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Autore: dreamlikeview    28/12/2015    5 recensioni
Tutto inizia quando Harry Styles si presenta in biblioteca da Louis Tomlinson per chiedergli aiuto con lo studio, pretendendo che lui faccia tutto il lavoro al posto suo perché lui è troppo impegnato con il basket... cosa potrà mai accedere dall'incontro di un nerd e un giocatore di basket?
[Larry, college!au, nerd!Louis, playmaker!Harry]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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*
 
Louis era troppo preso dalla lettura di un affascinante saggio sulla letteratura inglese del secolo precedente, per accorgersi che, lì, nel corridoio che portava dall’aula di Storia della lingua inglese all’aula di Filologia, qualcuno correva proprio nella sua direzione. Louis Tomlinson era un giovane studente di lettere moderne, appassionato di letteratura e filosofia, definito dai suoi amici “topo da biblioteca” o da altri compagni di college “trenta e lode”, aveva l’abitudine di leggere in qualsiasi circostanza, anche la meno confortevole, e gli piaceva restare ore in biblioteca a fare ricerche, il suo sogno era quello di pubblicare un saggio sulla letteratura in generale, di qualunque nazionalità, facendo un confronto tra le varie epoche, interessandosi soprattutto alla letteratura del suo secolo.
Avrebbe voluto parlare delle sue idee con qualcuno, ma a parte il suo compagno di stanza – che frequentava quasi gli stessi corsi – non sapeva con chi altro parlare, non era un tipo esattamente socievole, e non poteva di certo parlarne ancora con i docenti, non aveva fatto abbastanza ricerche. Per questo, annoiava spesso il ragazzo che condivideva con lui la stanza, cercando di sembrare meno noioso possibile, ma finiva sempre per farlo addormentare. Ma sapeva che l’altro non capisse nulla, non gli interessava, Liam, il compagno di stanza, era più interessato alla letteratura antica, quella di stampo medievale. Non avrebbero potuto essere più diversi, nello stesso campo che studiavano. C’era, infine, Niall, il ragazzo punk della camera accanto, che a volte si interessava ai suoi discorsi, ma finiva sempre con distrarsi, anche a causa di una mosca. Questo scoraggiava Louis, perché credeva davvero nelle sue idee, e non poteva immaginare che nessuno fosse interessato ad esse.
Era diretto all’aula di Filologia, mentre leggeva, quando si ritrovò scaraventato a terra da quello che sembrava essere un armadio. Gli occhiali caddero rovinosamente per terra, i libri si sparsero sul pavimento, e lui si ritrovò quasi faccia a terra, il libro che stava leggendo, volò a qualche metro da lui. Emise un leggero gemito di dolore, rendendosi conto di essere realmente finito per terra. Quale animale selvatico lo aveva investito?
«Scusami, non ti avevo visto!» esclamò colui che lo aveva travolto. Louis si sforzò di mettere a fuoco, ma non vide nulla a parte una mano che si protendeva verso di lui – la sua miopia non aiutava un granché - «Stai bene, nulla di rotto?» chiese ancora il ragazzo, la voce riusciva a distinguerla, era chiaramente un ragazzo, dal timbro di voce basso e rauco.
«Sto bene» emise flebilmente il giovane studente «Ma ti sarei grato se mi aiutassi a trovare gli occhiali» disse sottovoce, leggermente intimidito, tastando il pavimento alla ricerca degli occhiali. Almeno avrebbe potuto vedere con i propri occhi il carrarmato che gli era arrivato contro.
«Oh certo» rispose l’altro abbassandosi nuovamente sul pavimento per raccogliere gli occhiali del ragazzo; una volta presi li depose sugli occhi dell’altro, sorridendo. Quando Louis vide in volto l’altro, dovette deglutire e prendere diversi respiri prima di riuscire a parlare. Era la personificazione di un angelo, quello che aveva davanti. I capelli leggermente lunghi e mossi ricadevano morbidi lungo il volto del giovane, che possedeva un paio di occhi verdi smeraldini meravigliosi, e un sorriso in grado di rallegrare la persona più triste, lui sorrise intimidito, e: «Grazie» sussurrò flebilmente, poi lo vide abbassarsi nuovamente e raccogliergli tutto ciò che gli era caduto; nessuno era mai stato tanto gentile, altri lo avrebbero schernito dicendogli un “sta più attento, imbecille”, ma questo ragazzo no, lo aveva anche aiutato.
«Mi dispiace davvero, ero in ritardo per Letteratura Inglese e non ti ho proprio visto!»
«No, non preoccuparti, io stavo leggendo, avrei dovuto stare più attento» gli rispose di rimando. Il riccio gli sorrise ancora, restituendogli ciò che aveva raccolto. Louis era totalmente incantato da quel sorriso, avrebbe voluto chiedergli il nome, che corsi frequentava e se ne avessero in comunque, ma tutto ciò che fece, fu ringraziarlo e riprendere le proprie cose.
«Ci vediamo in giro!» esclamò agitando la mano per salutarlo, fuggendo via prima che l’altro potesse parlare. Louis sospirò stringendo i libri al petto e sistemandosi gli occhiali sul naso. Doveva scoprire chi era.
Doveva assolutamente raccontare a Liam cosa era accaduto quella mattina, era così surreale, così strano, così irreale, eppure si sentiva felice e non riusciva a smettere di sorridere, era difficile che gli accadessero cose positive, ma quando accadevano lo lasciavano con un senso di felicità e leggerezza per tutto il giorno. Sicuramente avrebbe incontrato quel ragazzo ancora, e gli avrebbe chiesto il nome, che corsi frequentava… sperava solo non fosse un idiota di una confraternita.
Dopo essersi ripreso dalla caduta, procedette cauto verso l’aula di Filologia, sperando di non essere travolto ancora da qualcuno. Giunto sano e salvo all’aula, seguì la lezione senza altri intoppi, cercando solo di non pensare al tempo che passava troppo lentamente, alle due ore che sembravano non passare mai e quel professore che non smetteva mai di parlare. Di solito non gli pesava seguire le lezioni, ma quella mattina era successo qualcosa che lo aveva destabilizzato dal suo scopo originale, qualcosa, o meglio qualcuno, che aveva un paio di occhi verdi brillanti, dei capelli lunghi e ricci, e un sorriso mozzafiato.
La fine della lezione arrivò, e Louis fece una corsa immane verso la camera che divideva con Liam, sapeva che lo avrebbe trovato lì, la mattina aveva pochi corsi, e il pomeriggio iniziavano solo alle quattro passate.
«Liam, Liam!» esclamò entrando in camera, giungendo fino all’amico «Non puoi capire cosa è successo oggi!»
«Il professore di Filologia ti ha messo un trenta solo perché hai respirato?» chiese sarcasticamente l’amico, guardandolo divertito, non aveva mai visto Louis così gasato durante quei tre anni che avevano passato al college insieme.
«No, stupido!» rispose frettolosamente, un po’ offeso dall’insinuazione dell’amico, lui studiava per prendere trenta, mica era un voto che gli veniva regalato «Stavo andando a lezione, quando…beh è spuntato fuori questo tizio è mi è caduto addosso, era… un armadio, Lì!» spiegò gesticolando con le mani nervosamente.
«Oddio, ti sei fatto male?» chiese, ora, preoccupato Liam, interessandosi al racconto. Non capiva come potesse essere così euforico per un incidente del genere, aveva assunto qualche droga?
«Solo un po’, sono sopravvissuto, ma tu non sai! Il ragazzo, bellissimo tra l’altro, che mi è venuto contro, mi ha aiutato a raccogliere i libri e mi ha anche cercato gli occhiali!»
«Quindi era un ragazzo educato e non una belva come tutti quelli che frequentano questo college?»
«Esatto! E poi… che occhi, Liam, che occhi!»
«Ma chi è questo tizio? Lo conosco? »
«Non lo so, ha gli occhi verdi, i capelli ricci e un po’ lunghi» spiegò cercando di non dimenticare nessun particolare del ragazzo che aveva incontrato «Alto, più o meno quanto te, forse un po’ più alto» sorrise continuando, non riusciva a smettere di pensare a lui, da quando lo aveva incontrato «E ha le spalle larghe, è enorme, davvero, pensavo mi avesse investito un carrarmato, o un armadio».
«Vuoi vedere che hai incontrato Harry Styles?» rise l’altro, guardando l’amico che era ancora emozionato per il ragazzo “gentile ed educato” che aveva incontrato quella mattina «Non lo conosci? Fa basket ed è, tipo, ambito da tutto il campus, sia ragazze che ragazzi» gli spiegò, l’altro lo guardava a bocca aperta; certo che non lo conosceva, non lo aveva mai visto prima di quella mattina, o forse sì, forse a qualche lezione, o qualcosa del genere, ma non aveva mai fatto caso a lui. «E lui ci sta, insomma, perché gli piacciono entrambi i sessi, ma non è un tipo molto affidabile» spiegò all’amico, guardandolo. Louis stava già pensando che un ragazzo educato, che si scusava con lui era impossibile da trovare, ma un ragazzo a cui piacevano i ragazzi, gentile ed educato, e anche popolare, credeva fosse un’utopia, realizzabile solo nei suoi libri. Ne aveva appena incontrato uno e stentava a credere a quanto fosse accaduto. Si sorprese di sorridere come un idiota, mentre Liam cambiava argomento, iniziando ad insultare Niall, che aveva appena acceso lo stereo ad un volume improponibile. La solita routine era iniziata di nuovo.
 
Aveva dovuto fare una scelta, Louis, quel pomeriggio: restare in camera a studiare con Liam e Niall che discutevano urlando da una camera ad un'altra, accompagnati dal fragore della musica del punk, o andare in biblioteca alla ricerca di un po’ di pace. Ovviamente, aveva scelto la seconda opzione, perché quei due erano davvero insopportabili. Niall non riusciva proprio a fare a meno di far innervosire Liam con il volume della radio, e Liam non poteva fare a meno di innervosirsi ogni volta. E Louis aveva una prova di metà semestre il giorno seguente; non si trovava mica nelle aule di Annalise Keating di How To Get Away With Murder, dove gli esami e le prove di metà semestre passavano in secondo piano – e gli studenti avevano comunque ottimi voti – no, lui doveva studiare, e anche parecchio, per mantenere alta la sua media. In quel momenti avrebbe pagato qualsiasi cifra per ritrovarsi in una delle serie televisive che seguiva, eppure, non avrebbe mai cambiato la sua vita di studente con un’altra, anzi, probabilmente, una volta laureato, gli sarebbe mancato tutto il lavoro di studi e ricerche per la preparazione degli esami. Sapeva di essere un tipo bizzarro, ma a lui non importava molto, preferiva di gran lunga essere se stesso, bizzarro, con hobby strani, e idee ancora più inusuali, piuttosto che un prodotto stereotipato della società che lo circondava.
Si trovava nella biblioteca, circondato da volumi enormi di filosofia europea ed estetica, quando qualcuno senza avvisarlo posò una borsa sulla sedia accanto alla sua, sedendosi su quella di fronte. Louis si innervosì appena, cercando di non dare a vedere il suo stato d’animo, perché con tanti posti liberi, qualcuno doveva sedersi accanto a lui, e rovinare il suo ordine mentale? Avrebbe dovuto spostare ogni libro? Non poteva, non avrebbe potuto consultarli tutti contemporaneamente. Voleva alzare lo sguardo e chiedere per cortesia al ragazzo di cambiare banco, quando questo si schiarì la voce, iniziando a parlare.
«Ehi, sei tu quello con il massimo in tutti gli esami di inglese?» chiese il ragazzo, e allora Louis si ritrovò ad alzare lo sguardo, sistemandosi gli occhiali sul naso, che erano scivolati in avanti mentre era chino su un volume.
«Ci sono tante persone che prendono il massimo in quegli esami, sono abbastanza semplici» rispose il castano, sentendosi in imbarazzo. Riconobbe quel ragazzo, lo avrebbe riconosciuto ovunque. Lo aveva visto accidentalmente alle partite di basket e ad alcune lezioni, nonostante lui non lo avesse più notato, Louis aveva continuato ad informarsi su di lui, l’unica persona popolare educata che c’era nel college. Non poteva far capire ad Harry Styles di averlo riconosciuto, lui non sapeva neanche della sua esistenza, come poteva? Probabilmente non ricordava neanche di averlo scontrato qualche settimana prima.
«Io sto cercando una persona che mi possa aiutare con un progetto di letteratura inglese» disse schiettamente il ragazzo riccio, guardandolo «Sono stato bocciato una volta, e non voglio ripetere l’esperienza, tu sei disposto ad aiutarmi?»
«Io…» Louis esitò per un attimo, poteva accettare? Era solo un aiuto per un esame, non doveva mica uscire con lui o fare altro, doveva solo aiutarlo con un progetto, non era poi così difficile, e poi così forse Harry Styles lo avrebbe notato, no? «Sì, penso non ci siano problemi» concluse, quasi con un sospiro pesante, togliendosi un peso dallo stomaco. Era il primo passo per avvicinarsi di più a quel ragazzo gentile, che aveva incontrato nel corridoio, magari sarebbero diventati amici, e poi… qualcosa di più, e avrebbe chiesto ad Harry di prendere un caffè, e poi dopo sarebbe nato qualcos’altro…
Non doveva pensare a queste cose.
«Ci vediamo qui in biblioteca domani a quest’ora, allora?»
«Io sono sempre in biblioteca, quando vuoi iniziare…»
«Affare fatto allora, a domani!» esclamò afferrando di nuovo la sua borsa in fretta «Io sono Harry, comunque» disse, prima di andare via, senza nemmeno aspettare che anche Louis si presentasse. Magari conosceva già il suo nome, no? Per andare direttamente da lui, doveva averlo già sentito, lo aveva definito “quello con il massimo dei voti”, quindi doveva per forza conoscerlo un po’, o almeno era quello che sperava potesse accadere.
Rimase in biblioteca fino a tardi a studiare, quando ritornò in camera, Liam non era lì, sulla porta c’era un post-it che recitava: “Esco. Ci vediamo domani mattina, Lì”, avevano quest’abitudine da due anni ormai, quando uno dei due usciva anche solo per partecipare a qualche festa del campus, o per qualche fuga notturna, avvisava con un post-it che non ci sarebbe stato. Scrisse velocemente un sms al coinquilino “Divertiti!”, e si appoggiò sul letto. Si sentiva un rottame, forse per la giornata passata sui libri, o per la posizione scorretta che aveva assunto studiando, o forse per entrambe, non lo sapeva, ma si sentiva davvero distrutto. Avrebbe voluto parlare con qualcuno della proposta di Harry, ma sapeva che Niall non sarebbe stato in camera – era la serata in cui lui e i suoi amici punk si trovavano – e oltre a lui e Liam non aveva altre persone con cui parlare. Avrebbe voluto dormire senza neanche cenare, ma sicuramente si sarebbe svegliato nella notte per divorare qualunque cosa. Afferrò, quindi, il panino che aveva comprato quel pomeriggio e lo mangiò stancamente, neanche riusciva a sentire i sapori, tant’era stanco, ma si sentiva felice. La proposta di Harry era stata una ventata d’aria fresca sulla sua monotonia, e non poteva che sentirsi diversamente. Mentre cenava, si concesse qualche minuto di social network, twitter, senza trovare nulla che potesse minimamente interessargli, prima di incappare nel profilo di Harry Styles. Non riuscì a trattenersi, lo seguì quasi in automatico. C’erano così tanti tweet e foto, il twitter di Harry, portava dritto al suo account di instagram, e Louis si ritrovò ad osservare le sue foto, era così affascinante, così forte e sicuro. C’erano delle foto che lo ritraevano mentre giocava a basket, altre con gli amici, c’erano foto scattate da lui a paesaggi, oggetti, persone, c’erano date, frasi ed eventi, c’era tutta la vita di Harry lì, e Louis si sentì un po’ più vicino a lui, sentiva di conoscerlo meglio. Sembrava davvero il tipo di ragazzo da scoprire pian piano, che all’esterno sembrava una persona, ma internamente era tutt’altro, sembrava il tipico ragazzo con cui un giorno, una persona fortunata avrebbe potuto creare una famiglia. E magari, riuscendo nell’impossibile – conquistarlo – quella persona poteva essere lui stesso. Guardava ogni foto del giovane, quasi incantato, leggeva quello che scriveva, le battute con gli amici, i commenti a foto di altre persone. Non si rese conto del tempo che trascorreva, si addormentò con il telefono sotto la testa, e ancora i profili di Harry aperti sui vari social, oltre twitter ed instagram, aveva aperto anche il suo profilo di facebook, e senza rendersene conto, quasi in automatico, gli aveva inviato una richiesta di amicizia. Si era sentito un idiota, ma poteva vantarsi di essere un idiota coraggioso. Quella notte non poté fare altro che sognare, sognare una vita felice accompagnato da una persona che lo avrebbe amato per tutta la vita, e non si spiegava come mai nel suo sogno, quella persona somigliasse ad Harry Styles. Forse, pensò, lo sognò per via di tutte le foto che aveva guardato, in quel modo il suo subconscio aveva ricreato la sua immagine e l’aveva riprodotta durante il sogno. Sì, si disse, doveva essere per forza così, non poteva – non doveva, anzi – essere il contrario, sarebbe stato troppo patetico persino per lui. Non poteva avere una cotta per lui, affatto.
 
Dovevano incontrarsi fuori alla biblioteca alle quattro del pomeriggio, subito dopo la lezione di Filosofia antica di Louis, che, non appena la docente finì la lezione, si precipitò fuori dall’aula, per arrivare in orario. E, correndo come un forsennato, era riuscito ad arrivare in tempo, ma una volta lì, non vide alcuna traccia dell’altro ragazzo. Controllò l’orologio, per essere sicuro di non essere eccessivamente in ritardo, ma vide che erano appena scoccate le quattro. A meno che il suo orologio non si fosse rotto durante la lezione, funzionava ancora bene. Forse, pensò, era ancora a lezione, magari il docente aveva trattenuto gli studenti per più tempo, o magari stava arrivando dall’altra parte del campus, non lo sapeva. Alle quattro e quindici minuti, non c’era ancora traccia di Harry. Forse aveva avuto qualche contrattempo, ma non aveva potuto avvisare. Louis non lo sapeva, ma di certo non doveva restarci male, Harry aveva bisogno del suo aiuto, non viceversa, se non necessitava più del suo aiuto, poco importava. Ma non poté fare a meno di pensare di essere lui il problema, magari aveva deciso di non presentarsi più perché, dopo averlo conosciuto, aveva deciso di non volerci più avere a che fare. Sospirò, forse era così, o forse, nutriva ancora la speranza che fosse rimasto bloccato a lezione, con qualche docente troppo pretendente. Decise di aspettarlo dentro la biblioteca, magari seduto – i libri iniziavano a pesare nello zaino – e iniziare anche a studiare. Aveva un test di Estetica il giorno seguente, non poteva perdere tempo con Harry Styles e il suo inutile essere ritardatario, quindi entrò in biblioteca, salutò l’anziana bibliotecaria, che gli rispose con un sorriso, e si sedette al solito bancone, dove dispose i suoi libri. Erano le quattro e mezza, quando si accomodò, iniziando a studiare e si immerse completamente nella lettura delle teorie sul bello di Walter Benjamin, cercando di concentrarsi unicamente su quello, quando in realtà riusciva solo a pensare che non aveva avuto la minima possibilità da Harry, che lo avesse scaricato ancor prima di valutare le sue capacità, magari aveva trovato qualcuno di più bravo, più capace di aiutarlo di lui; non riusciva a mantenere la concentrazione, riportava i concetti in maniera confusionaria, e non era da lui. Cosa gli era successo? Cosa gli aveva fatto Harry Styles? Sospirò, autoconvincendosi che la soluzione migliore per lui era tornare a studiare, tornare a riflettere su quelle teorie, perché il test del giorno dopo si avvicinava, e non poteva permettersi un brutto voto, non quando era ad un passo dalla laurea (gli mancavano solo sette esami).
Quando finalmente trovò la sua concentrazione, e riuscì a mettere insieme le idee e le teorie riportate sul libro, alle cinque e venti, una cartella pesante si appoggiò completamente sui suoi libri, piegando una pagina di uno di essi.
«Ehi! Non vedi le cose altrui?» esclamò irritato, alzando lo sguardo sul profanatore, accorgendosi solo in quel momento di due occhi smeraldo puntati su di lui «Ha-Harry» si ritrovò a balbettare senza fiato. Era così magnetico… era così incantevole, avrebbe volentieri scritto un saggio sulla bellezza angelica di quel ragazzo, ma… avrebbe dovuto essere arrabbiato, vero? Perché non riusciva a provare nient’altro che attrazione per lui? Cosa gli stava succedendo? Dov’era il suo autocontrollo?
«Ehi, ciao» disse sedendosi accanto a lui, spostando la cartella dal libro, tentando di sistemarlo nel migliore dei modi «Sono in ritardo?» chiese, guardandolo dritto negli occhi. Louis dovette abbassare lo sguardo, perché gli sembrava che i suoi occhi potessero leggergli dentro.
«Sì. Molto in ritardo, diciamo un’ora e venti minuti di ritardo» gli rispose cercando di rimanere freddo e distaccato. Louis considerava arrivare in ritardo una delle peggiori forme di maleducazione, e detestava fortemente i ritardatari, avrebbe dovuto essere arrabbiato – come quella volta in cui Niall si presentò con cinque minuti di ritardo e gli fece una paternale su quanto fosse importante la puntualità – avrebbe dovuto dirgli che non doveva comportarsi così, che non era corretto nei suoi confronti che lo aveva atteso tanto a lungo e invano – come quando Liam arrivò tardi ad una lezione che avevano in comune e lui gli spiegò, che il ritardo nuoceva a tutti, compreso lui, che aveva perso l’inizio fondamentale della lezione – ma semplicemente non riusciva a sostenere il suo sguardo, figurarsi un confronto del genere con lui. «Spero tu abbia avuto i tuoi validi motivi».
«In realtà… mi sono svegliato dieci minuti fa?» rispose interrogativo l’altro «Insomma, sai, ieri notte c’è stata una festa e, beh, sono rientrato che erano le undici di stamattina, e mi sono addormentato, non avevo nessuna lezione oggi, e quindi… ho dormito» spiegò senza troppi giri di parole «Mi sono svegliato dieci minuti fa, e mi sono ricordato di dover incontrare te», terminò il suo racconto sotto gli occhi sgomenti di Louis, che non si aspettava affatto una cosa del genere.
Una festa in periodo di esami? Dovevano essere tutti pazzi.
«Oh capisco» si limitò a dire, ma non era vero, non capiva affatto quel comportamento. Forse era la medesima festa a cui aveva partecipato Liam, ma ciò non cambiava la sua opinione negativa a riguardo. «Da dove vogliamo, iniziare, comunque? Cosa hai nel programma?» chiese sbrigativo, cambiando argomento. Le feste non erano un argomento da lui gradito.
«Mh… non ne ho idea» rispose l’altro, appoggiando i gomiti sul tavolo e avvicinandosi a lui «Perché tu non eri alla festa?»
«Non sono tipo da feste» rispose secco, ignorando il fatto che lo stesse fissando, cercando di renderlo nervoso – ci riusciva alla perfezione, sfortunatamente «… Come fai a non sapere cosa c’è nel programma? La letteratura dell’Ottocento e primo Novecento, maledizione» si lamentò alzando gli occhi al cielo, com’era possibile che non sapesse nulla di nulla? Ah già, stava parlando con un atleta, cosa si domandava a fare certe cose?
«Cosa mi importa, se ho te che sai tutto? Hai detto che mi aiutavi, no?»
«Sì, ma pensavo che almeno sapessi quali argomenti avresti dovuto studiare» sospirò scuotendo la testa «Forza, mettiamoci al lavoro» disse prendendo uno dei suoi manuali che aveva usato per il suo esame pochi mesi prima, e iniziò a spiegare ad Harry ogni cosa riguardante gli autori che si apprestavano a studiare. Il ragazzo avrebbe dovuto scrivere una relazione a riguardo, una sorta di tesina, da presentare il giorno dell’esame orale, che avrebbe sostenuto dopo aver passato lo scritto: ovviamente Louis lo avrebbe aiutato anche con quello, non si tirava indietro, tuttavia sembrava che il riccio non sapesse neanche cosa significasse aprire un libro. Com’era giunto all’ultimo anno, Louis lo ignorava, probabilmente aveva avuto fortuna (o qualcuno lo aveva aiutato fin troppo). Restarono in biblioteca per le seguenti due ore, il castano non stava un attimo zitto, e aveva spesso costretto l’altro ad appuntare concetti, citazioni, nomi di autori, titoli di opere, e tutte le informazioni necessarie a stendere una relazione quanto meno decente, ben articolata e strutturata, ricca di concetti e citazioni. Non voleva fare brutta figura con Harry, facendolo presentare all’esame con qualcosa di inconsistente che non gli avrebbe permesso di superarlo con un buon voto. Doveva dare il meglio di sé, come se quell’esame dovesse sostenerlo lui, di nuovo. Lo aveva visto spesso perdere la concentrazione, sbadigliare, controllare l’orario sul cellulare, mandare sms invece di seguire le sue parole; Harry era un ragazzo svogliato, di certo gentile ed educato, ma senza alcuna voglia di studiare. Era il classico sportivo, andato all’università solo per continuare a giocare a basket, costretto dai genitori ad avere almeno un titolo di studio, per proseguire la carriera. Quelli erano i tipi peggiori.
Erano ancora all’inizio del manuale, non avevano fatto granché, a parere di Louis, avrebbero dovuto studiare almeno tre capitoli in tre ore, invece erano riusciti a farne a stento uno e mezzo, a causa delle continue distrazioni di Harry.
«Ascolta, ti ringrazio» disse alzandosi e raccogliendo le sue cose «Ma ora devo andare, i ragazzi mi aspettano per una partita amichevole» gli spiegò, sorridendo scuotendosi con una mano i ricci – movimento che a Louis fece mancare il fiato e seccare la bocca - «Ci vediamo domani, allo stesso orario?» chiese mettendosi in spalla lo zaino, guardando verso di lui.
«Sì, se preferisci ci vediamo alle cinque, così… se hai delle feste, hai tempo di riposare» gli propose Louis, raccogliendo anche lui le sue cose, era sufficientemente pronto per il test, non aveva più bisogno di studiare, e in più doveva incontrare Niall per guardare insieme il nuovo episodio di American Horror Story, davanti a una bibita fresca e della pizza. Adorava il mercoledì per questo. L’amico procurava da bere e da mangiare, e lui, con il suo laptop, procurava gli episodi da guardare in diretta o in streaming. A volte a loro si univa Liam, ma meno spesso, a Liam non piacevano molto i telefilm, al contrario suo e di Niall, che li adoravano e non se ne perdevano un episodio, una volta avevano pensato di creare un calendario su un foglio con i giorni della settimana e i titoli dei telefilm in onda quel giorno, ma non avevano mai avuto il tempo per farlo, troppo studio e troppo tempo occupato – Louis si era spesso chiesto cosa facesse Niall chiuso nella sua stanza ad ascoltare musica, ma non aveva mai approfondito l’argomento, gli piaceva la sua compagnia, cosa facesse non era affar suo.
«Sicuro, per me va bene» gli rispose Harry «Allora ci vediamo domani alle cinque…» fece una pausa e lo guardò «Scusa, non ricordo il tuo nome, trenta e lode» gli disse schiettamente. Louis non riuscì a credere alle sue orecchie, aveva già dimenticato il suo nome? Ma si erano incontrati solo il giorno prima, com’era possibile?
«Louis, mi chiamo Louis» gli disse con un filo di voce. Non pensava di essere così insignificante, gli aveva chiesto aiuto pensava quanto meno che sapesse il suo nome, e invece… la delusione lo investì completamente, ma cercò di non darle peso.
«Allora a domani!» esclamò afferrando tutta la sua roba e correndo via. Louis si trattenne qualche minuto, per elaborare tutto. Si rese conto solo in quel momento di essere solo trenta e lode per tutto il campus, ma che nessuno, a parte i suoi amici, sapesse il suo vero nome. Sospirò, finendo di raccattare stancamente le sue cose, poi decise di tornare in camera, per godersi il suo mercoledì sera con uno dei suoi migliori amici, che per sua fortuna, non lo conoscevano solo attraverso stupidi epiteti, basati sul rendimento scolastico. Come avrebbe dovuto definire lui, gli sportivi senza cervello? Zucche vuote? Decise di ignorare la cosa, e di tornare nella sua stanza, dove lo attendeva una serata di sano relax, al diavolo, Harry Styles!
 
Erano passate tre settimane da quando aveva accettato di aiutare Harry a superare un esame, che per lui era impossibile da superare, anche se per Louis era inconcepibile non superare l’esame di letteratura inglese, poiché considerato da lui uno dei più semplici del suo corso di studi. In quella settimana avevano messo a punto un piano di studi – dopo il primo giorno disastroso – prima di parlare di qualunque autore, o periodo letterario, dovevano porsi delle regole base: Harry avrebbe ignorato il telefono mentre Louis gli spiegava le cose; e Louis gli avrebbe concesso dieci minuti di pausa ogni ora, inoltre Harry aveva deciso che per studiare meglio, Louis avrebbe dovuto mettere per iscritto le cose importanti, o evidenziarle sul manuale, senza costringerlo a scrivere o a leggere cose superflue. Louis dovette accettare a malincuore, non comprendendo comunque come una persona potesse essere così superficiale con lo studio. Non tutti erano interessati come lui, doveva farsene una ragione, e smetterla di essere petulante, non voleva che Harry si stufasse già della sua compagnia, se andava oltre la sua superficialità, lui era fantastico, era simpatico, era divertente, era dolce, era gentile e, inoltre, era bellissimo. Quando lo guardava negli occhi, gli sembrava di perdersi in essi, quasi come se vi trovasse un nuovo mondo all’interno; quando sorrideva, restava ammaliato dal suo sorriso, e non sapeva perché aveva voglia di baciarlo fino allo sfinimento. Non aveva idea di cosa gli prendesse, non aveva mai avuto desideri del genere, ma Harry… era così magnetico, così affascinante, forse aveva ragione Liam, aveva una cotta per Harry, e non se ne era reso ancora conto fino in fondo, fino a quel momento. Le labbra di Harry che si muovevano mentre cercava di ripetere ciò che doveva apprendere per l’esame. Louis lo stava ascoltando, ma non attentamente, alcuni passaggi gli sfuggivano, ma non era colpa sua, erano le sue labbra a distrarlo continuamente.
«Lewis, ti dispiace se mi fermo un po’?» chiese il ragazzo ad un certo punto, Louis si riprese dalla trance in cui era caduto.
«Oh… certo, nessun problema» gli rispose, com’era possibile che non riuscisse a distogliere l’attenzione da lui o dalle sue labbra? Cosa gli stava succedendo? «Ma mi chiamo Louis» disse correggendolo. Com’era possibile che sbagliasse ancora il suo nome? Erano passate tre settimane e lo aveva corretto almeno una decina di volte al giorno, era come se non volesse neanche imparare il suo nome. Sospirò, finché non apriva bocca, Harry era fantastico, ma bastava che gli parlasse, per tornare ad essere come tutti gli altri, forse solo più gentile ed educato, ma comunque un coglione come tutti.
Doveva farsi una ragione anche di questo.
«E io che ho detto?» chiese superficialmente, prendendo il suo telefono, iniziando a mandare messaggi. Louis sbuffò, non poteva di certo permettergli di mancargli di rispetto in quel modo, ma lui non sapeva cosa fare. Lo confondeva quel ragazzo, e sapeva esattamente con chi parlarne: Niall. Era l’unico a sapergli dare un consiglio valido, e non il classico “lascialo perdere”, come era solito ripetere Liam ogni volta che provava a parlargli di Harry e ciò che succedeva in sua compagnia.
«Già, lo hai pronunciato alla perfezione» commentò sarcastico, sbuffando.
«Ti sei offeso, per caso, Lewis?»
«No, affatto» rispose seccato «Ma gradirei che tu pronunciassi bene il mio nome».  
Harry sbuffò, tornando ad occuparsi del suo telefono e dei suoi sms, ignorando le parole di Louis, che era convinto che prima o poi avrebbe prestato attenzione anche alle piccole cose, come pronunciare bene il suo nome. Sospirò guardandolo, com’era possibile che quel ragazzo fosse tanto bello e affascinante, quanto stupido e ignorante? La risposta era semplice, chiara, ovvia, era uno sportivo, un ragazzo cool, aveva tanto successo con le ragazze quanto con i ragazzi, di certo non era interessato davvero a superare quell’esame. Sospettava più che altro una minaccia di sospensione dalla squadra, se non avesse avuto buoni risultati negli esami, e la risposta, dopo quelle settimane era davvero unicamente quella, in quanto il ragazzo non si impegnava, si comportava svogliatamente, e sembrava come se volesse lasciare tutto il lavoro a Louis, come se lui potesse sostenere l’esame al suo posto. Louis non capiva, ma doveva farsene una ragione. Aveva una cotta per un cretino, che era diametralmente opposto a lui, che lo trattava malissimo, e pretendeva da lui ogni cosa. Come aveva fatto a cascarci? Si era sempre tenuto a distanza da tipi del genere; maledetto il giorno in cui si era rivolto a lui gentilmente e gli aveva sorriso, doveva essere stato per forza quello il tassello che lo aveva fatto impazzire, non si spiegava in che altro modo fosse successo.
«Mh, d’accordo» borbottò, alzandosi e raccogliendo le sue cose «Ti spiace se vado? Ho gli allenamenti oggi».
«No… figurati» disse sistemandosi gli occhiali sul naso, scuotendo la testa, era incorreggibile, fuggiva sempre dallo studio.
«Ci vediamo domani, Lewis» disse andando via, sparendo dietro uno scaffale, dirigendosi alla porta. Sospirò pesantemente e lo guardò uscire; perché a lui doveva capitare di prendersi una cotta per un tipo a tratti così irritante?
«Mi chiamo Louis» mormorò alla sua ombra, sospirando. Dannazione, prima o poi lo avrebbe affrontato direttamente, odiava quando la gente sbagliava di proposito il suo nome, non era difficile pronunciarlo in francese, no? Veniva facile a tutti, dalla sua famiglia ai suoi amici, perché doveva sbagliare per irritarlo?
Raccolse anche lui le sue cose, e ritornò nella sua stanza. Sapeva a quale rischio andava incontro frequentando, seppur solo per studio, un tipo come Harry, avrebbe solo sofferto per il poco interesse che lui aveva nei suoi confronti, ma non sarebbe mai arrivato ad immaginare che non ricordasse nemmeno il suo nome, era assurdo. Mentre si dirigeva nella sua stanza, si guardava intorno, vedeva ragazzi, ragazze, suoi colleghi universitari, parlare tra di loro, divertirsi, alcuni si baciavano, altri scherzavano, o si scambiavano appunti. Si sentiva solo ad osservare quelle scene, nonostante avesse Liam e Niall, sapeva che con loro non avrebbe mai avuto una relazione come quelle che vedeva nei corridoi, non poteva far altro che accontentarsi della vita che lui si era costruito, e delle amicizie che lui aveva creato, non poteva lamentarsi se aveva allontanato le persone con il suo essere strano e poco socievole. Lo avevano spinto a diventare così, quando per motivi futili tutti si erano allontanati da lui, lasciandolo da solo in un momento di bisogno. Non sopportava i tipi come Harry, perché sapeva che loro non avevano avuto nessun tipo di problemi, che riuscivano a conquistare ogni cosa volessero solo con un sorriso, e non avrebbero mai dovuto lottare per nulla, lo sapeva e odiava quei tipi di persone. Ma allora, si chiedeva, perché aveva una dannatissima cotta per Harry? Che forse era il peggiore di quella specie di persone? Perché era così stupido?
Quando arrivò nella sua camera, si accorse di avere la guancia bagnata, stava davvero piangendo per uno come lui?
Gettò i libri sul proprio letto e senza nessuna esitazione si diresse alla camera accanto, quella di Niall, sapeva che solo lui avrebbe potuto risollevarlo in quel momento. L’amicizia di Niall forse, insieme a quella di Liam, era l’unica cosa che non aveva dovuto lottare per ottenere nella sua vita, semplicemente avevano iniziato a chiacchierare una mattina, al primo anno di college, e avevano fatto amicizia, invece con Liam era stata tutt’altra storia, aveva incontrato anche lui al primo anno di college, ma solo perché erano in camera insieme, la prima volta che l’altro si interessò a lui, fu quando ritornò in lacrime da uno pseudo appuntamento con un ragazzo, che lo aveva scaricato senza nessuna spiegazione, Liam lo aveva fatto sfogare e lo aveva consolato tutta la notte; dalla mattina dopo, furono inseparabili. L’amicizia con quei due ragazzi poteva non essere la più grande rivelazione del mondo, ma era comunque piccola luce nel mare di oscurità che era la sua vita.
«Lou?» chiese il biondo aprendo la porta, puntando gli occhi su di lui «Ehi, ma che fai, piangi?» domandò subito dopo.
«I-Io… non so cosa mi prende, Nì, sono patetico…» mormorò, lasciandosi scappare un singhiozzo. L’amico lo invitò ad entrare e Louis gli raccontò tutto, delle ultime tre settimane, di Harry, di come si rivolgesse a lui, della poca attenzione che ci metteva, della frustrazione che provava perché da una parte lo detestava, dall’altra non poteva che restare incantato da lui; lo detestava e aveva una cotta per lui, e non sapeva più cosa fare, il suo corpo era un ammasso di emozioni senza meta, che si sovrapponevano una sopra l’altra, senza farne emergere nessuna, solo la confusione veniva a galla, e Louis sprofondava sempre di più in un abisso senza ritorno. Voleva solo che tutto quel tumulto interiore si zittisse, che lo lasciasse respirare ogni tanto, che smettesse di provare cose che non sapeva spiegarsi.
«Ma che bastardo» commentò l’altro, offrendo all’amico una birra, che fu declinata con una smorfia di disgusto «Dobbiamo fare qualcosa per fargliela pagare, Lou» continuò prendendo un sorso di birra «Che ne diresti di mettere in risalto il tuo bel culo? Lo so che sotto a quei pantaloni larghi di tuta si nasconde un bel posteriore». Louis arrossì visibilmente imbarazzato, perché ora doveva mettere in mostra parti intime? Cosa c’entrava con tutto il resto?
«N-Non capisco» mormorò scuotendo la testa «Cosa… cosa c’entra con quello che ti ho detto?»
«Significa, smettila di fare il santarellino, Louis!» esclamò con enfasi l’altro «Tira fuori la zoccola che c’è in te, e mostrati un po’ meno accondiscendente» continuò a spiegare mantenendo l’enfasi iniziale «Tira fuori un po’ di carattere, Lou, tu sei una persona meravigliosa, sei l’unico amico non-punk che ho, perché sei tu! Ma… io sono tuo amico, non ti uso solo perché sei trenta e lode, ma lui, e quei bastardi come lui, ti credono un ingenuo, uno stupido, per questo si approfittano della tua bontà» disse ancora, cercando di spronarlo, si abbassò di fronte a lui, posando la birra per terra, e gli mise la mani sulle guance «Non puoi stare male, anzi. Non meriti di star male per loro, per lui, okay?» gli asciugò le lacrime con i polpastrelli, guardandolo «E mi dispiace, davvero, che lui ti tratti in questo modo» gli sorrise, scuotendo la testa «Ora fammi smettere di essere sentimentale, altrimenti piango, e non posso» disse ironico, smorzando un po’ l’atmosfera, carica di tensione.
«Altrimenti ti si scioglie la matita?» mormorò l’altro, con la voce spezzata, ma meno singhiozzante. Niall scoppiò a ridere e annuì, dandogli corda. Almeno non piangeva più, era un buon inizio. Non capiva come si potesse far stare male un ragazzo come Louis, come si potesse trattarlo in quel modo, per questo, avrebbe ideato un crudele piano di vendetta ai danni di Harry.
«Grazie Nì, sto meglio ora» disse quando si fu calmato del tutto, abbracciando l’amico, che rimase un po’ spiazzato dal suo gesto; tutti sapevano che Louis fosse un po’ restio al contatto fisico con altre persone. Ma tant’era il bisogno di supporto in quel momento, che non aveva esitato ad abbracciare l’amico, che senza esitazione, ricambiò la stretta, cercando di consolarlo come meglio poteva. Sapeva di doverlo aiutare ad essere più sicuro di se stesso.
«Allora, vuoi provare un paio dei miei pantaloni più stretti? Sono sicuro che ti sentirai meglio».
«Non vedo come possa sentirmi meglio con un paio di pantaloni, Niall» obiettò, sospirando «E poi perché non vado bene così? Sono comodo, e coperto».
«È questo il problema, Lou, sei coperto! Non devi esserlo, metti in mostra le tue qualità» disse l’amico guardandolo «Hai un bel culo, e se lo metti in risalto, sono sicuro che Harry noterà quanto tu sia affascinante e frequentabile» spiegò cercando di sembrare convincente «Su, comportati un po’ come un ventenne e non come un nonnetto!» esclamò con veemenza.
«Io non voglio cambiare per Harry Styles» si impuntò l’altro ragazzo, incrociando le braccia al petto. Okay, aveva una cotta per quel giocatore di basket, ma non avrebbe mai cambiato il suo modo di essere per uno come lui. No, era contro tutti i suoi principi; certo, anche prendersi una cotta era contro i suoi principi, e gli era appena successo; ma quelle erano cose che non si controllavano, giusto? Aveva il controllo sulla sua personalità, e Harry Styles non gliel’avrebbe fatta cambiare.
«Tu non cambi per Harry Styles, Lou» lo contraddisse l’amico «Tu rinnovi il tuo guardaroba per farla pagare ad Harry Styles, è diverso» precisò, guardandolo. Louis sospirò, alzando lo sguardo al cielo, perché Niall era così convinto che dovesse cambiare qualcosa? Forse sarebbe servito a qualcosa, o forse no, non lo sapeva. Doveva provare?
«Ma, io… non sono sicuro, insomma, Nì, guardami…»
«Sei solo troppo coperto, togli gli occhiali, indossa dei jeans stretti, e getta via queste enormi felpe… che nemmeno mio nonno usa, ti faccio vedere qualcosa di mio!» esclamò euforico, sotto lo sguardo terrorizzato di Louis, che ormai non aveva più scelta, gli aveva dato corda mezza volta, non poteva più tornare indietro, ora.
Niall tornò qualche minuto dopo con dei jeans neri strettissimi, e un paio di canottiere nere. Louis era favorevole al nero, ma il suo amico era estremamente esagerato. «Prometti che dopo che questa pagliacciata sarà finita, rispetteremo il programma, ho bisogno di vedere il nuovo episodio» disse il castano supplichevole.
«Alle nove saremo davanti alla tv, promesso» acconsentì l’amico, scuotendo gli abiti che aveva tra le mani «Su, ora prova questi, sono sicuro che ti staranno meravigliosamente, sono i miei preferiti».
«Sono identici a quelli che hai ora…» mormorò Louis scuotendo la testa energicamente, Niall lo fulminò con lo sguardo senza aggiungere nulla «Okay, okay! Li provo, va bene!» esclamò prendendoli, vedendo l’amico sorridere. Indossò prima i pantaloni, e sentì stringere in tutti i punti del corpo, come faceva Niall a stare con quel tipo di pantaloni tutto il giorno? Poi mise la canotta nera, e avvertì un brivido di freddo lungo le braccia nude, come faceva? Non aveva freddo? Rivoleva la sua felpa, e i suoi larghi pantaloni, infine si tolse gli occhiali, come aveva detto l’altro, ma immediatamente si rese conto di non vedere bene nulla, tutto appariva sfocato, come si fosse appena svegliato, sospirò e si girò verso l’amico mostrandosi con terrore, che diavolo stava facendo? Quello non era lui.
«Lou, ma sei fantastico!» lo studiò qualche minuto e annuì «Ci vorrebbe un bel tatuaggio sul petto, e secondo me ti starebbero bene i capelli blu, o verdi, o rossi! Che ne pensi?»
«Tatuaggi? Capelli colorati? Niall, no!»
«Preferisci un piercing? Forse ti starebbe meglio».
«Niall… no, ti prego, no, non voglio, ho male solo se ci penso!» esclamò inorridito. Okay, provare abiti imbarazzanti, ma anche solo pensare di farsi dei tatuaggi o dei piercing gli faceva venire la pelle d’oca, non solo aveva il terrore degli aghi, ma aveva anche una bassa soglia del dolore, quindi la proposta di Niall poteva ignorarla tranquillamente, per quanto riguardava il colore dei capelli, non era una cosa che gli interessava, i suoi capelli castani gli piacevano di quel colore, perché cambiare?
«E va bene, nonnetto» lo ribeccò l’altro, Louis indossò nuovamente gli occhiali e lo guardò irritato. Gli aveva appena confessato di stare male per un ragazzo, e l’amico cercava di cambiarlo. A volte, non capiva davvero cosa passasse nella mente di quel ragazzo dai capelli di un colore diverso ogni settimana. Prima o poi lo avrebbe visto calvo, tante erano le tinte che si faceva, ne era sicuro. Sbuffò, recuperando i suoi vestiti.
«Non mi convincerai a cambiare, Niall, non voglio cambiare» dichiarò, rindossando la sua felpa «Non sarà Harry Styles a farmi cambiare, o qualsiasi altro ragazzo, non sono così disperato» sospirò sedendosi «Ma, ti prego, smettiamola» continuò restituendogli i vestiti, scuotendo la testa. Voleva solo dimenticare ogni cosa, e finire presto il lavoro che aveva da fare con lui; poi sarebbe tornato tutto alla normalità, e lui sarebbe tornato ad essere il solito, noioso, Louis.
«D’accordo, d’accordo, come preferisci» disse riponendo gli abiti da dove li aveva presi «Ma un giorno mi darai ragione, e io ti aiuterò a sentirti più sicuro di te» continuò appoggiandogli una mano sulla spalla «Per me vai bene comunque, anche se tu indossassi un sacchetto nero sulla testa» gli sorrise, dandogli un dolce bacio sulla guancia «Allora, Grimm?»
«Sì, ti prego!» esclamò con l’ombra di un sorriso sul viso. Per fortuna Niall capiva quando era il momento di fermare qualsiasi cosa stesse facendo, per tornare ad essere il migliore amico di tutti i tempi «Non vedo l’ora di scoprire cosa succede!» sorrise sedendosi di fronte al portatile sistemato ai loro piedi su uno dei letti. Si godettero l’episodio fino alla fine, consumando cibo spazzatura come ogni venerdì, e commentando ogni singolo fotogramma dell’episodio – «Certo che Nick è fortunato, io se dovessi dormire con Adalind non resterei così freddo, che idiota» diceva Niall ridendo; «E se io fossi in Adalind resterei tutta la notte tra le braccia di Nick, che figo non è Giuntoli?» commentava Louis, dando corda all’amico; «Neanche Renard scherza, Nì» continuava il castano «E perché Rosalee? Non mi dispiacerebbe neanche lei» aggiungeva il biondo; «Aaah ecco la parte clou, quanto sono brutti questi Wesen» «Uccidilo, uccidilo!» «Idiota, pensavi di ucciderlo?» «Aw, adoro Wu è così divertente!» «No, dai, mi stava troppo sul culo Juliette, doveva morire» «Meisner, mi stai sul culo, tu e la Chavez, non mi dispiace che sia morta» commentavano, ridendo e divertendosi come bambini – senza tornare più sull’argomento “Harry”, fino alla fine della loro serata, fino all’ultimo commento: «Datemi un altro episodio! Non posso aspettare una settimana» si lamentava Louis, dopo ogni singolo episodio, mentre Niall rideva guardando la sua reazione. Sembrava che per quel momento, il pensiero del riccio fosse svanito dalla mente del castano, che si era completamente rilassato e lasciato andare, sapeva di dover studiare anche il giorno seguente, proprio per questo aveva fatto carico di energia positiva, per poter affrontare meglio la giornata con il riccio, che sicuramente non sarebbe stata positiva come sperava. Dopo la fine dei titoli di coda, e il promo dell’episodio seguente, Louis salutò Niall ringraziandolo per ciò che aveva fatto per lui quel pomeriggio, e se ne tornò in camera sua, dove trovò l’altro amico, Liam, seduto sul letto intento a mandare messaggi a qualcuno, probabilmente la sua ragazza. Non aveva l’espressione più felice del mondo sul viso, e Louis intuì quasi subito che fosse successo qualcosa.
«Ehi, Lì» lo salutò entrando in camera, sedendosi sul letto di fronte al suo «Tutto bene?»
«Mmh?» mugugnò l’altro, scuotendo la testa, tenendola comunque bassa, senza staccare gli occhi dal cellulare. Liam non era mai così tanto giù, osservò Louis, doveva essere qualcosa di veramente sconvolgente per farlo stare in quel modo.
«Ehi, che succede? Ne vuoi parlare?» gli chiese con la voce bassa, quasi temesse di distruggerlo anche lui parlando. Lui non era affatto il tipo di persona fragile, anzi era l’esatto opposto, e non riusciva a vederlo in quel modo.
«No, beh, devo dirti una cosa, ci sto pensando da un po’» disse velocemente il ragazzo, quasi senza respirare «Stavo parlando con mia madre, e lei dice che dovrei dirtelo, quindi lo farò». Louis temette il peggio, pensò immediatamente che l’amico fosse malato di cancro, o che avesse pochi giorni di vita, che fosse successo nella sua famiglia qualcosa di brutto, immaginò le cose peggiori, guardandolo interrogativo e trepidante, doveva sapere cosa c’era di così terribile da scoprire sull’amico.
«C-Cosa? Liam, parla, mi stai facendo venire un infarto!» esclamò fuori di sé «Non ti lascerò morire senza lottare!»
«Ma» Liam lo guardò, finalmente, e scoppiò a ridere, guardando il suo sguardo sconvolto, le labbra che tremavano e gli occhi già lucidi. Dannazione, era troppo sensibile «Lou, sta tranquillo, non sto per morire» lo tranquillizzò «è che penso… insomma di essere bisessuale, c’è questo mio compagno di corso nuovo, e, beh, sono attratto da lui, ma mi piacciono ancora le ragazze, ecco» spiegò finalmente, guardando l’amico, in attesa di giudizio. L’altro ricambiò lo sguardo, e poi gli tirò contro un cuscino.
«Idiota, mi hai fatto perdere dieci anni di vita, per una cosa del genere!» esclamò, correndogli vicino e abbracciandolo «E perché avevi paura di dirmelo? Sai che sono gay, e non hai battuto ciglio, quindi?»
«Beh, è una cosa strana, no?»
«Assolutamente no, e dimmi, questo ragazzo è così figo?»
«Molto». Louis sorrise e afferrò un cuscino, stringendolo tra le braccia, appoggiò la schiena al muro, e convinse l’amico a raccontargli ogni cosa, come si fossero conosciuti, quali corsi avessero in comune, com’era fatto fisicamente, se lo avesse conosciuto meglio, se lo avesse già invitato a prendere un caffè insieme. Liam gli spiegò ogni cosa, di come si fosse accorto della sua attrazione verso di lui, e di come avesse rotto con la sua ragazza perché per lei non provava più nulla, gli spiegò anche come si sentiva di fronte alle ragazze, e di tutto quello che gli stava succedendo, gli spiegò il tormento interiore che aveva sentito, e cercò di spiegargli perché fosse stato distante in quel periodo, non sapeva cosa gli prendesse, non riusciva ad accettare questo cambiamento, e solo quando ne aveva parlato con sua madre, aveva deciso di fregarsene di tutto, e seguire solo il suo istinto, lasciandosi tutto alle spalle. Non importava il giudizio di nessuno, nemmeno il suo personale, e per questo aveva deciso di rivelare, finalmente, al suo compagno di stanza, cosa gli stesse succedendo.
«Hai tenuto dentro tutto questo? Sei un idiota».
«Sei sempre così consolante, Lou, davvero, scusa se avevo una crisi interiore!»
«Potevi parlarmene, ti avrei aiutato» borbottò, scuotendo la testa. Discussero ancora per un po’ di ciò che stava accadendo a Liam in quel periodo, di come si fosse convinto a chiedere aiuto, e di come avesse reagito la madre, di come fosse stata l’unica a fargli capire di non doversi nascondere, e di come – fondamentalmente – avevano reagito gli amici della sua comitiva. Alcuni non lo avevano affatto giudicato, altri però avevano espresso pareri critici, anche quando il ragazzo tentò di spiegare che non era una cosa che poteva controllare, semplicemente aveva più scelta tra chi scegliere da frequentare. Anche per questo aveva avuto paura, non voleva perdere Louis, era una delle persone che contavano di più nella sua vita, in quel momento.
Prima che l’altro potesse rispondere, con inusuale sentimentalismo, dalla stanza accanto si sentì un fragore, e una forte musica partì nel giro di pochi istanti espandendosi in tutta la stanza. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente, si alzò dal letto infuriato. «Io lo ammazzo, non mi importa che è tuo amico, Lou, farà un brutta fine!» esclamò cercando di sovrastare quel frastuono «Vado a dirgliene quattro, supererò questi decibel, oh sì!»
Dopo pochi istanti, un infuriato Liam stava bussando energicamente alla porta della camera di Niall, i suoi pugni erano forti, e forse anche con quel volume tanto alto si potevano distinguere. «Horan, apri questa porta! O almeno abbi la decenza di ascoltare la musica ad un volume umano! Noi vogliamo dormire!» esclamò a voce alta, cercando di sovrastare il volume della musica «Horan!» urlò più forte «Dannazione, apri! Ti distruggerò quello stereo, e poi vedremo come infastidirai più la quiete notturna! Abbassa quel cazzo di volume!» continuò. Non smise di urlare e battere pugni, fino a quando non sentì meno rumore, e la porta si aprì, rivelando l’altro ragazzo in camicia nera, senza pantaloni, mezzo assonnato.
«La vuoi smettere di urlare e sbraitare, Payne?» chiese stropicciandosi l’occhio, come un bambino appena sveglio «Stavo solo cercando di prendere sonno, il silenzio non mi concilia» sbadigliò, gli occhi socchiusi e un mezzo sorriso sulle labbra.
«La tua musica non concilia il sonno di mezzo campus» ribatté l’altro, ma lo sguardo, inevitabilmente, cadde sulle gambe scoperte dell’altro, e subito dopo sul suo viso. Era maledettamente carino e adorabile in quello stato, ma lui doveva detestarlo, perché Niall Horan era colui che lo teneva sveglio nel cuore della notte, non gli permetteva di studiare nel pomeriggio; non poteva trovarlo adorabile e carino in quel momento, lui lo detestava, e doveva farlo anche in quel preciso istante.
«Mh, d’accordo, stasera posso fare un’eccezione, per Louis è un po’ giù» gli disse facendo per chiudere la porta, ma Liam lo bloccò, guardandolo interrogativo. Cosa era successo? Perché non sapeva nulla?
«In che senso, scusa?»
«Styles fa lo stronzo, e Lou ci sta male, sai com’è fatto, è sensibile», spiegò rapidamente «Buonanotte, Payne».
«Chiederò a Lou, ho capito, grazie» disse Liam, guardandolo ancora, era quasi bello in quello stato «Notte, Horan».
Quando la porta della camera di Niall si fu chiusa, e la musica tornata ad un volume umanamente sopportabile, Liam tornò nella stanza, indeciso se chiedere o no della questione “Harry Styles”, cui aveva accennato Niall. Forse doveva provare, insomma, giusto per capire cosa si fosse perso in quei giorni di crisi esistenziale. Ma non appena cercò di introdurre la questione, Louis evitò l’argomento, tornando a parlare di lui e di ciò che stava vivendo.
Per tutto il tempo, né Liam né Louis tornarono sull’argomento, forse perché Louis stesso non voleva che se ne parlasse, doveva aspettare che ne fosse sicuro prima lui, e poi chiedere di nuovo, fino a quel momento, doveva pazientare, assecondando ciò che gli chiedeva, e rispondendo ad ogni domanda che gli porgeva. Non era difficile raccontare tutto a lui, era come parlare con il fratello che non aveva mai avuto, perché con Louis si sentiva realmente ascoltato, compreso, capito. Restarono in piedi quasi tutta la notte a parlare, e Liam si rese conto effettivamente di non essere solo, di poter contare al cento per cento su una persona, su Louis, e la cosa se da una parte lo lasciava sgomento, dall’altra lo rendeva sicuro e tranquillo. Si addormentarono come due bambini sullo stesso letto, quando albeggiava, forse in cinque anni non avevano mai parlato tanto, come quella notte, e forse, prima o poi, Liam avrebbe cavato qualche parola anche da Louis, magari avrebbe capito cosa gli accadesse in quel periodo, cosa lo sconvolgesse, al punto da spingere Niall a parlarne con lui. Forse, prima o poi non avrebbero avuto più segreti di alcun genere; fino a quel giorno, sapeva che nonostante tutto, avrebbero potuto contare l’uno sull’altro, sempre.
 
I giorni continuavano a passare, le ore con il riccio diventavano sempre più estenuanti, e Louis davvero non ne poteva più, non ne poteva più della sua superficialità, della sua ironia su tutto, gli sembrava di passare il tempo con un ragazzino di terza media, piuttosto che con uno che stava per laurearsi. Era irritante, sì affascinante, ma terribilmente infantile e fastidioso. Non sapeva come riuscisse a sopportarlo un’ora intera, soprattutto quando si rese conto che volesse solo il lavoro svolto, senza minimamente interessarsi agli argomenti, come se il problema non fosse minimamente suo. Era odioso e irritante, ecco.
«Harry, mi stai ascoltando?» sbottò infastidito quando si accorse che l’altro stesse solo fissando un punto oltre le sue spalle.
«No, dov’eri arrivato? Stavo pensando a come batteremo la squadra avversaria, stasera» gli disse sorridendo – con il suo fastidioso sorriso ammaliante - «Stavo pensando agli schemi di gioco… sai, è una partita importante, non vorrei fare brutta figura» continuò, senza accorgersi che Louis iniziasse a perdere la pazienza «Tu verrai? Mi farebbe piacere, sai?» chiese Harry, lasciando Louis spiazzato. Perché gli stava facendo quella richiesta, proprio ora che stava per rispondergli male? E perché lo vedeva così vicino a sé? Quale strano tipo di lavaggio del cervello gli stava facendo quel ragazzo? «Allora? Ti vedrò sugli spalti?» chiese ancora mettendogli una mano sulla spalla con fare delicato e gli sorrise di nuovo, puntando gli occhi nei suoi, Louis si sciolse come gelatina sotto il suo sguardo, e tutta la rabbia sfumò in una sola sillaba: «Sì».
Harry sorrise soddisfatto e iniziò a raccattare le sue cose sotto lo sguardo perplesso di Louis: «Scusa» disse a bassa voce «Devo allenarmi, davvero, ci vediamo domani e recupero, okay?» chiese fintamente interessato al lavoro.
«Certo… certo» borbottò Louis, non avrebbe mai capito gli atleti e la loro fissa per lo sport che praticavano, il loro volersi sempre allenare e conseguente voler sempre vincere le partite, certo probabilmente significava prendere il posto in una squadra importante negli anni successivi, ma di certo, se non per fini meramente lavorativi, non era utile tutto quello sport «Magari ci becchiamo anche stasera, come hai detto, no?» chiese intimidito. Non sapeva come comportarsi a riguardo.
«Certo, sicuro, fantastico!» esclamò mettendosi la borsa in spalla e recuperando la sua felpa «Allora a stasera, Lewis!»
Sospirò sconfitto, ma non diede importanza a quel particolare, anche se dentro di sé aveva capito che la tattica “invito alla partita” era servita solo a distrarlo e a renderlo più affabile, perché non riusciva a togliersi dalla testa quella stupida cotta che aveva per lui, e continuava a farsi umiliare come la persona più stupida del campus? Aveva quasi voglia di piangere, a causa del suo carattere, tutti si approfittavano di lui, spesso insultando anche la sua intelligenza, umiliandolo come non meritava di essere umiliato, solo perché era buono e ingenuo. Stavolta, non aveva voglia di parlarne con nessuno, forse si sarebbe rinchiuso nella sua stanza, a guardare qualche telefilm, senza andare alla partita, tanto a quell’ora in camera non doveva esserci nessuno, Liam aveva lezioni fino a tardi, e sicuramente avrebbe assistito alla partita – nella squadra c’era uno dei suoi migliori amici – e non avrebbe chiamato Niall, non per un’altra lezione di moda. Cercando di dimenticare l’umiliazione appena subita, si rimise a studiare, restando in biblioteca fino alle sette di sera – alle otto si sarebbe disputata la partita a cui non aveva più voglia di assistere e di conseguenza il dormitorio sarebbe stato vuoto – raccolse le sue cose e si diresse nella sua camera, dove – aperta la porta – si ritrovò davanti Liam, che era ancora indeciso sul cosa indossare, perché era ancora lì? Sbuffò lasciando cadere i libri per terra e si gettò sul letto, sperava solo che non si accorgesse di quanto fosse uno straccio.
«Ehi, Lou!» esclamò pimpante «Ti piace di più la camicia rossa o quella blu?» chiese voltandosi verso di lui, notando il suo sguardo perso e il suo morale per terra «Qualcosa non va?»
«Nah, va tutto bene, sono solo stanco, dormirò un po’».
«Ma così ti perderai la partita! Anche il tuo amico giocherà!»
«Harry non è mio amico» sputò acidamente «Non sa nemmeno come mi chiamo».
«Vi incontrate da più di un mese e non sa il tuo nome? Che deficiente».
«Già, mi chiama Lewis, invece che Louis» spiegò all’amico, sospirando, non gli importava più di nulla, avrebbe solo voluto sparire nel nulla, e non fare più ritorno, perdersi in qualche mondo sconosciuto della galassia, e sparire dalla terra. Magari smettere di essere solo trenta e lode e iniziare ad essere un po’ Louis Tomlinson, voleva solo che tutti si accorgessero che lui non era solo studio e biblioteca, che aveva anche altro da offrire, non solo il suo cervello, che aveva anche un cuore, ma sembrava che nessuno se ne accorgesse, che a nessuno importasse se lui ci stava male. Raccontò a Liam di come si sentisse in quel momento, di ogni cosa successa con Harry in quel mese, di quanto la situazione lo facesse sentire stupido e idiota.
«Lou, non puoi farti trattare così da Styles, devi fargli capire che non ha il controllo sulla tua vita».
«Come? Come faccio?» chiese in lacrime, scuotendo la testa, non doveva, non voleva piangere, era da idioti piangere «Ogni volta che provo a dirgli qualcosa, è come se non mi ascoltasse! Mi irrita da morire questa situazione, e non so cosa fare!»
«Hai ragione, Lou, ma non puoi piangerti addosso, okay?» disse asciugandogli le gote con i polpastrelli «Ascolta, so che non è facile, i tipi come lui credono che il mondo sia nelle loro mani, e che abbiano diritto su tutto» spiegò con la voce calma, accarezzando le guance dell’amico «Ma, se anche solo una volta ti vedono sicuro di te, e più spavaldo, allora non osano più mancarti di rispetto, lo so per esperienza» disse ancora, cercando di farlo calmare «Quindi, ascolta cosa faremo» propose, Louis era in silenzio, non aveva più parole, aveva detto tutto quello che doveva dire, e finalmente aveva qualcuno che gli consigliava cosa effettivamente fare – non cambiare il look per fortuna, non che Niall non fosse stato utile o non lo avesse ascoltato, ma l’aveva fatto sfogare, senza aiutarlo, come lui desiderava - e cercava di farlo ragionare e calmare, perché in quelle condizioni non era in grado di fare assolutamente nulla «Adesso tu ti cambi, metti la mia camicia rossa, e andiamo insieme a quella partita. Ti mostri sorridente, come se nulla fosse successo e, se vinceranno, andrai da lui a complimentarti, a testa alta, Lou, non hai niente da perdere, e quando tornerai indietro sarai un uomo nuovo, più sicuro e vedrai che tra un paio di giorni, se continuerai a mostrarti così, il suo atteggiamento nei tuoi confronti cambierà».
«E come faccio se mi sorride in quel modo? Non posso farci niente, vado in tilt quando sorride!»
«Quando sorride… immagina che al suo posto ci sia un alieno ripugnante». Finalmente Louis scoppiò a ridere, e ogni traccia di tristezza svanì dal suo volto, certo, l’umiliazione dentro bruciava ancora, ma il solo parlarne con Liam aveva cambiato la situazione, si era sentito diverso, meno solo al mondo. Poteva farcela, poteva riuscire a farsi rispettare finalmente, a non essere più trattato come trenta e lode, ma finalmente come Louis Tomlinson, avrebbe dovuto parlarne con Liam fin da subito, avrebbe risparmiato un sacco di umiliazioni e pensieri poco positivi sul proprio conto, e quasi sicuramente avrebbe evitato a se stesso tanta sofferenza causata dall’indifferenza di un emerito imbecille, che però riusciva ad ammaliarlo con poco. Seguì il consiglio di Liam, mezz’ora dopo erano entrambi pronti per la partita, e si diressero al campo del campus, presero entrambi i posti sugli spalti e assistettero al match. Louis vedeva Harry destreggiarsi sul campo, e pensava che se avesse applicato metà dell’attenzione riposta nel gioco allo studio, avrebbe davvero avuto pochissimi problemi, accademicamente parlando. Il primo canestro fu fatto da lui, il secondo dall’amico di Liam, e così via, il gioco si susseguiva velocemente, Louis era totalmente preso da lui, dal suo modo di destreggiarsi nel campo, il suo modo di saltare, il gioco di squadra. Si vedeva quanto fossero affiatati e quanto conoscessero bene gli schemi, e i ruoli di ognuno. Questa sì che era una caratteristica ammirevole.
Un’ora più tardi – o forse più – la squadra di Harry era ad un punto cruciale, mancavano pochi secondi alla fine del match e l’altra squadra aveva la palla, avevano rimontato, alla fine, ma un punto sarebbe stato decisivo. Harry era incredibile, non sembrava mai stanco, ma si vedeva quanto fosse concentrato. Era una partita importante, tutti avevano il fiato sospeso, la squadra avrebbe vinto quella competizione, quella sera? Il giocatore avversario lanciò la palla in direzione del canestro, il conto alla rovescia era iniziato, la partita era quasi finita, se avessero segnato il punto, la squadra avversaria avrebbe pareggiato, e non potevano esserci due squadre vincitrici; Harry, con uno scatto rapido e un alto salto, raggiunse la palla prima che arrivasse al canestro, deviandola e lanciandola ad uno dei suoi compagni di squadra. Gli avversarsi restarono sgomenti per un momento, nessuno si sarebbe aspettato una mossa del genere, e questo permise alla squadra di segnare l’ultimo punto, sul fischio di fine. Un urlo di giubilo si udì dalla platea, persino Louis si lasciò coinvolgere dall’entusiasmo, ed esultò insieme a tutti per la vittoria. Forse, da quel giorno, avrebbe guardato più partire di basket, era uno sport interessante e davvero istruttivo, sotto certi punti di vista.
«Il momento è arrivato, Lou» gli sussurrò Liam, quando il clangore diminuì e i giocatori iniziarono a tornare negli spogliatoi. Louis annuì e si fece largo tra la folla, sorridendo – come gli aveva suggerito l’amico – raggiunse Harry.
«Complimenti per la vittoria» disse con enfasi, raggiungendolo «Sei stato incredibile!»
«Ehi, sei venuto! Grazie!» sorrise stringendogli la mano «è stata dura, ma ci siamo riusciti, erano ossi duri».
«Ho notato, siete stati incredibili» si congratulò ancora con lui, senza riuscire a staccare la mano dalla sua, e gli occhi dal suo sorriso, dai suoi occhi, dalle sue labbra… era così affasciante alieni orribili, Louis, pensa agli alieni orribili! «Ci vediamo domani in biblioteca, allora, ciao Harry!» esclamò quando vide che i compagni di squadra del riccio lo stavano chiamando per andare tutti insieme a festeggiare la vittoria. Il riccio lo guardò, annuì e poi raggiunse gli altri, senza smettere di sorridergli. Louis poteva sentirsi soddisfatto delle sue azioni, tornò da Liam fiero di sé e sorrise all’amico, complice.
«Tutto fatto, Lì».
«Sono fiero di te, Lou», concluse l’amico abbracciandolo. Forse da quel momento, le cose per Louis sarebbero cambiate un po’ in meglio, anche sul fronte “Harry”, che non era facile da gestire, ma forse con l’aiuto di Liam non sarebbe più stato così, o almeno sperava che quello scambio di frasi, potesse in qualche modo essere stato utile alla sua situazione, secondo Liam doveva solo aspettare, e continuare a comportarsi in quel modo.
Ritornarono nella loro camera stanchi e sfiniti, la giornata era stata lunga e la partita era finita tardi, nonostante non avessero giocato loro, avvertivano la stanchezza su tutto il corpo, come se avessero giocato loro la partita, non i giocatori.
«Grazie di tutto, Lì» mormorò Louis dal letto.
«Potevi parlarne prima, scemo» lo ribeccò l’altro, imitando le sue parole dell’ultima volta, sorridendo.
«Da che pulpito viene la predica!» esclamò quasi indignato, lanciandogli contro un cuscino, sbuffando divertito, aveva ragione lui, poteva dirlo prima, ma non lo aveva fatto per paura, non ben identificata, ma pura e semplice paura.
«Touché» rise l’altro «Allora buona notte, Lou».
«Notte, Lì».
Finalmente, entrambi erano sicuri di potersi fidare ciecamente di qualcuno, che non li avrebbe abbandonati a loro stessi, che avrebbe sempre trovato il modo di farli stare bene, finalmente avevano entrambi trovato l’amico che tutti desideravano.
 
**
 
Era il mese di dicembre, faceva realmente freddo, soprattutto in biblioteca, dove il riscaldamento si era rotto e si aspettavano i tecnici che avrebbero sistemato l’impianto. Il lavoro di Louis con Harry procedeva bene, erano a buon punto del programma, dopo tre mesi avevano studiato metà dei manuali e avevano iniziato la prima parte della relazione, sulla quale verteva l’esame orale (non avevano ancora iniziato a preparare lo scritto e Louis era preoccupato da questo). La situazione, a volte per Louis, diventava imbarazzante, ma aveva imparato a convivere con la sua cotta per il riccio, e riusciva anche a metterla da parte. Fin da qualche giorno dopo la partita, aveva iniziato a trattarlo meglio, a rispettarlo, e soprattutto aveva finalmente imparato il suo maledettissimo nome. Il castano era riuscito a farsi valere, finalmente non si faceva più mettere i piedi in testa. Viveva davvero meglio, da quando aveva tirato fuori il coraggio, aveva iniziato con Harry, e poi pian piano aveva esteso ciò che aveva appreso dall’esperienza, con tutti gli altri che lo trattavano male. Stavano studiando attentamente, Harry stava leggendo ad alta voce un passo del romanzo “Molly Bawn”, di Margaret Wolfe Hungerford, detta anche la Duchessa, e pronunciò, forse, uno degli idiomi inglesi preferiti di Louis «Beauty is in the eye of beholder», il ragazzo restò spiazzato, non dal modo in cui il riccio l’aveva detto, ma dal modo in cui lo aveva guardato, dopo averlo detto. Non sapeva cosa pensare, il fatto era che il solo sguardo di Harry, lo mandava in tilt, completamente. Avrebbe tanto voluto che lui non si accorgesse di ciò che provava ogni volta che lo guardava, ma secondo Liam e Niall era troppo evidente, che persino chi non lo conosceva, se ne sarebbe accorto. Faceva freddo nella biblioteca, e Louis tremava sia per il freddo, sia per il modo in cui il riccio lo stava guardando in quel momento, non sapeva cosa fare, aveva uno sguardo talmente ammaliante, e aveva usato un tono di voce così soave, così dolce, quasi come se gli stesse dicendo quella frase direttamente a lui, non solo leggendola. Sospirò, non doveva farsi troppe illusioni, lo sapeva.
«Mi piace questa frase» commentò il riccio, sorridendo «Sì, insomma, esprime bene il concetto… sai di bellezza» gli spiegò «Siamo tutti conviti che la bellezza sia solo un aspetto…uhm, esteriore, oggettivo. Ma… qui dice la verità, la bellezza è soggettiva, se io considero una persona bella, la considero tale per dei miei parametri, non per quelli degli altri, mi segui?» chiese sorridendo, Louis pendeva totalmente dalle sue labbra, non si aspettava da un giocatore di basket un discorso tanto profondo e carico di significato, anche lui la pensava in quel modo, ma in quel momento non riusciva a parlare. Si limitò ad annuire alla domanda del riccio, che proseguì: «Per esempio, sotto il mio punto di vista, tu sei adorabile e… fantastico» disse con un sorriso, a Louis mancò totalmente il fiato, e sentì quasi la gola seccarsi «A me può piacere o meno una cosa o una persona, ma ciò non significa che il mio gusto personale debba influenzare quello d’altri, no?»
«So-Sono d’accordo, il tuo discorso è giusto» rispose l’altro, sorridendo, tremando leggermente per motivi a lui sconosciuti, era come se il freddo non lo sentisse più, tant’era il disagio che provava di fronte alle parole di Harry.
«Mi fa piacere che siamo d’accordo su una cosa!» esclamò felice il riccio «Hai visto? Se mi applico capisco qualcosa».
«Così devi fare, sei molto bravo, quando ti applichi» disse l’altro con il sorriso sulle labbra, non voleva mostrare un altro dei suoi momenti di debolezza di fronte al bel giocare di basket, doveva ricomporsi e in fretta, era appena passata un’ora, come minimo doveva passarne un’altra, e non poteva perdere tempo in baggianate come quella.
«Già… visto che fa freddo, qui si muore e io sono stato bravo» disse alludendo a una qualche proposta che l’altro avrebbe trovato quanto meno indecente «Perché non andiamo a prenderci una cioccolata calda? La caffetteria del campus ne fa una ottima» propose sorridendo, guardandolo negli occhi.
«Cosa devo fare con te?» chiese ironico alzandosi «Ogni scusa è buona per non studiare».
«No, rettifica» disse il riccio sorridendo furbamente «Ogni scusa è buona per passare del tempo con te». A quel punto non ci fu più nulla da fare per Louis, cadde come una pera cotta tra le sue braccia, senza nessuna esitazione. Accettò l’invito di Harry, e qualche minuto dopo, camminavano fianco a fianco diretti alla caffetteria. Il gelo penetrava attraverso i suoi vestiti, e non si accorse minimamente di battere i denti, fino a che non sentì le mani di Harry sulle sue spalle e un calore avvolgerlo completamente. Si ritrovò ad arrossire notando di avere addosso la mega-felpa dell’altro ragazzo, che non solo gli stava grandissima ed era davvero molto calda, ma in più era impregnata del profumo del riccio, e Louis si sentiva come circondato da Harry, e tante sue piccole copie, tanti piccoli bambini che avrebbero avuto un giorno. Quello era un chiaro segno.
«Gr-Grazie, non dovevi…» mormorò stringendosi addosso la giacca, sperando di ricavarne il calore che mancava da un po’.
«Stavi tremando di freddo, non voglio farti morire assiderato» gli disse sorridendo apertamente. Lo ringraziò nuovamente, e poi insieme a lui proseguì fino alla caffetteria, una volta lì furono visti da parecchi compagni di squadra di Harry, alcune cheerleader e altri studenti, che li guardarono contrariati. Come faceva trenta e lode a frequentare Harry Styles?
Trovarono un posto più lontano dagli altri, e il riccio andò ad ordinare le due bevande calde. Passarono tutto il resto del pomeriggio lì a discutere riguardo i nuovi argomenti studiati, e anche riguardo a nuove notizie uscite sui giornali. Per tutto il tempo, Louis tenne la felpa di Harry, senza lasciarla un attimo. Sì, aveva freddo, e voleva restare al caldo, ma quella felpa gli faceva intuire il loro futuro come coppia, lo aveva invitato a prendere una cioccolata, doveva per forza essersi interessato a lui, altrimenti perché tanta attenzione nel proteggerlo dal freddo? Come mai in quel momento e non mesi prima, quando avevano iniziato a vedersi per studiare? Non poteva essere solo un caso fortuito, no? Era destino, lo sapeva.
«Sai, Louis» esordì il ragazzo prendendo un sorso della sua bevanda, guardandosi intorno «Non mi dispiacerebbe se mi accompagnassi alla festa di stasera, sai mi hanno invitato, e non posso presentarmi da solo».
«C-Cosa? M-Mi stai invitando?» balbettò l’altro studente deglutendo, Harry gli stava chiedendo di uscire? Di accompagnarlo ad una festa? Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare, ma il ragazzo lo guardava, e quello sguardo era così dolce, e Louis non poteva resistere oltre, doveva accettare? Doveva rifiutare? Doveva pensarci? Voleva mandare un messaggio a Liam, per chiedergli cosa fosse meglio fare, cosa era giusto fare, ma non poteva, stava per perdere la sua occasione di uscire con Harry?
«Beh sì, ti sto invitando, vedi altre persone qui?» chiese Harry ridacchiando leggermente.
«B-Beh, potevi star facendo le prove, per… uhm, invitare qualcun altro? Non so» disse balbettando e parlando velocemente «Insomma, io… io capirei, non…» l’altro si sporse verso di lui e mise un dito sulle sue labbra, zittendolo.
«Sei adorabile quando straparli» disse sorridendogli con dolcezza, il sorriso che a Louis faceva tremare le gambe ogni volta «Sto seriamente invitando te, perché ti adoro, e sei fantastico» gli spiegò, lasciandolo senza parole. Louis non poteva credere alle sue orecchie, era tutto così strano in quel momento «E non mi muoverò da questa caffetteria senza un sì».
«Harry, io… sì». Il riccio sorrise soddisfatto, ritornando a sedere composto, il ragazzo di fronte a lui quasi non respirava per l’emozione, e dovette bere diversi sorsi di cioccolata calda per mandare giù l’enorme groppo che gli si era formato in gola «Quando… è la festa?» chiese ancora imbarazzato dalla proposta del riccio, che sorrideva guardandolo con tranquillità.
«Domani sera, vuoi che vengo a prenderti in camera tua?»
«Oh davvero? Sarebbe, wow». Louis non sapeva come sentirsi, sapeva di essere arrossito al punto tale da notarsi, ma non poteva evitarlo, stava vedendo realizzarsi tutto ciò che nel profondo sperava accadesse, Harry si era accorto che lui esisteva, e non solo, lo aveva invitato al bar, gli aveva prestato la sua felpa, e infine lo aveva invitato a una festa con lui. Cosa poteva andare storto? Ogni cosa stava andando per il verso giusto, doveva solo farsi prestare qualcosa da Liam – di certo non poteva presentarsi alla festa con Harry con uno dei suoi completi quotidiani – o forse avrebbe chiesto a Niall, non lo sapeva, forse era meglio chiedere ad entrambi, era un po’ confuso su questo punto, ma sapeva che alla fine, avrebbe trovato una soluzione a tutto quel caos che erano la sua mente e i suoi sentimenti. Non riusciva a razionalizzare cosa provasse, e la cosa lo lasciava a disagio, ma come diceva Liam, doveva mostrarsi sicuro, anche se imbarazzato, mai insicuro di sé e delle sue scelte.
 
Quando ritornò nella sua camera, era euforico, come mai prima di quel momento. Qualcosa nella sua vita era andato per il verso giusto, e non si sentiva più lo sfigato, considerato solo “trenta e lode”, perché era stato notato, ma non da un ragazzo qualsiasi, ma da Harry Styles, il ragazzo per cui da ormai tre mesi aveva una cotta, che cercava costantemente di nascondere. Ma forse non avrebbe più dovuto nasconderla, dal momento che il diretto interessato lo aveva invitato ad uscire, anzi lo aveva invitato ad una festa, quindi tutti i suoi amici li avrebbero visti insieme, non sarebbe stata una cosa… segreta, no?
«Ehi, Lou, ti vedo euforico, hai preso qualche voto alto?» chiese Liam guardandolo, non appena entrò.
«No, meglio!» esclamò gioioso «Harry mi ha invitato ad una festa con lui, domani! Ci credi? Io non ci credo ancora!»
«È la giacca della squadra di basket, quella che indossi?» chiese l’amico sbigottito, di certo, non si aspettava che Louis tornasse a casa felice come mai in vita sua, indossando la giacca della squadra di Harry, che il suo amico avesse fatto colpo?
«Sì! Me l’ha prestata Harry, avevo freddo… quando siamo andati in caffetteria».
«Siete andati in caffetteria insieme?»
«Sì, e lì mi ha chiesto di accompagnarlo alla festa! Ti rendi conto? Harry mi ha notato, ha notato me!»
«Beh, complimenti, amico, sei riuscito a fare colpo su uno dei ragazzi più desiderati del campus». Louis sorrise e da quel punto in poi, Liam non fu più in grado di fermarlo, iniziò a raccontargli di cosa avessero fatto in biblioteca, del modo soave del riccio di leggere ad alta voce le citazioni, di quanto fossero belle le sue labbra, i suoi zigomi, e soprattutto i suoi occhi e il suo sorriso, di quando aveva detto il suo nome con dolcezza, di quando l’aveva invitato in caffetteria, e mentre andavano gli aveva messo la giacca sulle spalle, per non fargli prendere freddo, di come se ne fosse infischiato di chi li guardava male, e di come gli avesse chiesto di accompagnarlo alla festa. Gli era sembrato tutto così perfetto, da non essersi reso conto che il riccio, per vedere dove fosse la sua camera, lo avesse accompagnato fino a lì e lo avesse salutato con un vellutato bacio sulla guancia, che aveva fatto sciogliere quel poco che restava di Louis, dopo quel pomeriggio così emozionante. Si erano salutati, Harry gli aveva detto che si sarebbero visti il giorno seguente, che lo sarebbe andato a prendere, e sarebbero andati alla festa insieme – era sabato, e le lezioni erano sospese per quel giorno – e che avrebbero passato insieme una divertente serata.
Si addormentò, per la prima volta, dopo tanti mesi, con il sorriso sulle labbra, più rilassato di quanto si fosse mai sentito in quel periodo; serenamente e placidamente si addormentò insieme al suo amico, che molto in fondo, era contento per lui.
Durante la notte, dormì tranquillo, sognando lui ed Harry, felici in una villa a due piani, con una piscina; Harry era suo marito ed era un famoso giocatore di basket, mentre lui era uno scrittore di successo, con due best-seller e un altro libro in uscita; avevano un cane e un gatto, ed erano felici. Nel sogno, Harry tornava a casa, dopo una trasferta per una partita, entrava in casa e Louis gli saltava tra le braccia, lasciandosi stringere forte da lui, gli era mancato tanto. Dopo un lungo abbraccio, si scambiavano un dolce e nostalgico bacio, Louis era completamente avvinghiato ad Harry, che a sua volta lo stringeva con forza, per non lasciarlo andare: «Harry…» mormorò, contro le sue labbra, nel sogno «Harry…»  «Harry» sussurrava.
«Louis? Ehi, sveglia dormiglione!» esclamò Liam, cercando di svegliarlo. Era strano che Louis dormisse tanto, si disse, forse era davvero stanco, la settimana che si era appena conclusa non era stata affatto leggera, ma la giornata precedente era stata troppo estenuante e carica di emozioni per lui, sapeva quanto Louis fosse un ragazzo sensibile e emotivo. L’aveva leggermente sconvolto la proposta di uscire di Harry, tanto che… stava sussurrando il suo nome nel sonno.
«Mmh…» mormorò l’altro, ridestandosi «Harry?»
«No, stupido, sono Liam, svegliati!» esclamò ancora ridendo, anche se non sapeva come si sarebbe evoluta la cosa tra Louis ed Harry, vedere Louis così coinvolto in qualcosa che non fosse lo studio, lo divertiva e non poco.
«Liam? Dov’è Harry?» chiese guardandolo con una punta di delusione nello sguardo, era così reale, aveva sognato Harry, di avere una relazione con lui, ed era stato così intenso, da sembrare tutto vero, tanto vero che faceva male svegliarsi e ritrovarsi senza di lui. Sarebbero usciti quella sera stessa, e si sentiva sia emozionato che spaventato all’idea di passare una serata da solo con lui e tutti i suoi amici. Era così irritante essere così emotivo, non sopportava, a volte, il suo carattere.
«Harry è nella sua camera, con il suo compagno di camera e tu hai bisogno di un caffè bello forte» gli rispose l’amico, scuotendo la testa «Faccio un salto in caffetteria, tu riprenditi un po’, amico» ridacchiò, avviandosi alla porta, Louis gli rispose con un grugnito, e chiuse nuovamente gli occhi. Non era pronto a quella serata, e si sentiva come una ragazzina di quindici anni, alle prese con il suo primo appuntamento; la cosa non andava bene, perché lui aveva ventidue anni suonati – tra l’altro quindici anni li aveva sua sorella minore – e quello non era il suo primo appuntamento, sebbene non avesse molta fortuna in amore, non era poi così sfigato, aveva incontrato delle persone, con le quali aveva avuto brevi storie, ma mai nulla di serio – lo consideravano sempre troppo ligio alle regole, o troppo fissato con lo studio, e rompevano dopo un paio di uscite – ed Harry non sarebbe stato diverso, nonostante lui cercasse di illudersi che potesse esserlo sul serio. Sbuffò tirandosi le coperte sul viso, forse non doveva uscire affatto con Harry, per evitare di stare male in futuro, avrebbe dovuto declinare l’invito, le scuse non mancavano. Però il riccio, dopo l’inizio un po’ disinteressato, non aveva mai mostrato che tra loro potesse andare male, la sua giacca era ancora sulla sua sedia, e il giorno precedente aveva passato con lui una serata davvero carina, nonostante fossero andati solo in caffetteria. Restò diversi minuti con la testa infossata nel cuscino e sotto le coperte, aspettando che la decisione più semplice si manifestasse davanti a lui per magia. Non sapeva cosa pensare, non sapeva cosa decidere, voleva trovare una soluzione facile, quella che gli facesse provare il meno dolore possibile, ma sapeva che se da una parte non voleva soffrire per Harry, dall’altra avrebbe sofferto comunque, perché nessuno sano di mente avrebbe rifiutato un invito di Harry Styles. Sbuffò ancora, scuotendo la testa, doveva alzarsi, magari parlarne con Liam o Niall, o magari entrambi.
«Lou, il caffè è arrivato!» esclamò Liam, ridestandolo dai suoi pensieri «Ti ho portato anche dei muffin al cioccolato, alzati da quel letto!» gli arrivarono in risposta un altro grugnito e uno sbuffo sonoro «Non sbuffare con me».
«Ti detesto, oggi non ci sono lezioni, fammi dormire».
«Ingrato».
Louis sbuffò alzandosi e spostando le coperte dal suo corpo: «Okay, okay! Eccomi, mi sono svegliato!»
«Buongiorno, raggio di sole» rise Liam, guardandolo «Hai un aspetto orribile, fatto brutti sogni?»
«No, anzi, un sogno meraviglioso…» mormorò alzando lo sguardo sull’amico «Il problema è che sono troppo razionale, e sto pensando ai pro e i contro di una possibile relazione con Harry».
«Come al solito» sospirò, porgendogli il suo bicchiere di caffè bollente «Posso darti un consiglio, Lou?»
«A questo punto, penso di essere così disperato da poter accettare di tutto» borbottò prendendo un sorso di caffè.
«Non pensare troppo, stavolta» gli disse Liam, afferrando un muffin e mordendolo «E non lasciarti coinvolgere troppo, fino a che non sei sicuro dei sentimenti di Harry per te, vedrai che andrà bene, alla fine».
Louis sorrise afferrando un muffin, ringraziando l’amico, aveva detto ciò che voleva sentirsi dire, aveva detto una cosa che lo faceva stare bene, che lo rincuorava. Doveva provarci e non lasciarsi coinvolgere troppo inizialmente, poi vedere il da farsi, sapeva che Liam fosse quello saggio tra loro, e aveva bisogno di sentire quelle parole da lui, per convincersi di non star sbagliando. Finalmente poteva affrontare con tranquillità, quella giornata infinita, quella giornata che prometteva bene almeno per lui, diede un’occhiata alla giacca di Harry, che giaceva ancora sullo schienale di una delle sedie della camera, e sorrise compiaciuto di sé, non sapeva per quale strano motivo, Harry aveva deciso di uscire con lui, di invitarlo alla festa, ma sapeva di dover cogliere quell’opportunità, che non si sarebbe mai più ripetuta, era un evento, per uno come lui.
Trascorse la giornata a sistemare i suoi libri, insieme a Liam che, seduto sul suo letto, scriveva continuamente messaggi, forse al ragazzo per il quale aveva una cotta, e Niall seduto sull’altro letto, intento a cercare tra le cianfrusaglie di Louis, qualcosa che il ragazzo avrebbe potuto indossare quella sera; inutile dire che non trovò nulla di ciò che gli interessava.
«Dovresti seriamente rinnovare il tuo guardaroba, Lou, è così… ew!»
«Un giorno mi spiegherai cosa intendi con questi… versi».
«È verso, come dici tu, per indicare disgusto».
«Ha ragione, Lou» intervenne Liam «E odio dar ragione a Niall» precisò, guardando torvo il biondo «Ma questi abiti… seriamente, vanno bene per andare a lezione, sono comodi, ma non per una festa» gli spiegò, scuotendo la testa «Dovresti indossare qualcosa del genere» disse, prendendo una delle sue camice e uno dei suoi jeans «Saresti adorabile!»
«Ma per piacere, la moda del boscaiolo è passata da un pezzo, Payne, aggiornati, nemmeno mio nonno usa più quell’orrore!» esclamò Niall, inorridito «Dovresti piuttosto provare alcuni dei miei completi, saresti fantastico».
«Total black? Ma per favore, Horan, Louis è una persona solare, non un depresso come te».
«Io non sono depresso, Payne, è il mondo che mi vede depresso».
«Per favore, ragazzi…» cercò di intervenire Louis, in netta difficoltà, non poteva di certo andare in giro con le imbarazzanti camice di Liam – anche se alcune, non quelle a scacchi, erano carine – e non poteva nemmeno andare in giro con dei pantaloni stretti, che mettevano in risalto troppe parti intime, e canottiere super-scollate, doveva trovare una mediazione tra i due look.
«Oh certo, dimenticavo le tue idee alternative».
«Stiamo parlando dell’appuntamento di Louis» puntualizzò il biondo, irritato «Questa è la sua serata con quel tizio tutto muscoli» disse guardandolo, con rimprovero. Liam annuì e tornò a guardare, insieme all’altro, Louis, che era ancora senza parole. Stavano parlando davanti a lui, come se non fosse presente, e la cosa non gli piaceva.
«Allora, direi, se unissimo le nostre idee?» propose Niall, guardando il castano, e avvicinandosi a lui «Visto che odia i pantaloni troppo stressi, ne metterà uno dei tuoi» Louis aprì la bocca per protestare, ma: «Non obiettare, Tomlinson, sarai un figo, stasera!» esclamò Niall zittendolo, prima che potesse anche solo proferir parola. Richiuse la bocca sconfitto.
«Sì, posso prestargliene uno» disse prendendo un semplice jeans blu, sotto l’approvazione di Niall.
«E io gli presterei una delle mie canotte, una di quelle non troppo appariscenti, okay Lou?» chiese rivolgendosi all’amico, che cercò nuovamente di parlare «Okay, va bene» rispose per lui l’amico, ridacchiando complice con Liam.
«Mh, sì, e se non gli va bene, gli presterò una delle mie camice, non troppo colorata, né a scacchi».
«E le scarpe?» chiese Niall, pensieroso.
«Le mie vanno benissimo!» riuscì a dire Louis «Non transigo, le scarpe voglio tenere le mie!»
«E sia» concesse il biondo annuendo, il colore delle sue scarpe era nero, e si abbinava perfettamente con il resto del look.
«Perfetto, direi che sei pronto!»
 
Qualche ora dopo, Louis era pronto. Indossava un jeans non troppo stretto, né troppo largo, una canotta nera di Niall, con sopra una camicia azzurra di Liam e le sue scarpe nere. Si sentiva quasi a suo agio in quegli abiti, non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma aveva i migliori amici che potesse mai desiderare, pronti a tutto per aiutarlo, anche a decidere – litigando – cosa fargli indossare al suo primo appuntamento con Harry Styles; avrebbe fatto bella figura, lo sapeva.
«Sei fantastico, Lou!» esclamò Liam guardandolo con il sorriso sulle labbra «Abbiamo fatto un ottimo lavoro, Niall».
«Già, devo ammetterlo, i nostri generi fusi insieme sono l’ideale per lui».
«Ehi, smettetela di vantarvi» lo rimproverò Louis, che nonostante si sentisse a suo agio, tremava quasi d’ansia per la serata che avrebbe dovuto passare con Harry, e non voleva farne accorgere ai due ragazzi che lo stavano osservando. Liam lo abbracciò per primo, sussurrandogli di stare tranquillo e non agitarsi, tutto sarebbe andato per il meglio. Anche Niall, a modo suo, cercò di consolarlo dicendogli che, anche se lui non se ne intendeva di ragazzi, lui era bellissimo, e sarebbe piaciuto anche ad Harry. Il tempo sembrava non passare mai, e quasi Louis pensò che non volesse più uscire con lui, mille scenari diversi si presentarono nella sua testa, fino a quando qualcuno non bussò alla porta della sua camera. Aprì la porta e vide che il riccio era lì di fronte a lui, con tutta la sua bellezza e il suo charme, indossava una camicia nera, completamente quasi completamente sbottonata, dei jeans strettissimi, che mettevano in evidenza le sue lunghe gambe, retti da un’appariscente cinta. Louis restò a bocca aperta, quel ragazzo era davvero magnifico, in qualsiasi sfaccettatura lo si guardasse, e nessuno poteva resistergli.
«Ciao Louis» disse sorridendo «Sei bellissimo così, sai?»
«G-Grazie» balbettò mordendosi il labbro inferiore «Neanche tu sei male».
In sottofondo, Louis sentiva i borbottii e i commenti di Niall e Liam, Harry si lasciò scappare una breve risatina, così cristallina che scaldò il cuore del ragazzo che gli stava di fronte, e non riusciva a staccare gli occhi da lui; il suo fascino era così estatico, da lasciarlo completamente senza parole, e sì, forse sembrava un idiota, perché lo fissava, ma non riusciva a farne a meno.
«Vogliamo andare?» chiese risvegliandolo dal suo stato di trance.
«Sì, sì!» esclamò riprendendosi, non doveva mostrarsi così facile da manipolare, no. Afferrò il cellulare, salutò i suoi amici e seguì Harry. Non parlarono molto durante il cammino verso il luogo della festa, sentiva solo sguardo di Harry bruciare sul suo corpo, lo sentiva fissargli il profilo, soffermare lo sguardo sul sedere; era completamente in imbarazzo, ma non voleva fare una brutta figura e mostrarsi fin da subito come debole o timido, non poteva fare quella figura davanti a lui.
«Non ti avevo mai visto vestito così, lo fai ogni volta che esci, o lo hai fatto proprio per me?» chiese Harry, rompendo il silenzio imbarazzante che era piombato tra loro; certo, Louis non poteva dirgli che quello era il suo primo appuntamento, dopo tre anni che non usciva con nessuno, sarebbe stato ancor più imbarazzante per lui, soprattutto quella sera.
«Beh, immagino che ogni mia risposta potrebbe essere… fraintesa» rispose l’altro, Harry lo guardò interrogativo «Insomma, se ti dico che indosso sempre questo, non mi crederai perché è ovvio che non indosso sempre abiti del genere» spiegò, forse parlando troppo velocemente, ma era l’ansia a parlare al suo posto «Se dico che sono vestito così per te, faccio la figura del patetico, stupido, idiota sfigato che si è fatto aiutare dagli amici perché era troppo ansioso per decidere» concluse, rendendosi conto da solo di aver detto, prima di tutto, la verità, e di essersi reso ancor più ridicolo agli occhi del riccio, sicuramente gli avrebbe detto che non era più il caso di vedersi, e nemmeno di andare insieme a quella festa, che lo avrebbe riaccompagnato in camera e sarebbe andato da lui, perché insomma, aveva straparlato e si era descritto come un completo idiota.
Harry, sorpreso e intenerito dalla sua risposta, gli prese la mano, per rassicurarlo: «Io penso che tu sia troppo razionale, era solo una domanda come un’altra, non ti sto giudicando» disse sorridendogli, e stringendogli la mano «Trovo che tu sia molto, molto bello con o senza questi abiti, diciamo che era più un modo per rompere il ghiaccio» spiegò dolcemente, mentre si avvicinavano al luogo della festa «E sono molto onorato di averti con me, spero di non farti sfigurare».
«Tu far sfigurare me?» chiese arrossendo, notando le loro dita intrecciate e gli occhi di Harry su di lui, sentiva il cuore esplodere, venir fuori dal petto come spinto da una forza esterna, e non sapeva come reagire razionalmente a quel tumulto interiore a cui non riusciva a dare una spiegazione, una motivazione, e non riusciva neppure a placare, in nessun modo. «Al massimo è il contrario» concluse in un sussurro, che forse neanche fu udito dall’altro, semplicemente gli baciò la guancia con delicatezza, e insieme a lui fece il suo ingresso trionfale nel luogo in cui si svolgeva la festa. C’erano davvero tante persone popolari nel campus, c’era la squadra di Harry, c’erano gli studenti più apprezzati, c’erano persino alcuni membri di alcune confraternite – Louis si chiese se non fossero stati proprio loro ad organizzare tutto – e, non appena lui e il riccio fecero il loro ingresso, tutti gli occhi furono puntati su di loro e sul perché Harry – Louis lo sentiva molto chiaramente – si fosse fatto accompagnare proprio da trenta e lode e non da qualcuno con una reputazione migliore. Louis avrebbe voluto, davvero, non badare a quelle voci, ma li sentiva, udiva il loro disprezzo e quasi fu sul punto di fuggire via, sentendosi umiliato, ma il riccio – che in quel momento per Louis era più un eroe senza macchia, un cavaliere dall’armatura splendente – lo fermò stringendolo a sé, sussurrandogli dolcemente all’orecchio: «Ignorali, pensa solo a me, ci siamo solo io e te, ora. Ignora loro e non badare alle loro parole, sono solo invidiosi», e Louis in quel momento fu certo di una cosa, quando rimase con lui, senza fuggire via da quelle persone, capì di essere completamente fuori di testa per il ragazzo dagli occhi verdi, che lo aveva fatto impazzire solo con una parola gentile, e che aveva egregiamente completato l’opera. Anche se non avrebbe voluto lasciarsi coinvolgere, lo era fin dall’inizio, e ormai non avrebbe più potuto, e nemmeno voluto, tirarsi fuori dalla storia. Era troppo coinvolto, ora.
Dopo l’inizio un po’ burrascoso, tutti tornarono a divertirsi, e Louis giurò a se stesso di non essersi mai divertito tanto: per tutta la sera, Harry non aveva fatto altro che riservargli attenzioni, gli aveva offerto da bere – forse anche un po’ troppo – aveva ballato insieme a lui, e sì, Louis era certo che avesse anche flirtato spudoratamente con lui, soprattutto quando un paio di compagni di squadra di Harry furono abbastanza vicini a loro, e non riusciva a pensare ad altro che a lui, al suo corpo contro il suo, le sue braccia attorno ai suoi fianchi, al modo che aveva di ballare – un po’ goffo a causa della sua stazza enorme – del suo modo di stringerlo, e anche ai baci che gli lasciava lungo il collo e la mandibola, alla sua sensualità, e a tutti i complimenti che gli faceva; non era più in sé, e per tutta la serata fu così. Parlarono poco, ma forse anche a causa della musica, che sovrastava ogni parola che si dicevano. Non notava, forse a causa dell’alcol che Harry gli stava facendo bere, che qualcuno dall’altro lato della pista da ballo, continuasse a guardarli come se fosse geloso, e non notava lo sguardo soddisfatto di Harry.
 
Erano le tre del mattino, Louis era completamente ubriaco, aveva la testa incastrata tra la spalla e il collo del riccio, e provava una forte nausea, non si era mai sentito peggio, ma neanche meglio. Era la prima sbronza che prendeva in tutta la sua vita, e si sentiva maledettamente felice – si diceva che era per l’alcool – perché c’era Harry a reggerlo, mentre lo accompagnava alla sua camera, dove sperava che Liam fosse ancora sveglio.
«Grazie, Harry» biascicò contro il suo collo «Sei il mio cavaliere splendente» borbottò, stordito. Non sapeva cosa stesse dicendo, o cosa stesse facendo, era del tutto disinibito, senza freni, e lo era anche la sua lingua, in altre situazioni non avrebbe parlato in quel modo, così inappropriato, così infantile. Non poteva farci nulla, non era in sé in quel momento.
«Certo, come no, ti ho fatto ubriacare, potevi dirmelo che non reggevi!» esclamò il riccio, divertito, certo doveva immaginarlo che uno ligio all’ordine e così serioso come lui, doveva avere una sopportazione pari a zero dell’alcool, eppure…
«Sei bello!» esclamò Louis, felice avvinghiandosi a lui, stringendosi sempre di più, fino a che non sentì le braccia di Harry circondarlo completamente, e il ragazzo lo prese in braccio, sorridendo. «Aw, Haz!» esultò stringendogli le braccia attorno al collo. Non era in sé, eppure si sentiva davvero felice, protetto e rilassato, tra le braccia del riccio era tutto migliore.
«Adesso ti porto nella tua stanza, mi assicuro che tu vada a letto, e tornerò da te domani mattina, okay?» chiese il riccio, sperando che potesse sostenere una conversazione normale, ma il castano scosse la testa, affondando il viso nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo, stringendosi maggiormente a lui, come se non volesse separarsi da lui.
«Noooo» protestò «tu sei buono e gentile, voglio restare sempre con te! Aw!» esclamò, facendo seguire alle sue parole un singhiozzo, causato dall’alcool. In altre circostanze non sarebbe stato così socievole, non sapeva quanto tempo era passato dall’ultima volta che non si era sentito padrone delle sue azioni; forse quella era la prima volta in cui accadeva.
«Sei maledettamente adorabile» gli disse scuotendo la testa, stringendolo maggiormente al proprio corpo per non farlo cadere. Louis continuò a dire cose senza senso come: «Le vedi le farfalle, Harry?» «Sento una musica romantica nella testa, la senti anche tu?» «Sento un bel profumo di pancake al burro d’arachidi» «Tu li sai fare i pancake, Harry? Mia mamma me li faceva sempre quando ero piccolo» «Però mia sorella li rubava sempre…» «Mi piaci tanto…» mormorò chiudendo gli occhi, l’alcool ormai aveva avuto effetto su di lui, e dopo il delirio, il sonno aveva fatto capolino nella sua mente, non riusciva a tenere gli occhi aperti, e non riusciva più a restare sveglio, crollò in un sonno profondo dopo qualche minuto, e dormì profondamente fino al loro arrivo fuori alla sua stanza; Harry lo chiamò con dolcezza, risvegliandolo. «Riesci ad arrivare al letto?»
«Noooo, portami tu…» mormorò con la voce impastata dal sonno. Non aveva conservato neppure in briciolo di dignità quella notte, aveva toccato il fondo, e non se ne era nemmeno reso conto, non era abbastanza lucido per accorgersene.
«Okay» bisbigliò il riccio, lo portò all’interno della camera, e lo aiutò a mettersi a letto, gli tolse le scarpe, dopodiché lo coprì con il lenzuolo e gli diede un bacio sulla fronte, in un gesto quasi dolce, la mente di Louis subito elaborò fantastici sogni, su lui ed Harry. Non appena si fu assicurato che il castano fosse al sicuro, e nel letto, il riccio andò via, non senza sentire prima le ultime parole del ragazzo, che gli fecero capire di aver fatto centro con lui: «Grazie, principe azzurro» sbadigliò, stringendo tra le mani le coperte, cercando forzatamente di tenere gli occhi aperti «Ti adoro, sei fantastico, e mi piaci davvero tanto» sussurrò, prima di crollare nuovamente in un sonno profondo, popolato unicamente da bei sogni sulla serata appena passata e sul riccio che era appena andato via. Decisamente, quella era stata la notte migliore della sua intera vita.
Quando si risvegliò, da un sonno apparentemente senza sogni, aveva un mal di testa pazzesco, aveva un sapore amaro in bocca, sentiva nettamente la musica a palla di Niall – a quell’ora era legale mettere musica ad un volume così alto? – che gli perforava il cervello come un martello pneumatico, e non ricordava assolutamente nulla di ciò che era accaduto, prima del suo risveglio, l’ultima cosa che ricordava vividamente era Harry che lo portava alla festa, e lo invitava a fregarsene degli altri. Poi il nulla, il vuoto, il nulla cosmico. Non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi, forse riusciva ad immaginare cosa fosse accaduto di tanto spiacevole: aveva bevuto, e lui non era per nulla abituato, anzi, era completamente astemio, non reggeva nemmeno due dita di birra – l’unica volta che aveva provato, con Liam, aveva provato una strana sensazione di stordimento e aveva giurato di non ubriacarsi mai – non era da lui, non era affatto da lui, cosa gli aveva fatto quel riccio dagli occhi verdi, per fargli perdere così la facoltà di essere se stesso? Era ancora troppo stordito per pensare a quelle cose, doveva necessariamente prendere qualcosa per quel mal di testa, e possibilmente uccidere Niall. Probabilmente era solo in camera, di certo Liam era fuori, la domenica mattina usciva sempre, aveva sempre qualche commissione da fare, o qualche persona da vedere, e sicuramente non era rimasto insieme ad un povero idiota che aveva bevuto troppo alla prima festa a cui aveva partecipato. Si maledisse per aver accettato di bere, si maledisse per aver perso la sua dignità, accettando di bere come un ubriacone, si maledisse per non aver detto no ad Harry Styles, e si maledisse per essere così debole in sua presenza.
«Lou, sei sveglio?» era la voce di Liam, quella? O solo la sua fervida immaginazione? Doveva accertarsene, ma non poteva aprire gli occhi, a causa del mal di testa che lo tormentava, ed era aumentato dalla musica di Niall «Ti ho portato delle aspirine e del caffè, dovresti sentirti meglio in un paio d’ore» continuò l’altro, intercettando un movimento impercettibile dell’altro.
«Mmh, ti prego Lì non urlare» disse Louis, cercando di mettersi seduto e tentando di aprire gli occhi, la luce nella camera era troppo forte, poteva sentirla ferirgli gli occhi come una se questa fosse una lama affilata.
«Quanto hai bevuto ieri sera?» chiese l’amico sedendosi accanto a lui, porgendogli il caffè «Tu non reggi, e guardati, esci una sera con Harry Styles, e guarda come ti riduce» borbottò l’amico, appoggiandogli una mano sulla spalla, mentre l’altro prendeva la bevanda tra le mani e ne beveva una lunga sorsata «Non so, Lou, non ha una buona influenza su di te».
«Lì, per favore… è la prima volta che qualcuno mi accetta davvero così come sono» mormorò il ragazzo fissando in basso, Liam aveva ragione, non gli faceva bene perdere se stesso, ma non voleva neanche perdere Harry per mostrare troppo se stesso. Sbuffò sconfitto, non sapeva neanche lui cosa fare, sapeva solo di voler uccidere Niall per la musica.
«Beh, se ti accettasse realmente come sei, non dovrebbe farti bere tanto, visto che ti fa star male, no?» chiese retoricamente l’amico, scuotendo la testa «Lou, io non dico che non devi frequentarlo, non so da quanto tempo non ti vedevo felice come ieri» gli disse, cercando di tranquillizzarlo «Non voglio, che, ecco, tu perda te stesso per piacere ad Harry, capisci?»
«Sì, sì… lo so, cercherò di… non lasciarmi coinvolgere da lui» disse accompagnando la risposta annuendo, poi alzò lo sguardo sull’amico, sull’orlo dell’esaurimento «Ti prego, però uccidiamo Niall e la sua musica».
«Questo non è un problema» concordò Liam, scoppiando a ridere, seguito immediatamente da Louis, che appoggiò la testa sulla sua spalla, sorridendo. Era bello sapere di avere, nonostante tutto, un partner in crime, come Liam, il quale quella mattina aveva rinunciato ai suoi impegni per stargli accanto, in un post-sbronza davvero imbarazzante. «Comunque, eri dannatamente divertente ieri sera, penso che Harry non si sia accorto di me che ridacchiavo sotto le coperte».
«Eri sveglio? E cosa ho fatto?» chiese allarmato, sollevando di scatto la testa dalla spalla dell’amico. Cosa? Cosa?
«Come tuo solito, Lou, hai straparlato, e gli sei salito in braccio, cose così» disse, Louis stava quasi per tirare un sospiro di sollievo, ma: «Poi gli hai detto che ti piace, e che lo adori» raccontò cercando di apparire serio, mentre l’altro arrossiva e nascondeva il viso tra le mani per l’imbarazzo, aveva fatto davvero un gesto così patetico? Ma come aveva potuto? Come aveva potuto essere così dannatamente idiota? «E lo hai chiamato principe, o qualcosa del genere» concluse, accentuando l’imbarazzo dell’altro, che si lamentò di quanto fosse stato stupido e patetico, sostenendo fermamente che il riccio non lo avrebbe mai più richiamato, e che se aveva mai avuto una possibilità con lui, l’aveva miseramente persa quella notte. Restò di quella convinzione per tutto il giorno, fino a che il suo cellulare non si illuminò, segnando l’arrivo di un nuovo messaggio:
Mi sono divertito molto con te ieri sera… anche se da ubriaco sei adorabile, prometto che non ti farò bere più. Ti va una serata tranquilla? Fammi sapere, mi piacerebbe passare un’altra serata in tua compagnia. Giuro, niente alcool!
Harry, xx” – recitava il messaggio, che lasciò senza parole il giovane studente, che stentava a credere lo avesse mandato proprio a lui, dovette rileggerlo nuovamente, controllare il numero, prima di rendersene conto, ed esultare, prima internamente, poi esternamente. Era un caso senza speranza, ormai, aveva ufficialmente salutato la sua dignità, per la terza volta, a causa di Harry, non sapeva come sentirsi a riguardo, però… qualcosa di diverso c’era, lui stesso si sentiva diverso.
«Liam! Oh mio dio, Liam!» esclamò il ragazzo indicando il telefono come se fosse stato una bomba ad orologeria «Liam, mi ha scritto!» l’amico lo guardò interrogativo, senza capire esattamente cosa stesse dicendo «Harry mi ha scritto!» esclamò nuovamente, felice «Vuole vedermi stasera, che faccio? Accetto? O dico di no? Che devo fare, Liam?!»
Liam scoppiò a ridere nuovamente, Louis era uno spasso, era così cotto di Harry, ed era così felice che lui lo avesse notato, che quasi, Liam azzardava a dire, credeva maggiormente in se stesso. Era contento per lui, si meritava un po’ di felicità, dopo tutto. «Idiota, cosa vuoi fare? Accetta!» esclamò a sua volta, sorridendo. Sperava solo di non sbagliarsi, se Harry avesse minimamente fatto soffrire Louis, se ne sarebbe pentito amaramente, nessuno doveva far del male a Louis, Liam era fermamente convinto della sua posizione, era il suo migliore amico, dopotutto, doveva proteggerlo.
 
Era passata qualche settimana, Louis continuava a frequentare Harry, e, senza sbilanciarsi troppo, poteva ammettere a se stesso di non essere mai stato più felice, anche se qualche volta vedeva il riccio flirtare con altri ragazzi, ad esempio la sera precedente, erano insieme nella caffetteria del campus – ormai era il loro luogo di ritrovo quotidiano – e mentre chiacchieravano, prendendo un caffè, Harry si era alzato e Louis lo aveva visto avvicinarsi a due ragazzi. Lo aveva visto iniziare a parlare amabilmente con loro, come se lui non fosse minimamente stato presente, aveva offerto loro del caffè, e aveva continuato a guardarli, parlare con loro, e sorridergli per quella che era sembrata un’eternità, e poi era ritornato da lui, dicendogli “Scusa, erano due compagni di corso, e discutevamo dell’ultima lezione seguita”, Louis avrebbe voluto credergli, se non lo avesse visto segnarsi i loro numeri sul cellulare. Aveva lasciato correre, credendo davvero che fossero suoi compagni di corso, sperando che quella fosse la verità, quasi illudendosi che lo fosse, non voleva dubitare di lui, davvero, ma alcuni suoi atteggiamenti gli facevano credere che lui non fosse abbastanza per uno popolare come Harry, che però alla fine riusciva sempre a fargli capire quanto si sbagliasse: quella sera stessa, quando lo aveva accompagnato in camera, lo aveva nuovamente invitato ad una festa, dicendogli che voleva andarci solo con lui, e nessun altro. A quella richiesta Louis si era totalmente sciolto, e si era ricreduto. Sorrideva a Liam, in quel momento, perché stava cercando qualcosa da indossare, per la serata seguente. Non aveva raccontato all’amico del fraintendimento, Liam gli avrebbe suggerito di allentare un po’ con Harry, cercare di capire davvero cosa provasse, Louis voleva solo sentirsi libero di frequentare Harry senza essere giudicato dal suo amico. Perché, anche se alcuni suoi atteggiamenti erano equivoci, quel ragazzo riusciva a renderlo felice, e a farlo sentire realmente importante, poco importava se incontrava dei compagni di corso e scambiava i numeri con loro, forse, pensava, lo avevano fatto per organizzarsi per lo studio. Intanto, nonostante tutto, il loro lavoro studentesco procedeva bene, Harry apprendeva facilmente e avevano quasi finito di studiare tutto il programma, doveva raggiungerlo entro una mezz’ora per iniziare a studiare l’ultima parte del programma. Nonostante dovesse fare la maggior parte del lavoro lui, il riccio aveva iniziato da un po’ ad apprendere meglio: Louis gli aveva fatto delle mappe concettuali dei capitoli più semplici, delle sintesi di quelli più complessi, e lo aveva grandemente aiutato con qualsiasi cosa fosse per lui ostica; inoltre anche se Harry fingeva di partecipare, Louis aveva quasi finito di scrivere la relazione per lui, lo aveva convinto subdolamente, un pomeriggio. Il castano si sentiva fiero di se stesso, era riuscito ad aiutare un atleta – tutto muscoli e niente cervello, letteralmente – a studiare e ad apprendere le cose, e inoltre ad uscire insieme a lui. Anche se non sapeva come sarebbe andata a finire tra loro – dato che per il momento si frequentavano solo, e non erano una coppia ufficiale – non poteva chiedere di meglio, era dannatamente felice con lui, e non si era mai sentito più fiero e sicuro di sé, aveva sempre avuto paura di non essere all’altezza di qualcuno – lo sentiva ancora, a volte – ma era diventato meno insicuro, tutto grazie all’influenza positiva del riccio su di lui; in fondo si erano aiutati a vicenda, Louis aveva aiutato Harry con lo studio, e Harry lo aveva aiutato con la sua autostima.
«Sembri davvero in pace con te stesso, Lou» gli disse Liam, mentre lo guardava preparare i libri «Davvero, non ti ho mai visto così felice, eppure ti conosco da quando abbiamo iniziato il college» continuò sorridendo «Odio ammetterlo, ma questo Harry Styles ti fa proprio bene» concluse, mentre l’amico si girava verso di lui e gli sorrideva riconoscente.
«Grazie, Lì» gli disse, imbarazzato «Sai, non mi ero mai sentito così prima d’ora, e Harry… davvero ha qualcosa di speciale, mi fa sentire speciale, non so se… rendo bene l’idea» le sue gote erano rosse, la sua autostima era migliorata, ma non la sua timidezza «Mi fa sentire bene, ecco» spiegò ancora imbarazzato, non era solito parlare dei suoi sentimenti «Ed è il primo… che incontro e mi accetta esattamente così come sono, insomma, non mi dice…sai, tipo dovresti essere meno timido, o alla tua età ancora non riesci a reggere una birra? Capisci, Lì?»
«Capisco che ti stai innamorando di lui» ridacchiò l’amico, scuotendo la testa «Ed è un bene che ti accetti, sai, dopo quello che mi raccontavi all’inizio, non credevo in una svolta così positiva per te, insomma, all’inizio era un vero stronzo a chiamarti Lewis, e invece ora… addirittura uscite insieme» Louis scoppiò a ridere, perché era vero, le cose erano cambiate davvero tanto, da quella famosa partita. «Ti ha già fatto proposte indecenti?» chiese divertito, guardando l’amico andare nel panico.
«LIAM!» strillò Louis, coprendosi il volto, che si tingeva maggiormente di rosso, con le mani «No, ovvio che no… è presto».
«Ma almeno vi siete già baciati? È quasi un mese che uscite insieme, possibile che Harry Styles, che è noto per portare a letto chiunque, non abbia ancora baciato il ragazzo che frequenta regolarmente?»
«Beh, forse vede la relazione in modo serio e non vuole affrettare le cose» spiegò Louis, ignorando le parole di Liam, che alzò le mani, rispondendo che forse aveva ragione lui e si stava preoccupando troppo «Sono sicuro che ha i suoi buoni motivi».
«Sicuramente, ci vediamo dopo?» chiese, vedendo l’amico caricarsi la borsa in spalla, pronto ad andare.
«Sì, ma… mi porta con sé agli allenamenti».
«D’accordo, divertiti!» Louis gli sorrise e lo salutò fugacemente, prima di correre via. Non era in ritardo, ma temeva che Harry arrivasse prima di lui, e si annoiasse di aspettarlo. Già quel ragazzo non aveva voglia di studiare, poi se lui arrivava tardi… la situazione poteva solo peggiorare. Raggiunse in circa quindici minuti la biblioteca, e con sua somma sorpresa trovò lì ad attenderlo Harry, appoggiando con la schiena al muro di fianco al portone. Louis spalancò la bocca, mai il riccio era arrivato prima di lui, ed era più bello che mai, forse a causa dell’aria natalizia tutt’intorno a loro, o forse semplicemente perché il riccio era mozzafiato, non lo sapeva, ma si avvicinò a lui quasi in punta di piedi, senza fiato.
«Ehi, Lou!» esclamò salutandolo, Louis ricambiò il saluto con un sorriso e si avvicinò a lui. Harry fece un paio di passi verso di lui e gli mise un braccio attorno ai fianchi, dandogli un bacio sulla guancia «Ho finito presto, e ho pensato di venire un po’ prima, avevi da fare?»
«No, affatto… anzi, abbiamo più tempo!» esclamò, stringendosi a lui. Non era molto razionale, ma stare tra le braccia di Harry lo faceva sentire… al sicuro da tutto. Titubante, Louis intrecciò le loro dita e si rilassò solo quando il riccio strinse forte la sua mano, con sicurezza. Louis si strinse al suo fianco ed insieme entrarono nella biblioteca, prendendo il solito posto. Si scambiarono poche parole di convenevoli, e iniziarono quasi subito a studiare, Harry sembrava desideroso di terminare la preparazione di quel noiosissimo esame. Restarono lì a studiare per qualche ora, il programma ormai volgeva al termine, ad Harry mancavano giusto un paio di capitoli e qualche appunto da ripetere, tutto sommato il loro lavoro era quasi finito e forse, alla fine di tutto, avrebbero potuto iniziare ad uscire ufficialmente come coppia, no? Erano troppo impegnati nello studio in quel momento, pensava Louis, non avevano tempo per fare le cose da coppia a parte partecipare a qualche festa, e prendere qualcosa alla caffetteria, ma era sicuro che una volta finito il lavoro, le cose si sarebbero sistemate ancor di più per loro, era una sensazione positiva, che cresceva sempre di più, soprattutto da quando Harry aveva deciso di farsi accompagnare anche agli allenamenti; in quelle settimane non gliel’aveva mai chiesto, sebbene Louis avesse sperato in una sua richiesta, e invece il giorno prima aveva esordito con “Domani, dopo la biblioteca, mi accompagni agli allenamenti?” e Louis aveva semplicemente detto di sì, abbracciandolo forte, e dannazione, quanto avrebbe voluto baciarlo in quel momento, avrebbe voluto prendergli il viso tra le mani e baciarlo con passione, fino a perdere il fiato, come avveniva puntualmente ogni notte nei suoi sogni, se quella era un’esperienza mozzafiato nei sogni, non riusciva neanche ad immaginare come sarebbe stato nella vita reale. Le parole di Liam erano maledettamente vere: si stava innamorando di Harry, ma sicuramente era troppo presto per dirglielo, il riccio non poteva e non doveva saperlo ancora. Sarebbe stato troppo imbarazzante farglielo sapere, quando si frequentavano da sole tre settimane. Solo che, davvero, Harry lo rendeva felice, come mai nessuno.
«Per oggi, credo sia sufficiente» gli disse Louis appoggiando una mano sulla sua «Dovresti riposare…»
«No, ce la faccio… sono stanco di continuare a studiare, voglio finire al più presto» gli rispose, guardandolo stancamente. Aveva ragione, anche lui dopo un po’ di tempo passato sullo stesso esame aveva bisogno di staccare da esso, perché poi diventava troppo e insostenibile, c’erano degli esami la cui preparazione non volgeva mai al termine, anche dopo mesi.
«Ma tu hai gli allenamenti tra poco, me l’hai detto tu».
«Ah già… hai ragione, allora finisco il paragrafo e continuiamo domani?»
«Mi sembra perfetto».
Mezz’ora dopo, terminato il paragrafo, entrambi uscirono mano nella mano dalla biblioteca, diretti al campo di basket, dove si sarebbero svolti gli allenamenti. Harry lo salutò per qualche istante, dirigendosi negli spogliatoi per cambiarsi e Louis si accomodò sugli spalti, da dove poteva vedere tutto il campo. A parte alcuni giocatori già pronti, c’erano solo lui, l’allenatore a bordo campo e un giovane fotografo che immortalava la squadra; lo aveva già visto diverse volte, doveva essere molto amico dei giocatori, spesso era in caffetteria quando ci andavano lui ed Harry – e quest’ultimo lo salutava sempre con un sorriso smagliante – era presente a quasi tutte le feste organizzate dalla squadra, e a quanto sembrava era sempre presente agli allenamenti e alle partite. Quando finalmente in campo arrivò Harry, insieme agli altri giocatori, Louis sorrise sollevato. Osservò il riscaldamento, i tiri liberi e la breve partita che disputarono i giocatori tra loro, per allenarsi, vide Harry segnare diversi canestri – lui era il play qualcosa, non ricordava bene il termine, anche se il riccio gliel’aveva ripetuto diverse volte – e ogni volta sorrise sia in direzione sua che del fotografo, immaginava per farsi immortalare in quel momento di gloria. L’allenamento proseguì per un paio d’ore, dopodiché gli atleti furono mandati tutti negli spogliatoi, e raggiunti dal coach, si stavano preparando per un’importante partita, e nessuno di loro poteva essere deconcentrato, gliel’aveva spiegato Harry qualche giorno prima. Diversi minuti dopo, vide Harry uscire da lì e, prima di raggiungerlo, fermarsi accanto al fotografo, lo vide scambiare con lui qualche parola, senza badare davvero al fatto che lo stesse lasciando solo – forse voleva solo ammirare le sue foto – lo raggiunse solo dieci minuti dopo, sorridendo fiero di se stesso. Era così affascinante, pensava tra sé, Louis.
«Ehi, ti sono mancato?» chiese ridacchiando, aveva ancora i capelli umidi per la doccia, e le gote arrossate per il calore.
«Tantissimo» mormorò avvicinandosi a lui, abbracciandolo forte «Ti adoro, sei un giocatore fantastico» gli confessò sorridendogli «Mi ripeti in che ruolo giochi?» chiese sorridendo, voleva sapere tutto di lui, anche imparare il ruolo in cui giocava, anche se a lui, lo sport in sé non piaceva, lo vedeva come un’attività per trogloditi e ignoranti, che si nascondevano dietro un corpo perfetto per nascondere le pecche del loro intelletto. Non Harry, Harry era brillante, gentile, e sportivo, era l’eccezione che confermava la regola, tutto qui.
«Sono il playmaker, Louis» gli rispose guardandolo e sorridendo «Come fai a non ricordarlo?»
«Proverò a ricordarlo, playmaker» sorrise baciandogli la guancia «Scusa, è che non sono esperto di sport».
«Oh, il mio trenta e lode che non conosce qualcosa?» chiese ironico, ridacchiando «D’accordo. Ti perdono» disse prendendogli la mano, e stringendola forte, guardando da qualche parte con la coda dell’occhio «Solo se accetti di prendere un caffè con me, tipo adesso e accetti lezioni sullo sport, e sul basket da me».
«Sarò lieto di farmi perdonare così, allora» sorrise Louis, e insieme, mano nella mano, si diressero alla caffetteria, sotto gli occhi gelosi ed invidiosi del ragazzo rimasto in palestra, il fotografo. C’era qualcosa che non quadrava in quella situazione, ma Louis era troppo accecato dai suoi sentimenti per rendersene conto in quel momento.
 
Le feste di Natale si avvicinavano, e tutti nel campus si preparavano per dare gli ultimi esami, prima di tornare a casa, e passare con i familiari le festività, prima del ritorno e dell’inizio del nuovo semestre. Tutti erano impegnati in tutto, c’era chi tra un esame e l’altro organizzava le partenze, o chi era così impegnato da non ricordare nemmeno l’ultima volta che avevano dormito. C’era il fermento, tranne per Louis ed Harry, che, ancora immersi nello studio, avevano quasi finito di preparare quell’esame ostico per il riccio, che aveva approfittato per chiedere a Louis qualche consiglio anche su altre materie. A parte Louis che aveva tutti gli esami pronti, Harry aveva un po’ più di lavoro da fare, anche se con l’aiuto del castano era riuscito a studiare la maggior parte delle cose. Forse, a Louis sarebbero mancate quelle ore di studio con lui, anche perché erano i momenti in cui vedeva di più Harry, il tempo era passato in fretta, un mese era volato e nessuno dei due si era reso conto del tempo trascorso.
«Sai» esordì Louis, tenendo lo sguardo basso «Mi mancheranno questi momenti» continuò, appoggiando una mano sulla sua «Insomma, vederti qui in biblioteca, studiare insieme a te…»
«Stiamo solo per partire per le vacanze invernali, Lou» gli rispose l’altro ragazzo «Poi torneremo, e potremo vederci ancora». «Certo, ma… poi finirà, insomma, non ci vedremo più qui in biblioteca».
«Beh, ma verrai agli allenamenti, e poi continueremo ad uscire insieme».
«Magari…» il riccio si allungò verso di lui e gli diede un bacio sulla guancia, cercando di tirarlo su di morale. Louis gli sorrise in risposta, e si sentì un po’ più sollevato, odiava partire per le vacanze natalizie perché restava lontano dai suoi migliori amici, da un lato, ma dall’altro amava tornare dalla sua famiglia, dalle sue sorelle, che lo riempivano sempre di amore ed affetto. Doveva smettere di pensare in maniera negativa, sapeva che tutto sarebbe andato per il verso giusto. E sapeva di potersi fidare di Harry, soprattutto quando diceva che tra loro non sarebbe finita dopo quell’esame. Quando il riccio chiuse il libro, Louis si rese conto che avessero ufficialmente finito di preparare l’esame tanto odiato. La settimana prima, Louis aveva finito di stendere la relazione e gliel’aveva consegnata, suggerendogli di leggerla prima dell’esame, giusto per non essere impreparato su quella. Non sapeva perché fosse andato contro i suoi principi e alla fine gliel’avesse scritta lui, ma… non aveva resistito al suo charme, e aveva ceduto, cadendo come una pera cotta; era un caso perso, ormai. Gli sorrise e gli baciò la guancia sorridendo, soddisfatto. «Complimenti, hai finito di studiare tutto! Devi ripetere solo un po’… ma sei pronto».
«Sei stato adorabile, Lou, grazie» gli disse il riccio sorridendo «Spero che l’esame vada bene».
«Quando lo darai?»
«Se non erro, è la prossima settimana».
«Andrà bene, ne sono certo» lo rassicurò il castano baciandogli la guancia, aveva davvero tanta fiducia in lui, soprattutto per l’impegno che ci aveva messo nell’imparare quelle cose, doveva riconoscere che si era impegnato davvero, non avrebbe potuto fare di più, dato che lo aveva anche aiutato con delle prove di questionari. Lo aveva aiutato a rispondere alle domande, lo aveva corretto dove sbagliava, e di alcune aveva suggerito lui stesso le risposte, vedeva Harry apprendere giorno dopo giorno, e non si sarebbe mai aspettato – per come lo aveva conosciuto – che fosse così dedito allo studio, una volta appreso il metodo.
«Ti ringrazio» rispose il ragazzo «Hai visto le ultime domande che ho trovato? Sono di una prova di un paio d’anni fa… magari c’è qualche domanda a cui non abbiamo ancora risposto» gli disse mostrandogli il plico «Magari ci sono delle risposte… sai un po’ più difficili, dove… ci vuole la tua mano, tu che sei così bravo…»
«E poi le imparerai?» chiese Louis, accigliato. Non gli aveva mai proposto di fargli direttamente qualcosa, a parte la relazione, aveva sempre voluto il suo aiuto, come mai quella volta… si stava comportando in quel modo? Forse era solo stanco, pensò il castano.
«Promesso». Louis sorrise a prese il plico iniziando a leggere le domande di quell’esercitazione, certo erano domande che non aveva mai visto nelle altre esercitazioni, non sapeva da dove Harry avesse preso quel plico, ma lo aiutò a rispondere alle domande lì presenti. Aveva una strana sensazione su quelle domande, ma non diede voce ai suoi dubbi, ultimarono il lavoro in una mezz’ora, poi Harry ripose tutte le sue cose nello zaino, e gli baciò la guancia.
«Ci vediamo dopo?» gli chiese Louis, speranzoso. Aveva voglia di vederlo dopo, quando avrebbe ultimato anche lui la sua giornata. Aveva ancora un libro di Filologia da ultimare, per non parlare del ripasso di Filosofia Europea, seppur quasi tutti pronti, era in ritardo con i suoi esami, a causa di quel riccio tutto muscoli, sorrisi e dolcezza, ma non se ne lamentava, sarebbe comunque riuscito a ultimare tutti gli esami prima di tornare a casa per festeggiare il Natale, ci riusciva ogni anno, in fondo, e quell’anno non sarebbe stato da meno. «Sempre se non hai impegni, eh… non voglio obbligarti ad uscire con me» specificò lui, intimidito.
«Beh… magari possiamo vederci domani, stasera ho un impegno con i ragazzi della squadra, lo organizziamo ogni anno…»
«Oh, certo! Va bene» sorrise il ragazzo, leggermente deluso, mordendosi le labbra «Ci vediamo domani, sì».
Harry gli sorrise, dandogli un bacio sulla guancia: «A domani, Lou, poi ti farò sapere come andrà l’esame!» esclamò, mettendosi il suo zaino in spalla, e dirigendosi all’uscita, lasciando Louis da solo sommerso dai libri e dallo studio per gli esami che si avvicinavano. Sospirò, scuotendo la testa, doveva lasciare da parte le sue brutte sensazioni, e ignorare la vocina nella sua testa che gli suggeriva che prima o poi sarebbe successo qualcosa. Cercò di non pensare a quelle sensazioni, per tutto il tempo, riuscì ad occupare la sua mente con lo studio, fino alla sera quando tornò in camera sua, non ne parlò con Liam, né con Niall, andò solamente a letto. Il giorno dopo avrebbe chiesto ad Harry, e lui sicuramente lo avrebbe rassicurato, sì, sarebbe andato tutto bene, come al solito, quando aveva quelle sensazioni, il riccio riusciva a risollevarlo e a fargli passare ogni dubbio, doveva solo aspettare il giorno seguente, e tutto sarebbe scomparso, ogni brutta sensazione svanita. Dormì agitato per tutta la notte, senza sognare nulla, se non il buio; non si sentiva così turbato da mesi. Cosa stava succedendo?
 
Le vacanze natalizie erano passate da un pezzo, a parte qualche messaggio sporadico, Harry era man mano svanito. Louis aveva immaginato che fosse stato impegnato con gli esami, e poi con i preparativi per la partenza. Ma non gli aveva neanche mandato un messaggio per Natale, o per Capodanno, era sparito per settimane, nemmeno Louis non gli aveva scritto per paura di disturbarlo, e anche perché non sapeva come comportarsi in quella situazione, aveva provato a parlare con Liam telefonicamente, ma la conversazione era stata interrotta più volte dalle sue sorelle minori, e soprattutto dal suo unico fratello maschio, il più piccolo, che gli aveva tirato via dalle mani il telefono e lo aveva gettato a terra, reclamando tutte le sue attenzioni. Louis aveva reputato meglio per se stesso evitare di pensare a lui per tutto il periodo di vacanza, godersi la sua famiglia e rilassarsi in vista dell’ultimo semestre che si apprestava ad affrontare. La questione Harry restò archiviata fino al suo ritorno al campus, fino a che non lo vide per il corridoio. Stava per avvicinarsi a lui, dirgli che gli era mancato, quando vide un ragazzo, quello che riconobbe come il fotografo della squadra avvicinarsi a lui e abbracciarlo. Non c’era niente di male, pensò, prima di vedere Harry prendergli il viso tra le mani e baciarlo. Tutto nella sua mente ebbe senso. Tra loro niente era stato realmente vero, era stata tutta una farsa fin dall’inizio, e in quel momento, si sentì davvero un’idiota. Aveva creduto alle parole di Harry, aveva creduto a tutto quello che gli aveva detto, promesso; aveva creduto al suo atteggiamento da bravo ragazzo, si era lasciando ingannare da uno stupido giocare di basket, lui uno dei ragazzi più intelligenti del college. Si sentiva realmente umiliato, mai nessuno si era comportato in quel modo, Harry lo aveva usato nel peggiore dei modi, e le sue pessime sensazioni si erano, come al solito, rivelate vere. Era stato stupido a credere di essere abbastanza per lui, era stato stupido a credere che uno come Harry potesse volere frequentare uno come lui senza secondi fini. La cosa peggiore era che non gli avesse detto neanche che tra loro era finita, o gli avesse scritto un messaggio per dirgli che non si sarebbero visti più, nulla di nulla. Era rimasto solo, come un povero idiota, ad attendere un suo messaggio. Era stato stupido, patetico, aveva ragione Liam, non doveva farsi coinvolgere, non doveva permettere ad Harry di entrare tanto nel suo cuore, e invece gliel’aveva permesso quasi senza rendersene conto, si era lasciato illudere, si era lasciato prendere in giro, si era lasciato usare, e adesso era lui a pagarne le conseguenze, dentro di sé si sentiva rotto, aveva avvertito il suo cuore spezzarsi. Sentiva tanta rabbia, tanto risentimento, voleva solo schiaffeggiarlo, e forse fu la rabbia a guidarlo in quel momento, si avvicinò ad Harry e senza neanche rendersene conto gli tirò un ceffone. «Sei un bastardo!» esclamò adirato, fuori di sé. Non gli diede neanche il tempo di rispondere, voltò le spalle e corse via, lasciandoselo alle spalle. Avrebbe voluto fare di più, scaricargli contro il suo risentimento e la sua rabbia, ma sapeva di essere ad un palmo dalle lacrime, non voleva dargli quella soddisfazione, non in quel momento, ad Harry probabilmente non importava o non ricordava neanche chi fosse, voleva solo chiudersi nella sua camera e sfogare tutto il suo dolore contro il suo cuscino, non voleva affliggere nessuno. Avrebbe dimenticato tutto in poco tempo, lo sapeva, aveva solo bisogno di dare sfogo a ciò che provava in quel momento, una volta tirato tutto fuori, avrebbe ricominciato la sua vita. Entrò nella sua stanza, e si chiuse la porta alle spalle, trovandosi, sfortunatamente il suo migliore amico di fronte. Perfetto, la giornata poteva solo migliorare a quel punto.
«Louis, che hai?»
«Io… stavo… solo…» non riusciva a mettere le parole insieme, non riusciva a respirare, aveva voglia di vomitare, di piangere, non sapeva neanche lui cosa fare, cosa dire, non ricordava neanche come respirare. Non seppe neanche come si ritrovò tra le braccia di Liam, singhiozzante e disperato. «Mi ha usato… mi ha usato… mi ha solo usato…» disse tra le lacrime «Pensavo che… io…» non riusciva a mettere le parole di fila, aveva come un groppo alla gola che gli impediva di parlare, di respirare, o di fare qualsiasi altra cosa. E tutto gli sembrava così dannatamente sbagliato.
«Mi dispiace, Lou» gli sussurrò l’amico, stringendolo forte a sé, accarezzandogli la schiena per calmarlo, non avrebbe mai immaginato che una persona potesse arrivare a fare una cosa così crudele ad un’altra, non poteva immaginare che qualcuno avesse fatto una cosa del genere al suo migliore amico, a una persona buona, che non aveva mai fatto del male a nessuno, come Louis. Si doveva essere crudeli e senza cuore, cosa che, alla luce dei fatti, era Harry «Ti prometto che la pagherà».
«Mi sento così umiliato, Liam… e io che… pensavo… fosse diverso dagli altri» singhiozzò «È stronzo come tutti gli altri…»
Liam ascoltò il suo pianto, ascoltò le sue parole e i suoi singhiozzi, chiamò Niall, chiedendogli di andare a prendere un tea a Louis, per farlo calmare, e insieme a lui cercò di consolarlo. Il castano si calmò solo qualche ora dopo, quando si rese conto che era inutile, che non era da lui una cosa del genere, che Harry non meritava le sue lacrime, le parole dei suoi amici lo aiutarono a rendersi conto che non valeva la pena piangere per uno come lui, doveva farsi passare quell’assurda cotta che aveva per lui, e ritornare un essere razionale, com’era sempre stato. Solo non in quel momento, in quel momento aveva bisogno di sfogare il suo dolore e di essere un normale ventiduenne che soffriva per essere stato usato da uno stronzo. Bevve un lungo sorso di tea, guardando sia Liam che Niall: «Grazie ragazzi, significa molto per me…che voi siate qui».
«Non essere stupido, Lou» gli disse il biondo tinto, abbracciandolo «Noi siamo tuoi amici, non ti lasceremo mai solo in un momento come questo; hai bisogno di affetto e di coccole ora, vero, Liam?»
«Già, ha ragione lui» disse Liam, sedendosi dall’altro lato, abbracciandolo anche lui – Louis si sentì come in sandwich, stretto tra due persone che cercavano di stringerlo forte – sapeva che con loro sarebbe stato bene. «E Styles la pagherà, lo giuro».
I tre restarono insieme per quasi tutta la notte, fino ad addormentarsi tutti e tre sul letto di Louis, mentre i due amici cercavano di consolarlo, il castano fissava il soffitto in attesa di una risposta alle sue domande interiori: Perché lo aveva fatto? Perché non gli aveva solo chiesto una mano con lo studio, e basta? Perché lo aveva illuso? Perché gli aveva fatto credere cose non vere? Il fine di quel gesto qual era? Gli era mai importato di lui? Gli era mai piaciuto, o era stato tutto un banale trucco? Non dormì tutta la notte, a differenza degli altri due, che improvvisamente crollarono in un sonno profondo. Aveva ancora voglia di piangere, aveva voglia di urlare, ma non fece niente, restò inerme nel letto, fino alla mattina seguente, aspettando solo che tutto finisse, che i suoi sentimenti venissero schiacciati sotto un masso, che il suo cuore si gelasse di nuovo, promettendo a se stesso, che quando se mai ne fosse uscito, non avrebbe mai più provato nulla del genere, non avrebbe mai più permesso a nessuno di fargli una cosa del genere, non sarebbe stato più così ingenuo.
Il giorno seguente, si alzò per primo, si lavò il viso, provando a lasciarsi alle spalle quello che aveva provato il giorno prima, si cambiò i vestiti, e prese il suo zaino. Lasciò in camera Niall e Liam a dormire, e si diresse all’aula della prima lezione di quel giorno. Per dimenticare, per prima cosa doveva iniziare a seguire le sue abitudini, senza lasciarsi abbattere da quello che era successo, avrebbe lasciato il college entro la fine di quell’anno e, laureandosi, avrebbe lasciato alle proprie spalle tutti gli orrori che aveva vissuto lì, senza ulteriori drammi, solo lui, la sua laurea, il suo futuro lavoro e la sua famiglia. Nient’altro.
Mentre camminava sentiva gli occhi di tutti addosso, alcuni ridacchiavano, altri lo guardavano con pietà, forse doveva solo ignorarli, e tutto sarebbe andato nel verso giusto. Raggiunse in fretta l’aula e vi entrò, cercando subito un posto libero. Si sedette lì e quando il docente entrò in aula, iniziando la lezione, si sentì un po’ meglio, tutti avevano iniziato a prendere appunti, a guardare le slide, e nessuno badava più a lui, o lo guardava, o rideva di lui. Era la peggiore umiliazione di sempre, non gli era mai successa una cosa simile prima di quel momento, e davvero era la cosa più brutta che qualcuno gli avesse fatto, la più dolorosa, la meno corretta e più sbagliata che qualcuno avesse mai fatto contro di lui. Non c’era persona peggiore di Harry Styles, e ora ne era certo: gli atleti erano solo idioti, stupidi senza cervello, tutti muscoli e anche stronzi.
Mentre era immerso nella lezione, da fuori si sentirono degli schiamazzi, chi incitava una rissa, chi urlava di fermarsi, tutti si alzarono, persino il docente uscì dall’aula per vedere cosa stesse accadendo. Quando Louis uscì da lì, vide il suo migliore amico, Liam di fronte ad Harry Styles, circondato da numerosi ragazzi. Non capiva cosa stesse accadendo, e voleva nascondersi da tutto quello, sapeva il motivo per cui Liam era lì e non voleva avvicinarsi, né farsi notare, ma voleva assistere, giusto per vedere quello che dentro di sé aveva sperato per tutta la notte: che Liam desse una lezione a quello stronzo.
Vedeva Liam colpirlo con forza, con rabbia, Harry cercava di rispondere ai colpi, ma aveva incontrato l’amico sbagliato, per avere la meglio avrebbe dovuto esserci Niall al posto di Liam, che faceva pugilato nel tempo libero, per scaricare lo stress, come gli aveva detto quando gliel’aveva confessato. Era fiero del suo migliore amico, soprattutto quando lo guardò adirato e gli ringhiò contro: «Non avvicinarti più a Louis, bastardo, altrimenti ti concio peggio di così».
Harry dovette raccogliere la dignità che gli rimaneva per dirgli: «Cosa c’è, Payne? Sei geloso? Forse a te non fa gli esami? Sai, è stato facile fargli credere che fosse solo un’esercitazione e non l’esame vero e proprio» rise alzandosi da terra «Mi ha fatto tutte le domande e grazie a quell’ingenuo di trenta e lode, ho preso un bel trenta» rise pulendosi i vestiti «E ti dirò di più, grazie alla sua ingenuità, ho anche conquistato un bel pezzo di ragazzo, si era ingelosito a vederci insieme». Liam non ci vide più dalla rabbia, e lo colpì ancora, e ancora e ancora, fino a che Louis non si fece coraggio ed intervenne, separandoli: «Lì» lo chiamò mettendosi in mezzo «Adesso basta, ti farai espellere, e non ne vale la pena per questo stronzo» disse rivolto ad Harry, sputando tutto il suo disprezzo «Andiamocene, ti prego» lo supplicò. Liam sembrò tornare in sé, e annuì, Louis aveva ragione, stava facendo una cazzata ma la rabbia era stata troppa, e doveva fare qualcosa per vendicare il suo amico.
Si allontanarono insieme da quel posto, e Louis mise una mano sulla spalla di Liam: «Ottimo lavoro, comunque», disse e i due scoppiarono a ridere insieme. Sì, Louis l’avrebbe superata in fretta, avrebbe dimenticato il dolore e sarebbe tornato felice, soprattutto grazie all’aiuto del suo migliore amico, che non aveva esitato a pestare uno stronzo per proteggerlo, e vendicarlo.
 
***
 
Era metà secondo semestre, Louis aveva sostenuto diversi esami, tutti superati brillantemente, era ufficialmente uscito dal suo periodo nero targato Harry, c’era stato male, non era stato facile venir fuori da quella delusione, dal senso di umiliazione, ma alla fine ne era venuto fuori, l’aveva superata con successo, e ora stava bene, continuava ad essere uno dei migliori del college, alcuni ancora lo chiamavano trenta e lode, altri topo da biblioteca, ma ormai era solo un simpatico soprannome per lui, non lo vedeva più come un qualcosa di negativo, non sapeva come gli altri considerassero quel soprannome, a lui non importava più, non badava più a ciò che gli altri dicevano. Lui era se stesso, e non gli importava più di nulla, aveva capito di poter contare unicamente su se stesso e sui suoi due migliori amici, non badava più a nulla, e si sentiva bene così, con se stesso e con gli altri; non aveva bisogno d’altro e così gli stava bene. Non aveva bisogno degli altri, aveva solo bisogno della fiducia in sé che aveva riacquisito, senza dare importanza al giudizio degli altri, solo a quello di se stesso.
Non poteva dimenticare tutto ciò che i suoi amici avevano fatto per lui, Liam lo aveva coccolato, come se fosse stato il suo fidanzato, lo aveva quasi accudito come un bambino; Niall invece aveva optato per una misura più drastica, aveva cercato di convincerlo che non c’era niente di sbagliato in lui, a parte qualche gusto discutibile in fatto di ragazzi e di musica. Aveva per questo dato fondo a tutto il suo interesse per la musica, gli aveva proposto di ascoltare musica punk/rock, ma a parte i Green Day, Louis non conosceva nessuno dei gruppi che Niall gli aveva proposto di ascoltare, cosa che aveva mandato il tinto su tutte le furie, aveva insistito, e gli aveva fatto conoscere ogni canzone, alcune, adesso, Louis le conosceva addirittura a memoria, e sì, odiava ammetterlo, perché quel genere di musica non gli interessava più di tanto, ma quel ragazzo e quelle dannate canzoni lo avevano aiutato più di quanto lo avessero aiutato le attenzioni di Liam,  ma non lo avrebbe mai detto ai due: uno avrebbe esultato troppo, montandosi la testa, mentre l’altro si sarebbe offeso enormemente, e gli avrebbe tenuto il broncio per un po’. Non voleva fare dei favoritismi tra i due, e lui stesso si sarebbe sentito ingrato a favorire qualcuno dei due, visto che entrambi si erano dati da fare per aiutarlo, per farlo uscire da quel brutto periodo cupo in cui era precipitato a causa del riccio, che voleva dimenticare più di qualsiasi altra cosa, non doveva più pensare a lui, non doveva più farsi del male in quel modo. Non era un dannato masochista, doveva solo smettere, sapeva di poterlo fare, lo aveva già fatto.
«Allora, ragazzi!» esclamò entrando in camera, dove i suoi amici lo aspettavano, era appena tornato da una lezione, ed era venerdì sera, in una sola parola: serata Grimm, da un po’ di tempo, Liam si era unito a loro durante quella serata, un venerdì sera per stare accanto a Louis era rimasto con loro e si era interessato così tanto, che nei giorni seguenti aveva recuperato tutti gli episodi, fino alla quinta stagione «Ho preso qualcosa da mangiare, e anche del cibo spazzatura, bibite e dolcetti!»
«Bravo, Lou, aspettavamo solo te! Vieni!» esclamò Liam, facendogli posto sul letto. Louis mise sul pavimento tutto ciò che aveva acquistato e si cambiò in fretta, doveva togliersi assolutamente i vestiti della giornata e indossare il suo pigiama, lo aveva desiderato tutta la giornata, lo desiderava maggiormente da quando Niall lo aveva convinto ad indossare i pantaloni stretti, come lui, e per tutta la giornata provava questa spiacevole sensazione, e aveva voglia di togliersi tutto da dosso. Nonostante il fastidio, però, aveva notato che l’amico avesse ragione, attirava decisamente l’attenzione delle persone con quelle trappole infernali, come li chiamava lui, chiamate anche jeans. Dopo aver indossato il pigiama, corse verso gli amici sedendosi tra di loro, prendendo il laptop, mettendolo tra di loro, prima dell’inizio della diretta, ultimarono i quattro episodi che mancavano a Liam, e quando iniziò la diretta, restarono tutti in silenzio, attenti a ciò che accadeva, poi iniziarono i soliti commenti, che portavano alla pazzia l’ultimo arrivato nella combriccola. «Ehi, Niall!» esordì improvvisamente Louis «Hai mai pensato di shippare Nick e Hank? O Nick e Monroe?» chiese ridacchiando, sotto lo sguardo divertito di Liam, che scuoteva la testa ridendo anche lui «Oh dai, non ridete, è una cosa seria. Non ne abbiamo mai parlato apertamente, è il momento giusto, dobbiamo decidere chi shippare» insistette, guardandoli, cercando di far valere le sue motivazioni.
«Tu vedi coppie gay ovunque, Lou» gli disse Niall «Io sono del parere che finiranno insieme Nick e Adalind».
«Ma quello è ovvio! Sarà la coppia nuova, dopo la morte di Juliette».
«Ragazzi, voglio sentire!» esclamò Liam, contrariato, ma ancora divertito dalla piega della discussione.
«Aspetta, questo è un discordo di vitale importanza!» esclamò l’altro, ridendo, tutto aveva assunto una colorazione diversa, anche il semplice guardare un telefilm era un passatempo che divertiva, era un qualcosa da fare, nonostante tutto «Oh dai, Nick darebbe la vita per Monroe, lo sappiamo, lo ha detto tante stagioni fa!»
«Ma Monroe ama Rosalee!» ribatté l’amico, ridendo anche lui, ormai tutti e tre ridevano senza sosta.
«Pft, tutti hanno un amante» ribatté Louis, guardando Liam supplichevole, quasi chiedendogli di essere d’accordo con lui.
«Io sono d’accordo con Lou, dai, anche se sono carini insieme» rispose, dichiarando la vittoria di Louis.
«Fanculo, Payne, tu sei di parte, dai sempre ragione a lui e mai a me» borbottò fintamente offeso il biondo, scoppiando a ridere subito dopo «Ho un’idea, dobbiamo shippare tutti con tutti» esordì Niall, trovando l’accordo dei suoi amici, che acconsentirono alla sua idea, tutti con tutti era l’idea migliore. La serata proseguì nell’allegria e nel divertimento per i seguenti minuti di episodio. Quella era la loro attività preferita del venerdì, non c’era niente di meglio di star lì, tutti insieme, come una piccola famiglia, a mangiare cibo spazzatura e guardare episodi, decisero di comune accordo di iniziare a guardare altri episodi di altri telefilm, a Liam piaceva particolarmente How To Get Away With Murder, il preferito di Louis era Doctor Who, mentre quello che preferiva Niall era American Horror Story, fino a che non sarebbero crollati dal sonno. E lo fecero, passarono quasi tutta la notte a passare da un episodio all’altro, da un telefilm ad un altro, senza badare all’ora che avanzava sempre più, era tardi ma a loro non importava minimamente, fino a che qualcuno non picchiettò sulla porta della camera. Avevano dato fastidio a qualche vicino di stanza? Se così fosse stato, sarebbe stato divertente e imbarazzante nello stesso tempo, chi si lamentava per dei telefilm e non per la musica di Niall a palla ogni ora? Ridendo, Louis si alzò, e raggiunse la porta. L’aprì già pronto a scusarsi con chiunque fosse venuto a lamentarsi di loro, e a fornire loro una qualche spiegazione plausibile, ma si ritrovò di fronte nientemeno che Harry Styles, che lo guardava con lo sguardo ferito. Non seppe descrivere il magone che sentì, come se improvvisamente gli fosse mancato il fiato, avvertiva una strana sensazione, che doveva assolutamente fermare, doveva gestire, perché non poteva farsi coinvolgere nuovamente, non poteva soffrire, non doveva nemmeno pensarci, non avrebbe permesso ad Harry Styles di fargli di nuovo del male. Lo sguardo del ragazzo era affranto, si vedeva – e sentiva con l’olfatto, soprattutto – che avesse bevuto, e anche parecchio. Harry era ubriaco e Louis non sapeva cosa pensare di lui, perchè era tornato dopo che lui l’aveva dimenticato? Perché trovava così divertente prendersi gioco di lui? Stavolta, però. Non gli avrebbe permesso di farlo, avrebbe chiuso ogni ponte definitivamente, doveva solo trovare il coraggio di chiudere la porta e lasciarselo di nuovo alle spalle, era stato ingenuo una volta, non lo sarebbe stato di nuovo, non con lo stesso ragazzo. Buono sì, completamente rincitrullito no, Harry non lo avrebbe di nuovo trattato come uno dei suoi scarti, non poteva neanche pensare che fosse tornato per chiedergli qualcosa, come si permetteva? Guardò i suoi amici, per trovare il coraggio e chiuse per un attimo gli occhi, poi si voltò verso Harry, era sicuro stavolta, non avrebbe fatto lo stesso errore. E per questo: «Va’ via, Styles» gli disse duramente, facendo per chiudere la porta, ma il riccio lo bloccò gettandosi sulla porta, disperato. Cosa stava succedendo? La situazione non poteva sfuggirgli dalle mani, non di nuovo.
«Noooo, aspetta, Louis!» esclamò, dalla voce Louis confermò la sua idea: Harry era ubriaco fradicio «Devo dirti molte cose…» biascicò avvicinandosi a lui, barcollante. Il ragazzo si tenne a distanza da lui, non voleva, non poteva.
«Io non voglio parlare con te» disse, ma neanche lui era sicuro delle sue parole, aveva di fronte a sé un Harry Styles come non lo aveva mai visto, indifeso, ubriaco, sguardo spento, supplicante: quello non era l’Harry che lo aveva distrutto, quello era la versione spezzata di quel ragazzo che aveva conosciuto «Vai via…» mormorò senza essere sicuro, stava anche per richiudere quando il riccio si accasciò davanti a lui, reggendosi a stento alla porta, guardandolo con una velata supplica nello sguardo. Non poteva cedere, non poteva farlo entrare, tutto ciò che aveva fatto in quel periodo sarebbe stato vano. Non poteva.
«Ti prego, aiutami…» gli disse, con un filo di voce, un singhiozzo scappò dalla sua bocca, era l’alcool a parlare «Devo scusarmi… io… devo scusarmi con te…» mormorò delirante, Louis non riusciva a chiudere la porta, anche se avesse voluto, non riusciva a guardarlo soffrire. Doveva solo chiudere, ma lui non riusciva ad essere così crudele, Harry era lì e aveva bisogno di aiuto, lui non riusciva ad essere insensibile, non sarebbe stato capace di farlo con nessuno, nemmeno con colui che gli aveva spezzato il cuore. Liam e Niall da dietro, cercavano di dissuaderlo, solo con lo sguardo, ma Louis fu irremovibile.
«Okay, okay… Harry, alzati, vieni qui…» disse aiutandolo ad alzarsi da terra, l’unico problema era che Harry non aveva forza nelle gambe per reggersi in piedi e si accasciò su di lui, e Louis quasi cadde all’indietro «Oh, Harry! No, sei il triplo di me!» esclamò, cercando di balzare indietro per evitare il suo peso; fortunatamente Liam intervenne ad aiutarlo. Lo portò dentro la camera, aiutandolo a distendersi sul letto, guardando Louis interrogativo, non si spiegava come l’amico potesse voler aiutare lo stronzo che lo aveva distrutto qualche mese prima: «Non guardarmi così, non posso lasciarlo in questo stato lì fuori».
«Come vuoi, Lou» rispose Liam, senza commentare oltre, non voleva dirgli che stava sbagliando a prestargli aiuto, ma sapeva anche che quel ragazzo non era in grado di mostrare crudeltà, neanche di chiudere una porta in faccia, nemmeno ad una persona estremamente crudele, come si era dimostrato essere Harry Styles «Io resterò da Niall, okay? Nì, hai problemi?»
«Nah, puoi venire, il mio compagno di stanza resterà fuori tutta la notte, sarei solo» rispose il biondo, sorridendo. Pochi minuti dopo, i due amici lasciarono i due ragazzi da soli. Louis fissava Harry senza capire cosa gli fosse accaduto, perché si era ridotto in quello stato, lui che era da sempre stato la persona forte, sicura, e senza scrupoli? Perché appariva smarrito e indifeso come un qualsiasi ragazzo a cui era stato fatto qualcosa di terribile? Perché gli sembrava di rivedere il se stesso – sbronza a parte – di poche settimane prima? Non riusciva a darsi una risposta, riusciva solo a guardarlo e a farsi queste domande.
«Louis…» mormorò Harry, cercando il suo sguardo «Louis, mi dispiace, mi dispiace…»
«Shh, adesso dormi, okay?» gli sussurrò accarezzandogli la guancia «Hai bisogno di dormire».
«No, io devo parlare con te… e…» mormorò delirante, scuotendo la testa «Scusarmi perché… tu… io…» continuò senza riuscire a costruire correttamente le frasi. Louis si alzò e prese una bottiglia d’acqua, aiutandolo a bere qualche sorso, lo rassicurò promettendogli che avrebbero parlato il giorno seguente, e che avesse bisogno di dormire in quel momento, non di parlare con lui, che il tempo per parlare ci sarebbe stato. Si prese cura di lui, facendo il massimo che poteva fare, era abituato a passare nottate insonni, accanto a qualcuno che esagerava con i drink alle feste – Liam tornava quasi sempre in quello stato, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce – sapeva esattamente cosa fare: farlo dormire prima che la nausea prendesse il sopravvento, anche se succedeva spesso che arrivasse ancor prima che riuscisse a farlo dormire, in quel caso lo avrebbe accudito anche in quello, avrebbe fatto un po’ di tutto per farlo riprendere un po’, odiava vedere le persone star male, anche quelle come Harry, nessuno, nemmeno la persona più crudele, meritava di soffrire, di stare male in quel modo. Forse gli avrebbe fatto male, sapere che quelle scuse erano solo frutto di una sbronza, ma non riusciva ad essere cinico, come avrebbe dovuto, era più forte di lui, ci aveva provato, ma… era stato più forte di lui, il suo buon animo era più forte, e si odiava per quello, ma non poteva farci nulla, Liam lo avrebbe tormentato per settimane, dicendogli di aver sbagliato, che avrebbe fatto meglio a mandarlo via, ma a Louis non importava più di tanto, aveva fatto ciò che sentiva essere la cosa giusta da fare, fine.
«Harry, davvero, dormi» gli mormorò, accarezzandogli i capelli «Hai bisogno di vomitare? Hai ancora sete?» chiese ansioso.
«Perché mi aiuti…? Non lo merito» borbottò, scuotendo la testa, sapeva di non meritarlo, ma in quel momento era grato al ragazzo per non averlo cacciato a calci «Non merito nulla da te, non so nemmeno perché sono qui…» mormorò, facendo per alzarsi, ma fu subito stoppato da Louis, che con un po’ di fatica riuscì a spingerlo di nuovo steso sul letto.
«No, Harry, non vai da nessuna parte in queste condizioni, resta lì e dormi un po’».
«N-Non posso…»
«Perché? Non ti senti bene? Hai qualcosa che non va?» chiese preoccupato, guardandolo.
«Nausea…» mormorò il riccio «Credo che vomiterò» disse alzandosi dal letto, cercando di concentrarsi per non vomitare sui piedi di Louis, cercando di fare respiri profondi e di controllarsi, ma non riuscì a trattenersi a lungo. Stava quasi per vomitare, ma l’altro ragazzo ebbe i riflessi pronti e prese un secchio da sotto al letto, poi mise una mano sulla fronte del riccio, tirandogli i capelli indietro, e restò accanto a lui per tutto il tempo necessario, affinché tirasse fuori tutto l’alcool nocivo presente nel suo corpo. Restò accanto a lui per un bel po’ di tempo, e quando finalmente si calmò, prese una salviettina umidificata disinfettante e gli pulì le labbra con delicatezza, ne prese un’altra e gli asciugò anche il volto madido di sudore, infine lo aiutò a distendersi nuovamente sul letto, senza dire nulla «Sei così… attrezzato, non me lo aspettavo da uno che non regge…» disse divertito.
«Io non reggo, ma Liam… torna spesso ubriaco. Dopo tre anni con lui, ho imparato a tenermi pronto per le emergenze».
«Sei meraviglioso, davvero, ho fatto un errore grave» disse sbadigliando, appoggiandosi di nuovo sul letto, chiudendo gli occhi, stanco. Non riusciva più a tenere gli occhi aperti, voleva continuare a parlare con lui, dirgli tutto, ma era troppo stanco.
«Shh, parliamo domani, domani, Harry, dormi ora» sussurrò accarezzandogli i capelli con dolcezza, il ragazzo annuì stanco e provato da quanto accaduto in quelle ore. Louis era così dolce, era meraviglioso, e in quel momento non riusciva a capire perché gli avesse fatto tutto quel male, nonostante il quale, lui lo stava aiutando in quel momento di puro dolore. Nel mezzo dei suoi pensieri, grazie alle carezze di Louis, riuscì a sprofondare in un profondo sonno, a tutto il resto, avrebbe pensato il giorno seguente. Louis si assicurò che si fosse addormentato, e restò accanto a lui ad accarezzargli i capelli. Non sapeva cosa sarebbe successo il giorno dopo, ma in quel momento si sentiva fiero di sé, era riuscito a stare accanto ad Harry, senza star male, anzi, era riuscito a comportarsi esattamente come si comportava abitualmente con Liam. Quando andò nel suo letto, e chiuse gli occhi, per la prima volta in tante settimane, riuscì a riposare tranquillo, senza pensieri negativi su se stesso.
Quando Louis si svegliò, la mattina seguente, come ogni volta che Liam tornava ubriaco, si alzò presto, nonostante fosse un giorno libero, si vestì, senza staccare lo sguardo da Harry, non aveva altri aggettivi per descriverlo, se non bellissimo, nonostante fosse addormentato, con i capelli spettinati e l’aspetto tipico di un ragazzo in uno dei peggiori post-sbronza. Sorrise scuotendo la testa, non avrebbe mai creduto di fare da balia ad Harry Styles ubriaco. Dopo essersi vestito, prese il secchio e si diresse al bagno del dormitorio per lavarlo per bene, nel caso potesse servire nuovamente, non guardò nessuno degli studenti che passavano accanto a lui, intento nella sua attività; dopo averlo lavato, lo riportò in camera, e assicuratosi che il riccio dormisse, andò alla caffetteria del campus e prese del caffè forte, dell’acqua e delle brioches. Prima di tornare nella sua camera, si fermò fuori a quella di Niall, dove c’era anche Liam, doveva parlarne con loro, prima di tutto. Harry voleva scusarsi con lui per quello che gli aveva fatto, e… non sapeva come comportarsi.  Decise di bussare alla porta di Niall, e prontamente l’amico gli aprì con il sorriso sulle labbra. Liam, da dentro la camera lo guardava contrariato. Louis sapeva già cosa gli avrebbe detto. «Lo so cosa state pensando» esordì entrando, guardando gli amici «Ma cosa potevo fare? Aveva bisogno d’aiuto».
«Già, e scommetto che gli sei già scivolato tra le braccia di fronte alla sua patetica scenetta da ubriaco» disse acidamente Liam, senza mascherare minimamente l’odio che provava nei confronti del ragazzo, che dormiva nella camera accanto.
«No, no! Voglio capire cosa gli è successo, ecco tutto» rispose prontamente. Non sapeva neanche lui cosa fare. Era confuso. Dentro di sé aveva un conflitto che a cui non riusciva a dare voce, era tutto in tumulto, e aveva bisogno di capire cosa fare, era sicuro solo del fatto che non avrebbe permesso ad Harry di fargli del male di nuovo, non sarebbe stato così ingenuo.
«Certo, e per questo gli hai comprato la colazione e lo hai accudito tutta la notte?» chiese sprezzante, guardandolo cercando di capire cosa gli passasse per la testa, cosa aveva che non andava il suo amico? «Ah, certo, sicuro, tutti lo farebbero per una persona odiosa e meschina come Harry!» esclamò enfaticamente, gesticolando «Sto cercando di proteggerti, dannazione!»
«Liam, non sono il tipo da lasciare un ragazzo che ha bisogno di aiuto fuori dalla porta» spiegò il ragazzo «Lo so che cerchi di proteggermi, ma… io… dannazione, voglio capire cosa l’ha fatto tornare da me, sbaglio? Ha detto che gli dispiace!»
«Era ubriaco!» esclamò quasi infuriato, perché non capiva cosa stava succedendo? Perché non capiva che voleva usarlo ancora? Doveva fare qualcosa, doveva farlo desistere dall’idea di tornare con Harry, di cedere di nuovo a lui.
«Lou, quello che cerca di dire Liam» intervenne Niall, cercando di placare i due, che sembravano sul punto di picchiarsi a vicenda «È che sei turbato, e dovresti capire bene la situazione» spiegò avvicinandosi a lui «È che dovresti, sempre secondo noi, vedere fino a quanto è disposto a scusarsi, se lo fa da sobrio, beh, dovresti farlo cuocere nel suo brodo».
«Certo, facciamolo ricadere tra le braccia di un bastardo» disse Liam, scuotendo la testa «Lou, per l’amore del cielo…»
«Liam, non ho mai capito perché mi ha mollato in quel modo… voglio solo capire, non voglio tornare con lui» disse sicuro.
«Se ti fa ancora del male, è la volta buona che gli rompo un osso, e poi voglio vedere come giocherà a basket» promise il ragazzo, e gli altri due scoppiarono a ridere, seguiti da lui alla fine. Louis si avvicinò a loro e li abbracciò entrambi, sorridendo.
«Grazie ragazzi, vi voglio bene» disse sorridendo. Avevano ragione, non poteva dare una seconda chance ad Harry, ma aveva così tante domande a cui non era mai riuscito a dare risposta… e forse era la volta buona che sarebbe avvenuto.
 
Tornò nella camera dopo un’ora, trovando Harry seduto nel centro del letto intento a guardarsi intorno stordito e confuso. Evidentemente ricordava poco della notte precedente, e Louis dovette ammettere a se stesso che non gli avrebbe mai detto ciò che voleva dirgli solo poche ore prima. A maggior ragione, avrebbe solo posto le domande… e lo avrebbe mandato via.
«Ehi» lo salutò il castano, sorridendo «Ti ho portato del caffè e qualcosa da mangiare, con tutto quello che hai rigettato stanotte, avrai sicuramente fame» gli disse con il sorriso sulle labbra, avvicinandosi a lui con gli acquisti della caffetteria. Doveva essere parecchio stordito, non fiatava, e Harry era un tipo che stava zitto raramente.
«Non è che hai anche dell’aspirina? Ho un mal di testa tremendo…» mormorò a bassa voce, tenendosi la testa tra le mani.
«Sì! Aspetta». Prese una borsa, da cui tirò fuori delle aspirine, ne portò subito una ad Harry, insieme ad una delle bottiglie d’acqua che aveva comprato, porgendogliele «Ecco a te» disse sedendosi accanto a lui, a bordo del letto, come la notte precedente. Harry inghiottì con l’acqua l’aspirina e riappoggiò la testa sul cuscino, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
«Ti ringrazio» disse a bassa voce, premendo le mani contro le tempie «Ho un mal di testa tremendo» disse ancora, lamentoso.
«Ci credo, chi sa quanto hai bevuto ieri» disse con leggera ironia Louis «Eri messo abbastanza male, quando sei venuto qui».
«Già, imbarazzante» disse acidamente «Andare dal proprio ex da ubriachi è così patetico». Louis si morse le labbra per non rispondere, la sera prima aveva visto un Harry così fragile, pronto a porgergli delle scuse, mentre da sobrio era tornato il solito stronzo, meschino e senza sentimenti, quello che lo aveva mollato senza nemmeno una parola.
«Già, peccato che noi non siamo davvero stati insieme» sputò acidamente Louis, scuotendo la testa «Tu mi hai usato e basta». Harry lo guardò senza proferir parola «Perché sei venuto qui? Perché da me?» chiese, aveva bisogno di risposte, non poteva semplicemente essere andato da lui perché era il suo ex, e per questo era patetico, no, voleva una motivazione valida.
«Io… Louis…»
«No, hai superato l’esame e non mi hai detto niente, va bene, lo accetto, neanche io dico a tutti quanto prendo agli esami» gli disse, guardandolo «Ti ho scritto migliaia di messaggi, poi mi sono arreso, perché pensavo che tu fossi impegnato o ti disturbassi» spiegò, la sua voce tremava, ma doveva dirgli tutto, rigettargli contro tutto ciò che aveva provato in quel periodo, non aveva mai pensato di volerlo fare, ma doveva ammettere che fosse quasi terapeutico dire quelle cose a lui «Sei sparito, totalmente! Poi torniamo dalle vacanze… e ti vedo con un altro, dimmi, Harry, cosa pensavi? Che chiudessi gli occhi e ignorassi il fatto che per due mesi… tu mi abbia frequentato solo per… cosa? Cosa volevi ottenere? Un esame fatto? Cosa?»
«Louis, Louis» lo chiamò, mettendosi seduto e fronteggiandolo «Hai ragione, mi sono comportato male con te, e… non avrei dovuto» sospirò, guardandolo «So di aver sbagliato, quando ho visto il tuo sguardo ferito, inizialmente non ci ho pensato, non volevo capire» gli spiegò, tenendo lo sguardo basso, si vergognava per quello che aveva fatto «Poi… un mese fa, tutto è precipitato» raccontò «Ho iniziato a non frequentare le lezioni, né gli allenamenti, né altro, non ho neanche fatto i test di metà semestre. Il coach mi ha anche espulso dalla squadra, ieri» sospirò, sommessamente «Sono nella merda» concluse, ironico.
«E sei tornato da me per questo? Non hai nessuno scrupolo!»
«No, ti sbagli! Non voglio essere aiutato, voglio scusarmi con te». Louis lo guardò senza capire, perché doveva confonderlo ogni volta che apriva bocca? Prima diceva che tornare da un ex era patetico, poi gli diceva che voleva scusarsi… era assurdo! «Diavolo, quanto sono stato idiota» gli confessò scuotendo la testa «Quando stavo con te, ho cercato di far ingelosire un ragazzo… ma mi ha riservato lo stesso trattamento che ho riservato a te, e… in quel momento, mi è tornato in mente il tuo sguardo, e ho capito il male che ti avevo fatto» gli spiegò cercando di evitare il suo sguardo, non capendo perché l’altro ragazzo, lo guardasse in quel momento totalmente adirato. Cosa aveva detto di male? Si stava scusando… giusto?
«Sei uno stronzo! Hai capito quello che provavo solo perché lo hai provato tu! Non ti saresti neanche ricordato di me! Sono stato un idiota, a farti entrare ieri sera! Mi ha spezzato il cuore, mi hai distrutto!» esclamò con enfasi, ritrovandosi quasi con il fiatone alla fine della frase. Non sapeva perchè stesse tirando fuori tutto quel risentimento, credeva di aver superato tutto, di aver archiviato quel dolore e quell’umiliazione, che fossero solo un brutto periodo della sua vita, e invece, trovandosi davanti quel ragazzo che gli aveva portato tanto dolore, quel risentimento che aveva nascosto a se stesso e agli altri, era ritornato a galla con violenza inaudita. Si sentiva meglio dopo essersi sfogato, non sapeva perché, ma era stato terapeutico, quasi come se ne avesse da sempre avuto bisogno, per stare bene, veramente bene. Aveva avuto bisogno di sfogarsi in quel modo, ma lo aveva sempre negato a se stesso, perché si diceva di non voler avere più nulla a che fare con lui, di non voler più essere coinvolto con lui, e invece c’era dentro fino al collo e la cosa non era affatto positiva, doveva agire obbligatoriamente come aveva suggerito Niall, non nascondeva che il ritorno di Harry aveva significato per lui un passo positivo per la soluzione di tutti i suoi problemi. Harry lo guardava senza fiatare, aspettando di poter parlare di nuovo, era consapevole di non essersi comportato bene, e accettava senza proteste quello sfogo, ne aveva tutti i diritti, avrebbe voluto fare lo stesso con chi gli aveva riservato lo stesso trattamento che lui aveva riservato a Louis, e sapendo come ci si sentiva, si sentiva mortalmente in colpa, non era giusto che lo avesse usato in quel modo, e purtroppo lo comprendeva solo in quel momento.
«Louis, io lo so, lo so… e mi dispiace da morire, davvero, se potessi tornare indietro nel tempo non lo farei» gli disse, guardandolo, cercando di risultare credibile, gli dispiaceva sul serio per ciò che aveva fatto, e non riusciva a trovare le parole per scusarsi «Odio, odio davvero ciò che ti ho fatto, non posso tornare indietro, posso solo cercare di rimediare, e se me ne darai l’occasione…» continuò guardandolo, Louis scosse la testa, cercando di evitare il suo sguardo, non poteva cedere.
«No, Harry, no» disse con lo sguardo basso, non poteva guardarlo «Accetto le scuse, ma… ho sofferto troppo» confessò, deglutendo, si sentiva debole di fronte a lui, ma non voleva cedere, aveva sofferto, si era sentito umiliato, e non voleva ricaderci, non voleva fargli vedere tutta la sua debolezza in quel momento, non voleva star male di nuovo a causa di Harry.
«Lo capisco» disse solamente, senza aggiungere altro «Dammi solo… cinque minuti, appena mi passa il mal di testa, ti lascio in pace, e non mi rivedrai più, lo giuro» disse, appoggiando una mano sulla sua, sospirando. Cosa si aspettava? Di trovarlo a braccia aperte per lui, dopo avergli spezzato il cuore, in quel modo tremendo? Non poteva pretenderlo.
Louis non disse nulla, si limitò ad alzarsi e ad avvicinarsi alla porta, senza guardarlo più, non poteva permettergli di fargli di nuovo del male, non poteva permettergli di distruggerlo ancora, doveva proteggersi, e per quanto provasse dentro di sé, ancora qualcosa per lui, doveva resistere alla tentazione di saltargli tra le braccia, avevano ragione Liam e Niall, doveva pensare a se stesso, non a lui, o ad altri; doveva stare bene, e anche se sentiva il cuore pulsare con forza, come non lo sentiva da settimane, doveva ignorarlo, ignorare Harry e tornare a vivere, o come diceva Niall, doveva farlo cuocere nel suo brodo, per capire se fosse sincero o meno, doveva farlo soffrire un pochino, prima di fiondarsi nuovamente tra le sue braccia, anche se avrebbe desiderato ardentemente farlo subito, ancor prima di sentire le sue scuse. Doveva ancora capire cosa gli fosse successo, ma lo avrebbe scoperto diversamente, non tramite lui, doveva chiarirsi le idee e capire quanto fosse sincero Harry.
 
Non rivide più il riccio per i seguenti tre giorni, aveva mantenuto la parola, non si era fatto più vedere; ma allora perché Louis sentiva ancora che qualcosa non andava? Aveva una strana sensazione, una terribile sensazione, sperava solo che non fosse vero ciò che sentiva dentro di sé, se Harry era stato male quanto lui in quel periodo, e si era ritrovato solo, poteva aver fatto qualunque cosa, anche una delle peggiori, e in quel caso sarebbe stato lui responsabile? Non gli era stato accanto, aveva solo accettato le sue scuse, senza lasciargli nessuna possibilità – non aveva scusanti per il suo atteggiamento, in ogni caso – forse avrebbe dovuto comportarsi diversamente, forse avrebbe dovuto accettare di dargli una mano, in quella situazione così delicata e disperata, sapeva perfettamente come ci sentiva ad essere usati, umiliati, così come Harry aveva fatto con lui, se inizialmente aveva pensato che fosse giusto, che il suo stesso atteggiamento gli si era rivoltato contro - «È il Karma che gli si ritorce contro» aveva commentato Niall il giorno dopo – in seguito si era sentito un mostro per averlo anche solo pensato. Per quanto Harry fosse stato stronzo con lui, non meritava di soffrire, nessuno meritava di soffrire, a suo parere. Solo lui poteva capire ciò che si provava ad essere usati in quel modo, era una sensazione così spregevole, così umiliante che poche persone riuscivano ad uscirne da sole – lui stesso aveva avuto bisogno dei suoi migliori amici per superarlo – e se quella persona che veniva ferita in quel modo, era una persona popolare quanto Harry, allora la situazione era peggio, perché era tutto il college a sapere cosa fosse successo. Era in biblioteca, stava cercando di concentrarsi – rendendosi presto conto di star solo leggendo e rileggendo la stessa frase in continuazione – quando sentì qualcuno parlare dietro di sé, conosceva le voci, appartenevano ai compagni di squadra di Harry, era curioso di sapere cosa stesse accadendo al riccio, e di conseguenza quale reazione avesse avuto su di lui il suo rifiuto. Non poteva farci nulla, era più forte di lui, nonostante Harry gli avesse fatto del male, si sentiva in colpa ad avergli parlato in quel modo, e voleva scoprire se fosse possibile, o almeno sperava di poter essere d’aiuto in qualche modo. Non c’era niente di male, in fondo, se origliava solo per non dover andare direttamente da lui per chiederlo, no? In fondo, erano loro a parlare dietro di lui, che lui non stesse realmente studiando era un altro paio di maniche.
«Certo che da quando il coach ha squalificato Styles, non riusciamo più a vincere» disse uno dei due, Louis spalancò gli occhi, nel tempo che lo aveva frequentato, non era stato complicato capire quanto la squadra, il basket fosse importante per il riccio. Doveva essere stato davvero un colpo duro per lui, tutto ciò che lo legava al college era la sua squadra, senza quella… probabilmente si era lasciato andare. Perché non ci aveva pensato quando era andato da lui per chiedergli aiuto? Dannazione.
«Già, ma non ha avuto altra scelta, potrebbe essere espulso alla fine del semestre se non recupera almeno tre esami».
«Ha avuto una brutta batosta, ma deve riprendersi! Ne va anche del campionato!»
«Non possiamo fare nulla per lui, deve rialzarsi da solo, certo spero anche io che non venga espulso, ma…»
«Che idiota».
Louis non riuscì quasi a respirare, allora era vero, Harry stava male, o anche di più, in oltre i suoi cosiddetti amici lo stavano abbandonando uno dietro l’altro e lui … cosa voleva ottenere? Voleva essere espulso, e non prendere neanche la laurea, all’ultimo anno? Non poteva annullarsi così. Certo, anche lui aveva lasciato lezioni, esami e test per un paio di giorni, anche se aveva tentato il giorno dopo il fattaccio, ma poi si era dato una mossa perché non poteva lasciare la sua vita a marcire, a causa di uno stronzo. E se ci era riuscito lui, doveva farlo anche Harry Styles.
Non appena sentì che i ragazzi poco distanti da lui fossero andati via, si alzò in fretta, raccattò le sue cose e si diresse verso il dormitorio in cui c’era la stanza di Harry. Qualcuno doveva aiutarlo e se non lo faceva una persona che era passato nella sua stessa situazione, allora chi altro poteva aiutarlo, in quel momento? Raggiunse in mezz’ora la camera del ragazzo, e bussò alla porta per minuti interi, prima che qualcuno, finalmente, si decise ad aprirgli. Il riccio era in uno stato pietoso, aveva delle profonde occhiaie, puzzava d’alcool e fumo, i suoi capelli erano più lunghi e sporchi, e aveva anche un accenno di barba.
«Dannazione, Harry, ma cosa combini?» disse, senza lasciarlo parlare entrò nella camera circondata dal buio «Non puoi ridurti così per uno stronzo, okay?» continuò aprendo le finestre per far circolare aria «Devi svegliarti, Styles, gli lascerai portarti via tutto quello per cui hai lavorato?» chiese guardandolo, Harry sembrava assente «Harry, gli lascerai portarti via la squadra? Il basket? La tua vita? Devi smetterla di commiserarti e ritornare a vivere».
«Tu cosa ci fai qua? Avevi detto di non volermi vedere mai più» rispose l’altro tagliente, duro, il suo tono di voce sembrava ferito, Louis non si lasciò demoralizzare dalla sua risposta, lo faceva per il suo bene, non gli avrebbe permesso di annullarsi.
«So quello che ho detto, ma non posso sopportare l’idea che qualcuno stia male quanto lo sono stato io, anche se quel qualcuno è la stessa persona che mi ha fatto soffrire» spiegò, senza pause, tutto d’un fiato «Mi costa molto essere qui, Harry, ma non riesco a pensare di non poterti aiutare in alcun modo, io ho avuto i miei amici accanto a me. Tu… da quello che ho sentito in giro, non hai nessuno che ti aiuti» gli disse guardandolo dritto negli occhi, non aveva alcuna paura in quel momento. «E si vede» aggiunse, indicando la situazione tutt’intorno della stanza, e il ragazzo di fronte a lui.
«Quindi sei qui perché ti faccio pena?»
«No, sono qui in veste di amico, e poi non mi va che la squadra perda il campionato senza di te». Harry alzò lo sguardo su di lui, facendosi sfuggire un sorriso. «Sono sincero, Harry, non mi fai pena, io tengo a te, anche se tra noi è andata come è andata» spiegò cercando di convincere anche se stesso che quella fosse l’unica soluzione «E so perfettamente come ti senti ora, so cosa stai provando, e posso aiutarti a superarlo, se ci sono riuscito io, perché non dovresti tu?» chiese guardandolo.
«Non lo so… posso pensarci? Non so se voglio davvero stare bene, me lo merito».
«Idiota» commentò in un borbottio «D’accordo fa come vuoi, sai dove trovarmi se vuoi accettare il mio aiuto».
Il riccio annuì e voltò le spalle, Louis sospirò, in parte sconfitto, ed uscì da quella stanza. Non poteva costringerlo ad accettare un aiuto che non voleva, doveva comprendere da solo di non poter buttare la via la propria vita a causa di uno stronzo, avrebbe capito prima o poi che lui era tornato solo per il suo bene, e non per umiliarlo o peggio, Harry doveva capire da solo quali fossero le sue priorità, e cercare di sollevarsi, Louis più di promettergli il suo aiuto e il suo supporto, non poteva fare altro.
 
Non aveva più risentito o visto Harry, evidentemente aveva deciso di rifiutare il suo aiuto, ma si sentiva in pace con se stesso, in fondo gli aveva proposto di farsi aiutare, ma non era colpa sua se lui rifiutava ogni tipo di aiuto. Poteva finalmente chiudersi dietro le spalle la porta chiamata “Harry Styles” e aspettare che se ne aprisse un’altra, Harry era un capitolo chiuso, archiviato, e non avrebbe avuto alcun tipo di rimpianto in merito. I suoi amici erano fieri di lui, aveva superato egregiamente la storia con il riccio e, in più aveva quasi finito gli esami. Gli mancava solo un ultimo esame, prima della tesi. Non poteva crederci, finalmente era quasi arrivato alla fine di quel lungo periodo di studi, finalmente si sarebbe laureato e… poi? Non aveva idea di cosa fare dopo, non aveva idea di cosa avrebbe riservato per lui il futuro, sperava nella pubblicazione dei suoi scritti, anche se non era sicuro che le sue idee potessero essere condivise, ma era sicuro di una cosa: era fiero di se stesso, finalmente era riuscito ad uscire dalla sua timidezza, era meno chiuso in se stesso – e forse era stato anche merito di Harry, lo avrebbe sempre ringraziato per quello – e decisamente aveva una parlantina più spiccata, Liam e Niall quasi non lo sopportavano quando iniziava a parlare dei suoi libri, di ciò che scriveva, di quanto fosse interessante una cosa o meno interessante un’altra. Era un’altra persona, totalmente, ma non era diverso da se stesso, era sempre se stesso, solo migliore, una versione meno chiusa, più solare e meno timida di quella precedente, ma era sempre lui: nerd, occhialoni e un nuovo episodio di una serie ogni sera.
Per festeggiare la quasi laurea di Louis, Liam invitò lui e Niall ad una festa organizzata da alcuni suoi amici, in una delle confraternite; Louis non se lo fece ripetere due volte, un’altra cosa che era cambiata in lui era il non sentirsi più isolato dal mondo, non voleva più starsene chiuso nella sua camera a studiare – tanto più che ormai aveva quasi finito gli esami – voleva vivere la sua vita di quasi ventitreenne al meglio. Come al solito, Liam e Niall lo aiutarono con il look da festa – perché «Louis, non puoi presentarti lì con quegli stracci, dai» esordiva Niall ogni volta, Liam lo assecondava – e, certo, anche se non avrebbe mai cambiato il suo modo d’essere, adorava che i suoi amici si prendessero cura del suo look e della sua immagine «Quando sarai uno scrittore famoso, ci ringrazierai» gli diceva il suo migliore amico ridendo. Non poteva credere che in un anno la sua vita si fosse completamente sconvolta, in senso positivo. Sperava di non essere finito in una bolla in cui governavano solo l’amore e l’affetto, a volte credeva di essere in coma e di vivere in un sogno, e decisamente non avrebbe voluto più svegliarsi, quella nuova versione di sé gli piaceva, e sembrava piacere anche agli altri; ma Louis su un aspetto non era cambiato, era stato irremovibile, da dopo la situazione creatasi con Harry, non avrebbe aperto tanto presto il suo cuore ad un altro, si limitava a sorridere, e accettare complimenti, senza troppi convenevoli o cerimonie, una chiacchiera ogni tanto, e basta, tutto si esauriva lì. Era ancora scottato per quanto successo, anche se non lo dava a vedere, ed era più sicuro di sé, dentro di lui, in una recondita parte del suo cuore, c’era ancora un piccolo accenno di dolore, quello che gli impediva di frequentare liberamente un’altra persona, senza il terrore di soffrire. Non poteva farsi una cosa del genere, e non voleva che altri approfittassero del suo cuore, ancora una volta, tanto ormai era alla fine del college, e sicuramente prima o poi sarebbe arrivato anche per lui il vero amore, solo non lo avrebbe trovato al college come la maggior parte dei suoi coetanei, magari lo avrebbe incontrato sul posto di lavoro, o altrove, ma di certo non al college, aveva voluto tanto bene solo ad una persona, e quella si era rivelata essere il contrario di ciò che lui pensava essere. Quindi, si era detto, basta alle relazione collegiali, l’amore vero sarebbe arrivato poi.
Quella sera era con Liam e Niall, si stava preparando per andare alla festa con loro, quando accadde ciò per cui aveva perso ogni speranza. Si stava abbottonando la camicia, quando qualcuno bussò alla porta della camera, credendo fosse Niall, aprì automaticamente, con ancora la camicia mezza aperta, ma quello che si ritrovò davanti non era il suo amico, ma Harry Styles, che un po’ meno trasandato e un po’ più umano, era davanti a lui con gli occhi bassi e l’aria affranta.
«So che è tardi, sei stato da me… tipo due settimane fa» disse il ragazzo, guardandosi insistentemente i piedi «Ma… penso di aver bisogno di aiuto, sono dovuto andare per forza a delle lezioni, stavano per espellermi sul serio» continuò senza staccare gli occhi da terra «Ma ho bisogno di aiuto, non riesco ad uscirne, Louis, ti prego…» lo pregò, prendendogli la mano con delicatezza, quasi con la paura di romperlo, quasi temesse di fargli nuovamente del male.
«Louis, sei pronto?» chiese Niall comparendo dietro ad Harry, riconoscendolo «Styles? Cosa ci fai qua?»
«Tutto okay, Nì» guardò l’amico e poi guardò Harry, era suo compito aiutarlo, soprattutto dopo essersi proposto, non poteva ignorarlo in quel momento «Harry, vediamoci domani mattina in caffetteria alle undici, va bene?»
«Sì, è perfetto» rispose il riccio, alzando lo sguardo finalmente su di lui, i suoi occhi erano ancora spenti «A domani» lo salutò, guardandolo quasi ammirato «E comunque, sei bellissimo, complimenti per la scelta» disse, prima di andarsene, lasciando Louis piacevolmente sorpreso da quel complimento, certo aveva più autostima, ma sentirselo dire da chi lo aveva solo illuso, faceva un effetto strano, ma piacevole. Non sapeva come fosse possibile, ma Harry era tornato da lui, per farsi aiutare a dimenticare il passato, e Louis avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per diventare, realmente, il suo presente.
 
Da quel giorno, ogni cosa era andata bene per entrambi: Harry si era presentato – addirittura con mezz’ora d’anticipo – all’appuntamento in caffetteria. Lui e Louis avevano parlato per un po’, di come si sentisse il riccio, di quali fossero i suoi sentimenti in quel momento, di quanto risentimento e quanto dolore provasse in quel momento; poi avevano spostato la conversazione su un altro piano, sul piano dello studio, dell’università e del college, Harry doveva recuperare un semestre intero – fortuna che erano solo quattro esami in totale – altrimenti avrebbe perso un anno, nella migliore delle ipotesi. Avendo ricominciato a frequentare i corsi – più sotto minaccia di espulsione che per altro – non aveva rischiato di essere sbattuto fuori, senza nessuna possibilità, ma sapeva di doversi impegnare a fondo per recuperare quanto aveva perso, e per quello, aveva bisogno di una persona accanto come Louis, lo aveva sempre saputo, anche se non lo aveva mai ammesso a se stesso.
«Dobbiamo preparare un piano di studi, Harry» disse Louis, quasi con aria solenne, sotto lo sguardo interrogativo del riccio.
«In che senso?» chiese appunto, senza capire bene. Aveva quasi paura di ciò che Louis avrebbe potuto suggerirgli anche se sapeva che lo faceva per il suo bene, doveva ammettere che a volte, quel ragazzo aveva dei metodi un po’… militari.
«Dobbiamo stabilire quando sosterrai questi esami, come hai intenzione di recuperare il tempo perso, e di come vuoi preparare questi esami, sono sicuro che prima della fine del semestre avrai recuperato tutto».
«Dici? Non so se…» cercò di dire. Aveva sul serio paura di non farcela, di solito aveva il tempo per fare tutto, ora avrebbe dovuto fare tutto in una volta, non era facile sostenere insieme gli esami che avrebbe dovuto dividere in due semestri. Dannazione, avrebbe dovuto svegliarsi prima, doveva dar ascolto a Louis, quando era andato da lui settimane prima. Ma, come si diceva in gergo, meglio tardi che mai. E lui aveva deciso di mettere la testa a posto, non era poi così stupido.
«Io ti aiuterò» promise il ragazzo appoggiando la mano sulla sua «Ce la farai, sono solo quattro esami». Harry alzò lo sguardo su di lui, sì con lui poteva farcela «Sono sicuro che ci laureeremo insieme».
«Certo, come no» rise amaramente «A te manca solo un esame, Louis».
«Come sei negativo, Harry! Non abbatterti, abbiamo tempo per studiare» lo rassicurò, poi lo guardò con aria di sfida «Pensa come se questa fosse la partita più difficile di tutta la tua vita, quella partita che sai di non poter vincere se non dai tutto te stesso» Harry annuì ascoltandolo, non aveva tutti i torti «Impegnati, come ti impegneresti per quella partita, sei il dannato playmaker, devi farcela!» lo spronò, stringendogli forte la mano. Harry non resistette, si alzò e lo attirò a sé in un forte abbraccio, lo avvolse completamente tra le sue braccia, dandogli un delicato bacio sulla tempia. Louis aveva ragione.
«Grazie, grazie… era ciò di cui avevo bisogno».
«Figurati…» disse, leggermente imbarazzato con un sorriso «Allora ci mettiamo al lavoro?»
«Puoi dirlo forte, coach».
Era iniziata, in quel modo, per loro una strada che poteva solo andare in salita, mai più in discesa. Erano diventati complici. Si incontravano ogni giorno, e restavano in biblioteca per ore, tra caffè, tea, spuntini vari, libri, appunti e prove d’esame, erano passati circa due mesi, la stagione estiva era alle porte, e con essa anche gli esami di fine anno. Nel corso dei mesi, Harry era riuscito a sostenere un paio di test e di prove orali, superandoli tutti, anche se non aveva avuto il massimo, non era mai stato bocciato. Aveva recuperato quasi del tutto ciò che gli mancava per sostenere gli esami finali e infine prepararsi alla laurea, e aveva fatto tutto insieme a Louis, che non lo aveva mai lasciato solo, lo aveva sostenuto, e aveva affrontato con lui di tutto, dalle notti insonni a causa dello studio, alle notti insonni per il dolore, che ormai era del tutto svanito. Aveva lasciato spazio a qualcosa di migliore, a qualcosa che lo aveva fatto finalmente sentire diverso, qualcosa che segnava la fine dell’Harry stronzo, che voleva tutto per il suo scopo personale, e l’inizio di un Harry nuovo, amorevole, sensibile e altruista, che più di una volta si era ritrovato a difendere qualcuno di più debole, che in fin dei conti, neanche gli dispiaceva tanto, doveva quel cambiamento a Louis, che gli aveva fatto vedere le cose secondo un punto di vista differente da quello del giocatore di basket senza cervello. Si sentiva in pace con se stesso, e aveva scoperto che anche un secchione, poteva essere un buon amico.
E quel giorno, Harry scoprì quante sorprese potesse nascondere Louis, aveva in serbo per lui qualcosa che lo avrebbe reso il ragazzo più felice dell’intero universo, una volta venuto a sapere. Non sapeva come potesse essere possibile, ma quel ragazzo era una sorpresa continua dietro l’altra, era meraviglioso, e forse sentiva per lui dei sentimenti che non aveva mai provato prima. Louis era quel ragazzo che all’inizio non aveva calcolato, che aveva solo usato per far ingelosire un ragazzo – il quale alla fine si era dimostrato essere uno stronzo come lui – e che poi infine, lo aveva risollevato dal baratro in cui era sprofondato, lo aveva rialzato e lo aveva aiutato a tornare a vivere, non avrebbe mai trovato le parole per ringraziarlo per ciò che aveva fatto in quei mesi per lui. Se si trovava con solo un esame a separarlo dal traguardo, lo doveva a lui.
«Harry!» lo chiamò Louis correndo nella sua direzione, verso la biblioteca «Harry, devi venire con me!»
«Cosa succede, Lou?» chiese quasi preoccupato, raggiungendolo, il tono di Louis non prometteva nulla di buono.
«Vieni, presto!» esclamò afferrandogli la mano. Harry senza dire nulla, senza protestare, senza osare fiatare, lo seguì per tutto il tragitto, non si rese conto della strada che percorrevano, non sapeva cosa pensare, perché Louis sembrava così sconvolto? Perché lo aveva chiamato con tale urgenza? Che cosa stava succedendo? Cosa gli sfuggiva in quel momento?
Non si rese conto di nulla, fino al loro arrivo al campo da basket, dove il coach, avvicinatosi ad Harry, con un sorriso smagliante sul volto, gli restituiva la sua giacca della squadra, il suo ruolo e la sua intera vita. Era una sensazione diversa da quelle che provava di solito, era una sensazione che non aveva mai provato, era tutto ciò di cui aveva bisogno per tornare realmente a vivere. Poteva tornare a giocare a basket? Non era più fuori dalla squadra? Cosa significava? Cosa c’entrava Louis in tutto quello? Fu il coach a dare risposta alle domande che gli tormentavano il cervello, Harry non sapeva spiegarsi nulla in quel momento, tant’era confuso e sopraffatto dalle emozioni, e dagli avvenimenti di quella mattina. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere, mai. Louis era una delle persone più belle che avesse mai avuto l’onore di conoscere, e si sentiva ancora un mostro per averlo trattato in quel modo barbaro, per aver approfittato di lui, quando lui gli aveva sempre e solo donato tutto il suo cuore e il suo amore. Doveva rimediare, era il tempo di farsi perdonare sul serio da lui, non nascondersi ancora dietro al fantasma di ciò che gli era accaduto. Doveva solo essere se stesso, il nuovo se stesso, e tutto sarebbe andato per il verso giusto, in fondo, provava davvero qualcosa per lui, ed era il tempo di dimostrarlo, senza farlo più soffrire.
«Bentornato Styles» disse il coach guardandolo fiero «Ho saputo dal tuo amico che stai recuperando, e i tuoi voti stanno migliorando, ho bisogno di te in questa squadra, mancano solo due partite alla fine del campionato e non possiamo perdere».
Harry era senza parole, Louis aveva parlato con il coach dei suoi miglioramenti? Louis gli aveva fatto questo regalo?
«Io… io non so cosa dire» disse a bassa voce, non c’erano parole per esprimere ciò che provava in quel momento, non c’erano parole per esprimere quanto fosse felice, quanto sentisse di nuovo la sua vita, sua. Aveva ragione Louis, non avrebbe dovuto permettere a quel ragazzo di portargli via ogni cosa, di portargli via la vita, il basket, avrebbe dovuto rialzarsi prima, avrebbe dovuto combattere, e invece si era lasciato andare, per una persona che non meritava il suo dolore. Stava bene, però, aveva ritrovato tutto, aveva rimesso insieme ogni pezzo, ogni tassello della sua vita, e lo doveva solo a Louis, che nonostante tutto, non lo aveva abbandonato neanche mezza volta, neanche in situazioni critiche. Non sapeva come spiegare ciò che sentiva crescere dentro di sé, non sapeva dare un nome a ciò che provava, ma forse poteva provarci, poteva provare a far capire quanto fosse riconoscente per ciò che aveva fatto, per ciò che gli aveva restituito, Louis aveva fatto tutto senza secondi fini, era fantastico. Anche se non voleva ammetterlo, gli era capitato spesso di soffermarsi a pensare a lui, a come si rivolgeva a lui, ai suoi amici, di come lo avesse pian piano salvato da se stesso, e di come infine lo avesse perdonato per ogni cosa subita.
«Di solo che ci farai vincere il campionato» suggerì uno dei suoi compagni di squadra, andandogli vicino e abbracciandolo «Ti sei riposato abbastanza, Styles, è ora di tornare in campo» disse un altro avvicinandosi ai due, aggiungendosi nell’abbraccio «Ci mancava il nostro playmaker, il tuo sostituto era un incapace» aggiunse ancora un altro giocatore, mettendosi vicino agli altri tre, man mano, tutti i membri della squadra di Harry si riunirono intorno a loro, tutta la squadra si abbracciò con trasporto e affetto, e immediatamente, dopo aver sciolto ogni sentimentalismo, il coach fischiò e una partita tra i vari giocatori iniziò. Harry era un po’ arrugginito, ma con un paio di allenamenti sarebbe tornato quello di una volta. Louis, seduto su uno degli spalti, lo guardava con fierezza, lo vedeva divertirsi e sorridere, finalmente sereno e senza problemi, senza pensieri che non fossero stati gli esami e le cose da preparare per la laurea, poteva sorridere anche lui contento e rilassato, il peggio era passato per entrambi, ora dovevano solo trovare la loro strada. Quando Harry guardò verso di lui, mentre giocava, sorrise. Louis era ancora lì, a sostenerlo, non era andato via, e improvvisamente tutto fu chiaro per lui, provava dei sentimenti sinceri per lui, voleva dimostrarglielo, dando il meglio di sé in campo, laureandosi con lui, e rendendolo fiero di lui; Louis era un bellissimo ragazzo, dentro e fuori, e non si spiegava ancora come avesse potuto fargli del male in quei mesi che erano stati insieme, quando si erano conosciuti. Louis, a differenza di altri, non lo aveva abbandonato neanche quando lo aveva distrutto, da quando lo aveva umiliato. Intanto, Louis lo guardava e pensava che differentemente da quanto aveva pensato inizialmente, essere amico di Harry non era poi così male, il riccio sapeva essere leale e complice, aveva imparato ad apprezzare realmente ciò che piaceva anche a Louis – qualche volta lo avevano coinvolto durante le dirette delle serie, anche se Liam era ancora sospettoso verso di lui, e continuava a dirgli che lo teneva sott’occhio – e Louis aveva imparato a conoscere il vero o meglio, il nuovo Harry, quello che non era poi così stronzo come tutti pensavano, che si era costruito quella maschera per non soffrire, maschera che aveva fatto più danni che bene. Harry gli confessò che, spesso, a lui piaceva guardare alla personalità delle persone, e Louis lo aveva capito, davvero, era riuscito a darsi una spiegazione per quanto accaduto, e finalmente aveva l’animo in pace, il suo compito nei confronti del riccio era finito, adesso poteva lasciarlo alla sua squadra, al suo coach e al suo basket, forse in breve sarebbe tornato quello di sempre, e avrebbe spezzato un altro cuore, ma non era più affar suo, doveva finire di preparare il suo ultimo esame. Non aveva avuto il tempo per studiare, aveva passato gli ultimi due mesi in compagnia del riccio, ad aiutarlo con i suoi arretrati, a spiegargli le cose che non sapeva. Aveva avuto così tanto da fare che il suo esame era passato in secondo piano, era valsa la pena, no? Lui si sarebbe laureato comunque, forse proprio insieme ad Harry, tuttavia non sapeva se lui fosse stato nuovamente disponibile, dopo gli esami. Stava quasi per uscire dal campo, quando: «Louis, aspetta!» gli urlò dietro Harry. Louis si arrestò immediatamente, aveva bisogno di altro? Non poteva lasciarlo in difficoltà, no? Doveva restare e ascoltare cosa aveva da dire, sì. Si voltò nella sua direzione, non appena gli fu vicino il riccio lo prese per i fianchi avvicinandolo a sé, sorridendo. Cosa... stava succedendo? Louis non si rese conto di nulla, improvvisamente le labbra del giocatore di basket si ritrovarono contro le sue, in un bacio dolce e delicato, un bacio che fece esplodere di gioia i loro cuori. Era il primo vero bacio che il riccio gli dava, ed era – forse – una delle cose più belle che avesse mai avuto, Harry gli accarezzava le guance con i polpastrelli e premeva le sue labbra contro quelle del castano con dolcezza e delicatezza; non si era mai comportato così in passato nei suoi confronti, Louis non sentiva più le gambe, gli divennero molli e tremanti, dovette aggrapparsi alle solide spalle di Harry per non cadere, le sue labbra avevano un sapore buono, non sapeva distinguerlo, aveva gli occhi chiusi, quasi come se avesse paura di non ricordare nulla di quel momento. Harry lo stava baciando sul serio? Quello era un bacio vero tra di loro? Com’era possibile? L’unica cosa che sapeva in quel momento era che il suo cuore stesse per esplodere, aveva un tumulto di emozioni a cui non sapeva dare nome, ed era la sensazione più bella che avesse mai provato. Poi il dubbio tornò a bussare alla porta della sua mente. Se lo stava usando di nuovo? Se si stava prendendo ancora gioco di lui? Se voleva illuderlo di nuovo? Cosa avrebbe fatto, in quel caso con lui? Non poteva farlo ancora, non dopo quello che avevano passato entrambi, non dopo il bel rapporto che avevano instaurato tra di loro; non poteva farlo, vero? No, Harry era cambiato, lo aveva visto soffrire, aveva sofferto insieme a lui, non poteva fargli di nuovo del male. Aveva paura e ne aveva tutte le ragioni, il riccio lo confondeva, prima lo illudeva, lo usava, poi tornava da lui pentito, poi si faceva aiutare e poi… il ciclo ricominciava? Non poteva, non di nuovo, voleva scappare, ma voleva anche capire il perché del suo comportamento, voleva chiamare Liam e chiedergli consiglio, ma non poteva, non con Harry a quella distanza da lui. Cosa doveva fare? Scappare? Lasciarlo lì? Chiedere?
«Harry… Harry… cosa?» chiese spaesato guardandolo, dopo essersi staccato da lui cercando risposte «Ti prego…» disse prima che lui potesse parlare, dire qualcosa, spiegarsi «Non illudermi di nuovo, ti prego…» aveva un leggero fiatone per il bacio appena concluso e il suo sguardo era supplichevole, addolorato, Louis sperava solo che Harry non lo illudesse ancora…
«No, lo giuro, niente illusioni» gli sussurrò appoggiando la fronte contro la sua «Lo giuro, stavolta sono sincero, non ti farò del male» continuò accarezzandogli la guancia «Provo qualcosa per te, Lou, ne sono sicuro» disse guardandolo seriamente negli occhi «Da quando… da quando sei tornato da me, da quando hai deciso di aiutarmi… io, Louis, mi mostrerò patetico per questo» confessò con il sorriso sulle labbra «Ma io non smetto un attimo di pensare a te, inizialmente pensavo fosse perché non potevo credere che tu mi aiutassi nonostante il male che ti avevo fatto, poi mi sono ritrovato a pensare alla tua forza, alla tua determinazione… e tutto ciò che hai fatto per me, e… e poi mi sono reso conto che pensavo anche ai tuoi occhi e alle tue labbra, e a quanto potesse essere bello baciarti. Te lo giuro, non ti sto illudendo, mi ucciderei se ti facessi di nuovo del male» confessò, tenendo le mani sulle sue spalle e gli occhi puntati nei suoi, era sincero e voleva che Louis se ne accorgesse.
«Io provo qualcosa per te da… sempre, Harry, forse da quando ti ho incontrato per la prima volta nel corridoio e mi hai aiutato con gli occhiali» gli confessò, guardandolo a sua volta negli occhi. Vide che il suo sentimento era ricambiato, finalmente era davvero ricambiato, sperava davvero che fosse sincero e non di nuovo pronto a fargli del male, stava per dire altro, ma Harry fu più rapido lo baciò ancora, mormorando contro le sue labbra, dopo ogni bacio un “Grazie”, perché era tutto ciò che aveva da dirgli.  Alla fine, tra di loro, qualcosa era scoccato sul serio, alla fine si erano trovati, e insieme avevano contribuito al miglioramento l’uno dell’altro; Harry non poteva nascondere che da quando aveva incontrato Louis tutto era cambiato per lui, anche quando pensava solo di usarlo, mentre Louis da quando aveva frequentato Harry era diventato più sicuro di sé e meno insicuro delle sue capacità, era grazie ad Harry se alla fine aveva iniziato il suo primo vero romanzo, che in senso lato, parlava della loro relazione precedente, aveva solo in mente il primo capitolo, il resto lo avrebbero scritto insieme, Louis lo sentiva sul serio, e sapeva, adesso ne era certo, che Harry provasse la stessa cosa. Lo studente da trenta e lode aveva salvato la vita ad un giocatore di basket, e non solo, gliel’aveva restituita com’era prima, se non migliore. E anche se lo studente secchione non lo avrebbe mai ammesso, il giocatore gli aveva cambiato la vita, perché grazie a lui era diventato meno topo da biblioteca o trenta e lode, e più Louis Tomlinson.  Si erano aiutati a vicenda, e avrebbero continuato a farlo per molto tempo, lo sentivano dentro entrambi, erano felici, e lo sarebbero stati per tutta la vita, Harry avrebbe coronato il suo sogno di diventare un giocatore di basket professionista, e Louis avrebbe pubblicato il suo primo romanzo.
Adesso, la strada per la felicità di entrambi non poteva che essere solo in salita.




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*alza la manina* eeeehi, qualcuno si ricorda di me? Sono mancata per... due anni? Ops. Mi dispiace per essere mancata per tutto questo tempo.... maaaa I'm baaack! Era più o meno questo periodo, quando ho pubblicato per l'ultima volta, ma tra una cosa e l'altra purtroppo non sono riuscita a far nulla. Non ho intenzione di sparire di nuovo, e se qualcuno ha intenzione di seguirmi ancora... ne sarò felice. Altrimenti mandatemi pure a fanculo. LOL
Anyway, sono tornata oggi grazie all'autrice del banner. che mi ha tolto la testa per avere questa storia... (senza di lei non avrei neanche idee, perché mi da sempre idee meravigliose e io le sfrutto duh), la mia amata Lu, che oggi compie gli anniii! Buon compleanno, Love! I love ya. 
Mi siete mancati tutti, e se tornete vi abbraccerò uno per uno, e avrete anche la dose di angst che mertitate, per ora... accontentatevi di questa luuuunghissima storia fluffosa. See you soon, babes!

Ps. vi avverto che presto cambierò nick, quindi... orientatevi con i nomi delle storie LOL anyway, se qualcuno avesse ancora voglia di stalkerarmi, ora sono su tutti i social! Eee niente, bye! 
   
 
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