Capitolo
4: Sincerità
Il
giorno dopo, Harry, arrivò a scuola con
un gran mal di testa, David si era svegliato nel cuore della notte,
balzando
sul suo letto e ripetendo di non riuscire più a prendere
sonno. Lui l’aveva
ignorato e, il piccolo demonio, aveva pensato bene di andare a
svegliare i
genitori. A quel punto, il ragazzo, aveva creduto di essere salvo ma, a
suo
fratello non bastava rompere le scatole ai genitori, non era contento
se non
tirava in mezzo anche lui.
Così, un’ora più tardi, James, Lily ed
Harry, al piano inferiore, avevano provato di tutto per farlo dormire,
riuscendo nel loro intento, solo alle cinque del mattino.
Perciò, il ragazzo,
aveva dormito, si e no, un’ora.
Entrò
in aula rapidamente, la sua compagna
di lavoro e le sue amiche erano già arrivate. Se ne stavano
riunite attorno al
banco della Weasley, a sghignazzare senza sosta. Le ignorò e
si sedette.
Aveva
sentito dei passi, il rumore di una
sedia che veniva spostata e di una cerniera che si apriva. Si trattava
di lui,
senza dubbio. Non si era voltata, né aveva detto nulla,
aveva riso imitando le
sue amiche, ignorando il motivo di cotanta ilarità. Per un
momento, l’istinto
le aveva suggerito di voltarsi e salutarlo ma si era resa conto che
sarebbe
stata una sciocchezza compiere un simile gesto in presenza delle sue
best
friends.
A
differenza delle sue previsioni, il
pomeriggio precedente, non si era poi rivelato così
esageratamente noioso.
Doveva ammettere che, quel ragazzo, era davvero bravo a sbrigarsela con
quel
genere di lavori. Aveva ideato in mezz’ora un progetto e,
successivamente,
l’aveva rivisto con lei ed avevano apportato delle modifiche.
Se avesse dovuto
farlo da sola, sapeva che ci avrebbe impiegato ore e, il fatto che lui
ci fosse
riuscito in poco tempo, era ammirevole.
Voltò
leggermente il capo verso sinistra e
il suo sguardo si posò su di lui: le dava le spalle, chino
sul libro di storia.
Non si era reso conto di essere osservato. Hermione, si chiese
più volte, come
facesse a concentrarsi così perfettamente, ignorando tutto
ciò che gli stava
attorno.
«Herm,
mi stai ascoltando?».
«Ti
senti bene,
Hermione?»
domandò,
cauta, Luna.
«Sì,
sto
benissimo. Perché?»
«Ecco,
sembri un
po’…distratta…»
spiegò
Lavanda.
«Distratta?
Io?
Ma che state blaterando?» rise,
nervosa.
Le tre
ragazze si guardarono fra loro,
poco convinte. Proprio in quel momento, entrò la
professoressa. Tutti si
affrettarono a raggiungere i propri banchi. Hermione si sedette,
tenendo lo
sguardo fisso davanti a sé.
«Ciao»
sussurrò Harry.
«Ciao»
rispose, con tutta la freddezza che riuscì a racimolare.
La
lezione era cominciata, non si dissero
altro.
A
circa cinque minuti dal suono della
campanella, la professoressa, interruppe il discorso matematico per
parlare
loro di qualcosa di importante:
«Come
tutti voi
ben sapete, la prossima settimana, la vostra classe andrà,
con gli studenti
della
Ragazzi
e ragazze si fissarono, chi
stupito, chi orripilato, chi interessato.
«Soggiornerete
da Sam un paio di notti e, durante il giorno, lo aiuterete nella
gestione della
fattoria. Evitate i vestiti troppo leggeri, dormirete in un capannone e
il
riscaldamento non esiste. Ricordate i sacchi a pelo se non volete
dormire sul
pavimento. Infine…» a
quel punto
fece una pausa squadrando Hermione e le sue amiche prima di riprendere:«…vi
sconsiglio i vestiti firmati, vi occuperete principalmente del bestiame
e,
sapete quanto gliene può fregare a una mucca chi sia
l’idiota che a firmato la
roba che indossate se, mentre lavorate, decide di svuotarsi
l’intestino su una
vostra scarpa…»
sorrise.
Alcuni
dei commenti che giunsero agli
orecchi di Harry, alla termine del discorso della professoressa, furono
questi:«In
una fattoria!?»
«A
lavorare nei
campi!?»
«Accudire
bestiame!?»
«Un
paio di
notti!?»
«Silenzio,
per
favore!» la
classe si
ammutolì. «Sono
desolata,
ragazzi, che non sia di vostro gradimento. Purtroppo, è una
tappa obbligatoria.
Spero, ugualmente che vi divertirete! Ora, vi consegnerò il
permesso, che dovrà
essere firmato da almeno un genitore o un tutore, sul secondo foglio
che vi
darò, è elencato ciò che dovrete
portare con voi. Mi raccomando, fatene buon
uso! Non riducetelo ad una pallina di carta, come ho visto fare, varie
volte,
da qualcuno!” lanciò
un’occhiata a tre ragazzi, seduti negli ultimi
banchi della fila destra, che sorrisero con aria innocente.
A
quell’ora, seguirono quella di inglese e
quella di biologia. Infine, giunse il tanto sospirato intervallo.
Harry
ficcò il permesso ed il secondo
foglio nello zaino.
«Indovina!».
Lo sapeva benissimo, di chi si trattava.
«Laila?»
«Esatto!»
Non
gli lasciò tempo di dire una parola
che sentì le labbra di lei sulle proprie. Era imbarazzato.
Nell’aula erano
rimasti alcuni studenti. Li sentiva ridacchiare e bisbigliare.
Ci
mise qualche secondo a registrare le
sue parole. Certo! Laila faceva parte della
Non
aveva alcuna intenzione di andare alla
fattoria, fino a poche ore prima, nemmeno sapeva fosse in programma una
cosa
del genere. Non ricordava l’ultima volta che era stato in
vacanza,
probabilmente, prima che nascessero i gemelli. Inoltre, non lo
entusiasmava
affatto il pensiero di passare un paio di giorni con coetanei che lo
consideravano una nullità. Eccetto Laila ma, si parlava di
una su quaranta
studenti. Infine, non poteva permettersi di lasciare i suoi fratelli
per più di
un giorno, visti i disastri che combinavano in poche ore.
«Laila,
hai
visto tuo fratello?»
cambiò
rapidamente discorso.
«No.
Perché?»
domandò, sbattendo gli occhi, incuriosita.
«Devo
parlargli.»
tagliò corto.
«Forse
è
nell’atrio…» con
un’alzata
di spalle, avvicinò nuovamente il viso al suo.
«Vado a
cercarlo.» la
baciò
rapidamente sulle labbra:«A dopo!» e
sparì oltre la porta.
«Allora?
Com’è
andata con la Granger?»
Harry
rimase sorpreso. Cedric,
solitamente, prima di tutto, salutava, poi, passava alle domande. Gli
sembrò
persino di notare una nota di impazienza nella sua voce ma,
probabilmente, era
solo molto curioso ed incapace di nasconderlo.
«Non
è stato poi
così tragico, alla fine.»
desiderava che
la discussione finisse lì. Voleva chiedere a Cedric se,
durante il suo quarto
anno, anche alla sua classe, avessero proposto una gita alla fattoria
di Sam.
«In che
senso?»
«Nel
senso
che…beh, non è andata così male.»
«Perché?
Che
avete fatto? Di che avete parlato?».
Harry cominciava a stancarsi di quell’interrogatorio.
«Abbiamo
ideato
un progetto di lavoro. Non abbiamo parlato granché,
l’unica cosa che so, è che
non mangia spesso dolci. Sono riuscito a farle assaggiare un pezzetto
di torta,
ma l’ho dovuta forzare.»
sintetizzò.
«Tu…cosa!?»
proprio non riusciva a comprendere il motivo di tanta
perplessità.
«Cedric,
che
succede? Ho soltanto detto che sono riuscito a farle mangiare un pezzo
di
torta, mica che l’ho baciata!».
Lui si irrigidì. Harry iniziava davvero a non capirci
più niente.
«Avresti
voluto?»
sussurrò. Lui non credeva alla sue orecchie.
«Come
ti viene
in mente?! Certo che no!» rise.
Era
assurdo.
«Scusa…»
mormorò l’amico, con il capo chino.
«Non fa
niente.
Sei un po’ strano oggi, sai?»
«Sì…sarà
il
tempo…»
«Probabile.
Ultimamente, cambia spesso.»
terminò Harry.
Attraversarono
l’atrio, diretti ai
distributori di merendine e bevande. Cedric comprò un
pacchetto di patatine,
Harry una bottiglietta d’acqua. Mentre svitava il tappo della
bottiglietta,
prese a parlare:«Sai
Ced, la
nostra professoressa di matematica ha detto che, la settimana prossima,
ci sarà
una gita di un paio di giorni alla fattoria di Sam Buloski…»
tentò. Cedric pareva mentalmente assente.
Parlò,
fissando il vuoto:«Sì,
anche a noi è toccato andarci, al quarto anno.»
«Com’è
la
fattoria?»
domandò.
«Non
è il
massimo ma neppure così terribile. Pensi di andarci?»
finalmente, tornò a guardarlo negli occhi.
«No.
Non credo
di potere, né di volere.»
«Secondo
me, i
tuoi genitori vorrebbero che partecipassi.»
«Non
so, forse,
sono io che non ci voglio andare.»
«A me,
sembra di
sì…»
«Come
lo sai?»
«Altrimenti,
non
me ne avresti parlato, ti pare?»
sorrise.
***
«A
niente.»
rispose, sbrigativo.
«A
Laila?»
«Sì!
Pensavi a
lei!»
sorrise.
«Sei
fuori
strada».
Lei
sbuffò.
«Uffa!
Perché
non me lo vuoi dire!?»
«Perché
sei mia
sorella, Jes. Non la mia analista! Perciò, non sono tenuto a
raccontarti un bel
niente, se non mi va!»
esclamò,
esasperato.
«Tra
fratelli ci
si dice tutto!»
«Dove
sta
scritto!?»
Sbuffò
una seconda volta. Sconfitta. Harry
sorrise.
David
e Sarah corsero in salotto. Jessica
e Josh li raggiunsero poco dopo, con due maxi buste di pop-corn.
Harry
richiuse la porta a doppia mandata e
li raggiunse in salotto: vide Jessica, seduta sul divano, tenere in
mano la busta
dei pop-corn mentre Sarah e David facevano a gara per scoprire chi,
saltellando, sarebbe riuscito a portarglieli via per primo, Josh, se ne
stava
tranquillamente seduto accanto alla sorella e, ogni tanto, immergeva la
mano
nel sacchetto. Alla televisione trasmettevano cartoni animati.
Lei lo
ignorò.
«Jes,
se non la
pianti, si faranno male!»
l’avvertì
nuovamente.
Lei
fece spallucce e prese l’ennesima
manciata di pop-corn.
«Perché
sai
benissimo che, in questa casa, vige la regola della condivisione. Non
hai più
tre anni!»
Lei
alzò gli occhi al cielo.
«Io
vado a
studiare. Se vi serve qualcosa, chiamate. D’accordo?»
«Sì!»
risposero, in coro.
«Bene.
Fra
mezz’ora, Josh e Jessica, da bravi e diligenti
fratelli…»Josh
lo squadrò come fosse pazzo, Jessica emise un suono a
metà fra uno sbuffo e una
risata:«…mi
imiteranno».
«E noi?
Cosa
facciamo?»
domandò David.
«Voi
siete
liberi di giocare. Vietato uscire di casa, vietato colorarvi fra voi,
vietato
lanciarvi oggetti e sputare.»
ricordò. Loro annuirono.
«Bene.
A dopo!»
«Noo!
Davvero!?».
La
porta venne aperta.
«Te lo
giuro.
Una cosa spaventosa!»
esclamò la
bruna con tono scandalizzato e divertito allo stesso tempo.
«Beh,
non mi
stupisce poi tanto, se pensate di chi stiamo parlando…»
intervenne la rossa.
«Hai
ragione!
Neville Paciock è un bamboccione sfigato! Non so dove abbia
trovato il coraggio
di provare a baciarti!»
continuò
Lavanda, disgustata.
Altre
risate.
«Sicuramente
è
stato il peggior bacio di tutta la mia vita!»
Avevano
raggiunto la sua camera. Ginny si
era attaccata al pc, collegandosi al programma di chat. Luna e Lavanda
si erano
sedute sul letto ed avevano iniziato una conversazione sui cosmetici e
sulle
creme per il corpo, alla quale, la rossa si inseriva di tanto in tanto
per
esprimere il proprio punto di vista.
Hermione
era rimasta sulla porta. Aveva
provato lo strano impulso di controllare il cellulare.
L’aveva assecondato. Si
sentiva molto stupida, sapeva che non l’avrebbe cercata, dal
momento che era
stata lei stessa a dirgli che lo avrebbe informato sulla data del
prossimo
incontro.
Scosse
la testa. Che le succedeva? Si
stava comportando come una scema.
«Herm?
Mi stai
ascoltando!?»
Alzò
lo sguardo. Vide le sue amiche
fissarla, stupite.
«Cosa?!»
«Stavamo
parlando del concerto di domani sera…ci sarai, vero?»
domandò Ginny.
«Certo
che sì!»
«Luna,
il
programma!»
ordinò la
rossa.
La
ragazza prese un fogliettino.
«Mercoledì:
concerto, ore 21.00. Giovedì: si esce. Venerdì:
cinema. Sabato: discoteca +
pigiama party da Ginny. Domenica: giornata da Ginny».
«Mi
sembra
perfetto!»
esclamò
Lavanda, elettrizzata.
«Dobbiamo
divertirci il più possibile! Se penso che la prossima
settimana ci toccano due
giorni in mezzo allo sterco e agli insetti…»
rabbrividì così come le altre due.
Hermione
no. Notarono che era immersa nei
suoi pensieri.
«Herm,
che c’è?
Non ti piace il programma?»
chiese Luna.
«No,
no. Il
programma va benissimo.»
«Allora,
a cosa
stavi pensando?»
insistette
Lavanda.
«Niente
di che.
Avevo detto a Harry che gli avrei fatto sapere quando ci saremmo
ritrovati per
quel progetto ma, con tutti questi impegni, non so quando
potrò…»
«Harry?»
la canzonò Ginny, con tono trasognante. Le altre due si
fissavano, premendosi
una mano sulla bocca per nascondere i sorrisini.
«E’
così che lo
chiami ora?»
«E’
il suo nome…»
«Certo,
certo…»
sorrise l’altra.
Hermione
assunse un’espressione allarmata
e scandalizzata allo stesso tempo:«Tra
me e lui non c’è N-I-E-N-T-E!!»
La
rossa smise di sorridere:«Okay,
okay, calmati! Stavo solo scherzando!».
Lei
fece un respiro profondo:«Scusa,
è che…non mi piace quando insinuate sciocchezze.»
«Scusa
tu, non
avrei dovuto…».
Il
minuto successivo trascorse in un
imbarazzante silenzio.
«Ehm ehm…»
Luna si schiarì la voce poi, aggiunse, titubante:«Allora…il
piano è confermato?».
Hermione
capì che si stava rivolgendo
prevalentemente a lei:«Sì.
Assolutamente.»
assicurò,
pensando che avrebbe telefonato ad Harry più tardi.
Luna prese una penna dal portapenne peloso, posto sulla scrivania dell’amica, con cui tracciò una V subito dopo
l’elenco.
Lo
prese dal comodino, dimenticando di
leggere, come sempre, il numero sul display.
«Pronto?»
«Harry?
Sono
Hermione.»
«Hermione!?
Ciao! Che sorpresa! Non mi aspettavo che telefonassi solo un giorno
dopo…»
«Sì...ti
chiedo
scusa in anticipo per lo scarso preavviso ma, nei prossimi giorni sono
impegnata e non ci possiamo vedere. Volevo chiederti se per te andava
bene
ritrovarci stasera, così, possiamo concludere direttamente
il lavoro.»
«Stasera?»
lanciò un’occhiata alla pila di compiti che aveva
ancora da completare, riposta
sul letto, accanto a lui.
«Sì,
se non è un
problema, ovviamente.»
«Avrei
molto da
studiare, a dire la verità…»
«Ah,
ehm…»
Il
cellulare di Harry emise un debole:«Bip».
«Scusa
un
attimo, Hermione, ho un’altra chiamata…»
«Non
c’è
problema.»
La
mise in attesa.
«Pronto?»
«Amore!!»
«Laila!»
«Ciao,
tesoro!
Come stai?»
«Bene,
grazie,
tu?»
«Non
c’è male.
Che fai stasera? Ti va di uscire?»
«Ecco,
veramente…ho ancora un sacco di compiti da
fare…stavo per dare buca anche alla
mia compagna di studio…»
«Dovevate
vedervi, stasera!? Perché non me l’hai detto?!»
«Mi ha
chiamato
pochi minuti fa…chiedendomi se potevamo incontrarci stasera
perché ha degli
impegni…»
«Chissà
quali
impegni avrà…»
sussurrò,
sprezzante:«Comunque…»
aggiunse, dopo una breve pausa:«…secondo
me, dovresti andare. Se lei gli altri giorni non
può…e, poi, prima finite
meglio è, no?»
«Sì,
però…»
«Mi
è venuta
un’idea! Vengo con te!»
«Cosa!?»
si sollevò di scatto, sorpreso.
«Sì!
Così potrò
vederti e, allo stesso tempo, voi potrete lavorare al progetto!
E’ geniale!»
esclamò, eccitata.
«Laila,
io…non
so se…»
«Oh,
avanti
Harry! Chiediglielo!»
Sospirò:«D’accordo.
Aspetta in linea.»
«Hermione?
Sei
lì?»
«Sì,
ci sono.»
«Ascolta,
è
ancora valida la proposta di stasera?»
«Sì,
certo.»
«Bene.
Volevo
chiederti se potrebbe venire anche la mia ragazza…»
«Oh…»
«Prometto
che
non darà fastidio…»
«Naturalmente.
Sì.»
«Grazie
mille! A
che ora ci vediamo?»
«Fra
un’ora, va
bene?»
«Benissimo.
A
dopo. Ciao!»
riattaccò.
«Allora?
Quando
vieni a prendermi?»
«Fra
mezz’ora.
Fatti trovare in strada. Ciao!»
«Okay!
Ciao!».
Gettò
il cellulare sul letto e, chiudendo
il libro di matematica con uno scatto, si infilò le scarpe e
scese al piano
inferiore.
***
I suoi fratelli si trovavano dove li aveva
lasciati poco prima.
Seduti
sul divano, con gli occhi incollati
alla tv, nemmeno si accorsero del suo ingresso.
«Jessica»
chiamò.
La
sorella continuò imperterrita a
divorare pop-corn.
«Jessica!».
Niente.
«JES!!»
urlò. Tutti sobbalzarono.
«Che
vuoi!?»
sbottò lei, seccata.
«Fra
mezz’ora
devo uscire, non so a che ora torno. Devo passare a prendere Laila.
Abbiamo un
po’ di strada da fare, quindi, adesso, vado a gonfiare le
ruote della bici.
Puoi occuparti tu dei tuoi fratelli o devo chiamare
«No,
no, ci
penso io. Scusa, che vuol dire che non sai a che ora torni?»
«Progetto
scolastico. Siamo solo a metà, potrebbe volerci del
tempo…»
«Con
chi lavori?»
«Con la
Granger»
«Hermione
Granger!?»
esclamò, a
bocca aperta.
«No, Clementina
Granger!» la
guardò e
scosse la testa:«Certo
che sì!».
Sua
sorella era piegata in due dalle
risate.
«Tu
lavori con la Granger?»
«Che
c’è di
tanto divertente?»
domandò,
fissandola storto.
«Niente,
niente…»
cercò di contenersi.
«Allora?
Siamo
d’accordo?»
«Sì.
Che faccio
per cena?»
«Ci
sono
spaghetti, alcune scatolette di tonno, insalata…se non
sbaglio c’è anche
qualche avanzo di pollo, puoi farlo scaldare e potete mangiare
quello…»
«E se
facessi
gli spaghetti al tonno?»
«Come
ti pare,
basta che non mandi a fuoco la casa!»
disse, infilandosi il giubbotto.
«Okay!»
«Rientro
tra un
po’ per recuperare zaino e cellulare…non combinate
guai!».
Dopo
averli squadrati uno per uno, uscì.
***
Laila
l’aveva aspettato, come concordato,
fuori dal cancello di casa. Si era sistemata sul portapacchi della sua
bicicletta e avevano proceduto così per una buona
mezz’ora.
Erano
nei pressi della villa.
Quando
Harry la scorse, per la seconda
volta, rimase esterrefatto dalla tanta grandezza e
maestosità, tali da renderla
persino un po’ inquietante, illuminata dalle luci dei
lampadari.
«Mamma
mia!»
esclamò
Laila, dietro di lui:«E’
ancora più enorme di quanto ricordassi!».
Harry
non aveva la minima idea di dove
potesse sistemare la bicicletta e si diede dell’idiota per
non aver pensato
prima che la cancellata era troppo alta per poterci legare la bici.
«Che
faccio…?
Suono?»
domandò la sua
ragazza, esitante. Lui annuì, non smettendo di pensare a
dove sistemare la
bici, mentre lei premeva sul pulsante argentato.
«Sì?»
le rispose con voce acuta, quella che Harry, realizzò fosse
una domestica.
«Ehm…»
Laila era paralizzata. Evidentemente non si aspettava una cameriera dal
momento
che, a casa sua, non ce n’erano. Lui si fece avanti.
«Siamo
Harry
Potter e Laila Diggory, la signorina Granger ci sta aspettando per
ultimare un
progetto scolastico.»
«Attenda».
Attesero
meno di un minuto e il cancello
si aprì. Varcata la soglia una cameriera prese i loro
giubbotti.
«I
signori
Granger, al momento, stanno cenando. Vi scorto in sala da pranzo,
seguitemi».
Harry,
si chiese se fosse una buona idea
disturbarli durante la cena ma ormai, non poteva più tirarsi
indietro.
La
sala da pranzo era magnifica: muri e
soffitti parevano vere e proprie opere d’arte, un pesante
lampadario che, a
vederlo, dava l’idea d’essere composto da diamanti,
penzolava sul tavolo.
Quest’ultimo era ricoperto da un’elegante tovaglia
bianca con tovaglioli
coordinati.
I
Granger non erano soli, con loro c’erano
altre due persone: un uomo baffuto, sulla cinquantina, snello, capelli
biondo
cenere e occhi azzurri ed una donna, probabilmente la moglie,
anch’ella sulla
cinquantina, snella, capelli corvini e
pungenti occhi verdi. Non appena la videro, i padroni di
casa, rivolsero
un gran sorriso a Laila, ignorando Harry. Il padre di Hermione si
ripulì
elegantemente le labbra, servendosi del candido tovagliolo di pizzo.
«Questo
giovane
è amico tuo, Hermione?»
domandò.
«Lavoriamo
insieme al progetto di storia…»
spiegò la ragazza, lanciando ad Harry un’
occhiata, nella quale gli parve di
cogliere un certo nervosismo misto a preoccupazione.
«Qual
è il tuo
nome, figliolo?»
«Oh, ehm…mi chiamo Harry,
signore…Harry
Potter».
L’uomo
posò il tovagliolo e lo fissò
intensamente:«Potter?
Sei
figlio di James Potter?».
«Sì.»
rispose Harry, incuriosito dall’accenno di sorpresa nel tono
di voce di lui:«Lei
conosce mio padre?»
«Lavora
nel
fast-food di fronte al mio ufficio, mi reco a mangiare lì
tutti i giorni a
pranzo. Mi sorprende che non ne fossi a conoscenza…»
«Che io
non
fossi a conoscenza di cosa, signore?»
«Del
fatto che
tuo padre lavora per il presidente della più grossa catena
finanziaria del
paese, è ovvio!»
«Beh…»
non
sapeva che dire:«…lui
non…non me ne ha mai parlato ma, francamente, credo non sia
così fondamentale
per me sapere per chi lavora…».
Il padre di Hermione lo incenerì con lo sguardo, sua madre e
gli ospiti
fissavano i rispettivi piatti, muti come pesci. Hermione strinse gli
occhi e
chinò il capo a sua volta, pronta al peggio mentre, gli
occhi di Laila andavano
dall’uomo a Harry, come se stesse valutando se fosse il caso
di intervenire.
«Io
sono
convinto che non sia così.»
ribatté il signor Granger, con tono glaciale:«Bisognerebbe
conoscere chi sta al di sopra dei propri genitori cosicché,
in caso di
incontro, la prole sappia portare rispetto a chi deve
essere
portato».
«A me
è stato
insegnato che il rispetto è di chi lo merita».
Prima
che il signor Granger potesse
rispondere, Hermione scattò in piedi:«Basta!»
esclamò.
Sua
madre alzò lo sguardo:«Hermione…»
sussurrò, sorpresa.
Lei
non vi badò:«Io
ed Harry abbiamo un lavoro da terminare e voi avete ospiti
perciò, noi ce ne
andiamo. Buon proseguimento!».
Detto questo, marciò dritta verso la porta, sotto gli
sguardi stupiti dei
presenti.
I
genitori si scusarono con i propri
ospiti per il comportamento della figlia mentre Harry e Laila si
guardarono e,
come di comune accordo, la seguirono.
***
Hermione si sedette sul letto e attese che
i due ragazzi la raggiungessero.
Senza
una parola, Harry si accomodò di
fronte a lei aprendo il proprio zaino ed estraendone il materiale.
Quando
Hermione si voltò per vedere dove si fosse sistemata Laila,
la vide in piedi
sulla porta.
«Ti
puoi sedere,
se vuoi. Non mordo.»
disse.
«No,
grazie.»
rispose, secca.
«Andiamo,
Laila!
Non puoi stare lì, in piedi, per ore!»
esclamò Harry.
Lei
sospirò:«Va
bene. Dove mi siedo?»
«Dove
vuoi».
Scelse
la sedia della scrivania di
Hermione poi, dopo esservi seduta sopra, tirò fuori dalla
borsa un lucidalabbra
e iniziò a passarselo sulle labbra ripetutamente.
«Iniziamo?»
propose Harry a Hermione.
«D’accordo…».
Terminarono dopo più di due ore e mezza.
«Bene!
Mi sembra
sia perfetto!»
sentenziò
Harry, soddisfatto.
«Sì!
E’ uscito
molto bene! Non ci resta che studiare il tutto ed esporlo…»
aggiunse Hermione, sorridente.
Harry
guardò l’orologio, segnava le 23:04.
«Accidenti!
Com’è tardi!».
Laila si era
addormentata sulla sedia, il volto rivolto al soffitto.
«Sarà
il caso
che la svegli e che l’accompagni a casa…»
disse, guardandola.
Si
alzò, iniziò a riporre la sua roba,
mentre lo faceva, notò che il tetto della ragazza pareva un
campo di battaglia:
pezzi di carta, fogli stracciati, matite, penne, tubetti di colla,
forbici…c’era di tutto.
Hermione
parve aver intuito, dal suo
sguardo e dalla sua esitazione, i suoi pensieri:«Tranquillo,
faccio io. Voi andate.»
«Grazie…»
dopo aver terminato con lo zaino, Harry si diresse verso la sua ragazza:«Laila…»
sussurrò:«Laila,
svegliati…»
insistette.
Lei mosse la testa di lato e aprì lentamente gli occhi:«Mh…?
Che c’è?»
biascicò.
«Ti sei
addormentata. E’ molto tardi, dobbiamo andare.»
La
ragazza si sollevò, ancora un po’
stranita e con i capelli leggermente scompigliati. Sistemò
la borsetta mentre
Harry recuperava zaino e giubbotto.
Si
diressero alla porta della stanza di
Hermione che li accompagnò, Harry la ringraziò
mentre Laila non disse nulla, si
limitò a lanciarle un’acida occhiata prima di
uscire.
Il suo
stomaco brontolò.
«Hai
fame?»
le chiese.
Lei
cercò i suoi occhi come se volesse
verificare di non aver sognato la sua voce,
quando lì trovò, annuì.
«Anch’io…»
si grattò la nuca, nervoso:«Ci
sarà qualcosa di aperto a quest’ora?».
«C’è
un fast
food non molto lontano che tiene aperto fino a mezzanotte e
mezza…»
si ricordò Laila.
«Va
bene. Da che
parte?»
«Mi
pare di
ricordare che fosse di là…»
gli indicò la strada e, sempre fianco a fianco, si
incamminarono.
Si
rivolse a Laila:«Vuoi
mangiare qui o preferisci mangiare fuori?».
«Fuori»
rispose.
«Va bene».
Decisero di mangiare proseguendo alla
volta di casa, considerata l’ora.
Lei
masticava lentamente, come se non
volesse farsi sentire, anzi, come se non desiderasse altro che sparire
e basta.
Lui non capiva.
«Laila…»
«Le
patatine
sono buone.» Harry
capì che
tentava di evitare il discorso.
«Sì.
Ascolta…»
Lei si
guardò attorno, rabbrividì:«Fa
piuttosto freddo stasera!».
Harry
stava perdendo la pazienza:«Laila,
vuoi smetterla di dire cavolate e ascoltarmi!?»
esclamò.
Lei lo
fissò, poi abbassò lo sguardo:«Scusa…»
sussurrò.
Ci fu
un altro minuto di silenzio.
«Mi
dici che ti
succede?»
domandò,
calmo.
Lei lo
fissò come se fosse pazzo:«A
me? Niente!».
Avevano
svoltato nel vicolo in cui si
trovava casa Diggory.
«Non
mentire. So
che hai qualcosa…»
«Cosa
te lo fa
pensare?»
«Il tuo
atteggiamento a casa dei Granger, la tua insistenza a voler venire con
me, e il
fatto che hai detto si e no tre parole durante il ritorno!».
Avevano
raggiunto il cancello.
«Non ho
niente,
Harry, sto bene. Grazie e buonanotte».
Aprì il cancello e fece per entrare ma Harry la
tirò leggermente per un
braccio. Lei si voltò di nuovo e, solo a quel punto, il
ragazzo notò che aveva
gli occhi lucidi.
«Laila,
per
favore, parliamone…» era
quasi una
supplica:«Il nostro rapporto non può funzionare se
non mi dici cosa non va,
come faccio a capire dove sbaglio se non mi parli?». La
ragazza aveva gli occhi
piantati a terra.
«Laila…»
insistette.
Lei
sospirò e si voltò a guardarlo:«Non
so se voglio più continuare questa storia. Ecco,
l’ho detto.»
Harry
non credeva alle sue orecchie:«Non
capisco…ieri hai detto di
amarmi…perché, oggi, mi parli così?
Qual è il
problema?»
domandò,
confuso.
«Il
problema non
sono io, Harry, sei tu!»
«Io?»
«Sì,
tu!»
«Cos’ho
fatto!?»
«Cos’hai
fatto?!
Mm…» finse
di pensarci sopra:«Vediamo,
da dove cominciare? Forse, dal fatto che dopo qualche settimana
dall’inizio
della nostra storia hai cambiato totalmente atteggiamento! O forse, dal
fatto
che, per te, uscire con me sembra più un lavoro che un
piacere, ultimamente!
Oppure, dal fatto che non volevi che venissi con te dalla Granger!?
Scegli tu!»
urlò.
Silenzio.
«Hai
ragione,
sono stato un po’ distratto. Mi dispiace.»
sussurrò infine Harry.»
Lei
fece un sorriso amaro:«Un
po’…»
scosse
la testa, delusa.
«Questo
non
significa che non ti voglia bene!»
aggiunse.
«Sì…ma
mi ami?»
Lui,
esitò:«Non
lo so…insomma, sei la prima ragazza con cui
sto…stiamo insieme da qualche
mese…“amore” è una parola
importante…».
Lei
abbassò nuovamente gli occhi.
«Va
bene. Ho
capito. Lascia perdere».
Superò
il cancello e se lo richiuse alle
spalle. Mentre percorreva il vialetto, Harry la richiamò,
facendola voltare.
«Questo
che
significa?»
domandò.
«Non lo
so,
dimmelo tu.»
«Perché
hai
insistito tanto per venire?»
domandò,
dopo un po’.
«Eri
così
cambiato che ho pensato che magari fra te e la Granger potesse essere
nato
qualcosa…»
spiegò.
«Che ti
viene in
mente? Non c’è niente fra noi! E’ solo
una compagna di studi!»
Lei
non aggiunse altro.
«Vieni
alla
gita?»
chiese,
ancora.
Annuì.
Poi si voltò e proseguì.
«Laila!»
Tornò
a fissarlo.
«Dammi
tempo, va
bene?»
Lo
fissò:«Sei
ancora il mio ragazzo?»
«Solo
se tu
vuoi…»
rispose.
Lei
sorrise e annuì. Lui ricambiò.
«Ci
vediamo
domani!» le
disse.
Lei
alzò una mano in segno di saluto.
Harry
recuperò la bici e si rimise in
cammino.
Pochi
minuti dopo, gli arrivò un messaggio
da Laila:«Grazie
di
tutto!»
diceva.
Lui
sorrise e si rimise il cellulare in
tasca.
Arrivato a casa, entrò lentamente, deciso
a fare meno rumore possibile. Aveva quasi raggiunto la scala, quando
una voce
di donna lo chiamò dalla cucina. Lui si avvicinò:
sua madre e suo padre,
entrambi con indosso le vestaglie, erano seduti al tavolo e
sorseggiavano the
da un paio di tazze fumanti.
«Dov’eri
finito?»
domandò sua madre.
«A casa
dei
Granger. Io e la figlia del signor Granger dovevamo terminare un lavoro
per la
scuola e abbiamo fatto tardi…»
«Mi
domando
perché…»
aggiunse,
sarcastico, suo padre.
«James!»
lo rimproverò Lily.
«Papà,
io ce
l’ho già una ragazza!» si
difese
Harry.
«Calmatevi!
Stavo scherzando!».
La
moglie lo guardò storto poi, si rivolse
al figlio:«Non fa niente, Harry. La prossima volta
però, avvertici, per
favore.»
«D’accordo,
scusate».
Fece
per andare di sopra:«Aspetta,
figliolo, dobbiamo ancora dirti qualcosa…»
disse James.
Lui si
risedette.
«Abbiamo
saputo
che c’é in programma una gita, la prossima
settimana…»
«Sì,
alla
fattoria di Sam Buloski…»
precisò.
«Ah! Il
caro,
vecchio Samuel! Era mio compagno di studi al liceo…»
attaccò suo padre.
«Non
è questo il
punto…»
intervenne,
con fermezza, la moglie. Lui tacque.
«Ti
piacerebbe
partecipare, tesoro?»
domandò, con
dolcezza, la donna.
«Beh,
non
so…come farete con i soldi? E con i bambini?»
«Non
preoccuparti di questo, Harry!»
rispose suo padre:«Abbiamo
qualcosa da parte! E, per quanto riguarda i
bambini…è ora che anche Jessica si
prenda le sue responsabilità!»
sua madre concordò con un cenno del capo.
«Tuo
padre ed
io, riteniamo che sia importante che tu faccia questa esperienza, dal
momento
che, in passato, hai sempre dovuto rinunciare a causa delle cospicue
somme di
denaro richieste per la partecipazione…»
«Allora,
se non
avete nulla in contrario, io andrei.».
I suoi
genitori sorrisero:«Così
ci piaci, figliuolo!» suo
padre gli
batté una mano su una spalla e sua madre lo
abbracciò:«Adesso,
però, fila a letto che è tardi!»
sussurrò mentre lo stringeva.
«D’accordo!
Buonanotte!» e
schizzò al
piano superiore.
James
si avvicinò alla moglie e le cinse
la vita con un braccio:«Ho
l’impressione che si divertirà…»
disse.
«Sì,
anch’io…».
Diedero
un’ultima occhiata alle tazze sul
tavolo, si fissarono:«Andiamo
a
letto?»
propose James,
inorridito al pensiero di mettersi a lavare tazze dopo una giornata
massacrante.
«Assolutamente
sì!»
convenne la moglie, pensando la stessa
cosa.
Quando
anche l’ultima luce fu spenta, la
casa tornò silenziosa, avvolta da quell’aura di
tranquillità notturna che,
alcune ore dopo, sarebbe stata interrotta dal risveglio delle pesti.
Finalmente
sono riuscita ad aggiornare!
Beh…non sarà un gran capitolo ma…che
ne pensate?
Sperando
che qualcuno si ricordi ancora
di questa fanfiction, io vi saluto e…ci vediamo
l’anno prossimo!
Scherzavo!
Scherzavo! :D
Okay,
scherzi a parte, aspetto con ansia
le vostre recensioni, i vostri suggerimenti…tutto insomma!
Come sempre!
Un
bacione!
E
infinite grazie a chi ha aspettato
questo capitolo, per la pazienza!!
A
chi ha recensito e anche a chi ha
solamente letto: siete fantastici!!
granger90: Felice che ti sia piaciuto! Spero che ti piaccia anche
questo! Ciao! ^^
dolcepuffa:
Eh sì, Harry ha una vita
davvero pesante! Capitolo aggiornato! Spero ti piaccia! :)
PikkolaGrandefan:
Forse, questo non è
stato proprio un ravvicinamento, però…che te ne
pare? Al prossimo capitolo!
Ciao! ^^
Thaleron:
Già, i gemelli sono proprio
pestiferi! Per ora, ho scritto solo di Ginny, non so se
deciderò di farla
rimanere figlia unica o meno…si vedrà! Grazie
mille! Spero che ti sia piaciuto
anche questo cap.! Ciao!^^
crilli:
Eh…chi lo sa! ^^ Grazie mille
della recensione! Al prossimo capitolo! Ciao! :)
Bene!
Aggiornamento completato!
Allora,
al prossimo aggiornamento (che,
mi auguro, avvenga presto!)!
Ciao,
ciao!!
Un
megaabbraccio!!!!
LadyGiuly93