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Autore: Joy2000    16/12/2015    1 recensioni
A volte il destino è proprio strano...decide di far incontrare una ragazzina di strada con un rapper che viene dalla strada. E se nascesse qualcosa tra questi due? Magari un'amicizia che va oltre le apparenze e i pregiudizi? Non vi resta che dare uno sguardo: non ve ne pentirete!
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Stavo correndo almeno da un'ora sotto la pioggia battente e avevo i polmoni che mi bruciavano e un affanno da fare invidia solo ad un obeso che correva la maratona di New York. Stavo scappando da quei medici del centro di disintossicazione che continuavano a cercarmi e a cercarmi. Ma io non avevo nessuna intenzione di ritornare in quel centro! La pioggia continuava ad aumentare e a bagnarmi i capelli. L'asfalto tutto bagnato e scivoloso mi ostacolava e mi impediva di correre veloce. All'improvviso sentii le voci dei medici sempre più vicine, sempre più vicine, e allora aumentavo a correre, fino a sfiatarmi, a stancarmi del tutto. Ma le voci continuavano ad entrarmi nelle orecchie come piccoli insetti fastidiosi. Girai l'angolo, raggiungendo però un vicolo ceco, sbarrato da un cancello chiuso. Provai a prendere una rincorsa e a dargli una spallata, ma non si apriva. Così decisi di scavalcarlo. Feci un salto e mi aggrappai alla rete, cercando di salire. Ma il cancello si alzava sempre più e io non riuscivo a raggiungere la cima. Improvvisamente sentii una mano stringermi la caviglia e tirarmi giù a terra. Sentii la mia testa battere contro il suolo duro e bagnato. Un male! Stavo cercando di alzarmi, ma il dottore si avvicinò e si mise sopra di me, immobilizzandomi. A quel punto sentii all'improvviso, un colpo di vento, con la canzone The way I am di Eminem, che mi accarezzava il viso, la fronte, e che canticchiava piano. Ma io volevo cercare di scappare dal dottore sopra di me, che nel frattempo si era armato con una siringa con non so cosa dentro. E piano piano l'avvicinava al mio braccio, sempre di più sempre di più. E cercai di urlare, nella speranza che qualcuno mi sentisse. Aaaaaaaah!
Sobbalzai dal letto, ansimante e spaventata dall'incubo che si era appena concluso.
«Ehi...va tutto bene?» una voce dal tono rassicurante e molto familiare entrò nelle mie orecchie. Quella voce, quella cadenza, quel tono...li riconoscevo...era come se sapessi esattamente chi fosse la persona che aveva pronunciato quelle parole...girai immediatamente la testa verso la fonte della voce e riconobbi subito l'interlocutore: t-shirt nera a maniche corte firmata New York, pantaloni da tuta adidas, cappello con visiera dei Lakers e scarpe firmate nike. Era proprio lui!
«M-ma tu sei Eminem!!» gridai strabuzzando gli occhi. Non potevo crederci. La persona che mi aveva preso in braccio la sera precedente e che aveva evitato di farmi cadere nel vicolo era il mio idolo!
«Ehm, sì, preferirei che mi chiamassi Marshall. Come stai?» mi chiese in tono pacato, inginocchiandosi accanto al letto su cui ero seduta, come farebbe un papà con la figlia malata.
«B-bene...ho solo un po' di mal di testa...grazie di avermi aiutato, ieri sera...e scusami se ho sostato sulla tua auto...non era mia intenzione...» balbettai imbarazzata.
«Uhm...che cosa hai combinato ieri sera?» il suo tono si fece più sospettoso, più indagatorio, come se avesse voluto interrogarmi per scoprire una verità nascosta, e ciò mi diede non poco fastidio. Okay che era il mio idolo, ma ciò non implicava che dovesse sapere la storia della mia vita!
«Ieri...niente...avevo solo bevuto una birra di troppo...niente di che...comunque non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Ashley» dissi cambiando astutamente discorso
«Ashley, onestamente parlando io non credo alla tua storia. Perciò o mi dici che cosa hai combinato o sarò costretto a chiamare la polizia, visto che sei ancora minorenne!» mi minacciò severamente. Non gli volevo minimamente raccontare di essermi fatta un po' di coca, avrebbe potuto denunciarmi comunque e sinceramente, per quanto lo ammirassi come rapper, non lo conoscevo. Perciò cercai di pensare ad un piano, temporeggiando. Mi guardai intorno per vedere dove si trovasse la porta di uscita di quella stanzetta. Era alla mia sinistra, dietro Eminem. Quindi era impensabile
scappare... per adesso.
«Te lo già detto, ho solo alzato un po' il gomito. Ora se non ti dispiace devo andare in bagno, se saresti così gentile da indicarmelo te ne sarei grata!» gli feci ironica,
beccandomi un'occhiataccia dal rapper. Il bagno era di fronte al letto, e la mia speranza di uscire dalla stanza con la scusa della toilette andò a farsi benedire. Entrai nel bagno, e che bagno! Era grandissimo, con una vasca con l'idromassaggio, una doccia abbastanza grande da ospitare almeno tre persone, un lavandino con richiami al mondo marino e un water stilosissimo con la tavoletta in oro. Chiusi la porta a chiave e aprii la doccia per far credere a Marshall che mi stessi lavando, mentre invece stavo pensando ad un modo per scappare. Allora il piano era questo: avrei girato la chiave per far credere al rapper che avrei aperto la porta. In realtà mi sarei nascosta dietro e avrei lasciato la finestra del bagno aperta, in modo da fargli credere che fossi scappata da lì. E poi con grande sorpresa sarei uscita dalla porta principale, correndo e andando via. Un piano semplice e perfetto proveniente dalla mia piccola mente da grande stratega quale ero. Così attuai il piano: chiusi la doccia, girai la chiave e aprii la finestra, per poi mettermi dietro la porta. Attesi in silenzio. Dopo centocinquanta secondi sentii bussare alla porta «Ashley, posso entrare?» il piano stava procedendo correttamente. Rimasi in silenzio, senza rispondere. Dopo ancora venti secondi Eminem tornò a chiamarmi «Ashley, sto per entrare, se non sei presentabile copriti.» E dopo soli tre secondi il rapper aprì la porta. Io rimasi nascosta e in silenzio, mentre Marshall si guardava intorno cercandomi con lo sguardo. Poi vidi che piano piano avanzava, verso la finestra dove i suoi occhi si erano posati. Quello era il momento. Con uno scatto felino uscii dalla porta del bagno e poi mi fiondai sulla porta della stanza. Mi guardai velocemente intorno, e vidi alla mia sinistra delle scale e alla mia destra un'altra stanza. Presi le scale velocemente sentendo anche i passi di Eminem che mi seguiva e mi diceva «Aspetta! Non andartene!» Corsi più veloce che potevo e proprio quando la porta della libertà era a non più di un metro da me, Marshall mi si parò davanti.
«O mi dici che cavolo hai combinato ieri oppure chiamo la polizia e ti faccio sbattere dentro. Prova ancora a fregarmi e chiamo la polizia. Prova a dirmi cazzate e indovina cosa faccio?»
«Chiami la polizia?!» feci sarcastica
«Vedo che impari in fretta!»
 
Slim Shady mi fece sedere nel soggiorno di casa sua. Era molto intimo, accogliente, con una tv moderatamente grande appesa alla parete, di fronte alla quale c'era un tavolino circondato da tre divanetti molto comodi in pelle. Le pareti erano gremite di quadri con foto sue con vari grandi artisti, come Dr Dre, o Rihanna o Robbie Williams.
«Ti rifaccio la domanda: che cosa è successo ieri, in quel vicolo?»
«Te la faccio io una domanda Marsh: perchè vuoi così tanto saperlo?»
«Prima rispondi tu e poi io.»
«Come ti pare...se vuoi saperla tutta ieri, quando mi hai trovato in quelle condizioni sulla tua macchina, avevo appena assunto solo due grammi di coca, dopo essermi finita un'innocente canna.         » gli spiegai
«E perchè ti eri strafatta?» mi chiese
«Tocca a te rispondere alla domanda prima!» gli ricordai. Eminem mi guardò con uno sguardo furbo, come a volermi dire "Sei astuta ragazzina". Beh, da quel punto di vista non si sbagliava affatto!
«Non c'è un motivo per cui voglio saperlo, ma visto che mi sono preso la respondabilità
di portarti a casa mia ieri, mi dovevi delle spiegazioni. Adesso tu: perchè lo hai fatto?» mi chiese...che palle! Io non volevo raccontargli la mia storia. Era mia, perchè avrebbe dovuto saperla uno sconosciuto?
«Marshall, sono fatti miei. Non mi va di raccontarmi la mia storia.» gli dissi, questa volta con calma, sperando che capisse e che non insistesse.
«Capisco...va bene...»
«Beh, si è fatto tardi, io andrei...ho già dato disturbo oltre ogni limite» proferii alzandomi dal divanino, sperando che il rapper mi avesse lasciato andare senza storie.
«Non vuoi rimanere qui? E ora dove andrai?» mi chiese preoccupandosi per me, il che fu molto carino a dire la verità. Tuttavia non me la sentivo ancora di raccontargli i miei piani, non perchè non li avessi chiari in mente, bensì perchè non potevo ancora fidarmi del tutto di lui.
«Non so...in giro...senza meta. Non ho piani ben precisi, ma non preoccuparti: sono in grado di badare a me stessa.» lo tranquillizzai. Accennò un sorriso e si alzò dal divano, accompagnandomi alla porta di uscita.
«Allora ciao, Eminem!» lo salutai sorridendogli
«Allora ciao, Ashley!» ricambiò lui.
E così lasciai la casa del mio idolo. Era stata una cosa strana incontrarlo. Colui che con le sue canzoni mi aveva aiutato ad affrontare i momenti più difficili, dai quali pensavo di non risalire mai, mi aveva accolto in casa sua. Ed era proprio come me lo immaginavo. Dolce, premuroso, con un lato paterno apprensivo che ogni tanto veniva fuori e con una corazza che lo faceva sembrare duro e insensibile.
 
Era l'ora di pranzo e decisi di incamminarmi verso James. Era da almeno 10 ore che non toccavo droga, e ormai il mio cervello ne pretendeva almeno una minima dose. Così raggiunsi il mio amico afro nel posto della volta scorsa. Ma non lo trovai. Cominciai a preoccuparmi: era strano non trovarlo in quel vicolo, di solito passava gran parte delle sue giornate lì...
Quindi provai a chiamarlo, in fretta, visto che la mia voglia aumentava.
"Pronto?" rispose James, per fortuna. La voce sembrava agitata, ansiosa, ed ero sicura gli fosse successo qualcosa.
"James, che hai? Che ti è successo?" chiesi allarmata
"Ieri sera, quando sono venuti i miei clienti, erano infiltrati della polizia che mi hanno arrestato e mandato nel centro di disintossicazione. Sono nella merda!" James parlava veloce, e si vedeva che non assumeva coca da almeno 7-8 ore.
"Sta calmo, vedrai che andrà tutto bene! Ora vado, resisti!" Chiusi la chiamata. Questa non ci voleva, era l'unico spacciatore che conoscevo in zona e avevo bisogno di qualcosa da fumare, in quel preciso istante. Continuai, quindi, a camminare verso quei quartieri, sperando di trovare qualcuno che vendeva roba buona a basso prezzo. Ma era mattina e non c'era nessuno in vista. Stavo per perdere la calma e decisi, data l'ora di tranquillizzarmi con una birretta e con un panino in un bar isolato nel quartiere popolare di Ditroit. Il barista, se pure un po' scettico, mi diede la birra senza commenti, spinto dall'idea di guadagnare quel dollaro e quaranta in più. Finito di mangiare, andai nel bagno, per lavarmi le mani. Entrai in una stanzetta piccola, con una puzza tremenda, con del lavandini sporchi e con uno specchio grande, rotto e invecchiato che sembrava appartenere agli anni '60. Non ne rimasi stupita: che cosa potevo aspettarmi da un bar nella periferia di Detroit? Aprii il rubinetto per sciacquarmi le mani, ma sentii un odore strano, gradevole, che già avevo sentito prima. Era qualcosa di leggero, ma di particolarmente buono, proveniente da uno degli spazi che contenevano i water, precisamente da quello centrale. Così bussai, sentendo la voce di un ragazzo, sulla quarantina credo, che diceva chi è. Risposi «Ehm, questo è il bagno delle donne...» Attesi un cenno, una qualche risposta, o un commento alla mia affermazione. Ma l'uomo dall'altra parte della porta, fece molto di più: uscì direttamente, sbattendo la porta e lavandosi le mani con totale indifferenza, sotto il mio sguardo indagatorio.
«Bene, visto che non hai da dire niente parlo io. Profumi di spinello. Il che significa che sei uno spacciatore, o hai uno spacciatore. In entrambi i casi ho bisogno di roba, a quanto la vendi considerando che sono una ragazzina?» gli dissi tutto d'un fiato cercando di fargli capire che non poteva fregarmi, pur volendo.
«Uhm...sei sveglia ragazzina...ma non è così semplice...te la posso addirittura procurare gratis, ma voglio qualcosa in cambio»
«Per droga, accetto qualunque cosa...»
«Dovrai fare dei lavoretti...»
«Di che genere di lavoretti parli?» chiesi interessata
«Consegne...per amici...roba così...niente di che» fece lui descrivendo come cosucce da poco. Lì per lì non mi sembrava una cosa così pericolosa. Che sarebbero state due o tre consegne a settimana?
«Accetto. Comunque io sono Ashley»
«Jake, hai altro da chiedere?»
«Sì: ora hai della roba?» gli chiesi ansiosa
«Dipende. Cosa ti serve?»
«In questo momento avrei bisogno di una semplice canna. Puoi prepararmela?» chiesi, uscendo dalla tasca cinquanta dollari che sicuramente sarebbero bastati.
«Si può fare» affermò cominciando a mettere la marjuana dentro un pezzetto di carta. Attesi un paio di minuti e la mia canna fu finalmente pronta. Jake me la porse e con fretta mi disse che visto che ero dentro non avrei dovuto pagarla. Dopodichè mi informò che la sera stessa ci saremmo dovuti vedere davanti a quello stesso bar per la prima consegna. Quindi uscimmo entrambi dal bar, ovviamente in momenti diversi. All'aria aperta potei finalmente gustarmi la mia canna tanto attesa. Era davvero gradevole, forse era persino migliore di quella di James!
  
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