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Autore: ToscaSam    17/12/2015    1 recensioni
importantissimo!
Come il precedente Nate Babbane e l'Estera Rimpatriata, questa storia seguirà la trama di uno dei libri della saga di Harry Potter, solo da un punto di vista diverso. Stavolta sarà Harry Potter e i Doni della Morte a fare da sfondo alla vicenda che mi accingo a narrare.
Si tratta del QUARTO E ULTIMO capitolo di quella che vuole essere una gigantesca fanfiction, regalo per le mie più care amiche.[...]. In secondo luogo, sarà un percorso attraverso i libri di Harry Potter, solo da un’altra prospettiva, un po’ meno in luce. Il punto di vista sarà quello di studentesse “normali”, che non hanno a che fare niente con le vicende eclatanti che gravitano attorno al trio protagonista della serie.
Vorrei specificare che cercherò di essere più fedele possibile ai romanzi, nel senso che leggerò accuratamente e riporterò in chiave personalizzata tutti i momenti “generali” presenti nei libri. Voglio dire che quando si nominerà “la Sala Grande gremita di studenti”, probabilmente i miei personaggi saranno lì presenti, o che quando si parlerà di “partite di Quidditch” le mie protagoniste si uniranno al resto della scuola per fare il tifo. [...].
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nate Babbane (OLD VERSION)'
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La battaglia di Hogwarts
 
L’interno del pub si materializzò davanti ai loro occhi, che con fatica riprendevano l’abitudine alla normale pressione dell’aria.
Un uomo vecchio, grigio, con dei penetranti occhi azzurri, li guardò malissimo.
« Puah! Ancora gente! Questo locale non è una stazione ferroviaria!».
Una capra sbucò da sotto il bancone e zampettò fino all’altro lato della stanza, dove già c’erano alcune persone.
« DARIO!»
Irene si slanciò verso il compagno di Casa, che non vedeva da una vita e che non si aspettava di ritrovare in quel momento.
« Irene!! Tegamina!»
Dario rispose all’entusiasmo accogliendo Irene in un abbraccio saldo, che durò diversi secondi.
Tegamina saltò come impazzita sulla spalla di Dario e iniziò a rotolarsi intorno al suo collo, strusciandosi come un gattino.
« Tegamina! Piccola mia!» esclamò Dario, afferrando l’animaletto e coccolandola fra le mani.
Oliver Baston guardò la scena, contrariato. Lui era in compagnia di tre ragazze: Angelina Johnson, Alicia Spinnett e Katie Bell, le tre ex compagne di Quidditch che era andato ad avvisare.
Nel frattempo, anche Samantha e Alice si erano avvicinate al gruppo di amici: Alice si scambiò un lungo e sentito abbraccio con François, mentre Samantha veniva sommersa dalle moine di Dara.
Il proprietario del locale, il signor Aberforth, li fissò con disgusto.
« Che diavolo siete venuti a fare, qui, se frignate già prima di combatter? Perché è questo che volete, no? Andare a farvi ammazzare, là dentro. Ho sentito che ci sarà una battaglia»
« È esattamente la nostra intenzione, si» gli rispose fermamente Samantha, senza battere ciglio. Aveva gli occhi lucidi, ma decisi.
« Non avrei saputo dirlo meglio» le fece eco Angelina Johnson, dal fianco di Oliver.
Aberforth li passò in rassegna, un’altra volta: Dara e François si stringevano la mano, Alice rimaneva abbracciata a François e a Irene, che – insieme a Tegamina –  era ancora incollata a Dario; accanto a lui, il colossale Anton, vicino a Joe, di fianco a Samantha e Dara, a braccetto; infine Oliver e le tre ragazze, con gli occhi vivi e risoluti.
Tutti avevano uno sguardo determinato, anche se già commosso.
Sapevano perché erano lì e l’aver provato già quella scarica di emozioni, conferiva ad ognuno di loro un’indescrivibile mania di mettersi in gioco.
Aberforth scosse la testa, disapprovando appieno quella che per lui era ridicola temerarietà.
Lanciò uno sguardo al grande quadro alle sue spalle, raffigurante una bambina, che rispose all’occhiata e si allontanò, nello sfondo: ne conseguì uno scatto e il quadro si staccò dalla parete, rivelando un passaggio dietro di sé.
Con un’ultima occhiataccia, l’anziano signore del pub indicò ai ragazzi che quella era la via per entrare a Hogwarts. Esprimeva così anche il suo ultimo avvertimento, schierandosi con evidenza contro l’audacia suicida di combattere quella battaglia.
Attraversarono il passaggio scavato nella roccia, che sembrò durare loro un’eternità.
Quando finalmente arrivarono dall’altra parte, si ritrovarono in un ambiente gremito di persone, che parlottavano fitte fitte ed erano in agitazione.
A fatica fecero caso al loro ingresso.
« Dove siamo?»
Chiese Anton.
Al momento, nemmeno i ragazzi che avevano familiarità con Hogwarts seppero rispondere: si trovavano in una stanza che non avevano mai visto.
Era molto grande e assomigliava all'interno di una casa sull'albero particolarmente lussuosa, o forse a una gigantesca cabina di nave. C’erano amache multicolore appese al soffitto e a una balconata che correva tutto intorno alle pareti rivestite di legno scuro e senza finestre, adorne di vivaci arazzi. C’era il leone d'oro di Grifondoro in campo scarlatto; il tasso nero di Tassorosso su fondo giallo, e il corvo di bronzo di Corvonero sul blu. Mancavano solo il verde e l'argento di Serpeverde. C'erano librerie traboccanti, alcuni manici di scopa appoggiati alle pareti, e nell'angolo una grossa radio nel suo mobiletto di legno.
« Siete nella Stanza delle Necessità».
 
A dirlo era stata una voce proveniente dal consistente gruppo di persone, che ancora si agitavano e parlavano fra sé.
Era Terry Steeval.
Guardava fisso davanti a sé, in direzione dei nuovi arrivati, con un’espressione indecifrabile, che conteneva dolcezza, tristezza, paura e commozione. Guardava Alice.
Nemmeno lei, per quella manciata di secondi che impiegò a capire la situazione, riuscì a fare altro dal fissarlo, immobile.
Aspettò che il suo cervello le desse l’ok per far compiere ai suoi muscoli lo sforzo di scattare, gridare, piangere e correre allo stesso tempo.
« TERRY! Oh! Terry!»
Gli si catapultò addosso con una forza che si sarebbe detta impensabile per la sua esile figura.
Terry incassò il colpo e l’abbracciò così stretta, che sembrava volesse farla scoppiare.
Qualche silenziosa lacrima gli bagnò le guance livide, cadendo sui capelli di Alice.
Lei alzò lo sguardo e notò che il suo volto era completamente ammaccato e recava segni di fresche contusioni.
« Terry! Che ti è successo? Cos’hai fatto? Cosa ti hanno fatto?» Alice gli accarezzò la guancia come se fosse fragile, di cristallo.
Terry alleggerì la sua espressione con il solito sorriso sghembo di cui solo lui era capace.
« Oh, non è niente … me le hanno un po’ suonate, ma tutto qui»
« Si è messo a urlare a tutti che Harry Potter avrebbe sconfitto Tu-Sai-Chi … non ha mica tutte le rotelle al posto!»
Disse Anthony Goldstein, sbucando dall’affollamento di gente.
Alice gli rivolse un caloroso sorriso, senza però allontanarsi dall’abbraccio saldo di Terry, che non sembrava intenzionato a smettere di cingerle la vita.
« Hai davvero fatto questo?»
Chiese poi, lei.
« Beh … non posso negarlo»
« E ti hanno picchiato? I professori ti hanno picchiato?»
« Già. In mezzo alla Sala Grande. Ho dato un po’ di spettacolo, in effetti …»
« Oh Terry … e io non c’ero! Mi dispiace! Non c’ero e non ti ho difeso»
Mentre gli parlava, continuava ad accarezzare i lividi sulle sue guance, il labbro gonfio e gli occhi pesti.
« Eh! Ma sono io il cavaliere, mia pulzella. Tutti gli eroi devono venire un po’ strapazzati dal cattivo. Che uomo sarei? E poi … ci sei ora, Alice. E non potrei aver ricevuto un premio migliore».
E poi si baciarono.
Dara, da poco distante, urlò un “evviva!” e iniziò a tirare avanti e indietro François per la maglietta, indicandogli Alice e Terry.
Anthony sorrise, silenzioso, lasciando che l’unica arma al mondo in grado di sconfiggere Voldemort facesse il suo corso.
« Insomma, cosa sta succedendo, qui? Cos’è tutto questo fermento?»
Chiese Joe, con un sospiro, guardandosi attorno.
« Di che stanno tutti a parlare?».
Anthony rispose: « È arrivato Harry Potter, poco tempo fa. Ci ha detto che doveva sbrigare una missione per conto di Silente … una cosa che ci aiuterà a vincere. È andato con Luna Lovegood a cercarla, nella torre di Corvonero. Sono arrivate un sacco di altre persone. Pare ci sarà davvero una grande battaglia, stanotte»
« È per questo che siamo venuti» rispose Joe, brusco.
 
« E tu che ci fai qui?!»
Una voce alterata alle loro spalle li fece voltare.
Samantha sentì una mano afferrarle la spalla. Si ritrovò faccia a faccia con Lee. Sul suo volto si leggeva un rimprovero chiaro e tondo.
« Te l’ho detto. Non me ne sarei mai rimasta fuori da questa battaglia» gli rispose lei, duramente.
« Io sono d’accordo! Ci sarà da divertirsi!» le disse George con una strizzatina d’occhio.
« Sei una stupida! Potresti morire! Dovevi rimanere al sicuro! Ti avevo detto di rimanere con Roger e Robin!»
« E io sono maggiorenne e voglio venire qui a rischiare la vita, mentre voi fate altrettanto!»
Lee rimase in un silenzio molto risentito, mentre Fred gli mimò con le labbra la parola: “spento!”.
Non molto tempo più tardi, l’anta di quello che si sarebbe detto un armadio si aprì e ne uscì proprio Harry Potter.
Pareva spaesato dal gran numero di combattenti che gli si moltiplicava sotto gli occhi.
« Che si fa, Harry?» gridò George in sua direzione. «Cosa succede?».
« Stanno facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l'appuntamento è in Sala Grande per organizzarsi» rispose Potter: « Si combatte».
Con un boato, un'ondata di persone si lanciò verso la porta.
Harry Potter si ritrovò ad essere oltrepassato di corsa da tutti quelli che riempivano la Stanza delle Necessità, con le bacchette sfoderate, pronti a riversarsi nel castello.
 
« Cosa facciamo?!» gridò Dara, temendo di perdere di vista la sua compagnia.
« Io devo trovare Moris! A ogni costo!» ruggì Irene, determinata a non ascoltare altri che la voce della sua coscienza.
« Io viene con te. Io cerca Laura!» le disse Anton.
La folla in dispersione fece sì che Irene e Anton venissero inghiottiti e sparissero dagli occhi degli altri.
« Irene! Aspettami!» Urlò Dario, senza essere udito.
« Non ci dividiamo! Accidenti!» gridò Samantha in direzione delle scale, sperando invano di fermare Irene.
« È impossibile, Sam!» le rispose Alice, che veniva trascinata da un’altra parte, per mano a Terry Steeval e insieme ad altri Corvonero.
« E allora io vado a cercare Sara!» convenne la Grifondoro, correndo a perdifiato verso una rampa di scale che sapeva l’avrebbe condotta alla sua Sala Comune.
 
**
 
Sotto il soffitto incantato della Sala Grande, buio e disseminato di stelle, gli studenti scarmigliati, alcuni in mantello da viaggio, altri in vestaglia, erano allineati lungo i quattro tavoli delle Case.
Qua e là rilucevano le figure perlacee dei fantasmi della scuola. Gli occhi di tutti, vivi e non, erano fissi sulla professoressa McGranitt, che parlava dalla pedana in fondo alla Sala.
Dietro di lei erano schierati gli insegnanti rimasti, tra cui Fiorenzo, il Centauro palomino, e i membri dell'Ordine della Fenice che erano arrivati per combattere.
«... l'evacuazione verrà coordinata dal signor Gazza e da Madama Chips. Prefetti, al mio segnale, condurrete i ragazzi della vostra Casa, in ordine, verso il punto di evacuazione».
Molti studenti sembravano pietrificati.
Sara, tra questi, era  terrorizzata e allarmata. Non si era staccata un attimo da Dennis e Colin Canon.
Uno studente di Tassorosso urlò: «E se vogliamo restare a combattere?»
Fu salutato da alcuni applausi sparsi.
«Se siete maggiorenni, potete restare» rispose la professoressa McGranitt.
«E le nostre cose?» gridò invece una ragazza di Corvonero. «I bauli, i gufi?»
«Non c'è tempo per raccogliere gli effetti personali» ribatté la professoressa McGranitt. «L'importante è farvi uscire di qui sani e salvi».
«Dov'è il professor Piton?» urlò una Serpeverde.
Era una di quelle ragazzine del primo anno, che aveva detto a Bianca che avrebbe preferito morire anziché essere come lei.
«Per ricorrere a un comune modo di dire, se l'è data a gambe» replicò la professoressa McGranitt, e un boato di gioia si levò dai Grifondoro, dai Tassorosso e dai Corvonero.
Sara aveva esultato, ma in un secondo momento, si preoccupò della sorte dei Serpeverde: le altre tre Case parevano intenzionate ad accanirsi contro di loro con ferocia. Cercò gli sguardi di Bianca, Laura e Valentina, senza successo.
« Colin, guarda!» Dennis tirò la manica del fratello, indicandogli quello che sembrava Harry Potter, che costeggiava le pareti.
A Colin Canon si illuminarono gli occhi.
« È davvero qui! È venuto a combattere per noi! E noi saremo al suo fianco!».
Era così commosso che Sara poté udire distintamente il nodo che gli stringeva la gola.
Sorrise debolmente fra sé, intenerita, sapendo quanto Colin fosse devoto a Harry Potter.
 
«Abbiamo già imposto protezioni attorno al castello» continuò la professoressa McGranitt, «ma è improbabile che reggano a lungo, se non le rafforziamo. Devo dunque chiedervi di muovervi in fretta e con ordine, e di fare quello che i Prefetti...» Ma la conclusione fu coperta da un'altra voce che rimbombò nella Sala.
Era acuta, fredda e chiara: impossibile capire da dove venisse, sembrava uscire dalle mura stesse, come se vi fosse rimasta assopita per secoli:
«So che vi state preparando a combattere».
Ci furono urla tra gli studenti; alcuni si aggrapparono ai compagni, guardandosi intorno terrorizzati in cerca della fonte del suono.
Sara, Dennis e Colin si strinsero le mani.
«I vostri sforzi sono futili. Non potete fermarmi. Io non voglio uccidervi. Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwarts. Non voglio versare sangue di mago». Nella Sala calò il silenzio, il genere di silenzio che preme contro i timpani, che sembra troppo grande per essere contenuto dai muri.
«Consegnatemi Harry Potter» proseguì la voce di Voldemort « e a nessuno verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati. Avete tempo fino a mezzanotte».
 
Il silenzio li inghiottì di nuovo.
Le teste si voltarono, ogni occhio nella Sala sembrava aver trovato Harry Potter, che era sempre accostato contro il muro, e tenerlo immobilizzato nel riverbero di migliaia di raggi invisibili.
Poi una figura si alzò dal tavolo di Serpeverde.
Bianca, Laura e Valentina, anche loro per mano, terrorizzate, riconobbero Pansy Parkinson.
Quella levò un braccio tremante e urlò: «Ma è laggiù! Potter è laggiù! Qualcuno lo prenda!»
Prima di quanto anche Pansy Parkinson stessa potesse immaginarsi, ci fu un movimento collettivo. I Grifondoro, per primi, si alzarono sguainando le bacchette contro il gruppo dei Serpeverde.
Poi anche i Tassorosso , e quasi nello stesso istante i Corvonero: davano tutti le spalle a Harry Potter e guardavano Pansy.
Sara ebbe un forte senso di panico per le sue amiche e iniziò a respirare molto velocemente.
 
«Grazie, signorina Parkinson»
Disse la professoressa McGranitt con voce gelida: «Uscirai per prima dalla Sala con il signor Gazza. Il resto della tua Casa è pregato di seguirti»
Mentre i Serpeverde si alzavano dalla tavola e si dirigevano verso l’Ingresso, Sara provò ad urlare i nomi delle amiche.
Dal gruppo in movimento, Laura, Valentina e Bianca alzavano la testa, anche loro in cerca di Sara, disperate e prossime alle lacrime.
Quando fu la volta del plotone di Grifondoro, Sara si lasciò condurre su per la scalinata di marmo dalla corrente di compagni. Il suo sguardo, però, andava in ogni angolo, in una allarmata ricerca dei Serpeverde.
I Prefetti li stavano conducendo tutti verso il settimo piano.
Sara ebbe un velocissimo colpo di genio, quando sulla sua sinistra vide un arazzo: sapeva che dietro di esso c’era una scorciatoia per raggiungere la Torre di Grifondoro.
Approfittando della confusione, prese Colin per mano e gli lanciò un’occhiata eloquente per dirgli di fare altrettanto con Dennis.
Scivolarono silenziosamente fuori dal gruppo che si dirigeva alla Stanza delle Necessità e si nascosero dietro l’arazzo.
« Non mi faranno uscire di qui senza aver combattuto!»
Disse in un grido soffocato ai due ragazzi.
« Oh! Ottimo! Ci puoi giurare!» confermò Colin, correndo su per la buia scalinata insieme a lei.
« Noi di Grifondoro non scappiamo!» concluse Dennis, con la sua solita ingenua bontà che fece sorridere e allo stesso tempo caricare di orgoglio Sara.
 
« Buon cielo! Che sta succedendo, ragazzi miei?» ululò la Signora Grassa, vedendoli arrivare.
« Rivoluzione!» le gridò Sara, di fretta.
« Puoi ben dirlo!» le rispose il quadro, aprendosi alla parola d’ordine.
« Presto! Dentro!»
Gridò Colin, spingendo gli altri due dentro il buco del ritratto, poiché aveva sentito altri passi correre in quella direzione.
I tre corsero a perdifiato la scala per il dormitorio maschile e si catapultarono dentro un armadio, tappandosi le bocche per non far sentire i loro respiri affannati.
Ben presto, i passi che avevano sentito alle loro spalle, furono dentro la Sala Comune.
Passò qualche istante di silenzio, poi …
« Sara!»
Era la voce di Valentina.
Sara non ci pensò due volte e scattò fuori dall’armadio.
« Valentina! Bimbe! Siete voi? Oh! Siete voi!»
Le tre Serpeverde erano lì: nel mezzo della Sala Comune di Grifondoro, con il fiatone e le gambe tremanti.
Sara si gettò al collo di Laura e l’abbracciò.
Bianca iniziò a parlare, ansimando:
« Non voglio uscire da questo castello con quelli di Serpeverde»
Il suo sguardo si stava facendo umido e il naso le si arrossava:
« Io non sono una feccia come loro, come la Parkinson, come Piton! A me questa situazione fa schifo e non mi sognerei mai nella vita di stare dalla parte di Voldemort!».
« Lo so, Bianca! Certo che non sei come loro! Non lo penserei mai!» Sara abbracciò anche lei.
« Menomale che ci hai sempre detto la parola d’ordine per entrare!» continuò Bianca, prima che il nodo alla gola le impedisse di proferire altre parole.
« Vogliamo combattere. Vogliamo fare la nostra parte!» ringhiò Valentina: « Ti prego, facci nascondere qui! Se Voldemort sta venendo a scuola, ci ucciderà per essere le uniche Serpeverde a non stare dalla sua parte! Ti prego … hai delle uniformi di Grifondoro in più?».
Ma, sentendo altri passi in avvicinamento dal corridoio, Sara fece segno di seguirla, nel dormitorio dove erano nascosti Dennis e Colin.
Bussò all’armadio e i suoi amici aprirono l’anta.
« Colin. Sono le mie amiche. Vogliono delle uniformi di Grifondoro. Voldemort le ucciderà se sono le uniche Serpeverde a non sottomettersi a lui»
Colin e Dennis alzarono i loro occhi entusiasti sulle nuove arrivate.
« Fico» rispose, irradiandole con un larghissimo sorriso.
« Prendete i nostri!» esclamò Dennis, già sfilandosi la tunica dell’uniforme: « noi possiamo rimanere con gli abiti Babbani! Lo sanno tutti che siamo Grifondoro!»
E così Valentina, Bianca e Laura gettarono le tuniche con lo stemma di Serpeverde e indossarono quelle di Grifondoro.
Alcune voci, al piano di sotto, annunciarono loro che la Torre era stata occupata come base per la battaglia. Evidentemente era un luogo strategico per lanciare incantesimi dall’alto.
Sentirono distintamente urlare cose come “prendete la mira!” “ sono tantissimi!” “ al mio segnale …”.
 
Sara si sentiva nuda, senza la tunica a coprire gli abiti Babbani. Nel castello non era abituata a vedersi così.
« Cosa facciamo?» chiese Valentina, sguainando la bacchetta.
« Aspettiamo che inizi la confusione vera … e poi usciamo dalla torre. Non saremo di grande aiuto se rimaniamo quassù» concluse Laura.
« E allora aspettiamo …»
Il castello sembrava vibrare di attesa.
La mezzanotte si avvicinava …
 
**
 
Fu chiaro a tutti che il riscatto non era stato pagato e che la battaglia era iniziata, quando da ogni muro del castello cominciarono a risuonare gli echi rimbombanti dei primi incantesimi.
Sara, Colin, Dennis e le Serpeverde si catapultarono fuori dalla torre, quando un lampo di luce verde fece esplodere la finestra del dormitorio.
La Sala Comune era affollata di persone, tutte affacciate alle grandi finestre.
« FUOCO! FUOCO!» gridava la professoressa McGranitt capitanando un gran numero di combattenti, alle sue spalle.
Schizzi di luce verde accecante balenarono fuori da ogni bacchetta.
Nessuno fece caso ai ragazzi che, con le ali ai piedi, si buttarono fuori dal buco del ritratto e si immersero nel pandemonio che regnava già in ogni corridoio.
 
Un uomo vestito di nero con una maschera grottesca spuntò davanti alle Serpeverde.
« AVADA KEDAVRA
« CONFRINGO!» rispose Bianca, velocissima.
Esattamente come era successo nella bettola di Pllovka, l’anno precedente, ogni muro circostante saltò con un’esplosione assordante.
Bianca gridò, vedendo scomparire i tre Grifondoro nelle macerie davanti ai suoi occhi.
« Sara! Sara!!»
Il gran fumo provocato dal crollo, rendeva impossibile vedere se ci fossero passaggi fra i detriti.
« Bianca! Stiamo bene!» Rispose con ardore la piccola rossa, dall’altra parte delle macerie.
« Il Mangiamorte dov’è?!» strillò Valentina, stringendo la bacchetta in mano, quasi volesse farsi sanguinare le dita.
« Non lo so! Non c’è più!» rispose la voce di Sara.
« Sara, dobbiamo prendere un’altra strada!» gridò Laura, impotente di fronte al passaggio bloccato.
« Mi pare evidente, Laura» scherzò cupamente l’amica, dall’altra parte.
« Ci rivediamo. Più tardi. Non fare scherzi eh» disse Laura, piano, verso il cumulo di mattoni. La sua voce si era abbassata di un’ottava.
« A dopo» fu l’ultimo soffio sonoro che provenne da Sara, in quella circostanza.
E così si divisero: le Serpeverde trovarono un altro arazzo cavo e scesero le scale, che le condussero in un corridoio altrettanto disastrato.
 
Sara, Colin e Dennis proseguirono nella discesa della scala di pietra, finché non spuntarono in un ampio corridoio.
C’erano lampi di luce, grida e macerie da ogni parte.
Uomini con i mantelli neri si scontravano con ragazzi in pigiama o in uniformi bruciacchiate.
C’erano delle persone a terra …
« SARA! GIÙ!»
Fidandosi ciecamente dell’avvertimento piovutole dal cielo, Sara si buttò a terra, schiantandosi contro il pavimento.
Dean Thomas le si schierò davanti e con un Sortilegio Scudo deviò un’atroce Maledizione che un Mangiamorte aveva lanciato alle sue spalle, diretta a lei.
« Dean …!»
Sara non poteva credere ai suoi occhi: Dean Thomas.
Alto, bello e imperioso.
Indossava abiti Babbani, malridotti. Eppure era lui, a Hogwarts.
Le aveva appena salvato la vita.
« Devo ricambiare!» gli disse, quando lui si voltò per continuare la sua battaglia altrove.
« Resta viva e mi avrai ripagato!» le disse con determinazione e una punta di tenerezza.
In quel medesimo istante, un Mangiamorte gli comparve alle spalle.
Sara sfoderò la bacchetta con agilità e ferocia:
« CRUCIO
Dean si voltò stupefatto, vedendo il Mangiamorte contorcersi a terra. Poi tornò a fissare Sara, quasi spaventato.
« Ci. Avete. Insegnato. A. Usare. Le. Arti. Oscure! Ora. Ne. Pagate. Le. Conseguenze!»
La ragazza scandì ogni parola con sommo rancore, stringendo la bacchetta con forza.
Dopo, rivolse a Dean un mezzo sorriso, liberando il nemico dalla maledizione.
La circostanza non permetteva di perdersi in ringraziamenti o conversazioni di ammirazione, così, i due, si tuffarono insieme nel vortice dei combattimenti.
Sara si staccò da Colin e Dennis … aveva perduto Dean Thomas per tutti quei mesi, non avrebbe permesso che qualcuno gli facesse del male proprio adesso.
 
Irene si era intanto diretta verso la Sala Grande, per poter poi scendere nei sotterranei.
Cercava la sua migliore amica, Moris, e non si sarebbe fatta intralciare da nessuno.
Non poteva sapere che Valentina era invece dalle parti della torre di Grifondoro.
Anton correva al fianco della Tassorosso ed era riuscito ad atterrare tutti quelli che gli si erano frapposti. Anche Dario li aveva raggiunti, ma rimaneva ancora a qualche passo di distanza.
« Dove sono i Serpeverde?! Dove sono?! Tegamina stai attenta a non cadere! Stammi addosso!»
Gridò Irene, con le gambe tremanti, in preda al panico e alla fatica della corsa.
La Puffola sobbalzava a tempo dei passi veloci della sua padrona.
« Attenta!! BOMBARDA!»  Anton fece saltare una colonna, davanti la quale un Mangiamorte minacciava di colpirli.
« Irene, stai tu attenta! Non aiuterai i tuoi amici, se muori per loro! PROTEGO
« Irene! Non si può accedere ai sotterranei! GUARDA!» strillò Dario, indicando il corridoio che dall’Ingresso avrebbe condotto ai piani più bassi.
« ANTON!! Dario ha detto bene! Sono dappertutto! ANTON COSA FACCIAMO?!»
Erano ora nella Sala d’Ingresso e centinaia di Mangiamorte si stavano riversando all’interno del castello.
Erano un numero incalcolabile: dieci, venti, cento, trecento mantelli neri gli sfilavano davanti.
Irene, Dario e Anton dovevano spostarsi da lì,  non sarebbero mai sopravvissuti …
Un consistente numero di quegli incappucciati  iniziò a scagliare sortilegi in direzione dei ragazzi.
Anton gridò loro qualcosa come “difendetevi!” … ma poi tutto si fece distante … come dentro una campana di vetro … o almeno per Irene.
Erano in troppi e lei non conosceva incantesimi per uccidere … e non sapeva nemmeno se sarebbe stata  in grado di uccidere per davvero
Strinse forte la bacchetta e cominciò a urlare Schiantesimi a destra e a manca, terrorizzata a tal punto che non riusciva più a distinguere la paura di morire dal il desiderio di sopravvivere.
La fedele Tegamina, sulla sua spalla, tremava come una foglia.
Poi un guizzo luminoso destinato a colpire Irene, prese la Puffola  in pieno, trascinandola a forte velocità contro la parete più vicina.
Con un rumore sordo, il muro esplose, e con lui Tegamina.
 
**
 
Samantha si era ritrovata da sola e cercava in ogni modo di raggiungere la torre di Grifondoro.
Gridava il nome della sua compagna di Casa, ma risultava solo inghiottito dal resto dei rumori assordanti della battaglia.
Non era ancora riuscita a trovare Sara e aveva perso di vista anche Lee e i gemelli.
Alice era sparita assieme ai Corvonero e l’aveva vista dirigersi verso la torre della loro Casa.
Si ricordava a malapena gli incantesimi di Disarmo e gli Schiantesimi. Non sapeva bene nemmeno lei quello che le usciva di bocca e dalla bacchetta.
Rimase bloccata al quinto piano, in un lungo corridoio, dove uno sciame di Dissennatori a piede libero collaborava con i Mangiamorte che abbattevano i combattenti.
Non riuscì ad evocare il suo Patronus e un freddo innaturale l’attanagliò.
Rimase abbastanza lucida da vedere qualcuno evocare una scintillante gazzella d’argento, cui si aggiunse, volando, un’aquila …
Con sguardo vitreo, Samantha si voltò in tempo per riconoscere Terry Steeval correre giù per la rampa di scale. Alice era sempre con lui.
Questo le dette la carica ideale per riprendere le forze e lanciare una scarica di fatture sul Mangiamorte più vicino.
Sapeva si star subendo graffi, ferite e contraccolpi, ma non si sarebbe arresa, né fermata. Da un certo punto di vista, la vicinanza del Dissennatore l’aveva resa distaccata e insensibile al dolore fisico.
Doveva ritrovare Sara, si diceva. E Lee. E Fred e George. E tutte le sue amiche.
Con la bacchetta sguainata, in mezzo a sordi schianti, così forti da essere quasi inudibili, Samantha sorrise.
 
**
 
Joe si trovava, da solo, in un pianerottolo vicino alla torre di Grifondoro.
Era perfettamente in grado di combattere al livello del Mangiamorte che gli stava davanti. Entrambi usavano una tattica offensiva e nessuno dei due si curava di non distruggere quel che c’era intorno.
Un secondo Mangiamorte spuntato da chissà dove, lanciò un incantesimo che esplose ai piedi di Joe, facendolo cadere per terra.
Riempiendo l’aria di imprecazioni, Joe prese la bacchetta con rabbia e la indirizzò verso quello vestito di nero che l’aveva buttato a terra.
Era troppo accecato dalla sua vendetta per rendersi conto di fornire un facile bersaglio per chi gli arrivava alle spalle.
Bianca, Valentina e Laura finirono di scendere la scala dell’arazzo nascosto e si ritrovarono nel bel mezzo di quella battaglia.
Valentina, con l’uniforme di Grifondoro bruciacchiata., aveva visto di sfuggita Alice e Terry Steeval … Doveva raggiungerla!
Doveva assicurarsi che fosse davvero lei e che non  le accadesse nulla. Doveva sapere se era successo qualcosa ai suoi nonni e perché Alice sola si trovasse lì.
E voleva sapere dov’era Irene! Non avrebbe permesso che venisse fatto del male a Boris finché lei stessa era in vita.
Bianca e Laura, invece, non avevano di certo notato Alice e continuarono la loro corsa verso le scale successive. Volevano raggiungere la Sala Grande.
Valentina correva dietro di loro così in fretta che il fiatone le mozzava il respiro e la tonaca si aggrovigliava in mezzo alle gambe.
Fu altrettanto in fretta che i suoi occhi localizzarono e identificarono la figura distesa a terra, sul primo pianerottolo dove approdò.
Avvalendosi di un qualche misterioso superpotere, riuscì ad analizzare freddamente la situazione: vide come in moviola Joe, che tentava di lanciare un incantesimo su un Mangiamorte che scappava lontano, poi un altro incappucciato decidere di sfruttare la ghiotta occasione e scagliare una maledizione alle sue spalle.
Con uno slancio deciso, ignorando Bianca e Laura che si allontanavano, Valentina si frappose fra Joe e la maledizione e con un colpo di bacchetta respinse il fascio luminoso.
Il contraccolpo dello scontro magico, la fece indietreggiare di qualche passo.
Il Mangiamorte si era già dileguato altrove.
Valentina, ansimando per la corsa e per il folle avvenimento, si voltò a guardare Joe a terra.
« Non lo fare mai più»
Gli disse.
E Joe non poté trovare alcuna parola per ribattere, perché davanti ai suoi occhi era apparsa una ragazza cambiata, cresciuta. Un’adulta.
Il volto severo non nascondeva nessuna smanceria, come aveva più volte ribadito nonna Climene. Non c’erano occhi a cuore, ma solo due duri pezzi di ghiaccio, ardenti come il fuoco.
Aveva inteso lettera per lettera ogni singola parola.
“non lo fare mai più” voleva dire che Joe non si doveva azzardare davvero mai più a farlo di nuovo. Non gli era permesso mettersi in pericolo come uno scemo. E Valentina glielo aveva proibito con un ordine che non si sentiva in grado di infrangere.
 
 
**
 
Un corridoio più in là, con maestria inaudita, François agitava la bacchetta lanciando potenti incantesimi, il cui esito erano schianti, esplosioni o grida di dolore. L’espressione dura, su quel faccino angelico, spesso all’insegna del sorriso, ora lo rendeva capace e temibile.
Lanciava maledizioni e fatture, senza battere ciglio.
Poi un lampo accecante, da destra, lo colpì in pieno petto e con un tonfo cadde all’indietro.
Dara se ne accorse e con un ruggito si liberò di qualunque ostacolo fosse fra lei e François, correndo agile e furiosa.
Si trovò innanzi quello dalla cui bacchetta era uscito il fatidico incantesimo: lo afferrò per la veste e gli assestò un fragoroso pugno sul viso, tanto da farlo cadere a terra privo di sensi.
Gli spezzò la bacchetta urlando cose incomprensibili, poi corse da François, a terra, immobile, immerso in una pozza di sangue.
Dove l’incantesimo aveva colpito, sul torace, c’era uno squarcio che luccicava di rosso intenso.
Dara si sentì improvvisamente mancare le forze e le sue mani tremarono, quando si caricò il corpo a peso morto appoggiato ad una spalla.
A stento riuscì a trascinare sé stessa e François fuori dal campo di battaglia, in una nicchia di marmo, mezza ricoperta da macerie.
 
« Franz, non puoi essere morto.»
Gli disse dolcemente, accasciandosi su di lui dalla fatica e dalla debolezza.
Si sentiva svenire.
I rumori della battaglia provenivano, crudi, dalle stanze accanto, dai piani di sopra e anche da quelli inferiori.
« Franz, se sei morto non te lo perdonerò mai. Mi fai incazzare»
Disse, trovando forza nelle corde vocali, mentre il fisico cedeva sotto il peso dello svenimento imminente.
Se li avessero visti, li avrebbero scambiati per due cadaveri.
Dara sentiva il sangue caldo inzupparle i vestiti e impregnarle il braccio con cui cingeva François.
« Se sei morto» continuò, sentendo qualcosa di follemente caldo bruciarle lungo le guance in lunghi rivoli: «sei proprio uno stronzo. Se sei morto, François, io ti lascio, hai capito? Non mi puoi fare questo. Non puoi».
Un rantolio leggero, simile a un soffio, si liberò da poco sopra il suo orecchio.
« Comme se fosse colpa mia, Darà».
Era vivo.
E non sarebbe morto che a una veneranda età, circondato dall’amore delle persone a lui care.
Dara sentì la ragione tornarle nel cervello e l’istinto di svenire se ne andò, piano.
Le ronzavano le orecchie.
Guardò il viso di François: sebbene contratto dal dolore, sorrideva e la guardava.
« Ti amo, François. E vaffanculo, lurido. Se sopravvivremo a questo macello, promettimi che fra qualche anno mi sposerai».
« Mais certament, ma belle».
 
**
 
All’improvviso, una voce fredda, penetrante, identica a quella che avevano sentito prima dell’inizio della battaglia, sospirò di nuovo nelle teste di tutti.
Era Voldemort, che si rivolgeva ai combattenti e porgeva il suo secondo appello:
«Avete combattuto valorosamente» diceva la voce acuta e fredda.
Sembrava che scorresse sulle pareti di marmo, sui detriti, sulla polvere …
«Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma avete subìto pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una perdita e uno spreco.
«Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente. Avete un'ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti.
«Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un'ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò e punirò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un'ora».
 
Samantha scese le scale, con le orecchie ovattate dal ricordo del rombo di urla ed esplosioni.
La voce di Voldemort aveva zittito ogni altro rumore e il silenzio che ne conseguiva era quasi doloroso.
Sentiva i piedi estremamente pesanti per il suo corpo e le orecchie in preda al fuoco.
Riuscì a trascinare i passi fino alla Sala Grande: le sue amiche erano lì, doveva ritrovarle.
Valentina, Laura, Bianca, Sara … le sue amiche.
Lo scenario che le si presentò la fece piombare ancora di più nello stato di semicoscienza in cui si trovava.
Persone.
Morte.
Persone piene di sangue che si facevano medicare da altre persone.
E ancora persone morte.
Qualcuno trasportava cadaveri e li sistemava in pose più confortevoli, più umane.
La vista di Samantha si appannò e il suo cervello iniziò macchinalmente a passare in rassegna quei corpi vuoti, pesanti, senza più vita.
Doveva trovare le sue amiche, ma non così. Non lì..
Iniziò la sua rassegna dei corpi privi di vita, sdraiati in file ordinate accanto a lei.
Cupamente rallegrandosi di non dover prendere parte alle grida di dolore degli amici che si accerchiavano alle singole salme, Samantha percorse la Sala Grande.
Valentina, si diceva. In piedi, fiera, con qualche ferita e gli occhi stanchi.
Si, si, l’avrebbe trovata senz’altro così.
Camminava fra i cadaveri fortunatamente sconosciuti.
Accanto a lei Bianca e Laura, sporche di polvere e sudore, qualche graffio, le bacchette sfoderate.
Poi Sara, la sua piccola Sara di Grifondoro. Minuscola, con gli occhi duri e la capacità nella sua bacchetta.
Sara che era più piccola di un gattino ma più forte di un leone. Lei era la Casa di Grifondoro. Lei era il coraggio.
Vive senz’altro. Tutte vive.
Un altro corpo, accanto a Samantha.
Le si dilatarono le narici e qualcosa, dove molto tempo prima le risiedeva il cervello, parve strizzarsi e sbattere contro le pareti del cranio.
Stava per scivolare giù.
C’era il suo compagno di classe: Colin Canon.
Cereo, con la bocca storta in una posa innaturale.
Alzati Colin, cosa fai lì, deficiente? Ti ho mai detto che sei un vero rompiscatole? Dai, che fai, stupido? Alzati.
Colin non si alzava.
I passi silenziosi rimbombavano nella stanza, che sembrava essersi trasformata in una gigantesca bolla.
La Sala Grande aveva quadruplicato la sua lunghezza, quel giorno.
Fra un gruppo di persone, c’era Alice.
Stringeva la mano di Terry Steeval, mentre l’altra l’aveva serrata davanti la bocca. Le lacrime le bagnavano gli occhi, il naso, il mento e scorrevano filamentose lungo tutto il viso. Era scossa da conati di dolore, ma non riusciva a emettere suoni.
Terry, ugualmente, aveva il volto trasfigurato dalle lacrime. Era sporco di polvere, sangue e sudore.
Loro due, assieme ad altri ragazzi, facevano capannello attorno ad Anthony Goldstein, steso per terra, con la testa aperta e le braccia spezzate.
L’avevano sistemato in una posa più umana, più aggraziata. Ma i gomiti formavano angoli innaturali e lo spacco nel cranio lasciava intravedere quello che nessuno avrebbe dovuto vedere mai.
Come tutti i morti, veniva salutato per l’ultima volta da quelli che non avrebbero mai voluto dirgli addio in una vita intera.
Samantha, intanto, continuava la sua inquietante ricerca … che infine ebbe un esito: dalla strana nebbia che le offuscava i sensi, parve scorgere e udire un gruppetto consistente di persone, radunate attorno a un’ennesima figura, lungo distesa.
Forse fu qualcosa nella sagoma, qualcosa nei piedi e nelle gambe piegate in modo strano, o nella mano, ferma.
Una forza misteriosa le disse esattamente quel che c’era, là. Lo seppe da sé, un istante prima di vederlo.
Fred Weasley era andato a spassarsela da un’altra parte.
Non avrebbe mai mantenuto la sua vecchissima promessa.
Era andato a mettere un po’ di subbuglio in un altro luogo.
Per sempre ignoto ai fortunati che restavano vivi.
Ma valeva la pena,vivere?
 
Volgendosi per tornare indietro, sentì una voce familiare, nel gruppo di quelli che vegliavano su Colin Canon.
« Non ce la faccio» diceva piano la vocina soffocata di Dennis Canon.
C’era Sara, con lui.
Gli teneva un braccio intorno al collo e lo guardava con occhi terribilmente, disperatamente pietosi.
« Ce la farai, Dennis»
Gli rispondeva lei.
« Devi farti coraggio. Devi vivere.»
« No. Non ce la faccio. Non ce la farò mai»
Ululò il povero ragazzino, scoppiando in un pianto dirotto, abbracciando Sara.« Puoi piangere, Dennis. Piangi tutte le tue lacrime. Sfogati. Io sono qui»
« Sara, non ce la faccio!» gridava lui, rotto dai singhiozzi.
« Ci sarò sempre, per te. Sono tua sorella. Non ti lascerò mai solo».
Poi, Sara e Samantha si videro, incrociandosi con lo sguardo dopo tutti quei mesi.
I loro occhi si scambiarono messaggi eloquenti, e in un attimo seppero da sé tutto quello che si dovevano raccontare.
 
Laura era accoccolata su Anton, che la proteggeva e la cullava con le sue enormi braccia. Come una montagna che custodisse un uccellino.
Erano ntrambi sporchi di polvere e sangue. Anton mostrava una brutta ferita sulla spalla e Laura aveva l’uniforme completamente strappata.
Non parlavano, ma piangevano in silenzio, insieme, e si abbracciavano in quella posa statica, senza mai aprire gli occhi.
Valentina parlava sommessamente con Irene: le teneva una mano sulla spalla.
Irene aveva il volto deformato dalle lacrime e teneva in mano un minuscolo frammento ricoperto di pelo bianco.
Dario si faceva curare da Joe: aveva subìto una ferita al braccio destro. Joe si era fatto dare un unguento da Madama Chips, che nel frattempo passava in rassegna tutti i bisognosi di aiuto.
Dara sorreggeva François. Erano seduti a quello che un tempo era stato il tavolo di Corvonero. Lui era senza maglia ed era stato fasciato e medicato.
Madama Chips gli aveva severamente proibito di ritornare a combattere e gli aveva suggerito di nascondersi in qualche posto lontano dall’azione.
Lui si era rifiutato di stare in un luogo che fosse diverso a quello dove si trovava Dara.
Dean Thomas si era aggregato agli amici di Colin Canon, ma Sara non gli piangeva addosso: si lasciava abbracciare, mentre lei continuava a stringere Dennis.
Ginny Weasley era invece accanto alla ragazzina bionda, l’unica piccola matricola di Grifondoro, sfuggita ai Prefetti per unirsi alla battaglia, che ora piangeva e chiedeva della madre.
«Va tutto bene» le diceva Ginny. «È tutto a posto. Ora ti portiamo dentro».
«Ma io voglio andare a casa» sussurrò la ragazza. «Non voglio più combattere!»
«Lo so» rispose Ginny, e la sua voce si spezzò. «Andrà tutto bene».
Bianca, invece, era andata a dare una mano con il trasporto dei caduti, insieme a Oliver Baston. Stava ora piegando con delicatezza le braccia ai cadaveri delle due piccole ragazze di Serpeverde, che qualche mese prima l’avevano svegliata, di notte, dicendole che volevano stare dalla parte del giusto.
 
**
 
Il buio della notte si diradava pian piano.
La luce cominciava a gettare i suoi raggi attraverso le finestre della Sala Grande. ma non c’era sollievo. Non c’era gioia.
 
« NO!»
Fu l’urlo straziato della professoressa McGranitt a far alzare di nuovo tutte le teste dei combattenti devastati.
Scattarono in piedi e si diressero fuori, oltre la Sala d’Ingresso, dove un’orda di Mangiamorte si stava schierando in fila.
Alle loro spalle, si stagliavano gli immensi e grotteschi Giganti.
L’aria chiara del mattino evidenziava quanto fossero nei i loro mantelli; quei sorrisi orribili stonavano con il chiarore di maggio.
I ragazzi immaginarono che l’urlo fosse dovuto al numero smisurato di nemici, ma poi …
Sara teneva ancora a braccetto Dennis. Ma quando quest’ultimo vide quello che Hagrid il guardiacaccia portava in braccio, non ebbe la forza di trattenerlo.
Il ragazzino cadde in ginocchio, senza più lacrime o voce da sprecare, per Harry Potter.
Era morto, Harry Potter.
Non c’era più il Prescelto, il Ragazzo che è Sopravvissuto, l’eroe della casa di Grifondoro …
Le sue braccia ciondoloni venivano scosse dal vento mattutino.
Si iniziarono a sentire le prime voci, dalla folla dei ragazzi: Neville, Ginny, Ron Weasley, Hermione Granger …. E poi tutti presero fiato e iniziarono a fare la propria parte.
« MALEDETTI ASSASSINI!» Strillò Sara, incapace di trattenere le lacrime di rabbia: Colin era morto, lungo disteso sul pavimnto della Sala Grande. Dennis non aveva più forze. E Harry Potter era stato ammazzato.
« BASTARDI! Bestie!» sbraitava Samantha, assieme a Lee Jordan e a tutti i fratelli Weasley, con i volti rigati da lacrime polverose.
Laura, Valentina e Bianca, con le uniformi di Grifondoro, se ne stavano schierate dietro la professoressa McGranitt e vociavano, arrabbiate, disperate, cariche di rancore, pronte a sguainare le bacchette e mandare in malora tutto quello che di negativo poteva dirsi sulla Casa dei Serpeverde.
Dara tremava, piena di collera e strillava tutto l’odio che aveva in corpo, non lasciando nemmeno per un istante il fianco di François.
Irene e Dario, abbracciati, si unirono al coro di bacchette alzate e di grida.
Alice fece altrettanto, attorniata dai Corvonero, e da Terry, ancora in preda ai singhiozzi.
« INFAMI! CANI! Vi ammazziamo! Vi ammazziamo!!»
 
«SILENZIO!» gridò Voldemort.
Era lui: davanti a tutti gli altri Mangiamorte. Cereo, con il volto serpentino e due terrificanti e luminosi occhi rossi.
Al suo fianco, come la grottesca imitazione di un cagnolino, stava un enorme serpente.
Non c’erano dubbi che quell’uomo – se così si poteva definire – fosse Voldemort. Gli si leggeva in faccia. Era la creatura meno umana che loro tutti avessero mai visto.
Con la bacchetta lanciò un colpo, un lampo di luce chiara, e un Incantesimo Silenziatore calò a forza sul piazale.
 «È finita! Posalo ai miei piedi, Hagrid, dov'è giusto che stia!».
Harry Potter fu adagiato nell'erba.
«Visto?» disse Voldemort.
Iniziò a camminare avanti e indietro, circoscrivendo il cadavere del ragazzo.
«Harry Potter è morto! Lo capite adesso, illusi? Non è mai stato altro che un ragazzo che contava sul sacrificio degli altri!».
La sua voce era sottile, tagliente, come una lama fredda.
Cosa fosse, in realtà, era difficile da definire: se davvero quell’essere fosse stato umano, molto tempo prima, non era possibile intravederlo.
Era ripugnante e spaventoso e le gambe di tutti tremavano, contro le loro volontà, ad ogni passo che Voldemort compiva.
Poi accadde qualcosa:
«Ti ha sconfitto!» urlò Ron Weasley, da solo, contro il silenzio che spaccava i timpani.
L'incantesimo si ruppe: i difensori di Hogwarts ritrovarono il coraggio.
Urlarono e urlarono di nuovo fino a quando una seconda esplosione più potente li zittì un'altra volta.
«È stato ucciso mentre cercava di scappare di nascosto dal parco del castello» proseguì Voldemort: , «ucciso mentre tentava di mettersi in salvo...» .
Poi però s’interrupe: Neville Paciock si era lanciato contro di lui ma l’aveva fermato con un colpo secco.
«E chi è costui?» domandò Voldemort, con il suo morbido sibilo di serpente. Gli aveva rubato la bacchetta e gongolava, lisciandola in mano.
«Chi si è offerto volontario per dimostrare che cosa accade a coloro che continuano a combattere quando la battaglia è perduta?»
«È Neville Paciock, mio Signore!» disse una Mangiamorte dall’aria feroce: « Il ragazzo che ha dato tanti grattacapi ai Carrow! Il figlio degli Auror, ricordate?»
«Ah, sì, ricordo» mormorò Voldemort, guardando Neville che cercava di rialzarsi, disarmato e allo scoperto, nella terra di nessuno tra i sopravvissuti e i Mangiamorte. «Ma tu sei un Purosangue, vero, mio coraggioso ragazzo?» gli chiese, e Neville si alzò in piedi davanti a lui, le mani vuote chiuse a pugno.
«E allora?» rispose ad alta voce.  
Sara respirava forte, stringendo una mano sulla spalla di Dennis. Non poteva venire ucciso anche l’ultimo simbolo della loro forza di volontà.
Neville non poteva cadere, non doveva!
Come in un flash le vennero alla mente tutti i discorsi coraggiosi che lui e Ginny Weasley avevano fatto nelle riunioni segrete, nel dormitorio.
«Mostri spirito e ardimento, e discendi da una nobile stirpe. Sarai un Mangiamorte molto prezioso. Abbiamo bisogno di gente come te, Neville Paciock».
«Mi unirò a te quando l'inferno gelerà» ribatté Neville, poi si voltò verso i suoi compagni e gridò:
«Esercito di Silente!!»
Dalla folla si levò in risposta un boato che gli incantesimi tacitanti di Voldemort non riuscirono a domare.
Sara rispose all’urlo dei suoi compagni e alzò la bacchetta, come un guerriero vichingo che impugna la spada con fierezza di fronte alla morte.
Anche Dennis si rimise in piedi, tremante.
«Molto bene» proseguì Voldemort, con un tono tanto lieve quanto omicida.
«Se questa è la tua scelta, Paciock, torneremo al piano originale. L'hai voluto tu».
Voldemort agitò in aria la bacchetta e, con un incantesimo di Appello, richiamò da una finestra del castello quello che pareva un fagotto lacero.
Era il Cappello Parlante.
«Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts» annunciò Voldemort. «Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock?»
Puntò la Bacchetta contro Neville, che s'irrigidì, poi gli ficcò in testa il Cappello, che gli cadde sugli occhi. La folla davanti al castello fu percorsa da un fremito e come un sol uomo i Mangiamorte levarono le bacchette, per tenere a bada i combattenti di Hogwarts.
«Il nostro Neville ora dimostrerà che cosa accade a chiunque sia così sciocco da continuare a opporsi a me» annunciò Voldemort, e con un guizzo della Bacchetta incendiò il Cappello Parlante.
L'alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato.
Poi, però, accaddero molte cose contemporaneamente:
Dal parco si udì un rumore di zoccoli e alti gridi di guerra.
Dalla foresta, l’intero branco dei Centauri si avvicinava al galoppo e allo stesso tempo un’orda di abitanti e negozianti del villaggio di Hogsmeade, arrivava a dare il suo sostegno con le bacchette sguainate.
Il rumore e la confusione fecero aizzare i mostruosi Giganti al servizo di Voldemort.
Le frecce dei Centauri raggiunsero con colpi secchi la fila dei Mangiamorte e alcuni caddero, trafitti.
Fu il pandemonio. Tutti sciolsero le righe e si dispersero, per evitare di venire schiacciati dai piedi dei Giganti o di intercettare i dardi dei Centauri.
Bianca, presa per mano da Laura e Valentina, riuscì a vedere Neville Paciock che si liberava dal rogo del cappello e con una spada lucente, identica a quella che era stata custodita nello studo del Preside, tagliò di netto la testa al serpente che accompagnava Voldemort.
Regnava il caos. I centauri scatenati stavano disperdendo i Mangiamorte, tutti cercavano di scappare dalla traiettoria dei piedi mostruosi o dagli archi. Tanto i difensori di Hogwarts quanto i Mangiamorte di Voldemort furono costretti a rientrare nel castello.
Fu come essere ritornati alle ore precedenti: la battaglia riprese vigore ed esplose con più ferocia che mai.
Alice scagliò una Maledizione Senza Perdono su un Mangiamorte che si era catapultato nella Sala Grande e minacciava di travolgere il cadavere di Anthony Goldstein. Quello cadde a terra, inerme.
La ragazza prese  poi un’accanita lotta contro altri due, che le si facevano innanzi, aiutata da Terry.
« Prima di toccare anche solo con un dito questi cadaveri, dovrete superare me! CRUCIO! Marcite nell’inferno! Bastardi!» Urlò lei, folle, contro il suo avversario.
Samantha aveva raggiunto Sara e insieme si impegnarono ad abbattere tutti i nemici che profanavano il luogo di riposo dei caduti. Sara era selvatica e furiosa, Samantha esasperata e fuori di sé. I guizzi di luce rossa, verde e di ogni altro colore, sfrecciavano sopra i loro capelli danzanti. Macchie di sangue e polvere imbrattavano le pareti del castello.
Dara faceva da scudo a François, urlando le peggiori imprecazioni a chiunque tentasse di far loro del male. Erano aiutati da Joe e Anton, che conoscevano le Arti Oscure ed erano in grado di rispondere alla pari dei Mangiamorte.
« Nessuno di voi toccherà di nuovo François! Dovessi crepare io! Non vi azzarderete nemmeno a pensare di fargli del male, figli di cagne! Vi ammazzo con le mie mani! Coi miei denti!! » I ricci scomposti di Dara fluttuavano fra gli incantesimi volanti. Sembrava una fiera inselvatichita, una pantera che attacca i domatori.
Alle loro spalle i muri si sgretolavano sotto il peso dei colpi delle maledizioni.
Bianca, Laura e Valentina, invece si erano alleate a Irene e Dario. Le loro uniformi erano ormai lacerate, ma non importava più a nessuno fingersi Grifondoro.
Poi, però, ci fu un boato di urla che all’unisono esclamarono:
« HARRY!»
« È VIVO!».
 
**
 
Harry Potter se ne stava in piedi.
Vivo.
In mezzo alla Sala Grande.
La sua espressione non tradiva nemmeno un barlume di paura: era lì, consapevole e pronto a porre fine ad ogni cosa.
Nessuno aveva tempo per chiedersi come fosse possiblie: lui era lì e questo era l’importante.
La battaglia si dissipò in un attimo.
Come per magia, tutti sentirono che era inutile combattere … e si radunarono intorno al fulcro della guerra: le due fazioni erano rappresentate solo da Harry e Voldemort, che si guardavano in cagnesco nel centro del grande cerchio di spettatori.
 
C’era troppa gente perché tutti riuscissero a sentire cosa si stessero dicendo, ma i toni aspri raggiungevano persino le orecchie più lontane.
Regnava una quiete innaturale e i boati dei giganti che cozzavano fra loro, all’esterno, faceva sembrare che stesse infuriando un temporale. Eppure era una mattina calda di maggio.
Poi tutti lo percepirono.
I discorsi erano finiti.
Fu un solo istante.
Un bagliore d'oro rosso divampò all'improvviso nel soffitto incantato sopra i due combattenti: uno spicchio di sole accecante apparve sul davanzale della finestra più vicina. La luce colpì i due volti nello stesso momento e quello di Voldemort divenne una macchia infuocata.
Le due voci risuonarono forte e chiaro, rimbombando nei muri antichi della Sala Grande:
«Avada Kedavra
«Expelliarmus
Lo scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che eruppero tra Harry Potter e Voldemort, al centro esatto del cerchio che avevano disegnato, segnarono il punto in cui gli incantesimi si scontrarono.
Il lampo verde di Voldemort urtò contro l’incantesimo rosso di Harry.
Poi la bacchetta di Voldemort volò in alto, scura contro l'alba.
Roteò come aveva fatto la testa  del serpente.
 
Voldemort cadde all'indietro, le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti si girarono verso l'alto.
Quell’essere umano che aveva avuto nome Tom Riddle, crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo e ignaro.
Voldemort era morto.
Ucciso dal rimbalzo della sua stessa maledizione.
Un vibrante secondo di silenzio, lo stupore sospeso, poi il tumulto esplose attorno a Harry Potter.
Le urla, l'esultanza e i ruggiti dei presenti lacerarono l'aria. L'ardente sole nuovo incendiò le finestre mentre tutti avanzavano verso il loro eroe.
Erano in centinaia a premere contro di lui, tutti decisi a toccare il Ragazzo Che È Sopravvissuto.
Sara abbracciò forte Dennis e insieme raggiunsero Harry, per stringergli la mano, anche se finirono per abbracciarlo e venire poi sostituiti da altre infinite braccia.
Poi trovò Samantha, che fece altrettanto.
E Irene, e Valentina, Alice, Terry, Laura, Dara, Anton, Joe, François, Dario, Bianca …
Il sole sorgeva su Hogwarts e la Sala Grande ardeva di vita e di luce.
Non si capiva bene (né era indispensabile farlo) che cosa fossero i sentimenti provati da tutti: manifestazioni di giubilo e lutto, dolore ed esultanza mescolati.
 
Spostarono il corpo di Voldemort in un'aula accanto alla Sala Grande, lontano dai corpi di Anthony, Colin, Fred, e degli altri che erano morti lottando contro di lui.
La McGranitt risistemò i tavoli delle Case al loro posto, ma nessuno era più seduto nell'ordine giusto: erano tutti mescolati, insegnanti e allievi, fantasmi e genitori, Centauri ed Elfi Domestici.
Anche i gufi, fuggiti dalla guferia ormai distrutta, planarono nella Sala Grande per far festa con i loro proprietari.
Tra loro, c’era Hoo-Hoo. In tutto quel tempo aveva deciso di starsene a Hogwarts, perché sapeva che era l’unico modo di poter ritrovare la sua vera padrona prima o poi.
Tubò con rimprovero ed emozione, senza perdere mai il suo portamento militaresco.
Le sue piume grige riflettevano l’aria luminosa.
  
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