Videogiochi > Final Fantasy - Dissidia
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Autore: DanieldervUniverse    25/12/2015    4 recensioni
La Dissidia è finita, i cicli conclusi, i tiranni sconfitti e i guerrieri tornati nei propri mondi.
Anche Guerriero, che s'avanza fiducioso nel nuovo mondo in cui è giunto alla fine di tutto, fino al palazzo della grande città di Cornelia...
(Risistemati i primi undici capitoli e i momenti OOC, aggiunta scaletta capitoli 34-35).
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti, Warrior of Light / Guerriero della Luce
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dissidia - Kingdom of Light Fantasy'
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A\N: Come già detto, Guardiano ha preso il sopravvento nella battaglia, e sta ingaggiando la dea dentro la forma più grande che il mostro ha piazzato a trattenere gli eroi.


Rimuginando su quanto noiosa fosse quella schermaglia, scorsi infine una forma più piccola, nascosta tra le membra di quella creatura, e capii quanto c'era da capire.

Uno scatto improvviso e fummo dentro quel corpo orribile.

Prima che potesse reagire la travolsi, cingendole la vita con un braccio e spingendola dentro la sua creazione, lacerando quei tessuti invulnerabili per spade comuni.

Atterrò malamente, rimbalzando sulla “carne”, prima di aggrapparsi con gli artigli al tessuto, rallentando la propria corsa.

-Molto plateale- commentai avanzando, la mia voce che risuonava feroce e impaziente di uccidere -Perché affaticarsi a combattere quando puoi alzare una cortina di fumo?

Lei non rispose, ma ghignò divertita, prima di passare all'attacco.

Gli artigli della mano destra calarono in obliquo verso il mio volto, ma fu facile intrappolarle il braccio sotto la spalla destra e allontanarla con un calcio.

Non diede segni di dolore o frustrazione, ma si limitò a dileguarsi tra le pieghe del tessuto molle, per preparare un assalto a sorpresa.

Lei giocava in casa, poteva usare lo spazio come più le aggradava.

“Perché sprecare energie? Tornerà da me in ogni caso” pensai, senza muovermi.

Infatti il tessuto alla mia destra venne attraversato da una mano artigliata, che mi limitai a schivare facendo un passo avanti.

La dea passò come un fulmine dietro le mie spalle, immergendosi nuovamente per cogliere un'altra occasione.

Riapparve alla mia sinistra, dal basso, puntando alla caviglia, ma schivai senza problemi con una piroetta.

“Forse è ora di essere seri”.

Come già sapevo, il terzo attacco venne dal di fronte, ancora una volta ad artigli protesi, volendomi costringere a difendere il petto con le mani per poi spazzare le mie gambe con la coda irta di spine (che si era appena fatta crescere) e probabilmente anche strapparne una.

“Come se potesse anche solo scalfirmi” pensai, sparando una breve serie di attacchi di energia dalle mani, costringendola ad arrestarsi e indietreggiare, causando anche danno all'ambiente circostante.

Si ritirò, senza pensarci due volte, conscia che era la mossa migliore da fare.

“È sveglia. E prudente. Almeno non è uno di quegli idioti pieni di se” pensai, preparandomi alla prossima mossa, le braccia abbandonate lungo i fianchi, immobile e apparentemente inerme.

Degli artigli giganti sbucarono dai tessuti attorno a me, per infilzarmi, ma io fui molto più veloce, scivolando senza problemi tra le punte acuminate e ricurve.

Il pensiero di spezzarne alcuni venne soppresso quasi subito: non era ancora il momento.

A sorpresa sferrai un pugno alla mia sinistra, sorprendendo Harmònia che credeva di avermi attirato in trappola spingendomi sempre più nell'interno.

Beh, si sbagliava.

Quasi subito la dea uscì dalle ombre, evitando il mio pugno e ruotando su se stessa per falciarmi la testa, ma mi abbassai con naturalezza sotto la sua guardia, colpendola senza pietà al petto con un ginocchio.

Le scappò un sussulto dalla gola: stavolta non ci ero andato leggero.

Fece per sfuggirmi ancora, ma l'afferrai saldamente per la spalla costringendola a voltarsi, per poi calare il pugno con violenza sul suo volto.

Faceva male, lo capii chiaramente dalla sua espressione, ma non mi importava.

Feci seguire una seconda ginocchiata al petto, che le mozzò il fiato nuovamente, e per finire un secondo pugno che la spedì di nuovo tra le ombre.

“Comincia a scaldarti” pensai, sciogliendo le spalle con un singolo, rapido movimento.

Non lo dissi ad alta voce solo perché non mi andava d'interrompere il silenzioso scambio di colpi.

Avevamo appena iniziato.

Sapevo che poteva vedermi benissimo, in fondo lei poteva essere ovunque.

Tenni i pugni in posizione davanti a me, lasciando gli occhi liberi di saettare da un angolo all'altro, trasudando voglia di combattere in modo da attirarla a me.

Mi fece attendere.

Quella donna non era stupida, l'avevo già constatato, ma dovevo dargliene atto: sapeva di dover ottenere un vantaggio più sostanzioso su di me, altrimenti lo scontro sarebbe stato molto breve.

Normalmente un eroe nella mia posizione dovrebbe essere molto cauto, i sensi all'erta e i nervi d'acciaio: ogni singolo movimento deve essere studiato alla perfezione, o il nemico ti avrà in pugno.

Ma soprattutto, un eroe dovrebbe capire che entrare in posti come questo da solo equivarrebbe al suicidio.

Eh, ai miei tempi già lo capivo: gli altri no, e ora la differenza è più che evidente.

“Finalmente” pensai, riuscendo a cogliere i movimenti della creatura: stava caricando come un siluro nella mia direzione, sfruttando la velocità per cambiamenti di direzione improvvisi e quindi poter tornare rapidamente all'attacco, evitando eventuali ritorsioni da parte mia più facilmente.

Aveva diminuito le sue dimensioni, così da essere ancora più efficiente nella sua strategia.

“Ottima tecnica, ma ancora troppo facile” pensai, caricando un colpo di energia con entrambe le mani.

Attesi finché non era a pochi metri da me per rilasciare il colpo: il raggio di colore bluastro scavò un ampia apertura vuota nel tessuto flaccido dell'interno del mostro.

Lei era scattata in basso pochi istanti prima che l'energia si liberasse, proprio come avevo previsto.

Interruppi il flusso e mi gettai all'inseguimento, menando un pugno e lasciandola schivare appena in tempo.

Si allontanò serpentina, attirandomi verso di lei per catturarmi.

Feci un finto tentativo di annientarla con un altro attacco d'energia, che ovviamente schivò.

Quindi riprese ad allontanarsi, sicura di avermi in pugno: una piccola (in fatto di proporzioni, ma più o meno delle mie dimensioni) parte del fantoccio che aveva creato divenne un blocco di metallo, molto denso, e venne scagliata contro di me a gran velocità.

Per rendere più credibile l'inganno mi lanciai all'inseguimento della dea, così da entrare in collisione con l'oggetto, facendo apparire l'attacco inaspettato.

Incrociai le braccia proteggendo il volto, mentre venivo respinto indietro; la faccia del blocco si piegò, ma non arrestò la sua corsa.

Quindi, quando fui sicuro di non destare sospetti, scatenai un esplosione di energia da tutto il corpo, spazzando via buona parte dello spazio circostante e annientando la forma metallica, allargando bruscamente le braccia attorno a me.

Un secondo blocco mi giunse alle spalle, e io mi volsi sparando un attacco di energia con le braccia protese davanti a me appena in tempo per non essere travolto.

Per dei brevi istanti mi trattenni, dando l'impressione di mettercela tutta, prima di sgretolare l'oggetto.

Quindi feci vagare il raggio un po a caso, come fanno i combattenti quando sono infastiditi e frustrati dalla tattica degli avversari.

Ancora una volta le mie previsioni non mi delusero, e un clone di quella creatura si gettò contro di me.

La prima cosa con cui tentò di colpirmi fu la coda, che si avvolse saettante attorno al mio collo, ma come da programma l'afferrai saldamente, e dopo aver fatto ruotare in aria il clone per qualche secondo staccai di netto il limbo, lasciandolo pendere inerme dalle mie mani.

Un altro clone sopraggiunse, mentre il primo si riprendeva, e venni caricato da entrambi i lati.

Calai la coda come una frusta verso il secondo, che era ancora tutto d'un pezzo, aspettando che l'altro fosse abbastanza vicino per liberarmi di esso.

Il clone attaccato si spostò a destra senza rallentare, evitando il colpo, e quando fu abbastanza vicino notai diverse zanne splendenti e affilate nella cavità orale.

Fingendo un azione d'istinto, volai indietro, dritto tra le braccia del primo, che mi cinse le spalle così da immobilizzarmi le braccia.

La mia bocca si piegò in una smorfia, in parte di sorpresa in parte di paura.

Le fauci del secondo essere crebbero d'improvviso, gonfiandosi e raggiungendo le dimensioni di un pallone aerostatico, prima di chiudersi fulminee sul collega.

Avrei dovuto finirci in mezzo anche io, ma invece riuscii a staccare le braccia che mi trattenevano con una torsione delle spalle e per poi semplicemente volare via.

-Sono stanco dei tuoi giochetti- feci una frase d'effetto, che fu seguita da un sonoro pugno, che mirava non a colpire direttamente il clone, ma a causare una pressione d'aria sufficiente a farlo esplodere in tutta tranquillità.

Per fare più scena ci misi volutamente più energia del necessario, portandomi via un altro pezzo dell'interno della creazione.

“E fin qui è andato tutto liscio. Adesso bisogna aspettare che lei faccia la sua mossa...” mi dissi, più che altro per ingannare l'attesa, e per soffocare un eventuale sbadiglio che mi sarebbe costato tutta la sceneggiata.

Non si fece attendere, in quanto l'ambiente attorno a me cominciò lentamente a mutare: le pareti a brandelli, residui della feroce battaglia, sbiadirono; le parti in alto divennero un immensa cupola nera, a forma ellittica, mentre il fondo si richiuse su se stesso, formando un immensa distesa di sabbia: un arena con i bordi bianchi di forma ellittica, delimitata dalla cupola nera che scendeva fino al livello del terreno, illuminata da torce a forma di teschio, con il fuoco che usciva da occhi e bocca, che si allungavano lungo le pareti.

Un trono rosso splendente apparve nel fuoco opposto a dove mi trovavo io, pulsante di energia pura e maligna, (la stessa che White Knight aveva usato) con decine di ammassi nebbiosi e forme serpentine che vi si avviluppavano attorno, emergendo dalla forma e rigettandosi nel rosso.

La dea emerse dallo scranno, come se fosse appena uscita da un bagno di sangue: la testa piegata all'indietro e il corpo disteso, finché non poté sedersi comodamente, adagiandosi con morbidezza alle forme del seggio, lasciando che l'energia rossa le scivolasse vischiosa lungo il corpo.

Era uno spettacolo che voleva esprimere forza e sensualità, erotismo e condanna, paura e amore, e per una volta ebbi un fremito.

Ho un fetish per il sangue, è l'unica ombra che porto su di me.

Ma c'era anche altro, c'era la furia: finalmente la noia era finita, non avrei più dovuto indossare una maschera per ingannarla e farle perdere il controllo della situazione; era ora di combattere, di sentire le proprie mani maciullare la carne.

E finalmente quella dea avrebbe smesso di stuzzicarmi.

Mi lanciò uno sguardo volutamente languido, con un sorriso altrettanto stimolante, appoggiando il mento sul pugno sinistro.

Avevo ancora il cappuccio alzato, e mi permisi di non rispondere, o di compiere qualsiasi altra azione, salvo agitare il mantello da cui fuoriuscì una nebbia nera.

Era un mossa classica, molto d'effetto: nella penombra del campo di battaglia la forma del mio corpo non era distinguibile da sotto il mantello, quindi mentre lo agitavo l'oscurità si diffuse attorno a me, assumendo via via forme sempre più distinte, fino ad apparire come un immenso trono di armi e scarti di metallo, esteticamente orribile eppure terribile e suggestivo, talmente sgraziato che potevi tranquillamente sederti appoggiato allo schienale, con gambe accavallate e la testa abbandonata di lato, o adagiarti come su un divano di antica foggia, magari con un bicchiere di vino (o sangue nel mio caso) delicatamente stretto tra le dita.

Il suo sorriso rimase, ma dietro di esso la sua espressione si fece più incerta.

Mi concessi un ghigno di vittoria: tanto non poteva vedere sotto il mio cappuccio, nonostante tutti i poteri semi-divini che possedeva.

Si alzò, con grazia, e poi avanzò, tenendo le braccia distese verso terra, apparentemente innocua e non intenzionata ad offendere, anche se si vedeva lontano un miglio che stava per combinare qualcosa.

Stavolta le sue forme demoniache non si mostrarono, optò per una semplice veste blu mare, sottile, di quelle indossate in Cina, con gli spacchi della gonna che le permettevano di muovere liberamente le gambe, una fascia bianca che le cingeva i fianchi, e varie bende lungo gambe e braccia, con due cinture che attraversavano obliquamente il busto; due spade di buona fattura, dalla foggia occidentale ma di peso e aspetto più simile alle katane giapponesi, le pendevano dai fianchi.

Feci scrocchiare il collo con un gesto secco, prima di alzarmi a mia volta, scostando il mantello dal mio petto, per non farmi intralciare.

-Non oserai affrontarmi senza armi?- chiese lei, con un tono calmo e provocatorio.

“Evidentemente la mia assenza di preoccupazione la sta irritando. Bene, un problema in meno” pensai, agitando le dita della mano, come a controllare che funzionassero bene, prima di assumere una posa da combattimento -Tutto quello che mi serve è proprio qui.

Non parve molto convinta, anzi era decisamente contrariata, oltraggiata che un umano la considerasse in quel modo.

Il potere doveva averle dato alla testa.

D'improvviso meno un fendente con la sinistra, puntando dritta la lama verso di me, dall'alto verso il basso.

Sfuggii senza problemi balzando a destra, avendo previsto la mossa, e fu un bene perché l'intero ambiente venne tranciato in due nel silenzio più totale.

Aveva finalmente voglia di combattere.

Mentre la frattura nello spazio si richiudeva, il sottoscritto si gettò in avanti, senza emettere un fruscio.

Lei compì un fendente di traverso, stavolta con la destra, pensando di tagliarmi in due, ma fui più veloce e passai sotto al colpo, riuscendo quasi a raggiungerla, ma quella schivò il pungo che avrebbe dovuto spezzare la sua mascella spostandosi indietro e inclinando il capo.

Quindi compì una rotazione su se stessa, a velocità vertiginosa, fendendo l'ambiente in tutte le direzioni.

Balzai in alto, iniziando a volare per schivare la sequenza di attacchi; in quel caso fui raggiunto alla spalla, ma la ferita era meno grave di quanto sembrasse.

Sorrisi, sentendo la battaglia entrarmi nel sangue.

La dea si fermò, la gamba sinistra protesa in avanti, le spade ripiegate sul corpo.

Quando io attaccai dall'alto, con un calcio volante, lei reagì con un fendente, ma mentre alzava la spada il mio piede colpì la lama spezzandola.

Quindi raggiunsi anche l'addome, planando, e subito dopo il volto con un calcio diretto verso l'alto, usando sempre la stessa gamba.

Barcollò all'indietro per pochi attimi, stordita, e ciò mi permise di disarmarla anche della seconda lama, torcendole in polso con la mano destra.

Per completare l'opera, le afferrai il collo con la sinistra, scagliandola contro il terreno: rimbalzò una volta per poi atterrare in equilibrio su tre arti, e in quella frazione di secondo un mio calcio calò sulla sua schiena, facendola accasciare.

Quindi sferrai un pugno dove avrebbe dovuto trovarsi la nuca, ma quella riuscì a rotolare via, allontanandosi.

Mentre indietreggiava usai un altro pugno a pressione, aprendo uno squarcio nell'ambiente e apparentemente spazzandola via.

Ma non finiva mai così facilmente quando affrontavi un dio.

Strinsi i pugni preparandomi a ricevere la prossima mossa, chiudendo gli occhi per permettere agli altri sensi di diffondersi, dandomi la chance di scorgerla anche a grande distanza.

Sentii all'esterno i guerrieri delle due fazioni prepararsi alla battaglia contro quella che loro credevano una divinità invincibile.

“Meglio lasciarglielo credere. Se tutto va bene, non avranno di che temere...” fui raggiunto da un lancinante dolore al petto.

Immediatamente ritrassi l'armatura, lasciando il mio corpo nudo ad illuminarsi della luce fatua delle torce: il petto era bagnato dal mio sangue, con tre ampi vani che si aprivano impietosi, che probabilmente erano gli artigli di quella donna.

“Può piegare lo spazio eh? Questa non la potevo prevedere” mi sfuggi un ghigno compiaciuto pensando a quelle parole “L'ideale. Un combattimento senza mosse impreviste non è un combattimento” mi leccai le labbra, aspirando l'eccitazione.

Alzai lo sguardo e vidi poca distanza da me la dea... distratta da qualcosa.

Abbassai brevemente lo sguardo prima di darmi un ceffone rassegnato in fronte, notando che senza armatura ero completamente nudo e con il volto scoperto.

“Ma è mai possibile che succeda sempre?” mi chiesi, mentre le ferite si rimarginavano.

In ogni caso quella battaglia doveva finire, e non certo con il sottoscritto che si dava in pasto a quella creatura, oh no.


A\N: La seconda parte arriva domani. Intanto un po di dovute spiegazioni: dovete sapere che l'armatura di Guardiano è collegata ad un misero chip che tiene attaccato alla base del collo, alimentandolo con l'energia elettrica dei suoi impulsi neurali.
Il chip è in grado di contenere l'intera armatura, e tutte le armi che tiene nascoste li dentro, per mezzo di un sofisticato sistema di miniaturizzazione, e può attivarla semplicemente col pensiero, letteralmente.
Quindi il perché si sia ritrovato nudo nel giro di un secondo è molto semplice: ha detto alla sua armatura di ritrarsi ed essa l'ha fatto.

Alla prossima. Ciao.

  
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