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Autore: TheSims1991    19/12/2015    3 recensioni
«Cosa sei venuto a fare qui?» Chiese.
«È così che si salutano i vecchi amici?»

Una persona dal passato di Killian arriva a Storybrooke. Le sue intenzioni sono nascoste, imprevedibili. Nascosta è anche la storia di quel ragazzo, ferma nella mente del Capitano, mai rivelata ad anima viva, mai rivelata ad Emma. Un'ombra nella mente del giovane pirata torna a farsi spazio dal passato, ora che, finalmente, aveva trovato ciò che aveva rincorso per una vita intera. La paura di riscoprire dissapori vecchi ormai di secoli, il timore di perdere chi gli è vicino...
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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I personaggi citati in questa fanfiction non sono di mia proprietà ma appartengono ai rispettivi proprietari.
Questa storia è scritta e pubblicata senza scopo di lucro.

Walk the Plank

«Come sta?» La voce di Killian era preoccupata. Il suo volto era scuro e ansioso. Non poteva perdere Emma. Non voleva perderla. Aveva trascorso dei secoli a cercare solo vendetta ed era arrivato a conoscere l’amore quando non aveva più speranze. Gli occhi di Killian si rivolsero a Regina. La donna aveva il palmi delle mani aperti a pochi centimetri dal corpo esanime Emma. Il viso era concentrato a capire cosa stesse succedendo e come mai la sua amica non pareva uscire da quella sorta di sonno incantato. Avevano già provato tutti i rimedi “classici”, compreso il bacio del vero amore, ma nulla l’aveva riportata indietro. Killian strinse i pugni e chiuse con forza gli occhi quasi a trattenere tutta la rabbia che aveva dentro. Se Regina non riusciva a capirci qualcosa, di sicuro ce l’avrebbe fatta l’essere più potente di tutti. Aprì gli occhi e scese le scale fin nella cucina di David e Mary Margaret. Lì, seduto al tavolo, di spalle, c’era Mr. Gold. Killian si avvicinò con rabbia e gli pose una mano sulla spalla.

Il corpo di Gold si spostò lentamente verso destra, fino a cadere dalla sedia. I suoi occhi erano sbarrati e completamente bianchi. Dopo pochi istanti si chinò su di lui e pose l’uncino sotto le narici di Gold: non respirava. Killian si rialzò e lo fissò per alcuni istanti. L’uomo che avrebbe voluto vedere morto da oltre tre secoli era a terra davanti a lui. Nel momento in cui aveva più bisogno dell’Oscuro, proprio quando gli avrebbe concesso qualsiasi cosa avrebbe domandato in cambio, quello se n’era andato. Sul pavimento, il pugnale. L’anima nera di Gold era ancora legata a quell’oggetto mostruoso? Forse avrebbe potuto invocare l’Oscuro in ogni angolo dell’universo, con la nuova forza contenuta in quell’oggetto. Lo afferrò e lo rigirò tra le mani. Nessun nome. Quello che aveva in mano non era più il pugnale dell’Oscuro, non era più di un comune coltello da burro. In preda alla rabbia e alla disperazione, Killian scagliò via la lama urlando ma non sentì nessun tonfo. Quando si girò, alla sua destra, contro la parete, c’era Damien, due dita alzate all’altezza del naso, il pugnale fermo a mezz’aria e uno strano ghigno disegnato sul viso. Killian non esitò neanche un attimo e riafferrò il pugnale, spingendolo con forza contro quello che una volta considerava il suo migliore amico, ma si trovò con la lama infilzata al muro. Lo sentì ridere dietro di sé, si voltò e gli andò contro una seconda volta. Damien lo schivò e continuò a ridere.

«Restituiscimela.» Disse Killian, con un tono grave e fermo. Il pugno stretto tanto da imbianchire le nocche, la testa bassa. Si voltò lentamente, cercando gli occhi di Damien. L’altro sostenne lo sguardo del capitano senza battere ciglio.

«Mi dispiace, Killian. Io non posso farci niente. E neanche Regina potrà, non importa quanto ci provi.» Rispose, la voce sommessa, quasi empatica. Ci fu un attimo di silenzio in quella stanza.

«Dopotutto, ti avevo avvisato» Il ghigno era tornato sul viso di Damien. Lo sguardo era compiaciuto e divertito nel vedere Killian in quella situazione.

«Sapevi come sarebbe andata a finire se non ti fossi fermato, se non l’avessi tenuta lontana da quello che stava accadendo. Ora l’hai persa. E con lui, l’hai persa per sempre.» Killian scattò in avanti, urlando tutta la rabbia e il dolore che si sentiva dentro: un urlo disumano, qualcosa che anche alle sue stesse orecchie suonò estraneo e lontano. Era il suono dell’angoscia che proveniva dal più profondo dell’anima, la consapevolezza che ciò che stava dicendo Damien era la semplice verità. Il suo grido si propagò ovunque, a squarciare la notte: non avrebbe mai, mai più potuto rivedere Emma.

Con un rapidissimo scatto Killian si mise a sedere. I capelli grondavano di sudore. Le gocce scendevano lungo il collo e il petto, che respirava affannosamente, con movimenti rapidi e irregolari. Gli occhi sgranati si guardarono intorno, riconoscendo a stento l’ambiente della stiva. Prese un paio di respiri più lunghi e distese i muscoli, lasciandosi cadere di nuovo nel suo letto. La luce della luna attraversava le grate della finestra lì sopra, illuminando la fronte ancora umida. Era stato un incubo. Un orribile, devastante incubo. Si rimise a sedere sul bordo del letto, con la testa nelle mani, i gomiti sulle ginocchia. Il respiro non si era ancora del tutto calmato. Aveva provato quel dolore, aveva sentito ogni cosa di quel che aveva sognato. Era stato tutto così vivido, fino ad un istante prima e lo sembrava ancora adesso.

«Non era un sogno, Killian.» Il pirata sobbalzò a sentire quella voce. Si alzò di scatto afferrando la spada accanto al suo letto e si voltò. La lama era a pochi centimetri dal volto di Damien. L’istinto gli diceva di colpirlo, proprio come aveva tentato di fare poco prima nella sua mente, ma prima doveva capire di cosa stesse parlando. Rimasero in silenzio a guardarsi per qualche istante. Damien alzò le sopracciglia e guardò la punta della spada. Killian non si fece intimidire, lo spinse contro il legno della parete e avvicinò il filo della lama alla gola.

«Che cos’era, allora?» Domandò a voce bassissima, scandendo le parole una ad una. Damien non si scomodò. Sapeva che avrebbe potuto evitare con un battito di ciglia qualsiasi attacco del pirata.

«Era un avvertimento. Pensavi che non avrei saputo che hai confessato il mio piccolo sporco segreto a tutta l’allegra brigata?» Damien lo stava provocando. Da quando era arrivato a Storybrooke era sempre stato un passo avanti a tutti, Killian lo sapeva bene e la cosa lo preoccupava.

«Non sono qui per te, non sono qui per nessuno di voi... o quasi... Se voi lasciate in pace me, io lascio in pace voi. È abbastanza chiaro per te, Jones?» Il tono era estremamente fermo, calmo, fin troppo forse. Damien spostò con due dita – le stesse che aveva usato nel sogno di Killian per fermare il pugnale – la lama della spada e fece qualche passo verso il centro della cabina.

«Perché?» Disse Killian. La voce forte risuonò come una frustata nell’aria. Damien si fermò.

«Perché cosa?» Chiese Damien.

«Perché sei qui? Perché Emma?» La voce di Killian si incrinò quando le scene che aveva visto poco prima riaffiorarono nella sua mente come dei prepotenti flash.

«La magia. Non Emma. La magia è il punto.»

 

«Sembra che tu abbia trovato la famiglia che non hai mai avuto con me…» Tremotino scese le poche scalette del ponte della Jolly Roger. Milah afferrò il sacchetto dalle mani del prigioniero e prese il piccolo fagiolo magico al suo interno. Lo mostrò all’Oscuro e prima che questo potesse afferrarlo lo lanciò al capitano.

«Avete chiesto di vederlo. Ora l’avete visto.» Disse lui, stringendo il piccolo oggetto magico nella mano. Damien osservava la scena dall’altra parte della nave.

«Abbiamo un accordo?» Domandò Milah, con fare deciso, verso quello che un tempo era suo marito. «Possiamo andare ognuno per la propria strada?» La sua voce era secca e infastidita dalla presenza di colui che era diventato la causa di ogni vergogna nella sua vita.

«Intendi se posso perdonarti?» Domandò l’Oscuro. «Se posso andare avanti?» L’uomo iniziò a camminare lungo il ponte. «Forse… Forse… Vedo che sei davvero innamorata.» Milah fece un cenno con la testa.

«Grazie» Disse. Era sollevata, le sue spalle si rilassarono mentre una mano scendeva lungo il fianco. Damien era pronto ad intervenire ma rilassò la mano, mantenendo alta la guardia.

«Solo una domanda!» Tremotino la interruppe. Milah si voltò ancora verso di lui.

«Cosa vuoi sapere?» Domandò.

«Come hai potuto lasciare Bae?» Il dito accusatorio puntato contro la donna. Le corde della nave iniziarono a scattare tutto intorno. Milah era visibilmente spaventata da ciò che stava succedendo.

«Sai com’è stato tornare a casa quella sera e dire sapendo che avrei detto a nostro figlio che sua madre era morta?» Continuò.

«Ho sbagliato a mentirti. Sono stata una codarda. Lo so.» Rispose la donna cercando di tenere a bada la rabbia del Signore Oscuro.

«L’hai lasciato!» Urlò lui, con il dito puntato ancora una volta contro di lei. «Abbandonato!» La voce era sempre più forte.

«Non passa giorno senza che io mi senta dispiaciuta per quello che…» La donna provò a replicare, ma Tremotino la sopraffece.

«NON È ABBASTANZA!» Urlò. «L’hai lasciato andare.» La voce si era fatta bassa, estremamente untuosa.

«Ho lasciato che la mia infelicità offuscasse il mio giudizio» Replicò Milah, con il dolore negli occhi.

«Perché eri così infelice?» Domandò lui. Con uno sguardo di disprezzo la donna rispose immediatamente.

«Perché io non ti ho mai amato.» Passarono pochi istanti. Lo sguardo dell’Oscuro divenne vuoto. La rabbia raggrinzò il suo volto e, nello stesso momento, quello di Milah diventò l’immagine della paura. Sapeva cosa stava per succedere. Con un gesto repentino, il Signore Oscuro trapassò il petto della donna e ne afferrò il cuore.

«No!» Urlò Killian. Dall’altro lato della nave, Damien tese la mano davanti a lui: gli occhi sbarrati, la paura scavava fin dentro l’anima. Milah ansimava davanti ai suoi occhi, mentre i suoi poteri non funzionavano. Non avevano effetto su quel demonio. Una mano alzata immobilizzò il pirata che stava correndo in suo aiuto e Damien si sentì bloccato anche lui. Tentò con tutte le sue forze di liberarsi ma non ci riuscì. In un attimo il cuore di Milah divenne polvere e la donna si accasciò tra le braccia di Killian.

«Ti amo» Gli disse, prima di chiudere gli occhi per sempre. Il capitano accarezzò il viso della donna che amava. Damien si sentì mancare il respiro. In un attimo il suo mondo stava crollando.

«Avrete anche dei poteri, demone, ma rimanete sempre un codardo!» Urlò Killian, allontanandosi dal corpo della sua amata.

«Vorrei avere ciò per cui sono venuto.» Sul viso di Tremotino un sinistro sorriso.

«Dovrete uccidermi prima!» Urlò Killian, con il fagiolo ancora stretto nel palmo della mano. Damien scattò in avanti ma dopo un passo sentì di nuovo le gambe pesanti, come se qualcosa lo tenesse impigliato al pavimento della nave. Non riusciva a muovere un muscolo, neppure a parlare. La voce dell’Oscuro era nella sua testa: sapeva chi era, lo aveva sentito non appena aveva messo piede sulla Jolly Roger.

“Neanche un puro può fermare l’Oscurità!” Nessuno l’aveva sentito. L’eco forte di quella voce continuava a ridondare nella sua mente, sempre più forte. La risata sinistra del Signore Oscuro era come un forte martello che colpiva ogni angolo della sua testa. Damien si sentì cedere le ginocchia.

«Temo non sia il vostro momento, figliolo!» Con un secco colpo di spada, Tremotino tranciò di netto il polso del capitano, che cadde in ginocchio mentre l’Oscuro raccoglieva il suo trofeo.

«Vi voglio vivo, perché voglio vedervi soffrire come ho fatto io» Disse con voce melliflua. Killian afferrò uno dei ganci delle cime e lo affondò con forza nel petto di Tremotino.

«Per uccidermi servirà molto più di questo, caro!» Disse quello, ridendo.

«Anche i demoni possono essere uccisi!» Rispose Killian, la voce rotta dal dolore. «Troverò il modo!»

«Spero possiate vivere a lungo!» Rispose l’Oscuro, svanendo davanti ai suoi occhi.
Killian afferrò quel gancio e guardò Milah ancora una volta. Non appena l’Oscuro scomparve, anche Damien fu liberato da quella morsa. Corse in avanti, le gambe, ancora deboli, incespicavano. Si mise in ginocchio, tentando di raccogliere quel che rimaneva del cuore di Milah. Le lacrime scendevano lungo il viso. Pose le mani su quel mucchio di cenere e chiuse gli occhi. I suoi poteri erano potenti, l’aveva sempre saputo. Una luce avvolse la polvere. Un bagliore rosato sembrò scaturire dalle mani di Damien e dirigersi verso Milah.

“Ti prego, ti prego, ti prego” Continuava a ripetere Damien nella sua testa. Voleva ricostituire il cuore della persona che amava, ma nonostante gli sforzi, non ci riuscì.
Killian lo guardò: era incredulo davanti a quella scena. Conosceva Damien da tutta una vita e mai, mai aveva sospettato che il suo migliore amico possedesse la magia. Il giovane si diresse verso Milah, e pose le mani sul suo viso. Cercò ancora una volta di fare qualcosa, senza alcun risultato.

«Fermo!» Urlò Killian. Aveva lasciato cadere il gancio ed ora nella sua mano impugnava una spada, puntata contro il suo migliore amico. Damien lo guardò, colto all'improvviso da quell’urlo. La rabbia colorava il volto di Killian che lo guardava con disprezzo.

«Fermo.» Ripeté. Damien lo osservò. Conosceva bene Killian, ma era sicuro di non conoscere l’uomo che era davanti a lui in quel momento. Con un cenno del capo Killian comandò ai suoi uomini di prenderlo. Quelli afferrarono Damien per le braccia e lo sollevarono. Ordinò a mezza voce di portarlo sottocoperta, di tramortirlo e di legarlo. Damien non reagì. Insieme a Milah, quel giorno sapeva di aver perso anche il suo migliore amico.

 

«Devo farti i miei complimenti. Non ti credevo così… accurato.» L’uomo era davvero compiaciuto. Damien non rispose. «Hai stile.» Il sorriso sul volto dell’uomo si allargò. Istintivamente lo fece anche quello di Damien.

«Che dire… Conosco bene il capitano, so come far… vediamo… credo che breccia nel suo cuore sia la giusta espressione.» L’uomo scoppiò in una fragorosa risata. Era divertito da Damien, da quello che in poche settimane era diventato. Dopo quello spiacevole “incontro” con i poteri di quell’uomo, Damien aveva deciso di tenere a mente, giorno dopo giorno, perché aveva stretto con lui un accordo ad un prezzo così alto. Voleva che Killian provasse tutto ciò con cui lui aveva dovuto convivere, voleva che provasse l’abbandono che mai aveva sperimentato, il dolore immenso di perdere l’unica persona per la quale avrebbe dato la vita. Era determinato a far sentire il capitano proprio come si era sentito lui e si era deciso a collaborare con quel misterioso uomo che aveva conosciuto tempo addietro. Erano quasi a metà dell’opera. Avevano raccolto due dei quattro elementi che servivano per il rituale. Il ciondolo della ragazza-drago e l’anello di Crudelia erano al sicuro nella cassetta di quell’uomo, protetti da potenti incantesimi che neanche il più esperto mago avrebbe potuto sciogliere. La magia che padroneggiava quell’uomo era estremamente potente e rara, alcuni dicevano che fosse anche la più forte mai esistita.

«Cambio di programma.» Annunciò l’uomo. Damien lo guardò. «Lasceremo che la componente più importante del nostro incantesimo si goda la sua vita e il suo caro figlioletto. Ora prenderemo l’Oscurità!» Damien sorrise. Sapeva che sarebbe stato difficile ma avrebbe conseguito comunque il terzo ingrediente. Nelle ultime settimane aveva seguito Regina come fosse la sua ombra. Conosceva tutti i suoi spostamenti, i suoi orari, le sue abitudini. Sapeva che per prenderla avrebbe dovuto allontanarla da Robin, sempre al suo fianco, ma lì sarebbe entrato in gioco il piccolo Roland. Damien sorrise all’idea.

A pensarci, la situazione più complicata era stata quella di Lily. Non che avere a che fare con l’Oscuro fosse roba semplice, ma Damien sapeva come usare le sue carte, questa volta: si era informato sugli abitanti di Storybrooke, conosceva le debolezze di ognuno di loro. Aveva capito che per affrontare uno come Gold non si doveva pensare a lui come l’Oscuro, ma attaccarlo sull’uomo che era, nonostante ciò che sembrava. La situazione si era complicata da quando aveva raccolto in sé il potere di tutti i Signori Oscuri, ma neanche tutta quella magia poteva uguagliare quella che Damien stava imparando a praticare. La magia che quell’uomo gli aveva permesso di imparare aveva a che fare con la vita e con la morte, non lasciava scampo quando veniva usata. Era firmare un contratto al quale non si poteva scappare in nessun modo. Il vincolo che si formava, volontariamente o meno, era ben più forte di quelli che stipulava Mr. Gold e da questi non si aveva nessuno scampo.

 

La luna era alta nel cielo. La sua luce penetrava attraverso gli alberi e illuminava a sprazzi il terreno umido della foresta, al limitare della città. Il vento soffiava piano, muovendo le fronde. L’aria fresca della sera era quasi piacevole, ma Damien era concentrato su ben altro. Attese che la luna, nel suo ultimo quarto, fosse nel punto più alto del cielo e poi cominciò.

Agitò la mano e nel palmo apparve una scintilla, che si tramutò in una fiamma vivace. Fece roteare il polso e la fiamma si estese a formare un cerchio sul terreno del bosco, tutto intorno a lui. Richiuse il pugno e la scintilla scomparve. Segnò il cerchio con polvere di assenzio e coriandolo, erbe che gli antichi usavano per evocare i morti e assalire la mente dei nemici. Allargò le braccia e le fiamme di colpo si fecero più forti e calde, quasi prendessero energia dalla natura lì attorno. Di colpo Damien richiuse i pugni e le fiamme scomparvero. Raccolse la cenere delle erbe che aveva bruciato e si diresse verso il banco dei pegni di Gold.

La campanella della porta suonò con il suo classico tintinnio. Gold uscì dal suo retrobottega.

«Siamo chiu…» All’interno del negozio non c’era nessuno. Mr. Gold si guardò intorno, cercando ogni traccia visibile e non all’interno della sua attività. Non sentì nulla. Uscì dal bancone e si sospinse verso la porta, per controllare che nessuno fosse entrato. Richiuse il chiavistello e si guardò ancora attorno. Non percepiva nessuno. Si diresse, allora, di nuovo verso il retro del negozio. Di colpo una polvere biancastra lo invase. Si accasciò a terra, con gli occhi chiusi e le mani sul pavimento. Un forte dolore lo attanagliava all’altezza del petto.

«Papà? Papà!» Davanti a lui suo figlio Neal gli tendeva una mano. «Stai bene papà?» Domandò. Mr. Gold indietreggiò a metà tra lo spavento e la sorpresa.

«B… Bae… Tu sei…» Non riuscì a balbettare altro.

«Cosa? Papà stai bene?» La mano di Neal era ancora tesa.

«No, non sta bene, aiuta tuo padre Baelfire!» Era la voce di Milah che intanto si precipitò accanto al marito per aiutarlo ad alzarsi.

«Che cosa è successo?» Domandò la donna. Gold ritrasse il braccio e si allontanò da entrambi. Ci fu un attimo di silenzio, mentre l’uomo cercava di capire cosa stesse succedendo.

«Ci abbandoni di nuovo. Te ne vai.» Riprese Milah.

«Ci abbandoni per la magia. È sempre la magia il tuo problema!» Neal urlava, spazientito. Muoveva le braccia ad imitare i gesti di suo padre, impressi nella memoria di lui fin da quando era bambino.

«Mi hai rovinato la vita! È per te che ho perso Emma e mio figlio!» Continuava.

«Mi hai privato dell’amore due volte, sei stato egoista, hai approfittato del tuo potere solo per vendicarti di chi non ti amava!» Il volto di Milah era pieno di ribrezzo.

«L’hai uccisa, mi hai ucciso!» La voce di Neal si accavallava a quella della madre. Una dopo l’altra, tutte le vittime dell’Oscuro giunsero davanti ai suoi occhi e le loro urla riempirono la sua mente. Tremotino era accerchiato, il suono assordante delle voci di secoli di vittime, le loro urla, il loro dolore lo pervadeva, non riusciva a sottrarsi. Iniziò a sbattere qui e là nel negozio, per evitare lo strazio che provava, ma niente sembrava calmarlo. Non riusciva a parlare con nessuna delle persone che erano lì. Sentiva tutto ciò che pensavano e provavano, tutto insieme, ognuno di loro era nella sua testa.

Dopo pochi istanti che sembrarono eterni tutto finì. Mr. Gold era dietro il suo bancone. Stava lavorando nel retro quando qualcosa lo aveva portato nel negozio. Si guardò un po’ intorno: qualunque cosa fosse, gli era sfuggita, così tornò nel retrobottega.

Di fronte al suo negozio, illuminato dalla luce della luna, Damien sorrideva. Aveva ciò per cui era venuto. Aveva usato la magia per deviare il corso dei pensieri dell’Oscuro e direzionarlo verso le persone a lui più care, che l’avevano abbandonato o erano morte per colpa sua. Unire le vittime di tutti i suoi omicidi e il loro strazio era stata la ciliegina sulla torta e aveva funzionato alla perfezione. Certo, in condizioni normali non sarebbe stato così facile e l’Oscuro, senza l’effetto sorpresa, gli avrebbe tenuto testa, ma questa volta era stato addirittura troppo facile. Il dolore di Gold aveva indebolito per pochi attimi l’Oscuro e con lui il suo pugnale. Damien aveva oltrepassato gli incantesimi di protezione e l’aveva afferrato. Il fuoco era scaturito ancora dal palmo della sua mano e aveva investito quello straordinario artefatto. Apparentemente intatto, l’aveva rimesso al suo posto ed era uscito rapidamente dal negozio. Nella sua mano Damien teneva stretta una polvere scura: l’effetto della magia del suo nuovo mentore aveva effetto perfino sull’Oscuro, se si sapeva come usarla. Una volta avuto quello che cercava, aveva annullato la magia usata su Gold e sfruttato le proprietà dell’incantesimo per offuscargli la memoria, in modo che neanche lui potesse sospettare alcunché. Sarebbe rimasta solo una sensazione di deja-vu.

Comparve nella sua classica nuvola bluastra nel cottage in cui si nascondeva e versò quella polvere in un’ampolla al centro del tavolo. Quell’uomo lo guardò compiaciuto. Il suo solito ghigno malvagio tornò ad illuminargli il volto.

«Com’è stato sottomettere l’Oscuro?» Domandò, eccitato. Damien si limitò a sorridere. Si ripulì le mani dal residuo di polvere nera che il fuoco aveva creato a contatto con il pugnale.

«Non ho mai visto nessuno con dei residui di anima sulle mani» Disse l’uomo, ridendo improvvisamente. Damien accennò ad una risata.

«Come mai Gold non è… svenuto?» Domandò. L’uomo si mise comodo.

«Tremotino è arrivato dove nessuno aveva mai neanche pensato di arrivare. Ha conseguito il potere di tutti gli Oscuri Signori che siano mai esistiti.» Prese tra le dita un po’ di quella sostanza nerastra e la strofinò tra i polpastrelli. «Anche un solo granello di questa polvere sarebbe sufficiente per il nostro scopo: ognuno di loro è intriso dell’anima dell’Oscuro. Prima erano divise, ora, grazie a lui, sono un tutt’uno.» Gli occhi si diressero a Damien. «Il vecchio Tremotino ci ha semplificato il lavoro!» Una risata forte e fragorosa invase la stanza. Damien non stava più nella pelle.

«Abbiamo le anime di Lily, di Crudelia e ora quella dell’Oscuro. Cosa manca?» Domandò. L’impazienza era visibile nei suoi occhi. Una fiamma impetuosa sembrava bruciare dentro di lui. La smania di conseguire la sua vendetta era forte e non voleva più aspettare.

«Tempo al tempo. La prossima cosa che ci serve è un’anima redenta, un’anima che abbia sperimentato il perdono e che sia cambiata.» L’uomo sorrise, mentre lo sguardo di Damien si fece cupo.

 

«Non osi neppure chiedermi di perdonarti?» La voce di Killian era piena di rabbia e risentimento. Damien era ancora sottocoperta, legato e sorvegliato a vista. Sapeva benissimo che gli sarebbe bastato schioccare le dita per andare via di lì, ma non voleva.

«Mi hai mentito per anni. E hai lasciato che lei morisse!» Il capitano gli sferrò un pugno dritto in faccia, prima di colpirlo con il retro dell’uncino che era andato a sostituire la sua mano mancante.

«Hai lasciato che quel demone la prendesse, che stritolasse il suo cuore!» Continuava a colpire Damien inesorabilmente. Il ragazzo non si difese. In cuor suo sperava che la reazione di Killian, sebbene spropositata, avrebbe aiutato l’amico a reagire.

«Milah. È. Morta. Per. Colpa. Tua!» Ad ogni parola era seguito un colpo. Damien aveva diverse ferite sul viso, lo zigomo destro era tumefatto e il sopracciglio sinistro era diviso da uno squarcio da cui usciva sangue vivo. Killian si allontanò di poco da lui e lo fisso per qualche istante. Damien era ancora lì, lo sguardo basso e le braccia tese verso l’alto. I polsi erano arrossati e graffiati dalle continue trazioni dei ferri che lo trattenevano. Non replicò a nessuna delle parole di Killian. Aveva visto morire la persona che amava e perso il suo migliore amico, tutto a pochi attimi di distanza. Inevitabile fu il ricordo di Aline e del suo bambino. Tutte le persone che amava e che aveva amato si erano allontanate da lui. Era come se una maledizione incombesse sulla sua anima: il prezzo della sua magia era perdere tutti quelli che amava.

Il capitano fece un cenno ai suoi e due uomini liberarono Damien dalle catene, prima di serrargli di nuovo i polsi con altre manette di ferro. Lo condussero sul ponte, spintonandolo e strattonandolo. Damien perse l’equilibrio e finì con la faccia a terra, sporcando il legno con il suo sangue. Altri uomini avevano già allestito l’asse che sporgeva di diversi metri dal bordo della nave.

«Secondo il codice dei pirati, Damien James, tu hai tradito il tuo capitano e tutto l’equipaggio della Jolly Roger.» La voce di Killian era ferma ma piena di rabbia. «Per questo, come capitano di questa nave, ti condanno al supplizio dell’annegamento. Possa il mare avere pietà di te.» Ci fu un attimo di silenzio. Con un altro cenno, Killian ordinò ai suoi di spingere il ragazzo lungo l’asse. Mentre lo sollevarono, uno degli anelli che Damien portava scivolò sul ponte. Con la punta delle spade pronta a colpirlo, l’equipaggio della Jolly Roger osservava il vecchio compagno trascinarsi lungo l’asse. Damien si voltò ancora una volta e vide lo sguardo di disprezzo di Killian. Avrebbe potuto salvarsi, ma non aveva senso vivere per continuare a perdere coloro che amava. Strisciò i piedi lungo il bordo dell’asse di legno e in quel preciso istante uno degli uomini lo colpì con la punta della spada, spingendolo in avanti. Damien sentì un dolore all’altezza delle costole, poi l’aria sferzargli il viso e l’acqua gelida aprirsi e poi richiudersi sopra di lui. Il sale bruciò sulle ferite ancora aperte e d’istinto il giovane aprì la bocca per urlare. La voce gli rimase nel fondo della gola, mentre l’acqua salata penetrava in bocca e scendeva fin nei polmoni, bruciando tremendamente. Dopo pochi istanti, Damien si sentì la testa leggera e il dolore iniziò ad affievolirsi. A poco a poco si lasciò andare.

Killian non si era mosso. I suoi uomini avevano ritirato l’asse e spiegato le vele. Si diresse verso il centro del ponte e raccolse l’anello di Damien. Lo infilò ad una delle catene d’argento che aveva al collo e lo strofinò tra le mani per pulirlo dal sangue. Avrebbe ricordato per sempre quello che la persona a cui avrebbe affidato la sua stessa vita aveva fatto. Quell’anello gli avrebbe ricordato che non si sarebbe mai potuto fidare di nessuno. Era da solo. Ora e per sempre, fino a che non avrebbe compiuto la sua vendetta contro il coccodrillo.

Si infilò la mano in tasca e afferrò il fagiolo magico. Sapeva qual era la destinazione da raggiungere.

 

«Presto avremo tutti gli ingredienti. Saremo in grado di controllare il più grande potere dell’universo, figliolo.» L’uomo era eccitato, elettrizzato. La sua euforia era quasi palpabile. Damien lo osservò mentre disponeva in quella cassetta incantata l’ampolla con la polvere del pugnale, accanto all’anello di Crudelia e al ciondolo di Lily. Un bagliore passò dall’uno all’altro oggetto in modo rapido e quasi impercettibile. L’uomo sorrise.

«Le anime si riconoscono. Sanno perché sono qui.» Disse, compiaciuto.

«Vediamo se ho capito bene…» Riprese Damien. «Un’anima fin dal principio mutata, un’anima che la morte ha voluto esiliata, un’anima scura la cui luce è eclissata…»

«E un’anima redenta la cui sorte è cambiata.» Concluse l’uomo, sorridendo. Richiuse la cassetta di legno e la sigillò con i suoi incantesimi.

«Quindi ci siamo quasi.» Disse Damien. «Il piano dell’Uomo ombra è quasi completo.» L’altro sorrise.

«Non chiamarmi così. Chiamami… Dottor Facilier

  
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