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Autore: Riley Bee    28/12/2015    6 recensioni
Castiel fa lo scrittore e passa le sue notti alla ricerca di idee mentre, nella casa affianco, un ragazzo di nome Dean con la passione per la cucina è sveglio tanto quanto lui intento a preparare dei dolci. Il primo abita lì da anni, ma la metà della cittadina non sa che esista, il secondo, appena trasferitosi, aspetta l'arrivo del fratello approfittandone per cucinare nelle sue uniche ore libere. Si incontrano (sbadatamente) nelle loro notti in bianco a discutere degli argomenti più vari.
Castiel, freddo e scostante, si ritrova a non capire cosa gli sta accadendo. Come nella canzone dei Led Zeppelin, "the Rain Song", sente il ghiaccio del suo cuore sciogliersi sempre di più all'aumentare degli incontri notturni con Dean, senza capire cosa gli causa realmente questa sensazione.
(AU, Castiel scrittore, Dean cuoco)
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Terza parte:
 

In un momento imprecisato della notte, Dean, era tornato a casa ed era crollato sul letto dimenticandosi completamente dei cupcakes abbandonati sul bancone della cucina. Aveva aperto la porta di casa, aveva trascinato i piedi fino alla camera ed era sprofondato nel letto con un tonfo pesante, avvolgendosi alla meglio con le coperte bianche.

Non dormiva tanto bene da settimane, se non addirittura da mesi. Addormentatosi profondamente si svegliò con la luce del sole che, filtrando dalle persiane in sottili fasci di luce, colpì il suo viso assonnato. Si coprì subito il volto con le coperte sbuffando annoiato ed ebbe giusto la forza di pescare alla cieca, con il braccio che spuntava da sotto le coperte, la vecchia radio sveglia sul comodino. Erano le dieci e ventitré di mattina di venerdì 4 dicembre.

Si alzò dal letto scostando le morbide coperte e, stiracchiandosi, andò ad accendere la radio. Spostò il pomello su una frequenza da lui considerata ancora accettabile e si diresse verso il bagno aperto. Mentre si lavava i denti riuscì a sentire le ultime note di “shelter from the storm” che poi si chiuse dando invece spazio a “night moves” di Bob Seger. - Questa mattina in radio sono in vena con cantanti di nome Bob eh? -

Uscì con ancora lo spazzolino in bocca canticchiando, come poteva. Indossò un vecchio paio di blue jeans ed una camicia pesante e fu solo in quel momento che ebbe l'illuminazione divina: - I dannatissimi cupcakes. Cazzo -

Lasciò cadere lo spazzolino dalla bocca e, cercando di afferrarlo, lo ripose in bagno correndo subito giù per le scale per completare il lavoro e liberarsene prima dell'arrivo del primo camion con i mobili che doveva montare. Si era totalmente dimenticato. Quella notte, passata con Castiel, era volata via. Le loro leggere conversazioni avevano portato via dalla sua testa i problemi e le preoccupazioni del giorno dopo come se, quella notte, fosse stata per un momento fuori dallo spazio e dal tempo circostanti.


Arrivato in cucina prese quelli non finiti, li ricoprì di stagnola e li appoggiò su una mensola in alto lontano da occhi indiscreti. Si voltò così a fissare quelli che invece aveva completato e, incrociando le braccia come suo solito, gli venne un'idea. - Sono. Un. Genio. -

 

°

 

Castiel non ricorda di essersi addormentato sul divano con la copertina ed i vestiti della notte precedente ancora addosso. Dalla posizione in cui era si rigirò portando le ginocchia sotto lo stomaco ma rimanendo pur sempre ripiegato come un fagotto. Lentamente lasciò uscire la testa dalle coperte e tirò su, stirandola, la schiena in un singolo e rigido movimento lasciando che la coperta gli scivolasse giù dalle spalle e lungo i fianchi. Tirò il collo indietro e allungò le braccia in alto facendo scricchiolare tutte le ossa di dita e schiena. Quando si svegliava le sue ossa facevano gli stessi rumori che avrebbero potuto fare quelle di un anziano con i reumatismi e con una lunga storia alle spalle. Si guardò intorno spaesato e scaraventò la testa con un colpo secco sul divano alla vista del sole. Aveva lasciato le tende aperte dalla notte precedente. Con Dean. Al pensiero Castiel fece un piccolo sorriso tra se e se e si dimenticò del sole che lo infastidiva. Si alzò nuovamente, questa volta sul serio, scrollando la testa e infilandosi le pantofole blu sul tappeto. L'orologio della sala indicava le dodici e sette minuti, ergo: per gli orari di Castiel più presto del solito.

Andò in cucina a mettere su l'acqua per il tè del mattino ed aprì la porta di casa per ritirare la posta. Fu allora che i suoi occhi incapparono in un vassoio bianco, incartato con della stagnola, appoggiato davanti allo zerbino di casa sua. Castiel si avvicinò cauto irrigidendosi di colpo. Già le peggiori ipotesi presero posto nella sua mente ma, più si avvicinava, più un odore familiare gli andava a colpire il viso. Con una mano staccò dalla stagnola un post-it arancione con sopra scritto in stampatello:

 

“Aggiusta il campanello - Dean”

 

Castiel si alzò da terra e tenne per un po' il post-it tra le mani. Lo fissò a lungo. Guardò le varie curve della scrittura e il vassoio. Poi tornava con gli occhi al post-it e poi di nuovo al vassoio sotto di lui. Fu solo dopo dieci minuti che realizzò che poteva prenderlo e portarlo in casa in tutta sicurezza.

Chiuse la porta dietro di lui e, appoggiandolo sulla mensolina sotto lo specchio, scostò la stagnola per trovare le mini-torte di Dean. Il suo cuore fece un'altra capriola. Castiel tirò su lo sguardo e, solo dopo aver visto la propria immagine nello specchio, si rese conto che stava sorridendo. Quando aveva iniziato? Non se ne era accorto. Perchè tutto quel rossore in viso? Sentiva le guance bollenti e di nuovo, provò quella sensazione di calore e dolcezza nonostante il gelo della casa. Febbre. E' sicuramente una febbre, non c'è altra spiegazione.

Cercò nuovamente di lasciar perdere e fece scorrere i suoi pensieri da “Dean” (a cui non stava assolutamente pensando in quel momento) a “sarà meglio assaggiare”.

Prese in mano una di quelle torte e iniziò a ridere pacatamente, con la sua voce bassa. Portò il vassoio in cucina e ne mangiò una con il tè. Era semplicemente divina.

Non credeva potesse esserci al mondo qualcosa di tanto delizioso e che potesse stare così bene con il tè.

Non credeva che qualcuno potesse donare qualcosa del genere a lui.

Non credeva in nulla di quel vassoio.

Lo rendeva confuso e felice allo stesso tempo. Gli scaldava il cuore ma lo turbava in modo scandaloso non capire il perchè. Ed era solo un semplice vassoio di dolci, un dono tra vicini di casa. Non era poi così strano.

Diede un secondo morso. Non si ricordava neppure l'ultima volta che avesse mangiato qualcosa che non fosse take away o un qualche preparato surgelato. Adorava il messicano aperto ventiquattrore su ventiquattro in fondo alla strada. Spesso sgattaiolava ad orari improponibili a comprare da mangiare lì, quelle volte che il suo stomaco gli ricordava che aveva bisogno di nutrimento e che non poteva affidarsi completamente ad acqua calda e aria. Il suo orologio biologico era qualcosa di leggendario e gli orari dei pasti non credo sapesse neppure cosa fossero.

Ripose le restanti tortine sopra il frigorifero e si ripromise di tirarle fuori al prossimo tè. Si passo una mano sulla bocca e la lasciò appena sentì il pollice arrivare alla mandibola spigolosa. Scrollò di nuovo la testa – scrivi. E' ora di scrivere e di non pensarci troppo su – e si incamminò subito nel proprio studio/tana oscura del demonio (come la chiamava Balthazar) chiudendosi la porta alle spalle.
 

Ci fu silenzio per qualche minuto.
 

La porta si aprì di nuovo in uno scatto secco. Ne uscì Castiel che, velocemente, si precipitò correndo fuori dalla porta principale. Si fermò esattamente sul marciapiede e, con le braccia ritte sui fianchi, sbuffò in su soffiandosi via una ciocca di capelli neri dalla fronte. Fece retro front e tornò in casa chiudendo la porta lasciata aperta. Si fermò davanti allo specchio e trattenne il respiro per un poco.

 

« No »

 

Andò in bagno e ci passò una buona mezz'ora. Si fece una doccia veloce, indossò vestiti puliti e si fece la barba che era rimasta incolta da settimane. Anche il solo prendersi cura di se stessi lo stranì momentaneamente. Lì, nel bagno ristretto di casa, continuava a pensare a quando mai gliene fosse importato dell'opinione di qualcun'altro o se mai si era reso presentabile per qualcuno in generale. Tutti i manoscritti consegnati a Balthazar (una delle poche forme di vita a lui consuete) gli sono stati dati nelle peggiori condizioni fisiche esistenti. Non gli interessava davvero.

Chissà per quale ragione su quel marciapiede aveva deciso di fermarsi e tornare indietro. Di decidere di darsi una sistemata per fare una buona impressione.

Chiuse la porta del bagno e, passandosi le mani sul maglione blu con decorazioni bianche, uscì definitivamente di casa indossando il trench coat mentre scendeva gli scalini del portico bianco.

Si fermò di nuovo sul marciapiede. Sarebbe dovuto andare alla sua sinistra questa volta, Castiel non crede di averlo mai fatto in vita sua. Di solito i percorsi erano due: o voltare a destra per andare al messicano o, sempre girando a destra, attraversare un piccolo parco per raggiungere la biblioteca del quartiere (i quali commessi erano a dir poco spaventati da lui). Castiel non crede neanche di sapere cosa diavolo ci sia a sinistra di casa sua.

Oltre alla vecchia casa dove adesso abita Dean.

Lentamente svoltò a sinistra con sua grande sorpresa e percorse quel poco che separava le due case per raggiungere il portone. Suppose che il suo campanello, al contrario del proprio, funzionasse sul serio e suonò il piccolo pulsantino bianco. Sopra era incollata un'etichetta improvvisata con dello scotch con su scritto a penna “Winchester”.

Non fece in tempo a sentire il suono che sprigionava il campanello che nella sua testa si materializzò, in una grande insegna al neon (di quelle anni 70 in stile Las Vegas), la scritta: “CHE COSA GLI DICI ADESSO?”

Era venuto qua, si era sistemato per avere almeno un aspetto decente, aveva girato a sinistra e suonato il dannato campanello senza pensare a cosa avrebbe dovuto dire esattamente. Castiel sentì già i suoi piedi cercare di indietreggiare sugli scalini che portavano alla porta. Cercò di pensare velocemente che cosa dire ma totalmente invano. - Parlagli del tempo atmosferico. No, lo sanno tutti che è l'ultima cosa da scegliere. Le basi Castiel. Le basi -

Sentì l'ansia salirgli su per la spina dorsale e irrigidì di botto la schiena e le spalle. Sentiva di star per perdere la circolazione dell'intero corpo a partire dalle punte delle dita che, improvvisamente diventate più fredde del solito, iniziavano a tremare lievemente. - E'. Solo. Un. Campanello. -

La porta si aprì e quello che gli si presentò davanti fu un viso lentigginoso con un grande sorriso stampato sopra e con degli occhi verdi prato che lo guardavano allegri. Dean indossava una camicia a quadri verdi e dei larghi jeans blu e, dietro di lui, la casa era incredibilmente luminosa ed emanava un grande calore che Castiel in casa sua non crede di aver mai sentito.

Le mani smisero di tremare. La circolazione tornò alla sua normalità ma uno strano calore stava andando a crearsi nel suo petto.

 

«Ehi Cas.»

 

Silenzio.

 

«Cas? Tutto okay?» gli disse abbassando il proprio viso all'altezza dei suoi occhi.

 

Castiel si irrigidì di nuovo allo strano nomignolo e inclinò la testa da un lato. «Cas?»

 

«Si. E' il tuo nome abbreviato. Mai sentito parlare di soprannomi?» disse Dean aprendo le braccia in segno di incredulità e lasciando che un piccolo ghigno prendesse spazio tra le sue guance.

 

«Oh.» Disse abbassando lo sguardo momentaneamente, preso alla sprovvista dalla cosa ma mantenendo il suo tono distaccato e indifferente «Okay».

 

«Okay Cas.» Ripeté Dean sorridendo tra se e se. «Erano buoni?»

 

Di nuovo riprese ad inclinare la testa di lato e a stringere le sopracciglia in tono interrogativo.

«Che cosa?» Le parole gli uscirono naturali e si rese conto, solo dopo averle dette, di aver aggiunto un'altra bellissima cosa alla lista delle sue figure di merda colossali. Adesso, l'idea del buco profondo con il collegamento netflix al suo interno, non sembrava affatto una pessima idea.

«volevodiresi» disse mangiandosi mezza frase e abbandonando per un attimo il tono composto. «Si. Erano buoni.»

 

Dean fece una leggera smorfia e rise di nuovo. «Ragazzino, ti si legge davvero tutto in faccia.»

 

Tornò in Castiel la rigidità marziale di prima e, mettendo le mani a pugno, se ne portò una alla bocca tossendoci un paio di volte nel tentativo di recuperare la sua compostezza.

 

«Erano buoni. Sono venuto per ringraziarti»

 

«Ne sono felice. A proposito di questo...» Disse Dean appoggiandogli una mano sulla spalla e guardandolo attentamente. Stava per riprendere il discorso quando vide Castiel fissargli la mano come se fosse un qualche corpo estraneo che lì proprio non doveva essere e spostò il suo sguardo, che non aveva abbandonato il tono interrogativo, dalla mano, seguendo diligentemente il braccio, al suo viso.

Dean alzò entrambe le braccia in segno di resa e si scusò. Per un momento Castiel ci rimase male – perchè poi? - e, per qualche ragione a lui sconosciuta, il tocco di Dean, non gli aveva dato fastidio ma, al contrario, desiderò non avergli mai dato quello sguardo contrariato. Ogni minuto passato con Dean lo portava a fargli ricredere di tutto, da un dolce appena sfornato al semplice tocco di una mano. Cose a lui indifferenti ed estranee diventavano, con Dean, improvvisamente piacevoli ed interessanti.

 

Dean riprese. «Volevo spiegarti che questa cosa. Della cucina insomma. Non deve uscire fuori. Non so se mi spiego...»

 

«Pensi forse che io abbia dei contatti umani ai quali potrei mai dare tale informazione?» Disse tirando finalmente fuori il suo sarcasmo con un piccolo sorriso. «Seriamente. Se non vuoi non lo farò.»

 

Dean strabuzzò gli occhi e rise di nuovo. «Siamo d'accordo allora.» Ma per un momento gli sembrò che Castiel non fosse del tutto soddisfatto.

 

«Posso portartene altri. Di dolci intendo.» A quelle parole vide il ragazzo davanti a se sollevare uno sguardo che non avrebbe mai pensato potesse davvero essere della persona dagli occhi tristi della sera prima. Ma, nuovamente e a discapito di Dean, si ricompose e gli rispose pacatamente che gli avrebbe davvero fatto piacere. Non riuscì a pensare ad altro che a voler rivedere quell'espressione sul suo viso e il pensiero lo fece un attimo sobbalzare. - Pensa ad altro. Pensa. Ad. Altro. -

 

Un tono dolce lo svegliò dai suoi pensieri: «Grazie» Disse Castiel. Dean lo guardò un attimo a grandi occhi. Così lo sguardo preoccupato sul suo viso se ne andò e lasciò spazio a due occhi dolci e ad un lieve cenno del capo in risposta.

Castiel sentì nuovamente il calore pervaderlo e tra i due cadde nuovamente un silenzio imbarazzante.

 

«Non so come si aggiusta un campanello» disse infine.

   
 
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