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Autore: hirondelle_    23/12/2015    3 recensioni
[Ristesura di "Destiny"]
[Alla luce di quanto mi è pervenuto dalle vostre gradite recensioni, ci tengo a specificare che questa NON È una storia romantica, ma la descrizione di un ABUSO (come ho voluto indicare nelle avvertenze). Grazie dell'attenzione!]
-§-
Sente il suo profumo dolce, le dita sottili che gli accarezzano la pelle, percorrendo gentilmente tutta la lunghezza del suo corpo. Chiude gli occhi, percepisce i brividi ad ogni singolo tocco, un solletico malefico e ripugnante penetrare attraverso la pelle e andare dritto ai nervi: Reize sente una parola nella sua testa. Una parola che non si sarebbe mai azzardato a pensare: nella sua mente è pronta per uscire e distruggere il mondo. La pronuncia, sbarrando gli occhi.
… no.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Paranormal'
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Angolino di Fay
Ciao a tutti, scusate il ritardo :c purtroppo ho avuto alcuni problemi personali e non sono riuscita a seguire la tabella di marcia. Spero comunque che questo capitolo sarà di vostro gradimento, anche se avverto che è piuttosto pesante. Vi auguro buone feste (anche se forse dopo aver letto vorrete uccidermi-)
Fay

DESTINY XVI

L’alba ha il colore del sangue e il silenzio dei morti. Non sa da quanto tempo sta camminando lungo quella strada ghiaiosa, ma riconosce lo sforzo che i suoi muscoli indolenziti percepiscono ad ogni passo e il fiato inizia a mancargli dopo poco. Di tanto in tanto magri contadini lo superano con le loro carrette trainate da muli pigri, e gli lanciano un’occhiata incuriosita: nessuno sembra tuttavia disposto a concedergli un passaggio, nemmeno quando lo vedono inciampare e cadere rovinosamente a terra. Ryuuji ha già intrapreso in precedenza quella strada ostile, già all’inizio di quell’estate intensa, ma ricorda molto poco a proposito delle effettive distanze che lo separano ancora dal rifugio del Lord e del percorso da seguire. 
-    Non dovresti temere: è poco più avanti. – lo rassicura di tanto in tanto una voce mielosa, estranea. Ma la fine sembra davvero non giungere mai, mai mai. 
Per un attimo gli sembra che potrebbe camminare all’infinito: nel momento in cui si addentra nella foresta non riesce più a cogliere alcun punto di riferimento: gli alberi si stagliano immobili e regolari ai lati della strada che si fa via via più stretta, fino a farsi sentiero. Ricorda vagamente la forma che avevano preso una volta nei suoi pensieri: mostri ghignanti pronti a ghermirlo e a dilaniarlo. Ma in quel momento non lo accompagna più nessun sentimento in particolare, come se fossero tutti svaniti dalla sua mente. Il vuoto nel quale la sua mente è piombata è talmente vasto e assurdo da non riuscire a scorgere la fine: un baratro nero di distruzione e dolore, dove il rosso del suo sangue macchia infinite catene tintinnanti e scosse appena da un vento instabile. È un suono che lo accompagna anche ora, costante, e si ferma solo quando è lui stesso a smettere di camminare. Un bagliore soffuso e lontano si riflette sui tronchi degli alberi, oscurati dalla chioma fitta che nasconde i raggi del primo sole: procede, rallenta il passo, si ferma. Procede ancora, rallenta il passo, incespica, si ferma. Le azioni si fanno meccaniche, lente, inspiegabili. La vista si offusca, le braccia e le mani iniziano a tremare per il primo freddo autunnale e il terrore si insinua sotto la pelle, lungo i fianchi, attraverso la spina dorsale...
Attraversa silenziosamente il ponte di legno e si muove attorno al rifugio lentamente, con fare circospetto: dalle tende tirate si scorge la luce di un focolare e il suono dolce e triste di un pianoforte si propaga debolmente dall’interno. Ryuuji appoggia un orecchio alla porta e ascolta finché il suono non si affievolisce lentamente fino a sparire. 
Pochi rumori gli fanno intendere che il Lord è solo: Ryuuji si avvicina a una delle finestre e vede la sua sagoma alzarsi e salire su un materasso cigolante, abbandonandosi al sonno.
Quando bussa a distanza di mezz’ora non riceve risposta. Sembrerebbe un rito del tutto abituale, se solo non si trovassero all’interno della villa e le motivazioni dei loro gesti fossero ben più pesanti... Colto dal pensiero che non tutto sarà come prima, e per questo motivo lui non avrà più bisogno di agire come di consueto, schiude la porta lasciata aperta ed entra silenziosamente.
Sembra la stanza di un bambino: probabilmente lo è stata e lo è ancora. Vecchi giocattoli sono infatti sparsi per il pavimento polveroso o posti dentro una cesta lasciata aperta al centro della stanza; le tende bianche sono cosparse di nuvole disegnate e sui muri spiccano nitidi graffiti di inchiostro e carboncino compiuti da una mano maldestra, in un tempo lontano. Tutto è coperto da un leggero strato di polvere, ma sembra conservato perfettamente, come se nessuno avesse mai toccato nulla. In un angolo vi è un piccolo pianoforte a muro, vicino a un giaciglio dalle lenzuola consumate e sfatte. 
Il Lord è riverso sul letto, rannicchiato e premuto contro la parete. Gli dà le spalle, e non sembra essersi accorto della sua presenza, come se stesse dormendo. Lentamente, Ryuuji si avvicina al pianoforte e si siede sullo sgabello: esita  ancora per qualche istante, poi allunga la mano ruvida e gli sfiora i capelli morbidi.
Kira si accorge subito del suo tocco. Freneticamente afferra il suo polso, ma non si volta.  – Padre? – mormora, la voce rotta dal pianto e appena udibile. – Padre, sei tu? 
Midorikawa non riesce a trattenere un singhiozzo di sorpresa e paura, nel sentirlo così fragile. È in quel momento che Hiroto si volta e lo guarda con occhi gonfi di pianto. Lo stupore si tramuta in rabbia quasi nell’immediato. – Che ci fai qui? – ruggisce, fissandolo con uno sguardo denso e cattivo. 
Lo schiavo ritrae la mano e balbetta qualcosa di incomprensibile: forse non lo comprende nemmeno lui. Il Lord si mette seduto e si allontana a sua volta, ostile, ma nel momento in cui entrambi comprendono che non corrono alcun pericolo si rilassano impercettibilmente e si limitano a studiarsi reciprocamente, ansiosi. Kira è il primo a interrompere quel contatto visivo: abbassa lo sguardo, corrugando la fronte, e volta il capo. – Vattene. Voglio stare da solo.
Ryuuji a quelle parole rimane interdetto. Si alza, ma non si muove, e lo guarda coricarsi di nuovo e dargli le spalle con fare quasi da bambino. È la prima volta che lo vede comportarsi in questo modo. Nel suo cuore si mescola un sentimento di pena misto a disprezzo e preoccupazione. – Io credo che dovremmo parlare. – mormora infine, prendendo coraggio. – Sono qui per chiederti di liberarmi.
Inaspettatamente, da Hiroto giunge soltanto un amaro verso di scherno. Non è in grado di vedere il suo volto, ma Ryuuji non può fare a meno di sentirsi irritato. Ma prima che possa aggiungere qualcos’altro, è il Lord a parlare: - E dove potresti andare senza di me? 
Non è una domanda stupida. Sa davvero poco del mondo esterno al territorio della villa- non è nemmeno sicuro di conoscere perfettamente l’abitazione. La replica gli muore sul nascere: si siede di nuovo, colpito e senza parole, fissandolo quasi in attesa di una buona idea. – Voglio solo scoprire da dove provengo.
Hiroto lo studia con la coda dell’occhio: non sta ghignando, come inizialmente pensava. Semplicemente lo guarda, come se stesse soppesando un’idea. – E da dove pensi di partire? – Per un attimo assurdo la sua sembra curiosità. 
Anche lo schiavo alza gli occhi. – Troverò la via. – sussurra. 
Hiroto si mette di nuovo seduto, lentamente. Sta pensando. Per un momento rimangono in silenzio, colti da una tacita pace rotta solo dal crepitio delle ultime fiamme nel caminetto. Midorikawa osserva i lineamenti stanchi di Kira, cercando di comprendere quale sentimento lo pervade, senza successo. Quando parla, tuttavia, la sua voce tradisce insicurezza nell’autorità. – Non ti permetterò di andartene. 
-    Non me ne andrò se non lo vorrai. Permettimi solo di essere libero.
-    Menti. – ringhia Kira, afferrando un lembo di lenzuolo. – Vuoi abbandonarmi, lo so.
In quell’attimo comprende. Nel momento in cui Kira inizia a tremare, Ryuuji sbarra gli occhi e comprende. – Hai paura di rimanere da solo? È questo che ti spaventa? 
Il Lord risponde con un singhiozzo e Midorikawa sente un brivido correre giù per la spina dorsale. Quando le prime lacrime scorrono lungo le guance di Hiroto, si sente un po’ morire: una sensazione che non avrebbe mai pensato di provare in un contesto simile. Gli viene in mente un episodio lontano anni luce, il periodo passato ad accudirlo nella malattia. – Vuoi una persona che ti affianchi? È questo? – insiste, sporgendosi un poco. – Che ti ami? 
-    S-stai zitto. – sibila il Lord tra i singhiozzi, e si copre il volto con le mani, stropicciandoselo quasi con rabbia. – Stai zitto, tu non sai niente di me.
-    Tu invece? Sai qualcosa di me? – risponde lo schiavo quasi con rabbia. – Con che diritto ti ritieni padrone della mia vita? Io sono un uomo libero! Lo sapevi ancora prima di conoscermi! Me lo hai nascosto per tutto questo tempo!
Hiroto grida. – SARAI SEMPRE FIGLIO DI UNO SCHIAVO! – sputa con disprezzo, e Ryuuji si alza nel tentativo di reprimere la violenza che si è impossessata della sua mano e che nonostante gli sforzi si imprime sulla guancia dell’uomo con uno schiaffo feroce. Attonito, Hiroto si ritrae in un angolo e lo fissa nel terrore, incapace di reagire. 
Ryuuji urla con tutta la forza che ha. Le prime lacrime di tensione fanno capolino dagli angoli degli occhi, rendendogli la vista offuscata, - Lo vedi? Non mi manca nulla, ho persino l’innato istinto di fare del male! IO SONO UN UOMO! 
Kira ansima, immobile. Rosso in viso, osserva senza espressione il volto accaldato di Reize: nei suoi occhi scorge la follia, la stessa che lo ha colto troppe volte, la stessa di cui conosce la forma. Chiude gli occhi e si abbandona contro l’angolo, deglutendo a fatica, preda dello shock. – Vattene, vattene. – lo implora quasi, spaventato. - Io non so niente. Lasciami stare.
Ryuuji si siede sul letto, accanto a lui. – Non me ne andrò finché non mi avrai detto tutto quello che sai.
-    Mai! – risponde l’uomo, a bassa voce, appiattendosi contro il muro. – Mai, mai! – ripete un po’ più forte, e i singhiozzi lo scuotono così violentemente che non osa aggiungere altro. 
Lo schiavo si allontana bruscamente e prende a camminare per la stanza, incattivito. Nel furore che lo ha invaso, dà un calcio alla cesta disperdendo tutto il contenuto sul pavimento e facendola rotolare inerme per pochi istanti. Si siede in un angolo e aspetta di riprendere il controllo di sé, ascoltando i singhiozzi trattenuti dell’altro e regolarizzando il respiro. La stanza è ormai illuminata da un sole tremante, appena offuscato dalle chiome degli alberi, magro e consumato. Il silenzio viene spezzato dal passaggio di un treno, e per un attimo l’ambiente al di fuori viene annerito da una vampata di fumo denso e inquinante. L’uomo ha preso a piagnucolare sommessamente, nella calma ansiosa di quel luogo maledetto. Si agita tra le lenzuola per minuti interminabili, forse ore. Ryuuji perde la concezione del tempo e si affida al reciproco respiro, unica testimonianza che sono entrambi vivi.
-    Mai più! – grida ad un tratto il Lord, in un delirio penoso. – Non ti cercherò mai più in nessuno! 
Per un attimo a Ryuuji sembra che si stia riferendo a lui. Poi, d’un tratto, scorge l’ombra di morte che si allunga sul corpo rannicchiato di Kira e che lo avvolge quasi in un abbraccio: lo schiavo si alza di scatto, fremente, terrorizzato che Shirou possa fare del male all’uomo. Nel momento in cui lo spirito si materializza davanti ai suoi occhi e grava sul corpo del Lord, Ryuuji gli è già addosso e cerca stupidamente di afferrarlo, nella speranza di trattenerlo. 
La sostanza immateriale ed eterea dell’ombra si disperde in uno sbuffo di fumo ancora prima che lui possa intervenire. Senza fiato, lo schiavo volta il Lord in modo che sia appoggiato di schiena sul materasso e cerca i suoi occhi: d’un tratto sono più scuri e densi, come se Shirou si fosse insinuato nella sua anima e lo stesse guardando a sua volta da quel suo rifugio. Ma il Lord appare improvvisamente più calmo, come se il suo dolore fosse stato risucchiato. 
Ryuuji approfitta dell’occasione e si siede nuovamente accanto a lui, teso. – Se non ti ricordi di me, raccontami di te -  gli impone, ma con gentilezza e quiete. 
Sembra già un’altra persona quando chiude gli occhi e sospira, improvvisamente rilassato. Sorride, ma non in sua direzione. È come se ringraziasse qualcuno. Poi le sue labbra si serrano in un’espressione grave, fredda. Ricerca il suo tocco, gli stringe una mano, forse un tentativo di rimanere ancorato alla salda realtà. Ryuuji acconsente a quella sua implicita richiesta e non si muove. 
Hiroto inizia da un passato remoto, a lui inaccessibile. Non crede di comprendere tutte le parole: forse per ignoranza, forse perché non è sicuro di essere mai stato a contatto  con certe realtà. Il racconto si perde tra vie inconsce della sua fanciullezza, accarezzando memorie ormai perdute e raccogliendo a piene mani episodi frammentari, prediletti, marchiati a fuoco da un disordine mentale rassicurante. I ricordi di Hiroto non sono dissimili da quelli che ogni bambino del suo rango avrebbe potuto portare alla luce: accenni veloci a giocattoli perduti, spartiti e scartoffie buttate al vento e nel fuoco ancora prima di essere consegnate alle mani esperte di qualche maestro burbero, scomodi ed eleganti vestiti che puntualmente venivano macchiati se solo si azzardava a mettere piede in giardino. Sono memorie felici, con poche incertezze o paure. Per un attimo, Ryuuji invidia questa sua capacità di riportare alla mente episodi così sereni. Ma il tono di voce cambia non appena gli episodi più tristi iniziano a fare capolino attraverso l’età e si ricavano uno spazio sempre più ingombrante, come piccoli tasselli. Anche le frasi sono più veloci.
-    La schiava di mio padre era una bella ragazza. Mia madre non la sopportava, fu per questo che chiese la separazione. Però a me piaceva. Giocava con me. Era un po’ come una sorella maggiore, ma non era in grado di parlare. Ovviamente ero troppo piccolo per immaginare per quale motivo fosse in quella casa. Non ricordo più nemmeno il suo nome.
-    Fuyuka. – risponde prontamente Reize, ma non è lui a parlare. Colpito, stringe appena la mano del Lord, come a invitarlo a continuare.
Hiroto apre gli occhi, tornati al colore originario e d’un tratto più pacati e appena lucidi. Si stende su un fianco, senza però lasciare la stretta. Parla per frasi concise, veloci, quasi sconclusionate. La sua voce apparentemente distaccata tradisce una profonda tristezza. – Ero molto amico di Atsuya, una volta. Era appena un servetto all’epoca, ma era trattato bene da tutti e mi era permesso passare del tempo con lui. Mio padre mi regalò il primo schiavo quando ebbi vent’anni, ma io non volli saperne. Atsuya si allontanò da me senza motivo e mio padre morì improvvisamente di infarto... La sua schiava si suicidò: era malata e probabilmente il suo destino sarebbe stato peggiore della morte. Dovetti licenziare quasi tutti i dipendenti perché a mia insaputa mio padre si era caricato di debiti e io dovetti pagarne le conseguenze. Assunsi Natsumi solo qualche anno più tardi, una volta che riuscii grossomodo a ristabilire la situazione. E Shirou... lui fu l’unico che rimase al mio fianco.
C’è una pausa. Per un momento a Ryuuji pare che l’aria si stia muovendo attorno a loro, come se qualcuno li stesse ascoltando in silenzio. Voltando appena il capo scorge due pupille piccole e rosse osservarli immobile da fuori, affacciati a una delle finestre. Istintivamente ritrae la mano, come se fosse stato scottato, ma Hiroto non sembra accorgersi di quel gesto. 
-    Sai, ero molto... molto diverso rispetto a come sono adesso. E soprattutto ero diverso da mio padre. Non sopportavo l’idea dello schiavo in sé, non so come spiegare. – mormora. – No, non ho mai  pensato avesse dignità pari alla mia. Semplicemente... mi dava fastidio. 
Ryuuji vede le sue labbra distendersi in un sorriso amaro e dolce assieme, e avverte un nodo all’altezza della gola. Avrebbe da dire un sacco di cose in proposito, parole che fino a qualche settimana prima non avrebbe mai osato pronunciare... ma decide di non interrompere il racconto, intuendo la gravità di quanto sta per seguire. 
-     Mi era molto... affezionato. Non sapevo come comportarmi con lui. Ho passato momenti molto felici e intensi... Non mi era mai capitato con nessuno... Era così speciale... 
-    Che gli è successo? – insiste, ritraendo la mano. 
D’un tratto gli occhi di Kira tornano cupi, assorti. Ryuuji resta immobile, sente distintamente il cuore battergli nel petto. Non potrà mai comprendere lo stretto legame che aveva unito schiavo e padrone, di qualunque tipo fosse stato. Può solo immaginare: Shirou che gli prepara puntualmente la colazione, che si fa prendere senza una parola o un lamento, che lo rassicura con la sua sola presenza nei momenti di debolezza, che lo saluta con un bacio al mattino e lo accoglie con un sorriso la sera. 
Un brivido gli gela le ossa non appena si rende conto che la stanza è piombata in un’oscurità innaturale e ingombrante, come se sottili e infiniti filamenti invisibili li avessero avvolti in una ragnatela crudele e scricchiolante. Il rumore delle fronde scosse da un improvviso vento si confonde con le parole dell’uomo.
-    Fu una settimana tremenda. Ero stato appena nominato sottosegretario di un ministro con piccoli poteri,  ed ero entrato a far parte del Ministero a tutti gli effetti... beh, non mi aspetto che tu comprenda di cosa stia parlando. – continua il Lord, la voce sempre più debole e sottile. – Furono giorni frenetici. Non ebbi una carica molto rilevante ma mi impegnò per un certo periodo.. Lo trascurai... Beh, in realtà ne fui consapevole, ma non pensai affatto avrebbe influito sul nostro rapporto... 
Un’altra pausa. Ryuuji deglutisce e rimane in ascolto, teso. Sente appena un leggero sospiro all’altezza del suo orecchio, come se alle sue spalle ci fosse qualcuno, come se stesse ascoltando con la sua stessa attenzione. 
-    Non riuscivo a rientrare a casa nemmeno per la notte, tanto era il lavoro che avevo da svolgere. Poi una sera tornai. E come ogni giorno mi aspettai che ci fosse lui ad aspettarmi sulla soglia, ma non avvenne. Iniziai a preoccuparmi. Chiesi ad Atsuya e Natsumi dove fosse. Loro mi dissero che si era chiuso nella mia stanza da qualche giorno... Mi arrabbiai tantissimo, perché non avevano avuto l’accortezza di avvisarmi... 
I sospiri si fanno sussurri. Ryuuji comprende a malapena il loro significato. Gli è ormai chiaro che alle sue spalle c’è qualcuno, ma non osa voltarsi e anche il Lord ha lo sguardo puntato verso il muro. I brividi si fanno sempre più intensi e frequenti. 
-    Mi precipitai sulle scale e aprii la porta. 
I sussurri si fanno voci, di tonalità e lingua differente, sempre più prorompenti e incomprensibili. Ryuuji fa per girarsi, pallido, scorgendo appena una massa informe e nera allungarsi nell’oscurità.
-    Si era impiccato. 
Una lacrima si infrange sulle lenzuola lacere e il frastuono li travolge nella sua macabra assurdità.

   
 
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