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Autore: TimeFlies    27/12/2015    6 recensioni
Scarlett, diciassette anni appena compiuti e un segreto piuttosto scomodo da nascondere, non potrebbe essere più felice di stare nella sua adorata ombra, lontana da sguardi indiscreti e da problemi presenti e passati che non vuole affrontare.
Adam, riflessivo eppure anche avventato, ha sempre avuto un'innata curiosità e una gran voglia di sapere.
Quando vede Scarlett per la prima volta non riesce a fare a meno di sentirsi attratto dall'aura di mistero che la circonda. Vuole conoscerla, svelare ciò che si nasconde dietro quella facciata di acidità e vecchi rancori.
Tutti i tentativi della ragazza di allontanarlo da sé finiranno per avvicinarli ancora di più portandoli dritti ad un preannunciato disastro. O forse no, perché nei momenti di difficoltà possono nascere le alleanze più impensate, soprannaturale e umano possono trovare un punto d'incontro.
E quando il pericolo si avvicina, l'unica cosa che vuoi è avere qualcuno al tuo fianco. Poco importa se solo poco prima eravate perfetti sconosciuti, se lui è entrato nella tua vita con la grazia di un uragano, se non volevi niente del genere.
A volte, un diciassettenne un po' troppo insistente è tutto ciò che hai, è la tua unica speranza. E tu la sua.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Under a Paper Moon- capitolo 16




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16. Adam

Non avevo mai dato ripetizioni e cominciare con qualcuno con il carattere estremamente lunatico di Scarlett non mi sembrava il modo migliore di iniziare a lavorare. C’era da dire che avevo raggiunto il mio obbiettivo, piuttosto stupido ed inutile, ovvero starle vicino almeno per un po’. L’unico problema era che a quel punto non avevo idea di quale sarebbe stata la mia prossima mossa.
Contrariamente a quello che pensavo, la lezione si rivelò abbastanza… non piacevole, ma calma, senza ringhi o scatti di rabbia, anche se Scarlett rivolse epiteti tutt'altro che lusinghieri alla sua prof e alla matematica in generale.
Ci eravamo seduti al tavolo della cucina, l’uno di fronte all’altra come a voler mantenere le distanze; in mezzo a noi quaderni, libri e fogli pieni di esercizi, formule e definizioni varie. Scarlett rimase sempre sulle sue e mi lanciava occhiate sospettose praticamente ogni volta che credeva fossi concentrato su altro. Fui tentato di affrontarla a viso aperto e chiederle quale fosse il problema, ma mi dissi che era meglio non tirare troppo la corda, avevamo già fatto dei notevoli passi avanti, ci sarebbe stato tempo dopo per quella mia strana e incomprensibile attrazione.
«La definizione di disequazione?» Chiesi guardandola.
Lei si lasciò sfuggire una smorfia. «Uh… Non credo di averla scritta.»
«Sì, invece.» Replicai. «È qui, sotto il testo di Fake Your Death.» Aggiunsi indicandole la pagina del suo quaderno, aperto sul tavolo davanti a me.
Si bloccò all’improvviso con la penna a mezza strada verso la bocca e mi guardò con gli occhi spalancati. «Conosci i My Chemical Romance?»
Mi strinsi nelle spalle. «Sì. Non tutte le canzoni, ma qualcuna la conosco.»
Lei schiuse le labbra, come se non si fosse trovata di fronte a chissà quale strano fenomeno. «Non ci credo… Beth pensava che fossero un profumo… E adesso tu mi dici che ti piacciono.»
Mi lasciai sfuggire un sorriso. «Davvero Elisabeth credeva che fossero un profumo?»
«Sì!» Esclamò lei con il tono di chi ha finalmente trovato qualcuno capace di capirla. «E in più ha detto che i testi non hanno senso…» Scosse appena la testa. «C’è da dire che lei ascolta quella roba commerciale da discoteca quindi…»
Mi mordicchiai il labbro per non sorridere di nuovo. «In effetti lei mi sembra il tipo che ascolta musica più… moderna e comune.»
«Ma tu non mi sembravi il tipo che ascolta i My Chemical Romance, o simili. Credevo ti piacesse roba più… tranquilla.» Ribatté lei inclinando appena la testa di lato.
«L’apparenza inganna.» Risposi. «E se stai pensando alla musica classica ti sbagli di grosso.»
Distolse lo sguardo. «N-non stavo pensando a quella.»
Fu piuttosto difficile non mettermi a ridere di fronte alla sua espressione colpevole. «No, certo.»
Lei mi scoccò un’occhiataccia e mi tirò un calcio da sotto il tavolo. «Falla finita.»
Alzai le mani in segno di resa. «Okay, okay… Certo che sei suscettibile, eh?»
L’oro nelle sue iridi si fece più intenso. Sarebbe potuto essere un brutto segno, se, nello stesso momento, non avesse sorriso. «Ricordati con chi hai a che fare.»
La guardai negli occhi sfidandola apertamente. «Non ho paura di te.»
Lei sbatté le palpebre lasciando che il marrone tornasse a predominare e abbassò lo sguardo. «Lo so. Dovresti averne però.»
«Perché?» Chiesi appoggiando la schiena alla sedia.
Sembrò spiazzata dalla mia domanda. «Perché sono un lupo mannaro.» E dal tono con cui lo disse capii che lo considerava più che ovvio. 
«Avere paura di questo tuo lato sarebbe come generalizzare. Sì, insomma, sarebbe come dire che ho paura delle leggende sui licantropi.» Le feci notare.
«Saranno anche esagerate, ma un fondamento di verità magari c’è.» Ribatté.
«O magari no. La gente ha paura del diverso.» Mormorai.
Chiuse gli occhi per un attimo. «Adam, lo sai come la penso: avvicinarti a me è pericoloso. E lasciartelo fare è stato stupido, ma ormai è tardi per tornare indietro.»
«Vero. A questo punto puoi solo darmi una possibilità.» Una parte di me si aspettava che mi saltasse alla gola per una frase del genere, soprattutto dopo tutte le storie che aveva fatto sul mantenere le distanze.
Invece sembrò solo tanto stanca. «Dio, quanto sei insistente. Ancora devo capire che ci trovi di tanto interessante in me.»
“Tante cose”, rispose una vocina nella mia mente. «Non lo so neanche io, ma se mi dai la possibilità di aiutarti potremmo scoprirlo.»
«Non servirebbe a nulla.» Decise. «Che mi avevi chiesto prima?»
Non insistetti: in fondo, a che poteva servire? A renderla ancora più ostile nei miei confronti? No, era meglio tenerla buona finché potevo. «La definizione di disequazione.»
Si lasciò sfuggire di nuovo una smorfia anche se qualcosa nel suo sguardo mi fece capire che mi era grata per aver lasciato perdere i miei tentativi di andare oltre.

Via via che le settimane passavano e che le lezioni continuavano, Scarlett sembrava cominciare a perdere quella sua aria sospettosa e cupa. A volte arrivava addirittura a sorridermi. Certo, erano sorrisi brevi e di circostanza, ma erano un inizio.
Elisabeth si era ripresa dall’influenza ed era tornata, sicura di sé e allegra come sempre. Anche se inizialmente ne ero rimasto molto sorpreso, stavo cominciando a stare bene con lei. Era una compagnia più che piacevole quando non parlava di vestiti, e, devo ammetterlo, tutta quella sua sicurezza era piuttosto affascinante.
 L’unica cosa che non mi piaceva molto di lei era la sua incredibile voglia di uscire ogni sabato sera per andare ogni volta in una discoteca diversa e ogni volta con un gruppo di persone diverse. Non riuscivo ancora a capire come facesse a conoscere tanta gente, ma, soprattutto, come facesse a ricordarsi tutti i nomi.
«Che ne dici di uscita a quattro sabato?» Propose Elisabeth sedendosi accanto a me su una panchina nel cortile della scuola e osservandomi con quei suoi grandi occhi scuri.
«A quattro? E chi ci sarebbe?» Chiesi ricambiando l’occhiata.
«Io, tu, Scarlett e il suo ragazzo.» Spiegò lei risistemandosi il colletto della camicetta che indossava.
«Scarlett ha un ragazzo?» Non avrei dovuto dirlo, lo sapevo, ma ormai era tardi.
Lei non sembrò farci troppo caso. «Sì. Si chiama James se non mi sbaglio. Allora, che ne dici?»
Uscire con Scarlett non mi sembrava poi una grande idea, soprattutto se ci sarebbe stata anche Elisabeth, ancora all'oscuro di tutto quello che c'era stato tra me e la sua migliore amica. Ma come potevo rifiutare? Mi serviva un motivo valido per farlo, però non potevo rivelare i miei trascorsi con Scarlett, quindi non avevo una scusa.
«Per me va bene. Lei lo sa già?» Domandai sperando che non intuisse il mio nervosismo.
«No.» Si strinse nelle spalle. «Mi è venuto in mente stamattina.»
Una piccola parte di me pensò che vivere alla giornata come faceva lei non rientrasse per niente nelle mie corde. «Ah. Bene.»
Lei sorrise, soddisfatta, e mi diede un bacio veloce. «Perfetto. Oh, prima che me ne dimentichi, probabilmente nel locale ci saranno altri miei amici, ma non è un problema, giusto?»
In effetti, mi sembrava che in un’uscita a quattro ci fossero troppe poche persone per i suoi soliti standard. «Ehm, no, non credo.»
Il suo sorriso si fece malizioso. «Ottimo.»
Trovai appena il tempo di ringraziare il cielo per il fatto che c’erano poche persone nel cortile della scuola quando Elisabeth mi mise le braccia intorno al collo e mi baciò come se fossimo stati completamente soli.

«Certo che potevi mettertela una gonna…» Commentò Elisabeth lanciando un’occhiata critica a Scarlett.
La diretta interessata alzò gli occhi al cielo. «Sì, certo, e poi magari anche un corsetto. Col cavolo che mi metto una gonna.»
A dir la verità, nemmeno io ce la vedevo con un vestito. Mi sembrava che la vera Scarlett fosse quella che avevo davanti, quella con indosso una canottiera blu che le lasciava la schiena scoperta e dei jeans neri molto aderenti. Aveva lasciato i capelli completamente sciolti, come se non gliene fregasse niente di come appariva. Una linea di trucco nera le scivolava sulla palpebra attirando l’attenzione sui suoi occhi marrone dorato. Al collo portava un piccolo ciondolo argentato a forma di foglia.
Accanto a me, Elisabeth sbuffò spazientita. «Ma hai delle belle gambe, perché non mostrarle?» Guardò il ragazzo accanto alla sua migliore amica. «Vero che ha delle belle gambe?»
James, così mi sembrava si chiamasse, spalancò gli occhi e balbettò qualcosa. Non mi sembrava un tipo molto di compagnia, anzi, dava l’impressione di essere piuttosto timido anche se Elisabeth mi aveva detto che suonava in gruppo.
Scarlett arrossì di colpo e fulminò Elisabeth con un’occhiataccia. «Perché lo chiedi a lui, scusa? E poi che c’entra se ho delle belle gambe o no? Odio le gonne in generale.»
«Perché è il tuo ragazzo, ecco perché gliel’ho chiesto.» Replicò Elisabeth come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
Alcuni ragazzi intenti a fumare vicino all’entrata della discoteca si girarono a lanciarle un’occhiata: non si poteva dire che Elisabeth avesse una voce che passava inosservata. Soprattutto quando faceva quelle esclamazioni improvvise.
Mi chinai su di lei per sussurrarle all’orecchio: «Forse è meglio se entriamo, mmh?»
Capì subito la mia allusione allo strano spettacolo che lei e Scarlett stavano imbastendo e annuì con aria decisa. «Sì, andiamo.»
Al contrario della sua migliore amica, Elisabeth aveva scelto con cura cosa indossare: l’abito rosso scuro le fasciava il corpo mettendone in risalto le forme, i tacchi le slanciavano le gambe, i capelli raccolti le scoprivano la pelle chiara del collo, gli orecchini di dorati le illuminavano il viso.
Quando entrammo nel locale mi ci volle un po’ per abituarmi alla mancanza di luce e alla musica martellante. Elisabeth sembrava perfettamente a suo agio, invece, come non ci fosse stata tutta quella gente.
«Stammi vicino.» Si raccomandò con un sorrisetto.
Dietro di noi, sentii Scarlett borbottare qualcosa in tono irritato, ma non riuscii ad afferrare nessuna parola.
«Oh, c’è Cindy!» Esclamò Elisabeth. «Ti va di conoscerla?» Aggiunse voltandosi verso di me.
«Sì, perché no.» Risposi.
In realtà non morivo dalla voglia di incontrare l’ennesima amica di Elisabeth, più che altro perché qualcosa mi diceva che prima o poi avrei confuso il suo nome con quello di qualcun altro. Elisabeth mi fece un sorriso compiaciuto, poi si girò verso il centro della discoteca e si sbracciò come per attirare l’attenzione di qualcuno.
Qualche secondo dopo una ragazza con lunghi capelli biondi visibilmente tinti e occhi marroni circondati da un’impressionante quantità di trucco nero ci raggiunse. Le sue labbra, rese lucide e appariscenti dal rossetto, si incurvarono in un sorriso che mi sapeva di stucchevole.
«Eli! Ciao!» Esclamò abbracciando Elisabeth.
La nuova arrivata, Cindy, indossava un vestito rosa scuro che le arrivava a metà coscia e scarpe argentate con un tacco vertiginoso. Sembrava molto sicura di sé, come quelle ragazze che, nei film, fanno la parte della cheerleader perfida.
Cindy si staccò da Elisabeth sorridendole tutta contenta. «Che bello rivederti, tesoro.»
Elisabeth ricambiò il sorriso. «Anche per me, davvero.»
Sentii Scarlett sbuffare spazientita dietro di me e dovetti darle ragione: l’atteggiamento di Cindy dava ai nervi anche a me.
Cindy spostò lo sguardo su di me e socchiuse gli occhi, come se stesse valutando un vestito in una vetrina. «E lui chi è?»
Elisabeth mi prese per mano e io, quasi senza rendermene conto, intrecciai le dita alle sue. La finta bionda alzò un sopracciglio di fronte a quel gesto e lanciò un’occhiata ad Elisabeth, come a volerla incitare a parlare.
«Cindy, lui è Adam, il mio ragazzo.» Spiegò Elisabeth.
«Oh, capisco.» Commentò lei. «Beh, è un piacere conoscerti Adam.»
Non mi tese la mano e mi ritrovai a ringraziare le entità superiori per questo: aveva le unghie lunghe e di un rosa molto accesso che le faceva sembrare quasi pericolose. “Aspetta un attimo”, pensai, “entità superiori?”. Quelle erano roba di Scarlett, perché ci stavo pensando?
Cindy lanciò un’occhiata a qualcosa alle mie spalle e la sua espressione si fece infastidita, anche se fu solo per un attimo prima che quel sorriso stucchevole le tornasse sulle labbra. «Scarlett, ciao!»
La diretta interessata fece un paio di passi avanti fino a trovarsi accanto a me. Si era stampata un finto sorriso in faccia, ma si vedeva comunque che si stava chiedendo cosa aveva fatto di male per finire in una situazione del genere.
«Cindy… ciao.» Disse e mi sembrò che le costasse un notevole sforzo di volontà.
La finta bionda faceva di tutto pur di non guardarla negli occhi. «Oh, ehm… Vedo che anche tu sei in compagnia, dico bene?»
Scarlett fece per stringersi nelle spalle come se il suo accompagnatore non avesse avuto importanza, ma si fermò di colpo e annuì. «Sì. James è il mio ragazzo.»
Lo avevo già sentito dire da Elisabeth, ma averne la conferma da Scarlett stessa mi fece uno strano effetto, come se Lena fosse venuta da me a dirmi che si era trovata un fidanzato: non sarebbe stato… giusto. “Ma che sto dicendo? Scarlett ha quasi diciotto anni, non posso paragonarla a una bambina di quattro”, mi dissi. Ed era vero: non aveva senso mettere a confronto due persone così diverse solo perché una parte di me aveva una strana reazione quando veniva nominato James in quanto ragazzo di Scarlett.
Un’ombra attraversò lo sguardo di Cindy. «Non posso lasciarvi sole neanche per qualche settimana che vi accaparrate tutti i bei ragazzi di Seattle, eh? Su, andiamo, gli altri ci stanno aspettando.»
James sembrò compiaciuto di essere stato inserito nella categoria “bei ragazzi”, io ero troppo distratto dalla smorfia esasperata di Scarlett per farci caso: evidentemente non andava pazza per gli amici di Cindy. E come darle torto se erano tutti come la bionda finta?

Non ci volle molto perché praticamente tutto il gruppo di Cindy fosse mezzo ubriaco. A dirla tutta, erano già a buon punto quando ci unimmo a loro, quindi nel giro di un’ora o poco più erano andati quasi del tutto. Da una parte era meglio così, perché temevo di non riuscire a ricordarmi i loro nomi. Non tutti almeno.
Avrei dovuto guidare io per tornare a casa, quindi non bevvi quasi niente e cercai di evitare che Elisabeth esagerasse: visto quello che era successo con Scarlett al compleanno di mia cugina non ci tenevo a ritrovarmi con un’altra ragazza ubriaca desiderosa di raccontarmi il suo passato o di farmi domande scomode.
«Facciamo il gioco della bottiglia!» Esclamò qualcuno così forte da superare persino la musica che continuava a martellare da quando avevamo messo piede in quel locale.
La proposta fu accolta con acclamazioni generali, saltò fuori una bottiglia vuota di quella che sembrava vodka alla menta, e in qualche modo mi ritrovai seduto su un divanetto di pelle di fronte ad un tavolino con Elisabeth alla mia sinistra e Scarlett alla mia destra. Il resto degli amici di Cindy, lei compresa, si era stretto su un altro divano e su alcune sedie.
Una ragazza con lunghi capelli scuri si sporse verso il centro del tavolo e vi posizionò la bottiglia. «Le regole le sapete, no? La persona che verrà indicata dalla bottiglia dovrà baciare chi è seduto alla sua sinistra. Senza se e senza ma. Anche se è vostra sorella o vostro fratello.» E ridacchiò, come divertita dalla sua stessa battuta.
Attorno a lei si levò un coro di risate e di incitamenti. Un ragazzo biondo allungò un braccio e fece giare la bottiglia. Mi appoggiai allo schienale del divano con un sospiro: si prospettava come una notte fin troppo lunga.

Dopo l’ennesimo bacio e l’ennesimo applauso -di cui ancora non capivo l’utilità-, la ragazza mora, tra una risatina e l’altra, afferrò la bottiglia e la fece girare. Lei aveva già baciato entrambi i ragazzi ai suoi lati, ma sembravano tutti e tre troppo ubriachi per farci veramente caso.
Per fortuna il mio lato era stato relativamente ignorato ed era molto meglio così: non mi andava di trovarmi al centro dell’attenzione, per niente. Incrociai le braccia al petto mentre guardavo distrattamente il legno del tavolo, perso nei miei pensieri: continuavo a chiedermi se Michael sarebbe mai riuscito a fare veramente chiarezza in quello che provava per chi. Dopo che aveva baciato quel ragazzo alla festa di Selena, ne aveva parlato con Julia, che si era rivelata più matura di quanto mi aspettassi. Gli aveva detto di prendersi un po’ di tempo per riflettere, per capire se era cambiato qualcosa in ciò che lui sentiva per lei.
Solo che, a distanza di settimane, Michael non aveva neanche un accenno di risposta, e continuava a rimandare il momento in cui avrebbe dovuto affrontare Julia di nuovo. Non doveva essere facile ritrovarsi un dubbio del genere così, all’improvviso, per colpa di qualcosa che avevi fatto quando non eri molto lucido, ma non poteva continuare a far finta di nulla.
«Cosa?!» Sbottò una voce che conoscevo forse anche troppo bene.
Sollevai lo sguardo giusto in tempo per vedere una Scarlett decisamente furiosa che gesticolava protestando contro la bottiglia che la stava indicando. “Perché fa tutto questo rumore? Deve baciare il suo ragazzo, dov’è il problema?”, pensai. Poi mi tornò in mente la voce della ragazza bruna che diceva che la persona puntata dalla bottiglia doveva baciare quella alla sua sinistra. E quindi, nel caso di Scarlett, quella persona ero io.
«Non è possibile!» Esclamò Scarlett. «Andiamo, siamo sicuri che fosse a sinistra e non a destra?»
«Sicurissimi.» Dichiarò il biondo che aveva dato inizio al gioco.
«Se volete un po’ di privacy potete andare in bagno.» Aggiunse qualcuno di cui non ricordavo il nome. Mi sembrava che fosse qualcosa tipo Mark o Matt.
Scarlett lo fulminò con un’occhiataccia. «Nemmeno per sogno.»
«Dobbiamo proprio farlo?» Mi sentii chiedere.
La ragazza bruna che aveva spiegato le regole fece per rispondere, ma venne anticipata da Cindy, seduta accanto ad Elisabeth: «Sì, dovete. Avete preso parte al gioco e adesso è tardi per tirarvi indietro.»
Qualcosa nel suo sguardo e nel suo tono di voce quasi canzonatorio mi fece capire che la mia prima impressione era giusta: non solo ne aveva l’aspetto, Cindy era una cheerleader cattiva fino all’osso.
Il mio sguardo incrociò quello di Scarlett, frustrato e rabbioso, ma lei lo distolse subito. Ne rimasi un po’ sorpreso: non era da lei cedere per prima in un confronto visivo.
Intorno a noi, i ragazzi e le ragazze mezzi ubriachi insistevano a gran voce perché ci fosse il bacio in modo da far continuare quello stupido gioco. Scarlett si guardò intorno come un animale messo all’angolo da un cacciatore prima di sospirare.
«D’accordo.» Disse a denti stretti. «Facciamolo e basta.»
Spalancai gli occhi, sorpreso: era seria? «Scarlett… non so se è una buon’idea.»
«Non lo è, infatti. Ma non abbiamo tanta scelta.» Sembrava che non mettersi a ringhiare le costasse un grande sforzo.
Scivolò sul divano fino ad avvicinarsi a me quel tanto che bastava perché avessimo il viso alla stessa altezza. Beh, più o meno visto che ero più alto di lei.
«Facciamolo e basta.» Ripeté lei più a se stessa che a me.
Sembrava ansiosa di togliersi dai riflettori tanto quanto lo era stata di evitare le mie domande.
Solo in quel momento mi ricordai che, oltre ad Elisabeth, c’era anche James, seduto proprio accanto a Scarlett. Sollevai lo sguardo e lo trovai intento ad osservare la sua ragazza sul punto di baciare un altro con un’espressione da cucciolo bastonato in viso.
Tornai a guardare Scarlett cercando, nello stesso tempo, un modo per farci uscire da quella situazione più che scomoda. A quel punto, però, lei era già a pochi centimetri da me. Non eravamo mai stati così vicini. E, prima che potessi rendermene davvero conto, la stavo baciando.



SPAZIO AUTRICE: Ehilà :3
Innanzitutto buon Natale, anche se in ritardo, e buone feste! Spero che le stiate passando nel miglior modo possibile <3
Detto questo, beh, immagino di dovervi qualche spiegazione riguardo al capitolo. Prima, però, volevo dire che non sono per niente sicura di quali siano le regole del gioco della bottiglia, ho semplicemente improvvisato e spero che esista una versione simile alla mia.
Negli scorsi capitoli non ho accennato niente al bacio Adamett, ma solo perché volevo che fosse completamente inaspettato. Lo è stato per voi e lo è stato per Adam e Scarlett. Nel prossimo capitolo capirete meglio perché Scarlett non si è tirata indietro o non ha interrotto il gioco per non baciare quello che sembra essere il suo peggior nemico, per adesso dovete accontentarvi di questo piccolo assaggio. E sì, lo so che non è così che vi aspettavate il loro primo bacio, ma prima che uno dei due realizzi e si decida ad ammettere ciò che prova, o inizia a provare, per l'altro dovrà passare parecchio tempo. Ho voluto semplicemente sbloccare un po' la situazione.
Spero che questa mia scelta vi piaccia o che comunque non vi sembri troppo fuori luogo.
Un'altra cosa: probabilmente nessuno di voi conoscerà i My Chemical Romance, ma sono uno dei miei gruppi preferiti e usare la musica mi è sembrato un buon modo per creare una sorta di collegamento tra Scarlett e Adam. Vi consiglio di ascoltarli se vi piace il genere punk/rock.
Penso di aver detto tutto, quindi ancora auguri di buone feste e ci vediamo al prossimo capitolo.

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