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Autore: marl_vt    28/12/2015    9 recensioni
-Il Torneo Tremaghi è il torneo che vede sfidarsi le tre principali scuole della Gran Bretagna: Inghilterra, Irlanda e Scozia. Dopo duecento anni, Hogwarts avrà l'onore di ospitare questo grande evento. Harry Potter, insieme ai suoi grandi amici Ron Weasley e Draco Malfoy, sono studenti irlandesi. Hermione Granger è una studentessa di Hogwarts. Due caratteri incompatibili entreranno involontariamente in contatto, nello scenario di un Torneo decisamente pericoloso.- Una storia a cui sto dedicando tempo (da tempo) e inventiva, ho deciso di pubblicarla nonostante la stia ancora revisionando e completando, perchè ho capito che senza le vostre recensioni e (perchè no) consigli non so se il lavoro che sto facendo è buono o meno. Spero vivamente possa piacervi! Attendo impaziente commenti e note..:) Enjoy! marl_vt
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Hermione
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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20. COME IL PRIMO GIORNO

 

 

 

 

 

 

 

Jane si appoggiò alla finestra, stringendosi nella sua felpa. L'aria mattutina di settembre portava un fresco piacevole, e a Londra si faceva sentire ancora di più. Si legò i capelli distrattamente, osservando il respiro regolare prima di Harry e poi di Daniel.

 

Ma chi volevano prendere in giro? Jane fece una smorfia scuotendo la testa. Erano la peggiore famiglia finta del secolo. Con le mani dentro le tasche uscì dalla stanza, scendendo piano le scale per evitare di svegliare la famiglia Weasley: era appena spuntato il sole. Entrò in cucina, intenta a farsi un the caldo per potersi schiarire le idee, ma non appena superò la porta si bloccò spaventata.

 

“Oh.. Mi spiace. Io credevo che dormissero tutti..” Jane sorrise imbarazzata.

 

“Non ti preoccupare, Jane cara. Io mi sveglio sempre presto! Vieni, sto preparando un po' di the.” Molly le indicò gentilmente una sedia del tavolo, invitandola a sedercisi. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, poi le mise una tazza fumante davanti, sedendosi di fronte a lei. La guardò, come se aspettasse una qualche confessione.

 

“Il suo sguardo è troppo loquace, signora Weasley.” Jane soffiò nella tazza, inspirante l'odore avvolgente del the.

 

“Sono solo una madre di una famiglia molto numerosa. Ho preparato diversi the alle 7 del mattino, sai..” Molly le fece l'occhiolino, mostrando la sapienza e l'esperienza che la contraddistingueva.

 

“Harry è un ottimo padre, sa? Riesce a conciliare il lavoro con il tempo da dedicare a Daniel, si preoccupa, lo segue in qualsiasi cosa.. Daniel lo adora! Non sopporterebbe la sua assenza..” Jane cominciò a confessarsi più che altro a se stessa, trovando nella signora Weasley una ottima ascoltatrice silenziosa e non giudicante.

 

“Ha rinunciato a tutto per poter essere ciò che è diventato. Ha così paura del suo passato che non lo ha mai più nominato in questi cinque anni.. Ha così paura di ciò che è stato che.. La mancanza dei genitori è stata per lui deleteria, lo so.” Jane bevve un sorso strizzando gli occhi. “Sentirsi parte della vostra famiglia lo ha spaventato ancora di più. Affezionarsi gli ha sempre fatto una grande paura.. Si è stancato da tempo di perdere le persone. Con Daniel ha avuto una possibilità di rivincita, di riscatto morale.. E ce la sta facendo alla grande!” Jane rise nel vano tentativo di non far capire alla sua interlocutrice che stava lottando con le lacrime.

 

“Però gli manca qualcosa, sa.. Gli manca qualcosa di essenziale. Io lo so quanto gli siete mancati tutti voi, l'ho sempre sentito di notte agitarsi nel sonno: i suoi pensieri erano fin troppo espliciti per me.” Si asciugò fugacemente una lacrima. “Ho sempre tentato di riportarlo da voi, sempre mi creda. Ma non capivo la vera motivazione per la quale non voleva tornare più nel suo passato.. La paura di ciò che è stato lui sarebbe passata insieme a voi, ne sono sempre stata certa. E allora perché si ostinava a rintanarsi nel suo piccolo angolo irlandese?” Jane spostò lo sguardo sulla porta della cucina, socchiusa.

 

“Poi ieri sera Hermione Granger è entrata da quella porta. E ho capito tutto.”

 

Molly abbassò lo sguardo, rigirandosi tra le mani la sua tazza di the. “Che cos'hai capito?”

 

“Che cos'è che gli mancava. La vera motivazione, la vera ragione..” Jane continuò senza togliere lo sguardo da quella porta socchiusa. “Non ho mai preteso l'amore di Harry, sapevo che non avrebbe potuto darmelo. Ma nella mia piccola arroganza ho creduto che potessimo diventare una vera famiglia, prima o poi..” Si voltò finalmente verso la signora Weasley, fissandola negli occhi.

 

“Non è stata arroganza, Jane cara. E' stata semplicemente speranza.” Molly allungò la mano verso la sua, stringendola forte.

 

“Il modo in cui la guarda, il modo in cui non l'ha mai dimenticata. Sono così incredibilmente diversi.. E così profondamente perfetti e indivisibili.” Jane rise di nuovo, nascondendo un singhiozzo incontrollabile. “Se n'è accorto tutto il mondo, spero non sia così stupidi da non accorgersene loro stessi.” Si alzò dalla sedia, asciugandosi le lacrime con la manica della felpa. Molly la imitò, andandole vicino e appoggiandole entrambe le mani sulle spalle.

 

“Sei un'ottima madre e una ragazza eccezionale. Harry lo sa, e non lo perderai.. Solo che non puoi averlo come vorresti. Incontrerai l'uomo giusto, ne sono certa.” Molly le baciò entrambe le guance.

 

“La ringrazio, signora Weasley. Siete davvero una famiglia eccezionale.. Io, però, torno a casa.” Jane si lasciò abbracciare e poi tornò nella stanza dove Harry e suo figlio dormivano. Si fece una doccia e cominciò a prepararsi, aspettando che si svegliassero entrambi. Rimise gli indumenti che aveva tolto con pazienza la sera prima, mettendosi qualche volta i capelli lunghi biondi dietro le orecchie.

 

“Ei..” Harry si stropicciò gli occhi, sentendola trafficare. Quando la mise meglio a fuoco si sedette sul letto, aggrottando la fronte. “Che stai facendo?”

 

“Voglio lasciarti semplicemente il tuo spazio..” Jane gli sorrise, ributtandosi poi sulla preparazione della valigia. Harry si alzò raggiungendola.

 

“Non capisco.. Perché rifai la valigia? Non vuoi più restare?”

 

“Harry, ti prego. Io non c'entro niente qui e tu lo sai. Devi prenderti questi giorni per riprenderti in mano la tua vita, e questo significa anche riaffrontare il passato. Cinque anni di aridità sono anche troppi..” Jane lo prese per un braccio e lo portò dentro il bagno, così che Daniel non si svegliasse per i rumori. “Sei il padre che ho sempre sognato per mio figlio, e di questo ringrazio Dio. Ma è arrivato il momento per te di essere felice davvero, e questo comprende anche quell'elemento mancante che non ti fa dormire la notte.”

 

“Jane, io non..” Harry tentò una debole difesa.

 

“Non devi dire niente.” Gli mise una mano sulla bocca, per zittirlo. “Io torno a casa, tu e Daniel è giusto che restiate qui.. Quando tornerete, decideremo come fare.” Gli accarezzò il volto con entrambe le mani, fissando intensamente quegli occhi verde smeraldo.

 

“Sei.. Sei sicura?” Harry abbassò lo sguardo, lasciandosi accarezzare.

 

“Sii felice, Harry. Fallo per tuo figlio, ma soprattutto per te stesso.” Jane uscì dal bagno, tornando a finire i suoi bagagli. Harry rimase immobile attaccato al lavabo, fissandosi allo specchio e sentendo in lontananza il rumore della valigia che veniva trascinata. Sentì Jane sussurrare qualcosa a Daniel, poi baciarlo dolcemente. Quando la porta della stanza si chiuse, Harry uscì dal bagno.

 

“Siamo rimasti io e te, teppista..” Si accucciò affianco a Daniel che ancora dormiva profondamente. “Stammi vicino, d'accordo?”

 

 

 

L'ansia pre matrimonio si fece sentire fin dalla colazione: Molly ingozzò praticamente tutti, riuscendo in contemporanea a salvare l'imbarazzo di Harry dalle domande sulla partenza improvvisa di Jane.

 

“E' tornata a casa, d'accordo? La prossima volta che sento una domanda del genere vi lancio una padella sulla testa.” Fu la risposta definitiva della signora Weasley, e tutti ubbidirono immediatamente. Spedì tutti a prepararsi subito, andando insieme a Ginny a dedicarsi a Ron: era così agitato che Harry dovette dargli parecchie pacche sulle spalle.

 

Daniel continuava a chiedere di sua madre, non capendo perché se ne fosse andata via senza neanche avvisarlo. “Papà, ma poi torna? Mi manca la mamma..” Si strofinò gli occhi, facendo capire ad Harry che stava per piangere.

 

“Ti ci riporto subito domani dalla mamma, d'accordo? Anche stasera se vorrai. Non ti preoccupare, è dovuta tornare a casa perché l'hanno chiamata dal ristorante dove lavora.” Harry lo prese in braccio, stringendolo e baciandogli ripetutamente la testa. Entrò nella loro stanza, cominciando a prepararlo. Ci mise un po' a convincerlo, ma finalmente Daniel accettò l'assenza della madre e tornò di buon'umore.

 

“Tanto la rivedo domani la mamma.” Disse, lasciando che Harry gli sistemasse il farfallino e la camicia.

 

“Questo è il mio campione.” Si diedero il pugno, in segno d'intesa. Si guardarono entrambi allo specchio, mentre Daniel imitava Harry nel sistemarsi i capelli ribelli.

 

“E' inutile: per quanto ci proverai, non riuscirai mai a farli stare in ordine.” Harry lo spinse fuori dalla stanza, sistemandosi la bacchetta nei pantaloni del suo abito. Si cacciò una mano in tasca e scese in cucina, con suo figlio che correva ovunque.

 

“Così ti rovinerai questo splendido vestito!” Ginny lo fermò ridendo e lo riempì di baci e complimenti. “Sei più bello di tuo padre, poco ma sicuro.”

 

Uscirono tutti, salendo nelle rispettive macchine: Harry si mise alla guida della sua auto affittata, con Ron al suo fianco e Ginny e Daniel dietro. “Amico.. Te lo posso dire che mi sto cagando sotto?”

 

“Bè, si.” Harry sorrise, mettendo in marcia la macchina. “E appena arriviamo la non vedo l'ora di vedere Draco per prenderti per il culo come si deve.”

 

 

Hermione si aggiustò per l'ultima volta il vestito, dando un'ennesima occhiata ai capelli. “Non ti ho mai vista così attenta ai particolari.” Jean Granger le sorrise, guardandola nel riflesso dello specchio. Si era presentata a casa della figlia quella mattina per aiutarla a prepararsi.

 

“Mmm..” Commentò Hermione. “Dai, devo andare. Sono già in ritardo.” Prese la sua borsetta e vi infilò la bacchetta dentro, scendendo le scale di casa sua per dirigersi all'ingresso.

 

“Mi raccomando, fai tantissimi auguri a Ron e a Luna. Ricordagli che il prossimo fine settimane vengono a cena a casa nostra..” Jean accarezzò una guancia della figlia. “Sei bellissima, tesoro mio. Dico davvero.”

 

“Grazie mamma..” Hermione accennò un sorriso imbarazzato ed abbassò lo sguardo. “So bene a cosa stai pensando, sai..” La guardò di nuovo. “Dovrebbe essere il mio di matrimonio.”

 

“Non dire sciocchezze, Hermione. Se Greg non era l'uomo giusto per te hai fatto bene a non accettare di sposarlo.” Jean incrociò le braccia, certa che prima o poi sua figlia avrebbe fatto un'affermazione del genere.

 

“Ma era l'uomo giusto per papà, non è così?”

 

“Tuo padre ha fatto tanti sbagli, Hermione. Così come li ho fatti io.. Ma ha sempre desiderato il meglio per te: non capendo, però, che non combaciava con il meglio per lui.” Jean le strinse una mano. “Quante volte ti ho chiesto se amavi Greg? Quante volte mi hai risposto di si? Hai vissuto due anni insieme a lui di completa menzogna, convinta che prima o poi avresti imparato ad amare quell'uomo così perfettamente giusto per te. Non hai voluto mai ascoltarmi, e soprattutto non hai mai voluto ascoltarti; quando hai rifiutato la sua proposta di matrimonio mi hai dato un sollievo enorme.” L'abbracciò, chiudendo gli occhi.

 

“Adesso vai al matrimonio.” Si staccò, guardandola fissa negli occhi. “E salutami Harry, d'accordo?”

 

Hermione si bloccò, guardandola in modo enigmatico. Non le aveva detto niente della sera prima. “Come.. Come fai a..”

 

“Hermione, una mamma sa sempre tutto. Da sempre.” Jean si allontanò di pochi passi, sorridendole dolcemente. Vide sparire sua figlia pochi istanti dopo, capendo che si era smaterializzata.

 

 

 

Molly, Ginny e Cho erano state praticamente risucchiate dentro la stanza di Luna da almeno dieci minuti, mentre Harry e Draco continuavano a far sentire Ron ancora peggio. Tutti gli invitati si avvicinavano man mano a lui, stringendogli la mano e facendogli i più sinceri auguri.

 

“Io, fossi in te, mi darei una grattatina alle parti intime.. Diglielo anche tu, Danny.” Draco fece ridere Daniel, che stava in mezzo a loro tre ascoltando i loro discorsi con grande curiosità. Ron fece per dargli un pugno sulla spalla, ma si fermò di colpo guardando oltre Draco e Harry.

 

“Quanto accidenti è bella..”

 

Harry e Draco si girarono, con ancora il sorriso sulle labbra. Hermione si avvicinò a loro tre a passo svelto, salutandoli con la mano e un sorriso che le illuminò ancora di più il viso. Harry fece un cenno con la testa e poi tolse lo sguardo, non voleva soffermarsi sui particolari del suo vestito. Di nuovo.

 

“Ciao ragazzi. Lo so, sono in ritardo.. Luna?” Hermione si accucciò su Daniel, dandogli due baci sulle guance e promettendogli che sarebbe stato il suo cavaliere per tutta la giornata come promesso. Seguendo le indicazioni di Ron, si allontanò altrettanto velocemente, sparendo dentro casa Lovegood.

 

“Ma.. Non è venuta con nessuno?” Azzardò Harry, fingendo poco interesse.

 

“No. Si è lasciata più di un anno fa, in realtà.” Draco lanciò la frecciatina, sperando che Harry continuasse con la sua curiosità. Ron, nel frattempo, si buttò sulla miriade di parenti che stava arrivando e prendendo posto.

 

“Ah, ecco..” Harry si cacciò le mani in tasca, osservando Daniel che corse verso i gemelli Weasley. Quindi era stata fidanzata con un altro. Un altro uomo aveva potuto toccarla, aveva potuto sentire il suo odore la mattina, aveva potuto respirarla. Scosse forte la testa, tornando subito in se. “Che cosa fa? Nel senso.. Lavora?”

 

“Eccome.” Draco si passò una mano tra i capelli, soddisfatto. “Lavora al Ministero, all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. E' davvero in gamba, sai? Ma questo già si capiva ai tempi della scuola.”

 

Harry annuì, decidendo di non chiedere altro. Pensò per un attimo alla sera prima, a ciò che aveva provato stringendola di nuovo. Molly uscì di casa con il signor Lovegood, invitando tutti quanti a sedersi perché la cerimonia sarebbe cominciata a minuti. Presero tutti posto, lasciando la prima fila libera per i parenti più stretti: un fiume di teste rosse copriva la visuale di parecchi invitati.

 

Daniel si sedette tra Molly e Arthur, mentre Harry gli faceva le linguacce dal fianco di Ron: suo figlio rideva come un matto. Draco diede una gomitata secca nel fianco di Harry, per intimarlo a smetterla: si stavano avvicinando Hermione e Cho, pronte a mettersi dalla loro parte opposta in attesa della sposa.

 

“Tutto a posto?” Sussurrò Draco, rivolgendosi a Cho.

 

“Perfetto.” Cho alzò il pollice in su, con un sorriso agitato ed entusiasta dipinto sul volto. Harry guardò Hermione, facendole l'occhiolino e dicendole con il labiale di stare tranquilla: sapeva che l'ansia la stava divorando.

 

“Anche tu..” Rispose lei, sorridendo. Non appena partì la marcia nuziale, si voltarono tutti verso la fine della navata: Luna stava camminando lentamente verso l'altare, accompagnata dal padre. Aveva un vestito meraviglioso con uno strascico lungo alle sue spalle, il volto tirato e felice era solo e solamente riservato a Ron. I suoi capelli biondi raccolti incorniciavano la sua immensa contentezza.

 

Una volta arrivata, Ron le si mise affianco: le sussurrò qualcosa all'orecchio, probabilmente quanto fosse meravigliosa. Lei gli strinse la mano di nascosto, probabilmente per dirgli la stessa identica cosa.

 

Durante l'intera cerimonia, Harry si voltò fugacemente verso Hermione innumerevoli volte, togliendo subito lo sguardo non appena lei se ne accorgeva. Aveva quella strana sensazione di averla salutata per l'ultima volta soltanto il giorno prima e contemporaneamente la fastidiosa certezza che era passato tantissimo tempo.

 

“Adesso può baciare la sposa.” Ron avvolse Luna in un bacio eterno, scatenando un applauso assordante da parte di tutti gli invitati. Harry e Draco firmarono, abbracciando Ron con tutta la fratellanza che li aveva sempre contraddistinti: poi decisero di allontanarsi, lasciando che venissero investiti da tutti gli altri.

 

“E così hai visto com'è un matrimonio, eh.” Harry tirò su di peso Daniel, tenendoselo sotto un braccio. Questi, ridendo per il solletico, cominciò a tempestarlo di domande. Nel frattempo che, per magia, si trasformò tutto per il ricevimento, Harry aveva esaurito tutte le risposte.

 

“Quanto parli, Danny!” Gli mise una mano sulla bocca, mentre cercava i loro nomi nei grandi tavoli rotondi.

 

“Non ha preso da te, allora. Vieni, mi sembri un po' spaesato..” Hermione spuntò da dietro tirandolo per la giacca, poi prese Daniel per mano. “Siete al tavolo con noi, ovviamente. Ma se preferisci sederti al tavolo con zia Muriel e zia Tess, sono questi i tavoli che stavi spulciando, fa' pure.” Lo sorpassò, guardandolo con aria divertita, e si avviò ai loro posti trascinata da Daniel. Harry scosse la testa e li seguì lentamente, cacciandosi una mano in tasca: infondo non era poi così cambiata.

 

“Wow! Siete passati dal salutarvi con una stretta di mano a sedervi allo stesso tavolo.” Commentò Draco, non appena vide arrivare Harry e Hermione insieme. Si guadagnò una bella gomitata da Cho, che gli fece andare quasi di traverso l'acqua che stava sorseggiando.

 

“Come sei simpatico.” Harry si mise dietro di lui, dandogli una manata così forte sulla schiena che lo fece tossire. Daniel lo guardò inclinando la testa e gli si avvicinò porgendogli un bicchiere d'acqua, facendo ridere i presenti. Ginny si sedette vicino ad Hermione, presentando il suo fidanzato Jimmy a Harry e Daniel.

 

“Mangia quello che ti va, d'accordo? Non sei obbligato a mangiare tutto..” Harry sistemò la sedia di Daniel al suo fianco, allontanandogli il coltello da davanti. “Però cosa ti dice sempre mamma?”

 

“Che bisogna assaggiare tutto prima di dire che non ci piace.” Daniel ripeté le testuali parole che Jane gli aveva insegnato.

 

“Mamma ha ragione, Danny.” Draco si allungò per farsi dare il pugno dal piccolo. Si sedettero con loro anche Bill e Fleur, e non appena Harry vide Christian rimase sbalordito di com'era cresciuto. Lo salutò, presentandosi e dicendogli che lo aveva conosciuto appena nato.

 

“Io e mia moglie ci teniamo a ringraziarvi tutti di essere qui. Le nostre famiglie e i nostri cari amici.” Ron indicò con il calice di vino tutti quanti, tenendo sotto braccio Luna che lo imitò. “Senza troppi convenevoli, abbuffatevi!” Apparvero su ogni tavolo diverse portate, e nessuno fece complimenti per iniziare.

 

Harry e Fleur fecero parecchia fatica, perché Daniel e Christian fecero subito amicizia e a metà pranzo riuscirono a convincere i genitori ad alzarsi dal tavolo per poter giocare li intorno.

 

“Hanno la stessa età, infondo. E' meravigliosa che vadano così d'accordo.” Commentò Bill, sorridendo.

 

“Già. Christian ha già 5 anni, Daniel li compie a fine settembre.” Harry tagliò la carne.

 

“E dimmi, Harry. Ho saputo che sei capo auror di una squadra speciale, adesso..” Fleur sfoggiò il suo inglese diventato ormai quasi perfetto. Hermione alzò subito lo sguardo su Harry, sentendo un orgoglio improvviso impadronirsi del suo stomaco.

 

“Si, è vero.” Harry rispose velocemente, mostrando la sua tipica modestia e il suo immancabile imbarazzo.

 

“E' fantastico. Sono davvero.. Contenta.” Hermione non riuscì a trattenersi, catturando l'attenzione di tutto il tavolo.

 

“Grazie..” Harry la guardò di sottecchi, provando a concentrarsi solo sulla sua carne ormai già tagliata a dovere.

 

 

Guardare gli ubriachi nel pomeriggio inoltrato fu per Draco e Harry un divertimento impagabile: quando poi vennero raggiunti da Ron, non ce ne fu più per nessuno. Si sedettero ai lati e osservarono tutti quanti: chi ballava, chi rideva, chi si rotolava, chi se ne andava, chi ancora mangiava alle cinque e mezza di pomeriggio, chi beveva con estremo coraggio.

 

“Meno male che il padre di Luna adora ballare, così la fa stancare lui per bene.” Ron inidicò con un cenno della testa il signor Lovegood con sua moglie che ballavano proprio affianco ai suoi genitori. “Sappiate che ci sarà anche la serata eh, ma solo per intimi..” Fece l'occhiolino ai suoi due amici.

 

“Adoro i matrimoni.” Commentò Draco, finendo il suo Champagne. Harry annuì, continuando a guardare un punto che stava osservando da almeno dieci minuti buoni.

 

Hermione stava ballando con Daniel, facendolo volteggiare e girare come una trottola: ridevano entrambi, quasi come se quelle assurde mosse inventate da loro fossero la cosa più divertente del mondo. Quando però Christian lo venne a prendere, lei lo fece andare, facendosi promettere un ballo più lento, più tardi. Con ancora il sorriso sulle labbra, si girò verso loro tre e li raggiunse, lasciandosi andare su una sedia e riempendosi un bicchiere d'acqua.

 

“Accidenti! Tuo figlio è una vera forza della natura, non si stanca mai.” Si rivolse ad Harry.

 

“Hai visto? Però vedrai, stasera crollerà come un salame.” Non appena la musica rallentò, Ron e Draco vennero inevitabilmente prelevati dalle loro rispettive consorti, facendo ridere Harry che li spinse entrambi per farli alzare. “Fatevi valere, mi raccomando!” Li schernì.

 

“Non hanno mai superato questa paura per il ballo.” Rise anche Hermione guardandoli dirigersi al centro della pista. Rimasero entrambi li seduti, a debita distanza e in silenzio religioso. Harry cominciò a torturarsi le mani, Hermione accavallò le gambe e si arrotolò un boccolo ribelle sull'indice. I secondi diventarono minuti, e il silenzio si fece pesante e imbarazzante.

 

“E' tutta la sera che ti guardo. Ho raccolto un po' di coraggio e ho deciso di avvicinarmi.. Posso invitarti a ballare?”

 

Harry dovette girarsi dall'altra parte per evitare di ridere molto forte: un uomo incredibilmente basso e grasso aveva appena offerto la mano ad Hermione, che cominciò subito a balbettare. “Ehm.. Io.. Veramente..”

 

“Mi spiace, l'avevo appena invitata io. Magari la prossima volta.” Harry si alzò, trattenendosi a fatica dalla risata che sentiva dentro la pancia. Porse la mano ad Hermione che gliela afferrò immediatamente e con troppa enfasi: si allontanarono velocemente buttandosi in mezzo alla pista, e non appena furono sufficientemente coperti scoppiarono a ridere.

 

“Probabilmente se ti alzavi avresti potuto mangiargli in testa direttamente. Avresti dovuto vedere la tua faccia.” Harry la imitò spalancando la bocca e gli occhi in modo esagerato.

 

“Smettila, maleducato! Avrei voluto vedere te in una situazione simile. Povero, mi è pure dispiaciuto..” Hermione schiaffeggiò il braccio di Harry e si voltò indietro, come per cercare quell'uomo.

 

“Come pensi di vederlo? Starà passando sotto ai tavoli senza accorgersene.” Harry rise ancora, guadagnandosi un altro colpo da Hermione che però non riuscì a trattenersi dal ridere anch'essa.

 

“Dai, smettila. Siamo veramente cattivi, poverino.” Hermione si appoggiò a lui per evitare di essere colpita da una coppia che stava danzando li affianco. Harry, per istinto, l'afferrò.

 

“Dai allora aspetta: vado a cercarlo così ci puoi ballare insieme.” Fece per allontanarsi ma lei lo fermò.

 

“No, no ti prego. Non ci provare!!” Lo trattenne per la giacca, scuotendo la testa e ridendo ancora. “Ti rendi conto che siamo in mezzo alla pista da ballo e non ci stiamo neanche muovendo?”

 

Harry si guardò in giro, rendendosi conto che aveva ragione. Le passò una mano dietro la schiena e le afferrò una mano, cominciando a muoversi lentamente e con cautela. “Possiamo pure fare finta di ballare, finché il tuo ammiratore non sparisce del tutto..”

 

“Non fare finta.” Gli sussurrò Hermione, avvicinandosi di più a lui e lasciandosi andare tra le sue braccia.

 

 

“Non avremmo dovuti lasciarli ballare, vero?” Chiese Luna a Ron, osservando da lontano Harry e Hermione.

 

“E perché mai? Ci ha sempre pensato il destino con loro, intanto.” Ron le sorrise baciandola, consapevole di aver appena detto una grandissima verità.

 

Quando ormai tutti gli invitati si defilarono, sazi e soddisfatti della cerimonia, la famiglia Weasley al completo e i più intimi si sedettero al tavolo centrale, consumando gli avanzi del pranzo tra risate e aneddoti.

 

“Dovevate vedere la sua faccia! Mi sono pentito di averla salvata, in realtà.” Harry prese in giro Hermione, che lo colpì sul braccio con uno schiaffo.

 

“Non potrai prendermi in giro per sempre per questa cosa!” Risero tutti, immaginando la faccia di Hermione alle prese con l'invito di quell'uomo così incredibilmente basso.

 

“Papà, papà.. Voglio andare a dormire.” Daniel si arrampicò in braccio ad Harry, strofinandosi gli occhi per la stanchezza.

 

“Andiamo subito, tesoro..” Harry si alzò, lasciando il tovagliolo sul tavolo. Tutti gli sguardi si spostarono su loro due. “E domani torniamo dalla mamma, come promesso.”

 

“Harry, non resti? Avevamo in mente una serata tra di noi..” Ron indicò i loro amici: Draco, Luna e Cho lo spronarono ad accettare, Hermione aveva tolto lo sguardo e aveva perso il sorriso. Sapeva bene che quella sera sarebbe stato un ulteriore addio.

 

“No, ragazzi. Mi dispiace ma è molto tardi per Daniel.. Domani mattina passo a salutarvi prima di tornare a Dublino.” Harry diede la mano a Ron e a Draco, mentre Molly si prendeva il nipote in braccio, pronta ad accompagnare a casa sia lui che Harry.

 

“Ci vediamo domani mattina, allora. Grazie per essere venuto, davvero..” Luna lo abbracciò baciandolo su entrambe le guance.

 

“Grazie a te per aver sempre saputo tutto.” Harry si staccò da lei, abbracciando anche Cho e tutto il resto della famiglia Weasley. Quando si trovò di fronte ad Hermione, si bloccò.

 

“Allora.. ehm.. Ci vediamo domani?” Tentò lui.

 

“No, io non credo che ci sarò..” Hermione si aggiustò il vestito, nel vano tentativo di nascondere l'imbarazzo. Tutti quanti provarono a non guardarli, riuscendoci a malapena. “E' stato un piacere rivederti..” Provò a dire il suo nome, ma le parole le morirono in gola. “Dai un bacio a Daniel da parte mia, adesso non vorrei svegliarlo. E saluta Jane.. Non ti ho chiesto niente perché Molly ce lo ha impedito.” Sorrise abbassando lo sguardo.

 

“E' stato un piacere anche per me..” Nessuno dei due accennò ad avvicinarsi. “Allora, a presto.” La salutò con un cenno della mano.

 

“Arrivederci.” Hermione alzò la sua e poi si voltò, non volendo guardarlo più.

 

 

Harry accarezzò la testa di Daniel per farlo addormentare del tutto: lo aveva messo sotto le coperto non appena aveva finito di svestirlo, era così stanco che non si reggeva nemmeno in piedi. Si rimise dritto, guardandolo sorridendo, e poi uscì dalla stanza.

 

“Dorme..” Sussurrò Harry a Molly. “Grazie che sei venuta con me.”

 

“Non dirlo neanche. Vatti a cambiare anche tu, sembri un trasandato così!” Molly indicò il modo in cui era Harry: giacca e gilet aperti, papillon slegato e camicia mezza fuori dai pantaloni. Lui le sorrise e le augurò la buonanotte, andando sul terrazzo della sua stanza per schiarirsi le idee.

 

Rimase così per una decina di minuti, perché Molly tornò da lui di soppiatto. “Harry.. Harry caro. Devi scendere giù in sala, subito.” Lui la guardò aggrottando la fronte, senza capire.

 

“Perché? Che succede?” Tornò dentro la stanza, mentre Molly lo spingeva senza troppe cerimonie.

 

“Vai, forza!”

 

Harry scese le scale ricacciandosi la camicia dentro i pantaloni, chissà per quale assurdo motivo poi. Probabilmente era Ron che voleva obbligarlo ad andare in giro con loro a ubriacarsi come i bei vecchi tempi. Spuntando nella sala, però, non trovò Ron; neanche qualcuno che gli somigliasse vagamente.

 

Si guardarono per pochi secondi, lui interdetto e lei impulsiva. “Lavoro al Ministero qui a Londra, all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Sono stata spostata in questo Ufficio due anni fa, dopo numerose gavette fatte sempre al Ministero.” Hermione si sedette sul divano, raccogliendo con la mano il suo vestito. Non appena Harry si sedette di fronte a lei, continuò. “Ho capito che era quello che volevo fare fin da subito, nonostante iniziai gli studi medici babbani appena finita la scuola. Sono stata fidanzata con Greg fino a più di un anno fa, quando mi ha chiesto di sposarlo e io ho rifiutato.”

 

Harry accennò un sorriso ironico: era andato tutto secondo i suoi piani, senza lieto fine però. “Vivo in una villetta costruita a posta per me e lui nel centro di Londra, non molto distante dai miei genitori.” Continuò Hermione, freddamente. “Amo il mio lavoro e ho imparato ad amare la mia solitudine, imparando quest'arte da te. La delusione di mio padre nel non sposare Greg si è trasformata in comprensione: come potevo sposare un uomo che non avevo mai amato?”

 

Quella domanda rimase appesa in quel salotto, senza che nessuno dei due l'afferrasse per poterci dare una banale risposta. “Con i soldi vinti al Torneo Tremaghi ho comprato una casa nella periferia di Dublino, lontano da dov'ero cresciuto.” Si allacciò Harry. “E' una casa modesta, ma con l'aiuto di Jane l'abbiamo resa più che dignitosa. Imparando a fare il padre, ho dedicato l'altra metà delle mie energie in ciò che so fare davvero: l'auror. Sono entrato subito di ruolo dopo l'addestramento di 6 mesi, riuscendo a diventare pochi mesi fa capo squadra speciale. Ho rinunciato al mio passato per mio figlio, per proteggerlo sempre. Non mi rendevo conto che in realtà lo stavo solo proteggendo da me stesso: e vederlo qui in questi giorni, in mezzo a questa grande famiglia mi ha e gli ha aperto il cuore.” Harry appoggiò i gomiti sulle gambe, guardando fisso Hermione. “Vivo con Jane e Daniel ancora adesso. Ma lei ha sempre saputo che non l'ho mai amata per davvero.”

 

Hermione si alzò di nuovo, con quel vestito ormai sgualcito e i capelli ormai non più perfetti come quella mattina. “Vieni con me.” Gli tese la mano. Harry l'afferrò, alzandosi e seguendola fuori dalla porta d'ingresso. Senza staccarsi, lasciò che Hermione lo trasportasse in una smaterializzazione congiunta.

 

Apparirono di fronte alla villetta di Hermione, che Harry guardò dal basso verso l'alto senza stupirsi troppo. Con un colpo di bacchetta aprì la porta, chiudendola poi alle spalle di Harry. “Ci siamo esclusi e dimenticati per cinque anni, non è così?” Hermione salì le scale, Harry la seguì senza risponderle.

 

“Io non ho mai dimenticato l'ultima promessa che ti ho fatto.” Hermione lo disse così piano che Harry dovette evitare di fare qualsiasi rumore per sentirla. Entrarono entrambi nella stanza di Hermione, dove alcuni vestite e alcune scarpe sporcavano il pavimento perfetto. Prese una scatoletta e se la mise in grembo. “Ti dissi che avrei portato il nostro amore con me per tutta la vita, e mi sarebbe bastato sempre.” L'aprì, tirando fuori il piccolo anello che più di cinque anni prima Harry le aveva regalato.

 

Lui, per istinto, strinse la mano sinistra. “Non cercare di nasconderlo, l'ho visto subito che lo portavi ancora.” Hermione richiuse la scatoletta e si alzò, parandosi di fronte a lui. Gli afferrò la mano sinistra e gliela aprì dolcemente, accarezzandogli tutti calli e le ferite, sfiorando quell'anello che lei aveva sempre adorato. “Dovevo mostrarti che ho sempre mantenuto la mia promessa. Che ti ho portato con me sempre.” Calde lacrime cominciarono a scendere dai suoi luminosi occhi nocciola.

 

Harry le afferrò anche l'altra mano, racchiudendola nella sua. “L'ho sempre saputo, infondo. Ma sono contento che tu me l'abbia voluto mostrare.”

 

Hermione lo riaccompagnò al piano di sotto, tenendosi il vestito con le mani. “Se ci vedesse qualcuno, penserebbero che abbiamo fatto a botte.” Rise asciugandosi le lacrime con una mano. Harry sorrise guardando prima lei e poi se stesso: aveva ragione.

 

“Abbi cura di te.” Le accarezzò il viso, e lei a quel tocco socchiuse gli occhi.

 

“Anche tu, mi raccomando.” Hermione, seguendo semplicemente l'impulso che la spingeva, si alzò in punta di piedi e lo baciò sulla bocca. Per un folle attimo, parve ad entrambi di essere tornati a quella mattina prima della Prima Prova, quando le loro labbra si incontrarono per la prima volta. Harry, però, non si fece prendere alla sprovvista come sei anni prima: mise le mani sul suo collo e rispose al bacio.

 

Quando il bacio si fece più passionale, Harry la sollevò da terra: non calcolò, però, il suo abito un po' troppo ingombrante. Si misero a ridere entrambi, non staccando le loro labbra e riprendendo fiato piano piano. “Non riesco.. Non riesco ad afferrarti bene con questo vestito. Sono otto abiti insieme, praticamente.” La rimise a terra, e Hermione tra le risate si sistemò un po' i capelli.

 

“Hai ragione.. Non lo metterò più infatti.”

 

Harry, istintivamente, fece per avvicinarsi di nuovo a lei: Hermione, però, si scostò. “Ti prego, ti prego.. No.”

 

“Sei stata tu a..” Si difese Harry, trovandosi per l'ennesima volta in difetto con lei.

 

“Lo so, ho sbagliato. Tu domani te ne torni a Dublino, io resterò a Londra. Che senso ha tutto questo?” Hermione fece altri due passi indietro.

 

“Mi hai portato qui per dimostrarmi che hai mantenuto una tua promessa, ma mi hai invetabilmente mostrato che non ne hai mantenuta un'altra. Non mi hai seguito a Dublino come avevi detto avresti fatto, non sei venuta con me. Mai.” Harry le si avvicinò deciso: le prese una mano e gliela baciò due volte. “Ti saluto nel modo in cui non ho mai avuto il coraggio di fare. Addio, Hermione.”

 

Harry si voltò subito, senza aspettare un altro fastidioso impulso che non gli apparteneva più: uscì dalla porta d'ingresso e si smaterializzò.

 

 

 

“Eccoci a casa, Danny.” Harry aprì la porta del suo appartamento trascinandosi dietro i bagagli e lasciò che Daniel ci corresse dentro.

 

“Mamma, mamma!!” Saltò in braccio a Jane, che lo strinse forte baciandolo su tutto il volto.

 

“Mi dispiace che me ne sono andata amore, mi dispiace. Ti sei divertito? Hai fatto il bravo?” Gli chiese, accarezzandogli i capelli e sedendosi sul divano.

 

“E' stato bravissimo!” Harry baciò Jane su una guancia per salutarla e poi andò a chiudersi nel bagno: voleva farsi una doccia fredda, gelata. Sotto il getto deciso dell'acqua, Harry pensò al fatto che era stato soltanto tre giorni. Avrebbe dovuto disfare la valigia che aveva accuratamente preparato pensando di starci almeno una settimana, avrebbe dovuto stare in ferie inutilmente per altri dieci giorni. Spense il rubinetto, si avvolse un asciugamano in vita ed uscì dal bagno.

 

“Torno al lavoro domani. Ritiro la richiesta di ferie..” Disse a Jane, che stava ancora ascoltando i racconti di Daniel.

 

“Non dovevi tornare.” Disse lei, fredda e decisa. “Danny, vai a sistemare le tue cose che ora mamma arriva subito ad aiutarti.” Daniel non se lo fece ripetere e corse in camera, lasciando i suoi genitori da soli. “Perché sei tornato?”

 

“Ti prego, Jane. Non ricominciare con le solite stronzate.” Harry andò in camera sua, tirando fuori alcuni vestiti dalla valigia.

 

“Mi sono stancata delle tue di stronzate, Harry! Basta vivere in questa assurda menzogna, devi tornare a vivere per Dio. Io ho trovato una casa vicino al ristorante dove lavoro, per me e Daniel.. Ci andremo dalla settimana prossima.” Jane disse tutto d'un fiato.

 

“Che cos'hai fatto?” Harry le andò contro minaccioso. “Non puoi farmi questo.”

 

“Non te lo sto portando via! Ti sto dando una possibilità, brutto idiota.” Jane lo spintonò, non riuscendo a trattenere le lacrime e i singhiozzi. “Dobbiamo vivere ognuno la propria vita, Harry. Daniel non deve soffrire la nostra mancanza d'amore.. Solo divisi possiamo essere degli ottimi genitori” Si calmò, sedendosi sul loro letto. “Sei un bravo padre, Harry. E potrai venire da lui ogni volta che vorrai, ad ogni ora.. Non può vivere senza di te.”

 

Harry si lasciò cadere sul letto accanto a lei, consapevole che aveva pienamente ragione. “Mi dispiace, Jane. Per tutto.”

 

“Non dispiacerti. Abbiamo messo al mondo un bambino meraviglioso e continueremo a crescerlo in questo modo. Dobbiamo parlarci, non sarà facile..” Jane si alzò asciugandosi le lacrime con la manica della sua maglia. Non appena si alzò anche Harry, si abbracciarono silenziosamente.

 

 

Harry bevve un sorso di birra, osservando la sua stanza ormai mezza vuota. Jane e Daniel erano andati via due giorni prima, e lui si stava ancora abituando a tutto quello spazio tutto per se. Fortunatamente era riuscito a ritirare le ferie, così passava in casa il minor tempo possibile.

 

Daniel aveva capito quasi subito: aveva fatto le solite mille domande, ma poi aveva accettato il fatto che mamma e papà non si amavano, non si volevano sposare come lo zio Ron e zia Luna e che avrebbe vissuto separati. Avrebbe potuto vedere Harry ogni volta che avrebbe voluto, oltre a tutti i week end: le loro case non erano molto lontane, quindi era semplice raggiungersi.

 

Harry avrebbe voluto chiedere a Jane la motivazione per la quale se ne andò da casa Weasley, ma infondo sapeva già la risposta: aveva semplicemente capito che tra loro due non sarebbe mai cambiato niente, sarebbe rimasto sempre tutto piatto e insapore. Avrebbe voluto chiederle se vedere Hermione le aveva dato quella conferma, ma anche di quello sapeva già la risposta.

 

Fece l'ultimo sorso di birra e poi buttò via la bottiglia. Erano le 2 di notte, se continuava con quella maledetta insonnia non sarebbe arrivato sano ai 30 anni. Si coricò nel letto, spostando sul comodino la lettera di Ron dove gli elencava tutte le meraviglie dei Caraibi, luogo in cui si trovavano lui e Luna per il viaggio di nozze. Era riuscito anche a vedere di sfuggita la libreria/bar di Draco e Cho, trovandola davvero fantastica.

 

Accennò un sorriso, ricordandosi una mezza battuta di Ron sulla scelte dei libri di Draco. Si girò su un fianco, coprendosi con il lenzuolo fino al bacino. 2.15. la sveglia suonava alle 7.30, si sarebbe pentito come non mai di non aver preso sonno prima.

 

 

“Ei capo, hai una faccia..”

 

“Aaron, se non vuoi essere spedito in missione mortale entro domani sparisci al volo.” Harry finì il suo caffè amaro e cacciò via uno dei suoi, che non se lo fece ripetere due volte. “Allora? Novità?”

 

“Nessuna. Però sai come si dice, nessuna nuova..” Cominciò il suo collega John.

 

“Buona nuova.” Si diressero entrambi verso l'ufficio del loro superiore. “Anche se ho sempre creduto che due squadre per questa missione siano poche, ma evidentemente mi sbagliavo. Sono solo un branco di pazzi scalmanati che fanno casino per attirare l'attenzione.” Harry svoltò l'angolo, seguito da John.

 

“Bè, probabilmente si. Però è giusto che mostriamo l'interesse adeguato anche a questo genere di missioni, il capo sicuramente approverà.” John aprì la porta dell'ufficio del generale Sullivan e sia lui che Harry entrarono. Si msiero sull'attenti, salutando.

 

“Che diavolo volete, voi due?” Chiese arrogantemente Sullivan.

 

“Signore, ci ha mandati a chiamare lei signore.” Fu Harry a rispondere.

 

“Ah si, si.. Giusto.” Sullivan gli ordinò il riposo e li fece sedere, incominciando a riempirgli la testa sulle nuove missioni imminenti e sul nuovo ordine di aumentare il numero di auror per ogni loro squadra speciale. “Non so per quale cazzo assurdo motivo, ma dall'alto si fidano di voi. Per me invece siete solo due stronzi che giocano a fare gli eroi! Ma prima o poi verrete bruciati, sappiatelo. Ora levatevi dalle palle, forza.”

 

Harry e John si alzarono e salutarono in fretta, correndo fuori dall'ufficio per evitare di ridere in faccia al capo. “Levatevi dalle palle!” Lo imitò John tra le risate. “Che cazzo, quell'uomo ci odia solo perché abbiamo rischiato un po' più degli altri. Sai che ti dico? Che se dall'alto ci danno così tanta fiducia e libertà, allora abbiamo fatto bene.”

 

“Ben detto, collega.” Harry gli diede la mano sonoramente e lo guardò andare via. Voleva dirlo a qualcuno, voleva condividere qualcuno quella bella notizia: il sorrise gli morì piano piano sul viso, accorgendosi che non avrebbe potuto farlo con chi voleva davvero.

 

 

Quell'anno, il 19 di settembre capitò di domenica. Non appena Harry riportò Daniel a sua madre, come ogni anno da ormai quattro anni, tirò fuori la sua Firebolt a notte fonda e si librò nel cielo. Il tempo per volare libero nel cielo era ormai scarso, se non praticamente nullo: così aveva deciso un giorno, il 19 di settembre. Quella data gli piaceva molto e la voleva utilizzare per qualcosa a cui lui teneva molto: volare.

 

Volò alto per quasi l'intera nottata, riuscendo a liberare la sua mente da ogni pensiero, da ogni preoccupazione. Quando l'alba era visibile laggiù all'orizzonte, Harry atterrò sul tetto del suo palazzo, attento a non farsi vedere da nessuno. Ormai la sua data preferita era passata, e anche quella volta aveva scordato di farlo: aveva scordato di farle gli auguri. Sorrise malinconico e si materializzò nel suo salotto di casa.

 

 

 

“Lei è sicura di ciò che fa, signorina Granger?”

 

“Più che sicura.” Hermione si fece passare la piuma dal Ministro della Magia inglese.

 

“Insisto, signorina Granger. Lei è una delle migliori dipendenti che il Ministero abbia mai avuto, e voglio che lei sappia che solo Londra può offrirle..” Il Ministro venne interrotto.

 

“Lei è molto gentile, Ministro. Ma ormai ho preso la mia decisione.” Hermione firmò quella lunga pergamena e si alzò. “La ringrazio per tutto, davvero. Sono sicura che ci rivedremo presto.” Strinse la mano al Ministro, lasciando più che interdetto, e si congedò con aria più che sollevata.

 

Si materializzò nel vialetto della sua nuova casa, costruita con tanto amore e sacrificio da parte del suo ex fidanzato insieme al padre, dove sapeva per certo che i suoi genitori la stavano aspettando già da un po' di tempo. Entrò dalla porta principale, trovandoli entrambi li all'ingresso, in mezzo a una miriade di valige e bagagli.

 

“Tutto fatto. E' stato approvato.” Hermione appoggiò la borsa sul tavolo, avviandosi nel salotto per controllare le ultime cose.

 

“Stai facendo un grande sbaglio, Hermione. Io mi sono informato, sai? Il Ministero di Londra è di gran lunga il migliore.” Jason Granger la raggiunse immediatamente, seguito dalla moglie.

 

“Anche Greg era di gran lunga il migliore papà, non è così?” Hermione gli parlò dandogli le spalle: non voleva intraprendere di nuovo quella discussione, ma sapeva che non aveva alternative.

 

“Hermione ha fatto la sua scelta, Jason. E' giusto che noi l'appoggiamo, sempre e comunque.” Jean si mise al fianco della figlia, mettendole una mano protettiva sulla spalla.

 

“Mi chiedo solo perché senza prima consultarci.” Jason allargò le braccia, non sapendo più a cosa appigliarsi. Hermione, d'improvviso, sbottò tirando un pugno su una credenza.

 

“Perché? Ti chiedi il perché?? Perché per la prima volta nella mia vita ho preso una decisione con la mia testa e con il mio cuore!” Si voltò verso il padre, fronteggiandolo. “Perché per la prima volta nella mia vita mi sento che sto andando nel posto giusto! Perché anni fa ho fatto una promessa soprattutto a me stessa, che non ho mai mantenuto.”

 

“Hermione, io sono solo preoccupato..” Jason provò a calmarla.

 

“Non ho ancora finito, papà.” Alzò una mano, per fermarlo. “Perché sto andando dall'uomo che amo da sempre, pronta a cominciare una vita insieme a lui, se ancora mi vorrà.” Abbassò il tono di voce, trattenendo a stento le lacrime. “Perché la mia vita senza di lui sarebbe per sempre una vita vuota. Guardati intorno, guarda quante cose ho.. Sono niente se non ho lui.”

 

Jean cominciò a piangere silenziosamente, rimanendo saldamente affianco ad Hermione. Jason le guardò entrambe: aveva perso completamente le parole.

 

“Il mio posto è a Dublino, insieme a lui.” Hermione concluse, stringendo i pugni. Le uniche persone a cui aveva fatto quel discorso, usando toni più pacati, erano state Molly e Ginny. Per Luna e Cho aveva preferito scrivere una lettera, dicendo molte più cose che a voce non avrebbe saputo dire.

 

“Allora vai e riprenditelo.” Jason parlò con voce rotta, non distogliendo lo sguardo da sua figlia.

 

“Lo farò, papà. Lo farò..” Hermione si avvicinò al padre e lo abbracciò stretto, sentendo che probabilmente quella era la prima volta che si parlavano e capivano davvero.

 

“Sono già d'accordo con Ginny che sarà lei a spedirmi tutto, caso mai andasse.. Insomma, andasse bene ecco.” Hermione tornò all'ingresso, infilandosi la bacchetta in tasca e indossando il suo cappottino. “Mi porto soltanto questa, per adesso.” Afferrò la sua borsa, sorridendo quasi istericamente. Il cuore le stava esplodendo nel petto.

 

“Come fai a sapere che stamattina lo troverai in casa?” Chiese Jean, preoccupata.

 

“Spero semplicemente che anche nel Ministero Irlandese gli auror abbiano il lunedì mattina di riposo, oltre che la domenica.” Hermione li abbracciò entrambi. “Vi prometto che sarete i primi che contatterò. Lo so che ho preso questa decisione dal giorno alla notte, ma avremo tempo per sistemare tutto.. E poi per quello che ne sappiamo tra un paio d'ore sarò già qui.”

 

“Adesso smettila di parlare e vai, tesoro mio. Andrà tutto bene, io lo so.” Jean le accarezzò una guancia e indietreggiò, imitata dal marito.

 

“Portatemi fortuna.” Disse Hermione un attimo prima di smaterializzarsi. Quando riaprì gli occhi si trovò in una vietta solitaria che non aveva mai visto prima. Tirò fuori il cellulare per controllare meglio il messaggio di Jane: si, era arrivata nel posto giusto.

 

Per smaterializzarti andrà benissimo, non ti vedrà nessuno. Per arrivare nella via principale, svolta a destra. Il numero civico è il 26, piano terzo interno 12. Buona fortuna.”

 

Seguì le istruzioni datele da Jane e si trovò in una via molto più affollata e trafficata. Scorse i numeri civici uno per uno. “14..16..18..20..” Non appena arrivò al 26, si trovò davanti a un palazzo non molto grande, con dentro diversi appartamenti.

 

“Lascio aperto, signorina?” Un uomo anziano la stava guardando cortesemente, tenendole il portone d'ingresso aperto.

 

“Oh, si! Molto gentile, grazie.” Corse verso di lui, entrando dentro il palazzo. Cercò l'ascensore, che trovò proprio infondo alla sala d'ingresso. Una volta dentro premette il numero 3, cominciando poi a torturarsi le mani senza il minimo ritegno.

 

“Calma Hermione, calma. Ti farai venire un infarto se continui così.”

 

L'ascensore si bloccò di colpo, facendo sobbalzare Hermione. Scese e percorse il breve corridoio, leggendo tutti i numeri nei campanelli affianco alle porte.

 

  1. Potter.

 

Ok, era arrivata. Era li davanti alla sua porta, era tutto reale. Prese diversi respiri profondi e suonò il campanello.

 

 

Harry fece spuntare la testa dalla cucina, guardando la porta con la fronte aggrottata. Era in pantaloncini e maglietta e si stava preparando il caffè, chiunque fosse non gli importava minimamente: sicuramente era la posta. Tornò con l'attenzione alla moka, grattandosi un fianco.

 

 

No, non può essere. Dopo tutto quel casino, non era in casa? Hermione suonò di nuovo, quella volta con più enfasi.

 

 

Harry sbuffò spegnendo il fuoco sotto la caffettiera. Si passò le mani nei capelli numerose volte, per darsi un minimo contegno. Arrivò alla porta, pronto a insultare il postino troppo insistente. L'aprì.

 

“Se non apro vuol dire che..” Bloccò immediatamente il piede di guerra.

 

“La leggenda che il postino suona sempre due volte è falsa.” Hermione lo guardò incrociando le braccia e sorridendo ironicamente.

 

“Che cosa.. Che cosa ci fai tu qui?” Harry balbettò, non riuscendo bene a capire se stava ancora dormendo o se era sveglio e lucido.

 

“Posso?” Hermione indicò la casa e Harry si spostò subito per farla entrare. “E' molto carina. L'avete messa su proprio bene..” Si guardò in giro incuriosita.

 

“Oh, adesso è in disordine.” Harry tirò qualche calcio qua e la a vestiti suoi lasciati in giro per il salotto. “Jane se n'è andata a vivere in un'altra casa insieme a Danny, e io sto ancora imparando.”

 

Hermione sapeva già tutto dato che aveva contattato Jane per avvisarla del suo arrivo. Annuì, sfiorando con le dita alcune foto di Daniel da piccolo. “Ti somiglia molto Harry, sai?”

 

Entrambi quasi si ghiacciarono: lei non aveva mai più detto quel nome e lui non l'aveva mai più sentito dire in quella maniera perfetta. “Io.. Si, è vero. Siediti, dai. Vuoi qualcosa da bere? Stavo giusto facendo il caffè.”

 

Hermione scosse la testa sorridendo e si sedette sul divano. Harry la imitò, sedendosi in quello di fronte a lei: in effetti neanche a lui andava il caffè, quella mattina. La guardò fissa, aspettando che parlasse. Era così bella che gli toglieva completamente il fiato. Lui, invece, doveva avere un aspetto orrendo.

 

“Avevi ragione, Harry. Non ho mantenuto una mia promessa.” Hermione andò subito dritta al sodo, i tempi dei preamboli erano passati da tempo ormai. “Oddio, com'è difficile..” Sorrise abbassando lo sguardo.

 

“C'è tempo, Hermione. Non ti preoccupare.” Ridire il suo nome era come cantare la sua canzone preferita a squarciagola.

 

“Sono passati cinque anni, sono successe così tante cose.. Siamo cambiati così tanto.” Hermione si fece forza. “Ma rivederti due settimane fa è stato.. Come dire..” Rise, per evitare di piangere. “E' stato come ritornare a vivere di nuovo.”

 

Harry non interruppe mai il contatto visivo con lei, serrando la mascella così forte da poter contenere tutte le emozioni. “Sono venuta qui perché voglio mantenere la mia promessa..” Continuò lei. “Perché voglio stare affianco all'uomo che amo, se ancora mi vorrai vicino a te. Ti seguo a Dublino, Harry, perché questa è casa tua e la voglio condividere con te. Adesso so che il nostro amore è sempre bastato, per tutti questi anni, per tutti i dolori che abbiamo passato. La nostra differenza non conta più, ormai: ti seguo a Dublino, per sempre.” Hermione non riuscì più a fermare le lacrime.

 

“Perdona il mio ritardo, se puoi. Perdonami se non sono stata in grado di capirlo prima, se non sono stata capace di venire da te prima.” Hermione si alzò, andando di fronte ad Harry e inginocchiandosi davanti a lui. Gli prese le mani e gliele baciò, passandosele sul volto più volte. “Ti amo come il primo giorno, Harry.”

 

Harry strizzò gli occhi, lasciando che lei gli coccolasse le mani in quella maniera che gli era mancata come l'aria. Si alzò in piedi, sollevando anche lei. “Perdona tu me, se ti ho fatta soffrire più di quanto ti abbia fatta stare bene, se non ho apprezzato abbastanza ciò che avevo fin quando non l'ho perso. Io ti ho perdonata il giorno che mi hai salutato l'ultima volta..” Appoggiò la fronte su quella di lei, infilando una mano nei suoi meravigliosi capelli. “Ti amo come il primo giorno, Hermione.”

 

Si baciarono, senza più avere quella brutta sensazione di star facendo qualcosa di sbagliato, di irrimediabile. “Questo è un si?” Chiese lei, immersa nelle sue braccia.

 

“E' un si per tutta la vita.” Harry la prese in braccio, quasi convinto di non averla mai lasciata neanche per un attimo.

 

“Meno male. Avevo già ottenuto il trasferimento per il Ministero Irlandese.”

 

 

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

“Mio Dio, sembro una barca. Dimmelo mamma, dimmelo che sembro una barca! Sii sincera.” Hermione continuava a girare su se stessa, cercando la migliore angolazione per quel dannato specchio.

 

“Se non la smetti ti ci lascio su una barca! Sei meravigliosa, una visione.” Jean riprese a gonfiarle il vestito, felice come non mai.

 

“Tua madre ha ragione, tesoro. Sei davvero un incanto.” Molly Weasley le risistemò la perfetta acconciature che lei e Ginny le avevano appena creato. Luna riprese ad aggiustarle il trucco, continuando a ripetere che lei non era tanto bella al suo matrimonio mesi prima.

 

“Mi piace questo mese, sapete? E' un bel mese per sposarsi. Quando toccherà a me, lo sceglierò anche io.” Ginny si lasciò cadere su una poltrona della vecchia camera di Hermione, stropicciandosi probabilmente il vestito.

 

“Mi piace anche la data, 12 giugno. Si è tutti più felici perché comincia l'estate.” Luna parlò con aria sognante; Hermione cominciò a credere che stavano tutte cercando di distrarla dal fatto che sembrava una barca.

 

“Harry ancora non lo sa, vero?” Molly la guardò dallo specchio.

 

“No, lo sapete solo voi e Cho. L'ho scoperto solo ieri e non volevo che si agitasse più di quanto lo è già.” Hermione le sorrise e si toccò meccanicamente la pancia, accarezzandola piano.

 

 

“Ei, amico. Mi sembri un po' bianco.. No, Draco?” Ron stava tartassando Harry da almeno mezzora, ma sicuramente se lo meritava.

 

“Quando tornerò in me, vi picchierò molto forte.” Harry parlò piano perché vide Cho avvicinarsi.

 

“Tutto a posto, Daniel è la fuori con Jane ed entrerà con gli anelli subito dopo Hermione.” Diede un bacio a Harry e si andò a sistemare nel suo posto da damigella, aspettando Luna e Ginny.

 

“Vi immaginate se non viene? Se cambia idea all'ultimo?” Harry sbiancò ancora di più alla sola idea. Si sistemò il papillon e il fiore all'occhiello, cercando di scacciare quell'orribile immagine dalla mente. Stava per dare una gomitata a Ron e Draco per farli smettere di ridere, ma comparvero Luna e Ginny molto sorridenti.

 

“Ci siamo!” Dissero in coro, sistemandosi affianco a Cho.

 

“Ci siamo..” Ripeté Harry a se stesso, e la musica nuziale partì. Tutte le persone sedute nell'immenso giardino dei Granger si voltarono in direzione della sposa che aveva cominciato la sua marcia sulla navata. Harry la fissò così intensamente che si dimenticò totalmente di respirare: stava camminando lentamente, salutando con sorrisi gentili tutte le persone a cui passava affianco, appesa al braccio di suo padre che l'accompagnava fieramente. Quando incontrò gli occhi di Harry, non li lasciò più. Il suo vestito bianco la rendeva meravigliosamente perfetta, lasciando scoperte le spalle e le braccia.

 

Quando arrivò davanti a lui, Jason gliela porse guardandolo con tutta la fiducia che aveva imparato a provare nei suoi confronti. Harry la prese e la portò davanti all'altare: avrebbe voluto dirle mille cose, ma il prete cominciò subito la funzione.

 

Harry durante tutta la prima parte della cerimonia prese più volte di nascosto la mano di Hermione, stringendola forte nella sua: ignorò completamente il fatto che tutte le persone dietro di loro lo notarono sempre.

 

“Vuoi tu, Harry James Potter, prendere Hermione Jean Granger come tua legittima sposa, per amarla e onorarla finché morte non vi separi?”

 

Harry la fissò negli occhi, tenendo le sue mani strette nelle proprie. “Lo voglio.” Disse chiaramente, e le infilò l'anello nuziale.

 

“Vuoi tu, Hermione Jean Granger, prendere Harry James Potter come tuo legittimo sposo, per amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”

 

“Lo voglio.” Hermione rispose subito, non perdendo mai il contatto visivo con Harry. Infilò dolcemente l'anello ad Harry, accarezzandogli poi la mano.

 

“Con i poteri conferitomi, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa!”

 

Harry la baciò prima ancora che finisse la frase, facendo ridere i suoi amici e colleghi e facendo partire un applauso entusiasta da parte di tutti gli invitati. Furono investite da decine e decine di persone, ma loro due non si allontanarono mai. Harry prese Daniel in braccio, che volle abbracciare forte anche Hermione per farle gli auguri. Jane sorrideva da lontano tra le lacrime, affianco a suo fratello Tim.

 

Molly e Jean piangevano senza sosta, confortate dai loro mariti che invece sorridevano felici. “Congratulazioni, figliolo. Questo è un nuovo inizio.” Jason strinse la mano di Harry.

 

“Grazie, signor Granger.”

 

 

Quando riuscirono tutti a spostarsi nella zona adibita al grande ricevimento, la signora Granger diede il via libera al servizio catering organizzato e gestito interamente da lei. Almeno per il ricevimento avevano voluto farlo alla Babbana e nella loro casa a Londra, con il pieno assenso di Harry e dei Weasley.

 

Non appena tutti presero posto ai rispettivi tavoli, Ron si alzò con un bicchiere in mano pieno di champagne. “Voglio fare un brindisi!” Tutti si zittirono, alzando i calici e osservandolo. Harry e Hermione si alzarono in piedi. “Brindo alla coppia più bella, che nonostante tutti i problemi ha saputo amarsi e rispettarsi sempre. Brindo al mio migliore amico, a mio fratello, che senza la donna che ora ha affianco non sarebbe diventato l'uomo che è ora. Al signore e alla signora Potter!!”

 

Tutti ripeterono le ultime parole di Ron, rivolti verso Harry e Hermione che lo ringraziarono da lontano. Bevvero insieme e poi si sedettero al loro tavolo centrale, solo per loro due.

 

“Adesso siamo sposati. Come farai a sfuggirmi?” Harry le si avvicinò all'orecchio, mordicchiandoglielo.

 

“Pensa per te.” Hermione si scostò, sentendo diversi brividi salirle sulla schiena. “Dalla settimana prossima saremo nella nostra nuova casa a Dublino, e non avrai più scuse per scappare..” Gli fece la linguaccia, proprio come faceva da ragazzina.

 

“E poi..” Continuò lei, facendosi più seria. “Dovremmo già allestire quella stanza in più..” Gli prese la mano e gliela mise sul suo ventre.

 

“Che vuol dire? Che stai dicendo?” Harry si bloccò, spalancando la bocca come un ebete. “Vuoi dire.. Vuoi dire che..”

 

“Che sono incinta, amore.” Hermione annuì ripetutamente. “Avremo un bambino. Un bambino amore.. Daniel avrà un fratellino o una sorellina.”

 

“Sei incinta, aspetti un bambino.. Un bambino nostro.” Harry cominciò a baciarla più volte sulla bocca e sulle guance. “Daniel impazzirà di gioia, ne sono certo! Glielo diciamo il prima possibile. Non starà nella pelle, proprio come me..”

 

“Ti amo come il primo giorno, Harry.” Hermione nascose il viso nel suo collo, sentendosi più felice e piena che mai.

 

Harry avvicinò la bocca al suo orecchio, surrando piano. “Il nostro amore ci basterà. Per tutta la vita.”

 

 

 

 

Daniel chiuse il diario di Hermione, rimettendolo subito al suo posto. “Ecco, hai visto? Io l'ho scoperto quando avevo 7 anni, quindi era giusto che sapessi la loro storia anche tu a quest'età.”

 

Lo ha scritto la mia mamma? Questa è la storia della mia mamma e del mio papà?” Emma inclinò la testa, lasciando che una cascata di capelli castani e boccolosi le cadesse su una spalla.

 

Sapevo che eri troppo piccola per capire! Ma certo.. Hermione ha sempre scritto tutto, fermandosi al giorno del suo matrimonio. Credo proprio che questa storia vada pubblicata, sai. Merita di essere raccontata!” Daniel si sedette affianco alla sorella minore, guardandola dall'alto. I loro occhi verde smeraldo si incontrarono, sorridendosi.

 

Hai ragione, magari un giorno la scriveremo io e te. Quando saremo grandi magari..” Emma appoggiò la testa sulla spalla del fratello.

 

Già, magari.” Daniel accese la tv, consapevole che d'estate i programmi televisivi interessanti erano ridotti all'osso. Ma doveva abituarsi e trovare degli hobby, se no il tempo lontano da Hogwarts non sarebbe passato mai.

 

Danny?” Emma lo guardò di nuovo.

 

Dimmi, Em.” Daniel rispose distrattamente, cambiando canale.

 

Me la rileggi la storia di mamma e papà domani?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci qua! Siamo giunti alla fine anche di questa storia, ed è doveroso da parte mia lasciare questo spazio per i dovuti ringraziamenti.

Comincio a ringraziare chi mi ha messa tra gli autori preferiti, chi ha messo la mia storia tra le preferite e le seguite e chi mi ha letta silenziosamente.

Ringrazio i miei amati recensori, uno per uno:

astrid 93

Anonymous_1592

AleFerrari

milos1996

Auror_san

Marty Twilighter

lululove2

katnissinthemaze

Harmony_gaslet

icanbeherojustforoneday

Pad_19

TomMalfoyandEmmaGranger

 

Ringrazio in particolar modo l'abile scrittore e il grande lettore Anarchist, che è stato per me fonte di fiducia nei mie stessi confronti: paragonarti a Virgilio sarebbe idoneo, quindi azzardo questo connubio. Grazie per la pazienza e grazie per aver amato questa storia quasi quanto me.

 

Dedico Le Tre Scuole Della Gran Bretagna a una mia amica speciale, alla mia gemma di mare, senza la quale non sarei arrivata fino alla fine. La storia è per te, nella speranza che possa essere da spunto per le cose grandi che farai.

 

Vi ho lasciato un altro pezzo di me, sperando possa piacervi di nuovo. Grazie a tutti! A presto.

marl_vt

 

   
 
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