneticamente cercando, e, dopo averli impilati ordinatamente con un colpo di bacchetta, li prese fra le mani ed uscì dalle proprie stanze, a passo spedito. Non c’era un momento da perdere.
Saltò le scale a due a due, sentendo già una dolorosa fitta nel lato sinistro del fianco; era proprio una sportiva, non c’era nient’altro da aggiungere. In famiglia, la maggior parte amava l’attività fisica o, perlomeno, il Quidditch. Soltanto lei ed Albus non ne andavano propriamente pazzi, anche se, in effetti, a lei non disturbava, seguire le partite, mentre al cugino non interessava vedere niente di tutto ciò.
« Weasley rossa! », una voce maschile, profonda, la distolse dalla sua folle corsa in direzione della biblioteca, facendole rallentare il passo e guardare in giro. Scorpius Malfoy — l’unico che avrebbe potuto mai utilizzare quell’orribile soprannome — che sembrava si stesse dirigendo verso le scale dei Sotterranei, la stava guardando con un’espressione a metà fra il divertito ed il scioccato, probabilmente per la quantità di fogli che si stava tirando dietro. «Stai, per caso, andando in biblioteca? ».
Le si fermò davanti e — a causa della differenza di altezza abbastanza sostanziosa, dato che gli arrivava a malapena alla spalla — fu costretta ad alzare il mento all’insù. I suoi occhi incontrarono quelli del ragazzo, di quel grigio-blu che tanto conosceva e che erano resi ancora più particolari da quel suo taglio lievemente allungato, e lei non fece in tempo a rispondere affermativamente alla domanda che una buona parte dei fogli le scivolò per terra, perché, cercando di far riposare le braccia, aveva allentato la presa che aveva su di essi.
« Miseriaccia! », esclamò, maledicendosi mentalmente e percependo un bollore all’altezza delle orecchie, segno che erano diventate rosso fuoco, e si inginocchiò ai propri piedi, impilando furiosamente le pagine svolazzanti.
« Ho come un déjà-vu », disse il ragazzo, con un — anche se non lo stava guardando, Rose ne era estremamente certa — ghigno stampato sulle labbra piene, riferendosi ad uno dei loro primi incontri, quando lei, nel tentativo di incontrare Albus, era ugualmente caduta davanti a lui. « Ti faccio ancora lo stesso effetto della prima volta? ».
Rose fece una smorfia e roteò gli occhi al cielo, non aveva tempo per il loro classico teatrino. « Scorp, non è il momento, devo aiutare Lils con lo studio », si portò una ciocca di capelli — uscita dalla crocchia che si era fatta prima di correre nella propria camera — dietro l’orecchio e sbuffò frustrata per la quantità enorme di carta che sembrava comparire dal nulla.
« Ti vedo un po’ stressata », il ragazzo smise di sorridere ed osservò con curiosità la ragazza. « Dovresti rallentare un po’ i ritmi ».
« Non lo sono, sto benissimo! », Rose alzò gli occhi al cielo, sentendosi stufa di quella frase che, in quel giorno, le era stata ripetuta un po’ troppe volte per i suoi gusti. Stava davvero bene, era solo un po’ più oppressa del solito perché quest’anno, come due anni fa, avrebbero avuto gli esami, che avrebbero decretato quante opportunità lavorative avrebbero potuto avere. Era una questione decisamente importante, da non prendere sottogamba.
« Come vuoi tu », il biondo, scrollando le spalle, le passò una pila ordinata di fogli. « Vuoi una mano per portarli in biblioteca? ».
Voleva dirgli che ce l’avrebbe fatta da sola, ma, in effetti, una mano non l’avrebbe di sicuro distrutta, anzi, tutt’altro, se dovevano essere completamente sinceri con se stessi. In questo modo, avrebbe dimezzato i tempi e Lily avrebbe recuperato il tempo che lei aveva perso facendo cadere tutto quanto.
« Mi faresti un grandissimo favore », Rose gli sorrise, sentendo le orecchie più calde che mai, e si maledisse mentalmente per essersi fatta un’acconciatura che le tenesse così bene in vista. « Grazie mille ».
Scorpius annuì, per confermare che aveva sentito, e, oltre ai fogli che aveva raccolto lui, allungò il braccio e ne prese un altro po’ dalle mani della ragazza, per alleggerirla ulteriormente. Quel gesto, agli occhi della Weasley, apparve come molto tenero e le fece nascere un senso di piacere all’altezza della bocca dello stomaco, a cui non seppe propriamente dare un nome.
« Ah, complimenti per l’Amortentia », disse, con un sorriso luminoso, mentre si stavano dirigendo entrambi verso la biblioteca. « Quel biglietto te lo sei proprio meritato ».
La reazione del Serpeverde, però, non fu quella che Rose aveva immaginato: si rabbuiò e storse il naso. Non sembrava proprio la faccia di uno che aveva vinto una finale di Quidditch, sembrava più quella di uno che aveva appena ricevuto uno schiaffo sul viso e la ragazza si trovò piuttosto spiazzata. Non sapeva cosa dire per rimediare alla figuraccia — anche se ancora non capiva dove fosse il lato negativo, in ciò che aveva detto — ed iniziò a pensare furiosamente, per rimediare alla situazione; le proprie orecchie, che, ormai, stavano andando in ebollizione, però, non la stavano aiutando per niente.
« Weasley rossa, credo di aver appena capito perché soffri così tanto il freddo », Scorpius mise da parte il proprio malumore, per rivolgerle uno sguardo canzonatorio, per poi allungare un dito in direzione delle sue orecchie color porpora. « Il sangue scorre solo qui, a quanto pare ».
Rose assottigliò lo sguardo, terribilmente in imbarazzo, ma decisa a non farglielo notare più di quanto non fosse già evidente, mentre il ragazzo si mise a ridacchiare.
« Davvero molto simpatico! », esclamò lei, trattenendosi dal mettere il broncio o dal fargli una linguaccia. Era assurdo quanto lui riuscisse a far riemergere come nessun altro la sua parte infantile. « Sprechi il tuo talento da comico qui, ad Hogwarts. Dovresti darti al palcoscenico ».
 
E, prima che il ragazzo potesse rispondere, entrarono in biblioteca, dove regnava un silenzio assoluto — custodito gelosamente dalla bibliotecaria, che non si risparmiava in nessun tipo di predica nei confronti dei disturbatori della tranquillità locale — segno che Lily era veramente troppo indaffarata a mangiare per poter dar sfogo alle sue robuste corde vocali.
« Da questa parte », sussurrò al Serpeverde, guidandolo nel tavolo dove, qualche minuto fa, stava studiando, e trovando, per l’appunto, la cugina intenta a divorare biscotti e Julia a disegnare schemi.
Posò i fogli sul tavolo ed indicò al suo accompagnatore di fare lo stesso. « Ecco qua, Lils, dovrebbero esserci tutti », disse, catturando l’attenzione della quindicenne, che, per tutta risposta, spalancò gli occhi, terrorizzata, alla vista di tutto quello che avrebbe dovuto studiare o, perlomeno, tentare di studiare in un unico giorno.
« Porca vacca! », esclamò, a voce troppo alta, beccandosi un’occhiataccia da parte di tutti quanti.
« Mi sa che, la prossima volta, non arriverai all’ultimo giorno », ridacchiò Rose, sentendosi, però, dispiaciuta per lei, nonostante sapesse benissimo che si era data la zappa sui piedi da sola.
« Lo credo anch’io », mugugnò Lily, per nulla felice di doversi leggere tutte quelle pagine. Guardò la cugina maggiore, notando solo in quel momento con chi era arrivata. Un sorrisetto malizioso le si dipinse sul viso, mentre cercava di comunicare solo con lo sguardo quello aveva immediatamente pensato e, cioè, che ci fosse stata un qualche tipo di tresca fra lei e Scorpius. « Ti vedo un po’ affaticata, Rosie ».
« Be’, non erano, di sicuro, leggerissimi da portare. Forse dovrei iniziare a prendere meno appunti », la riccia rispose, non accorgendosi di niente, non subito, perlomeno; infatti, quando notò l’espressione di Lily, sgranò gli occhi e fece una faccia scioccata. « Erano molto pesanti, okay? E Scorpius mi ha solo dato una mano ».
Aveva calcato apposta su quella parola — “molto” — per mettere fine a qualsiasi fraintendimento. Piano che, a giudicare da come l’altra aveva allargato il proprio sorriso imbarazzante, non stava procedendo proprio a gonfie vele. Scorpius tossicchiò, più per nascondere una risata che per vero e proprio disagio, ed interruppe il contatto visivo, ricco di significati, fra le due.
« Ti ringrazio ancora infinitamente, sei stato gentilissimo », la Weasley si girò verso il ragazzo, provando sollievo nel dare le spalle a Lily, ed incrociò le braccia al petto, sentendosi comunque molto impacciata per tutta quella storia.
« Lo so, lo so, sono un vero cavaliere », ironizzò il biondo, chinando le spalle e la schiena, in maniera tale da portare il suo viso quasi all’altezza di quello della ragazza. Le fece un sorriso sghembo e, dopo un paio di secondi di estrema vicinanza — dove, Rose lo sapeva benissimo, si stava divertendo a metterla ancora più in difficoltà — le tirò una guancia, con l’indice ed il pollice, proprio come faceva sempre, quando aveva intenzione di prenderla in giro.
Avrebbe tanto voluto strozzarlo con la sua stessa cravatta verde-argento.
« Cavaliere dei miei stivali », sibilò, assottigliando lo sguardo e spingendogli il petto con entrambe le mani, per allontanarlo.
Il biondo, ridacchiando, se ne andò via, non prima di aver salutato tutte con un cenno del capo, più, nel suo specifico caso, un bacio canzonatorio.
“Odioso ed infantile!”, pensò con forza.
« E questa si chiama tensione sessuale, oh sì », la voce squillante di Lily le fece ricordare che, se avesse proprio dovuto iniziare ad uccidere qualcuno, avrebbe dovuto iniziare proprio da lei.
« Tic-toc, tic-toc », disse, invece, imitando lo stilizzato suono dei secondi che passavano. « Il compito di Erbologia si avvicina ».
E la questione, per il momento, venne chiusa lì.
 
 
TO BE CONTINUED...

 
 
 
 
 
  1. Le materie di studio obbligatorie e quelle facoltative sono in tutto dodici. Di solito, nessuno riesce a portare a casa tutte le materie — rimanendo su una media di otto G.U.F.O. — proprio perché, oltre alle varie difficoltà, molte lezioni si sovrappongono fra di loro (basti pensare al terzo libro di Harry Potter, dove Hermione Granger usa la Giratempo); sappiamo, però, che Percy Weasley è riuscito a prenderli tutti. Ho deciso, perciò, di far capire quanto Rose, sotto questo aspetto, sia simile alla madre, se non addirittura migliore.
  2. Sherlock Holmes, celebre protagonista dei gialli di sir Arthur Conan Doyle, usa un metodo di ragionamento “deduttivo”, a discapito di quello che usa la maggior parte della popolazione, quello “induttivo”. Lysander usa, quindi,  una tecnica che tenta di allargare la propria conoscenza attraverso un processo di generalizzazione (ovviamente, l’errore non è escluso).
  3. La “Shepherd’s Pie” è un piatto tradizionale della cucina del Regno Unito: un pasticcio di carne d’agnello e verdure, coperto con del purè di patate.
  4. Lo so, nella versione originale, la fondatrice si chiama “Helga Hufflepuff”, ma, essendo io cresciuta con la vecchia traduzione (alias Tosca Tassorosso e Cosetta Corvonero), ho deciso di rimanerle fedele, anche perché — se devo essere sincera — scrivere “Helga Tassorosso” mi avrebbe procurato non pochi brividi di terrore.
 
 
Ed eccoci, dopo l’esplicazione delle note, alla fine del primo capitolo della mia storia, dove troviamo Rose Weasley, Albus Severus Potter, Scorpius Hyperion Malfoy e Lysander Scamander all’ultimo anno, visibilmente cresciuti — anche se, per certi versi, non troppo — ma gli stessi, caratterialmente parlando, di quando avevano undici anni.
Ho voluto inserire Lily Luna Potter, personaggio che adoro notevolmente, ed iniziare a dare una spennellata anche al suo, di carattere, anche se avevo intenzione di approfondirla in seguito, con un capitolo tutto dedicato al suo punto di vista.
A questo proposito, cosa ne pensate di vari capitoli con POV diversi? Non vorrei focalizzarmi soltanto su un paio di loro, anche perché perderei la possibilità di farvi conoscere, se non molto superficialmente, personaggi come James Sirius Potter, Fred Junior Weasley, Dominique Weasley, Victoire Weasley e Edward Ted Remus Lupin, dato che si trovano fuori dal contesto della scuola magica di Hogwarts.
 
Del resto posso dire che, nel prossimo capitolo, si scoprirà il motivo del cambiamento di umore di Scorpius, quando gli è stata nominata la pozione che è riuscito a preparare, vincendo il premio messo in palio dal professore.
Qualcuno, però, si è fatto un’idea?
Inoltre, come avete potuto vedere, quei due sono in una situazione sostanzialmente “strana”: non sono né amici né sconosciuti. Mi divertirò un sacco a far nascere il loro rapporto.
Un’altra cosa, prima di passare ai saluti: un’amica mi ha fatto notare che, dalle poche informazioni che la Rowling ha rilasciato riguardo la nuova generazione, Rose dovrebbe avere gli occhi azzurri di Ron Weasley. Io, non essendone a conoscenza, me la son sempre immaginata con gli stessi occhi della madre e, essendomi ormai affezionata a questa mia idea di lei, continuerò a descriverla così. Mi scuso per l’errore.
Detto questo, vi saluto e ringrazio tutti quanti — chi legge e chi trova anche il tempo per scrivermi le proprie opinioni — un bacio!
  
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