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Autore: Shade Owl    29/12/2015    2 recensioni
Lawrence Powell è un giovane agente dell'FBI che da poco ha iniziato la sua carriera al Bureau, e già si trova per le mani un caso estremamente importante: quello di un sadico serial killer convinto di essere il figlio del demonio, ribattezzato dalla stampa "Devil's Child".
Nonostante la giovane età, Powell è convinto di conoscere la prossima mossa del killer, motivo per il quale decide di recarsi ad Orenthal, una piccola città in cui, se sarà fortunato, riuscirà a intercettare Devil's Child e ad arrestarlo, assicurandolo alla giustizia.
Ma qualcosa, ad Orenthal, non è come dovrebbe: le persone sono strane, e fatti via via più inspiegabili circondano le vite di molti, primo tra tutti il capo delle forze dell'ordine locali, il quale dietro il suo comportamento indecoroso sembra nascondere numerosi segreti...
Genere: Dark, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di demone'
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Dall’aeroporto alla città di Orenthal c’era un lungo tragitto da fare in macchina, e per alcune ore l’unico suono che Lawrence sentì nelle orecchie fu solo quello delle ruote o del caffè che continuava a deglutire per tenersi vigile, avendo preso un volo notturno su cui aveva dormito così male che, al risveglio, aveva ancora più sonno e un accenno di torcicollo. Quando raggiunse l’uscita dell’interstatale e prese la strada per Orenthal, quindi, sentiva già da tempo gli effetti della sua prolungata esposizione ad aspirine e caffeina, che ormai gli procuravano un certo disagio. Aveva bisogno di riposare un po’.
Non posso dormire adesso! Pensò. Mi stanno aspettando, e devo condividere le informazioni in mio possesso su Devli’s Child per riuscire a localizzarlo. Dormirò stanotte.
Dopo un’altra mezz’ora di macchina trovò un incrocio su cui erano segnate quattro o cinque indicazioni diverse, tra cui quella per l’ufficio dello Sceriffo. Sollevato per l’essere finalmente arrivato alla fine del tragitto, mise la freccia e imboccò l’ultimo pezzo di strada. Mentre si inoltrava nella città, edifici non particolarmente alti cominciarono a sostituire gli alberi che per lungo tempo lo avevano accompagnato durante il viaggio, mostrandogli negozietti a conduzione familiare, abitazioni e, in lontananza, il tetto di un Mall di piccole dimensioni. Incrociò un furgone per le consegne di un vivaio, e quasi investì una donna scalza che gli attraversò la strada saltellando.
Si trattenne dal premere con forza il palmo sul clacson, anche se non poté evitare di inchiodare, producendo un intenso stridio di freni sull’asfalto. Meno male che l’auto era a noleggio…
Ma allora, ti sposti sì o no?
La donna, per nulla spaventata dallo sfiorato incidente, si era fermata lì davanti alla macchina, inclinando la testa di lato, e lo guardava fisso fisso attraverso il parabrezza. Con una certa sorpresa, notò che aveva i capelli di un intenso color verde alga.
Ma che bello… una hippie coi capelli tinti…
Alla fine si spostò lentamente, e un sorrisetto le increspò le labbra. Continuò a fissarlo anche quando fu dall’altro lato della strada, e mentre rimetteva in moto e si allontanava Lawrence fu certo che lo stesse ancora seguendo con lo sguardo.

Dopo quindici minuti e una sosta per chiedere informazioni (il navigatore di quell’auto sembrava odiarlo a morte) trovò l’Ufficio dello Sceriffo, un edificio color sabbia che prendeva un intero isolato tra la Nona e Hide Street. Un’auto di servizio vecchia e polverosa col paraurti incrostato di fango secco era parcheggiata davanti all’ingresso. Sulla ghiaia erano impressi i segni di un veicolo più pesante, segno evidente che qualcuno era uscito e non ancora rientrato, e che l’Ufficio dello Sceriffo locale aveva almeno due macchine.
Grazie a Dio, finalmente ci siamo…
Scese dalla macchina con le ginocchia e la schiena che protestavano dopo la quasi totale immobilità, raccogliendo la ventiquattrore che era sul sedile del passeggero, ed entrò nella stazione di polizia ansioso di cominciare a lavorare sul caso. L’interno si rivelò piuttosto disordinato e disorientante per essere una stazione di polizia: c’erano tre scrivanie nella stanza principale, ma solo quelle laterali avevano un occupante, mentre la terza, dritto davanti a lui, era vuota e probabilmente non assegnata a nessuno, pur essendo la più ingombra di carte, fascicoli non archiviati, posta non letta e vecchi articoli da ufficio. Al di là di quel tavolo strapieno si apriva un corridoio, oltre il quale si vedeva la porta dell'ufficio del capo della polizia, e probabilmente proseguendo verso sinistra si trovava la zona delle celle di detenzione. In un angolo dell’atrio, dietro a un muro di apparecchiature radio e telefoni, c’era una donna riccia e leggermente sovrappeso, intenta a cinguettare allegramente qualcosa su un’orribile vestito preso da qualcuno in qualche discount. Poco più in là c’era un’enorme cuccia di stoffa slabbrata e un po’ sporca imbottita con una vecchissima coperta, accanto alla quale era stata sistemata una ciotola di metallo. Su quasi ogni cosa c’era un tappeto di pelo caduto a un qualche animale, sicuramente un cane di grossa taglia.
Gli altri due occupanti della stanza erano seduti alle due scrivanie laterali: il più vecchio, sistemato proprio davanti a una porta metallica munita di serratura a combinazione, se ne stava comodamente spaparanzato sulla sfinita sedia girevole, i piedi a ridosso della scrivania, ed era tutto intento a risolvere uno schema di parole crociate. L’altro, invece, era decisamente più giovane, e a giudicare dal pallore della sua pelle doveva essere anemico, cosa in netto contrasto coi capelli nerissimi. Indossava una divisa e batteva qualcosa al computer: senza dubbio, quello era il Vicesceriffo.
- Salve.- gli disse quando lo notò, alzandosi - Posso fare qualcosa per lei?-
- Sì… Agente Powell, FBI.- rispose Lawrence, avanzando e mostrando il tesserino - Avevo chiamato per avvertire…-
- Ah, certo!- esclamò l’altro, sorridendogli - Sono il Vicesceriffo Xander Donovan. È arrivato adesso?-
Gli si avvicinò con la mano tesa, mentre l’uomo che faceva le parole crociate gli scoccava uno sguardo incuriosito. Lawrence gliela strinse e annuì.
- Sì, in questo preciso momento. Sono venuto prima da voi per spiegarvi la situazione e raccogliere informazioni.-
- Beh, temo che sia solo una perdita di tempo, sa?- ridacchiò l’uomo che faceva le parole crociate - Il capo non c’è, e poi non credo che…-
- Sì, grazie, Cliff…- sospirò Donovan, in tono conciliante - Perdoni Clifford… quello che intendeva dire è che al momento lo Sceriffo è uscito, ma dovrebbe tornare a momenti. Se vuole può dire a me, anche se dubito di poterle essere di aiuto.-
- Non c'è fretta.- rispose Lawrence, posando la propria valigetta accanto alla scrivania del Vicesceriffo - Posso aspettare che rientri lo Sceriffo, in cambio di un po' di caffè.-
Per il caffè nessun problema.- disse Donovan, indicandogli con un cenno di sedersi e dirigendosi verso la macchinetta nell'angolo - Il punto però è un altro: temo che lei stia solo perdendo tempo, qui da noi. Non c'è nessun caso da seguire, nessuna pista.-
- Lei crede?- chiese Lawrence, aggrottando la fronte - E perché mai?-
- Perché è da più di vent'anni che nessuno commette omicidi da queste parti.- rispose il vecchio Clifford, senza staccare gli occhi dalle parole crociate.
- E ci accorgiamo sempre dell'arrivo di un qualche straniero.- aggiunse il Vicesceriffo, portandogli una tazza fumante - Nessuna persona sospetta ha varcato i confini della città. Ovviamente le daremo la massima collaborazione, ma…-
Il resto della frase fu divorato da un tremendo fracasso misto al suono di una sirena che veniva dall’esterno e che fece sussultare tutti e quattro. Persino il flusso di chiacchiere della centralinista si interruppe, mentre lei si alzava per guardare fuori dalla finestra, curiosa. Tutto questo continuò per qualche secondo, accompagnato da un confuso e concitato borbottio inviperito, impossibile da distinguere attraverso il frastuono e le pareti. Donovan, ad occhi sgranati, mosse qualche passo rapido verso la porta, seguito da Lawrence che, nella fretta, per poco non rovesciò il caffè. Pochi secondi più tardi, così com'era iniziato, il frastuono cessò di botto mentre la sirena, con un singulto stentato, esalava il suo ultimo sospiro, e subito dopo qualcuno entrò dalla porta.
Era un uomo con indosso una divisa da Sceriffo, più alto e robusto del Vicesceriffo Donovan. Come lui aveva i capelli neri, ma più ispidi e folti, costellati da qualche filo bianco; il suo volto era solcato da rughe d'espressione tipiche di chi si acciglia troppo di frequente, e aveva una piccola cicatrice sul mento, poco sotto il labbro. Entrando si spiaccicò il cappello sulla testa con aria stizzita, sbuffando seccato. Accanto a lui trotterellava contento un gigantesco cagnone di una razza indefinibile, dall'ispido pelo marrone scuro. A vederlo, Lawrence ebbe un attimo di spaesamento: era talmente grande che da terra gli superava quasi una gamba in altezza, e doveva essere lungo poco meno di due metri.
- E che cavolo!- sbottò con rabbia l'uomo - Ehi, c’è un idiota che ha parcheggiato al mio posto!-
- Oh, Gesù…- gemette Donovan, passandosi una mano sulla faccia - Timmi, cos’hai fatto?-
Lawrence sentì di sudare freddo mentre si accorgeva che l’uomo, senza dubbio lo Sceriffo, aveva sulla spalla una massiccia mazza di legno. Alla domanda del suo sottoposto, lo Sceriffo fece una smorfia divertita.
- Beh, diciamo solo che ora l’aria condizionata è superflua.- rispose, passando oltre - Cliff, se non togli i piedi dalla scrivania ti taglio le gambe. Questo qui è il colletto bianco che doveva arrivare oggi o un venditore di detersivo?-
- Lui è l’Agente Powell dell’FBI.- disse il Vicesceriffo in tono rassegnato - E la macchina che hai appena sfondato era sua.-
- No, era a noleggio, hai visto la targa? E poi, quello era il mio posto.- ribatté lui, entrando nell’ufficio con il cane alle calcagna - Allora entrate o no?- abbaiò, voltandosi appena quando si accorse che nessuno dei due si era mosso.
Detto questo attese che il gigantesco animale lo seguisse nella stanza e sbatté la porta, facendo tremare le veneziane al di là dei vetri. Dopo un istante di silenzio Donovan sospirò, Cliff scoppiò a ridere e la centralinista riprese a ciarlare al telefono.

Lawrence si fiondò di nuovo in strada, trafelato, e davanti a lui si presentò uno spettacolo di totale sfacelo: le portiere erano state colpite con tanta forza da far rientrare il metallo di diversi centimetri, e una era addirittura un po’ slabbrata. Nell’impatto erano andati in frantumi i finestrini, così come il lunotto posteriore, e le erano stati staccati gli specchietti retrovisori. Il parabrezza era stato tirato via, e giaceva da una parte, accartocciato come un foglio di carta argentata, mentre il cofano, a furia di mazzate, si era piegato verso l'interno, affondando di parecchio. Dai bordi uscivano alcune volute di fumo e vapore semitrasparente, e in sottofondo era bene udibile il sibilo sfinito del motore. Un pick–up nero con i contrassegni dell’Ufficio dello Sceriffo era stato parcheggiato poco più in là, incastrato alla meglio tra il marciapiede e la strada.
- Oh… sì, ehm…- disse Donovan, che lo aveva seguito all’esterno - Ce l’ha… l’assicurazione casco, vero?-
Lawrence si passò una mano tra i capelli, cercando di contenere l’urlo di frustrazione che stava per esplodere.
- Mio… Dio!- esclamò - Ma dico io, cosa… cosa gli è saltato in mente?- gridò, voltandosi verso il Vicesceriffo - Cosa… che bisogno c’era...?-
- Oh, si rilassi, signore…- ridacchiò la voce di Cliff - Non è mica colpa del Vicesceriffo, no?-
L’uomo avanzò nel parcheggio, osservando la macchina distrutta, ed emise un lungo fischio acuto.
- Però… l’ha proprio conciata per bene, eh?-
- Ma perché diavolo ha fatto una cosa del genere?- gridò Lawrence, guardando disperato la macchina: quale uomo sano di mente avrebbe distrutto l’auto di uno sconosciuto solo per un parcheggio? A maggior ragione, quale poliziotto si sarebbe comportato da vandalo per così poco? - Lui… è pazzo o cosa?-
- Ehm… sa, me lo sto chiedendo da più di vent’anni…- ammise Donovan, massaggiandosi a disagio la collottola - Ma le assicuro che non è una cattiva persona. Va solo saputo prendere, tutto qui.-
- Saputo prendere?- ripeté incredulo lui, guardandolo con gli occhi fuori dalle orbite - Insomma… guardi!-
- Lo so, lo so…- annuì Donovan, in tono conciliante - Senta, porterò personalmente la sua macchina dal meccanico, pagherà l’Ufficio dello Sceriffo, va bene? Lei ci parli di quello per cui è venuto, intanto… per gli spostamenti potrà usare l’auto di servizio.-
Lawrence si passò una mano sul viso, cercando di calmarsi.
Tutto questo è... surreale!
Una parte di lui aveva una gran voglia di piombare nell'ufficio di quel folle sbraitando per poi prenderlo a pugni, ma con uno sforzo accantonò l'idea: in primo luogo si era spinto fin lì per catturare un criminale e, a prescindere da tutto, avrebbe avuto bisogno di qualunque aiuto possibile; in secondo luogo, quell'uomo era un grosso montanaro abituato alla vita nei boschi, armato, munito di mazza e accompagnato da un cane così grande che avrebbe potuto sbranarlo senza fatica.

- Oh, io… sì, sì, molto bene…- borbottò - Ma… io davvero non… non capisco! Perché lo ha fatto? Cos’è, si è svegliato col piede sbagliato o che?-
Cliff scoppiò di nuovo a ridere, voltandosi per rientrare.
- Col piede sbagliato? Oh no, no no no no! Oggi è di buon umore!-
 

Un pessimo primo impatto. Avremo modo di vedere come evolve la situazione più avanti, e inizieremo a parlare dell'assassino Devil's Child nel prossimo capitolo.
Ringrazio JoJo1D, la prima persona a recensire questa storia, e Evuzzola, che già l'ha messa tra le seguite. Un saluto, a presto!

   
 
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