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Autore: Mue    29/12/2015    5 recensioni
Drusilla, sesto anno, Corvonero, odia due cose: il proprio nome e David Steeval, il tracotante, biondo e terribile migliore amico di James Potter. E ama due cose: il Quidditch e Tristan Vidal, il capitano della sua squadra.
Allora perché decide di mettersi con il suo migliore amico, scommette di far innamorare di sé il saccente Steeval e stringe un improbabile legame con il bizzarro Lorcan Scamandro?
Un'antica leggenda, vecchie storie di Folletti ribelli a Hogsmeade e un ballo a Hogwarts per una ricorrenza potrebbero ingarbugliare ancora di più questa situazione o darle finalmente la chiave della porta per il paradiso.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Nuovo personaggio, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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Buongiorno a tutti!
Mi sono fatta aspettare un po' di più ma eccomi con il nuovo capitolo. Spero che sia di vostro gradimento e ne approfitto per augurare a tutti buon anno! Grazie a tutti i lettori che mi scrivono e mi lasciano una recensione, è un regalo di Natale veramente gradito ^-^ Tanti auguri a tutti voi, che le vostre giornate siano meravigliose e piene di avventure come quelle di Drilla -magari un po' meno di guai. A presto!
 


XVII.
Confidenze

 

Era una pallida, fredda domenica mattina quando Tassorosso e Corvonero si scontrarono sul campo di Quidditch. E quando Corvonero strappò la vittoria alla squadra avversaria per duecento a centocinquanta punti.
Tuttavia, per quanto strano possa sembrare, Drilla quel giorno non gioì particolarmente. Al contrario: rimase silenziosa e in disparte mentre i compagni festeggiavano dandosi enormi pacche sulle spalle.
Da quattro giorni a quella parte nella mente di Drilla esisteva una cosa sola: il Medaglione.
Era tornata al ritratto della Signora Grassa più e più volte, aveva interrogato di nuovo il Frate Grasso, che era però rimasto vago e spiritato come solo un fantasma poteva essere; non aveva ottenuto nulla.
Come se non bastasse, febbraio si avvicinava, insieme alla sgradevole eventualità del Ballo dell’Armistizio. D'un tratto ricordò che quel pomeriggio avrebbe avuto la prima lezione con Van Duyne: sospirò, consolandosi a quel pensiero e con il fatto che non aveva più visto David da nessuna parte, quindi almeno le erano state risparmiate le sue frecciate velenose sui Folletti... sempre che fosse tornato il David di prima: non era del tutto certa che gli insulti ordinari che le aveva rivolto alla farsa di Quebec fossero spontanei o se invece fosse ancora dello strano, schivo umore che aveva mantenuto durante tutte le vacanze di Natale. Umore che, per qualche motivo che non riusciva a comprendere, le era ancora più insopportabile delle sue battute velenose.
Era così immersa nelle sue elucubrazioni che si accorse di trovarsi sola nello spogliatoio vuoto e silenzioso solo dopo qualche minuto. Sorpresa, si voltò a vedere se fosse rimasto qualcuno, e individuò, con grande sorpresa, Tristan Vidal seduto su una panchina ancora con la divisa di Quidditch addosso, gli occhi vitrei e la mente chissà dove.
“Tristan?” fece Drilla piano. Non sapeva come comportarsi di preciso con lui, ora che aveva capito che non le piaceva più.
Il ragazzo alzò lo sguardo. “Oh, ciao, Drilla. Non sei andata a festeggiare?”
Drilla alzò le spalle. “Non ne ho voglia. E tu, perché non sei andato? In fondo sei il capitano, questa vittoria è tua.”
Tristan sorrise mestamente restando in silenzio. Drilla non lo vedeva così strano da… beh, da mai.
“Stai bene?” domandò, incerta.
Tristan annuì. “Sì, non ho niente. Perché?”
Drilla esitò, poi si sedette accanto a lui sulla panchina. “Non mi sembra proprio.”
Tristan guardava dritto davanti a sé, in silenzio. Drilla cominciò a credere che non volesse parlare quando, d’un tratto, lui si volse a fissarla. “Drilla, onestamente… pensi che io abbia qualcosa che non va?”
Drilla rimase basita da quella domanda. “No, certo che no. Perché?”
“Pensi che abbia... non so, qualche problema? Che sia un tipo a posto? Magari... pure interessante?”
Drilla alzò gli occhi al cielo. Ma perché non mi hai fatto queste domande prima, stupido?
Si trattenne dal dirlo ad alta voce e sospirò. “Tristan, sei uno dei ragazzi migliori che conosca. Ogni tanto sei distratto o troppo concentrato su una cosa, è vero, ma per il resto sei a posto.”
“E allora perché lei non vuole stare con me?”
Drilla si morse un labbro, a disagio. Sapevano benissimo entrambi di chi stesse parlando, non c’era bisogno di fare nomi.
“Non lo so. Però… a volte capita di smettere di amare qualcuno…”
Il ragazzo reclinò la testa all’indietro appoggiandola alla spalliera e volgendo gli occhi in alto. “E non si può fare niente per tornare indietro, vero?” domandò sconsolato.
Drilla, nonostante tutto quello che aveva passato a causa della cotta per Tristan, nonostante tutta la rabbia che aveva accumulato quando si era messo con Rose Weasley, non riuscì a non provare un fiotto di compassione per lui.
Gli pose una mano sulla spalla. “Prova ad aspettare. Forse passerà.”
“Non credo. Ma… grazie.”
Drilla annuì. “Ora devo andare: ho una stupida lezione di ballo ad aspettarmi” spiegò con una smorfia.
“Già, i Folletti” disse lui con un sorriso. “Coraggio. Al Ballo ti inviterò ad un giro di danze, okay? Tanto per sottrarti a quegli esserini ignobili.”
Drilla sorrise. “Guarda che ti prendo sulla parola.”
Tristan si pose una mano sul petto. “Promessa di capitano della squadra.”
Drilla sorrise, poi riprese a vestirsi con la divisa scolastica. Come sempre, dopo la vittoria i suoi compagni avevano sparso vestiti, festoni, bottiglie di Burrobirra –e altre bevande meno lecite a scuola- e mucchi indefiniti di stoffa ovunque per tutti gli spogliatoi.
Frugò un po’ in cerca delle sue scarpe e, scocciata, si chinò a guardare sotto le panche. Ne trovò una ricoperta di ragnatele vicino ai bagni, e un’altra in un angolo nascosto, sotto un mucchio di vestiti.
Che è questa roba?, si chiese perplessa quando vide quello che sembrava un pezzo di pergamena strappata attaccato alla suola.
Lo staccò schifata con due dita e si stava già dirigendo verso il cestino della spazzatura quando l’occhio le cadde sulla scrittura sottile e arzigogolata che lo ricopriva. Rimase per un istante a decifrare le parole scritte frettolosamente da chissà che mano.
E per poco non le venne un colpo.
Ora capisco!

Arrivò ansimando davanti alla porta della Sala Grande. I professori avevano deciso che sarebbe stata usata da Van Duyne per le lezioni. E che l’enorme portone di quercia sulla soglia sarebbe stato chiuso.
Drilla non poté che concordare completamente su quella decisione: primo, perché sarebbe stato terribile se qualcuno –tipo David Steeval- fosse passato di là e l’avesse vista saltellare e piroettare di qua e di là; secondo, non si sarebbe mai potuta svolgere una lezione tranquilla con la folla di ragazze deliranti che già ora affollavano la Sala d’Ingresso, speranzose di scorgere anche solo per un poco da vicino il famoso, meraviglioso Van Duyne.
Per raggiungere la porta d’ingresso Drilla dovette farsi strada a gomitate e ginocchiate, anche andandoci un po’ pesante.
Una volta lì, si chinò ansimando, di malumore, quando una voce inaspettata le giunse dalla sua sinistra.
“Drilla?”
Drilla alzò lo sguardo.
Rose Weasley era lì, davanti a lei, in tutto il fulgore dei suoi capelli rosso fuoco.
“Ciao, Rose” la salutò Drilla, raddrizzandosi all’improvviso. “Anche tu sei stata scelta?”
Rose alzò le spalle. “Già.”
La porta della Sala Grande che si aprì e l’urlo della folla femminile attorno a loro le interruppe.
Insieme ad altre otto ragazze -tra cui Drilla, con gran disgusto, riconobbe Zafira Montague- lei e Rose entrarono nella Sala Grande chiudendosi a fatica i pesanti battenti alle spalle e lasciando fuori il caos della folla adorante femminile.
“Wow” esclamò Drilla.
I quattro tavoli delle Case erano stati spostati, tanto che l’immenso stanzone ora pareva più grande e, in un certo senso, più vuoto. La volta era di un azzurro splendente, e raggi di sole si gettavano obliqui sul pavimento di marmo entrando dalle finestre.
Al centro della sala le attendevano due persone: uno era McKinnon, insolitamente teso, l’altro, più basso e molto più magro, tanto da sembrare quasi un giunco sul punto di spezzarsi, era il famoso Kallias Van Duyne.
Drilla, Rose e le altre otto ragazze si avvicinarono quasi con timore.
“Ragazze, vi presento il vostro insegnante di danza per tutto il mese a venire. Kallias, queste sono le vostre allieve.”
Van Duyne era più giovane di quanto Drilla ricordava dalle foto sui giornali, e anche meno bello di quanto pensasse. Aveva capelli scuri e corti, due occhi profondi e un naso forse troppo lungo; aveva però anche una postura invidiabilmente signorile. Diede una rapida occhiata a tutte e dieci con occhi impenetrabili e chinò lievemente il capo con distacco. “Buongiorno” fu tutto quello che disse.
Non sembrò voler aggiungere altro, così McKinnon, schiarendosi la voce, si congedò. “Bene, vi lascio alla vostra lezione. Buon lavoro.”
Quando l’uomo uscì dalla porta per qualche istante regnò un silenzio imbarazzante nella stanza.
“Cominciamo” disse poi Van Duyne.
E così ebbe inizio la lezione.
No, non lezione. Massacro, si disse Drilla.
Van Duyne, contrariamente alle sue aspettative, si rivelò tutt’altro che un eccentrico e vanitoso ballerino. Era di poche parole, severo e intransigente; correggeva ogni passo scorretto, ogni errore di postura, ogni respiro al momento sbagliato. Non diceva mai più di quante parole non fossero necessarie a indicare e correggere, ed era di un distacco gelido.
Quando però per l’ennesima volta riprese atono Drilla che aveva sbagliato a sollevare un braccio, lei si spazientì. “Scusi, ma noi dobbiamo ballare una volta e con dei folletti. Che cosa importa se alziamo un braccio al momento sbagliato e non facciamo tutto perfettamente? Tanto loro nemmeno ci arrivano, alla nostra spalla.”
Non avrebbe potuto dire niente di più sbagliato. Il volto inespressivo di Van Duyne assunse un’aria ostile. “Non importa quante volte né con chi ballerete. La danza è un’arte, e quando ci si applica ad essa bisogna farlo con tutti se stessi. E ora, per favore, abbassa quel braccio.”
Drilla s’imbronciò, ma strinse i denti e proseguì la lezione.
Dopo un’ora e mezza di salti, passi, movimenti e posture, si lasciò cadere a terra, ogni articolazione del corpo che mandava fitte dolorose.
“Non avrei mai dovuto accettare di sostituire Emily” borbottò.
“Sei stata molto coraggiosa a offrirti per la tua amica” disse una voce alle sue spalle.
Drilla si voltò e vide Rose Weasley sedersi con grazia sul pavimento di fianco a lei.
“Lasciamo perdere” bofonchiò scontenta.
Rose si guardò intorno, poi tornò a volgersi verso Drilla sottovoce. “Senti, per quel giorno nel dormitorio di Grifondoro…”
“Ah, ecco, io…” cominciò Drilla a disagio. Pensandoci ora, a mente fredda e senza l’illusione di essere innamorata di Tristan, le sembrava di aver un tantino esagerato quella volta. “Mi dispiace di essere stata invadente…”
“No, sono io che ti devo una spiegazione” la interruppe Rose.
Drilla aprì la bocca per parlare, ma l’altra glielo impedì. “Ecco, vedi, in realtà io... io devo spiegarti una cosa” disse mordendosi un labbro. “Però tu mi devi promettere che non lo dirai a nessuno.”
Drilla annuì senza parlare, ansiosa di vedere dove volesse andare a parare Rose.
“Vedi, io… non mi sono messa insieme a Tristan perché lo amavo…” spiegò Rose. “Io… io l’ho fatto solo perché volevo vendicarmi della persona che mi piaceva davvero…”
“Scorpius Malfoy?” chiede Drilla casualmente.
Rose spalancò gli occhi. “Come lo sai?”
“Pensavi di farlo ingelosire” disse tranquilla Drilla, ignorando la sua domanda.
Rose strinse le labbra. “Sì, ma… ma non ha funzionato.” Stava assumendo un tono di voce acuto. Drilla capì al volo che era sull’orlo delle lacrime, e non aveva alcuna voglia di fare la spalla su cui la ragazza avrebbe pianto. Bruscamente le tese il pezzo di carta trovato attaccato alla sua scarpa negli spogliatoi. “Prima di dirmi altro è meglio che guardi questo.”
Rose lo prese, perplessa mentre singhiozzava. “Cos..?”
“Leggi.”
Rose obbedì. Non appena scorse la grafia sottile si lasciò sfuggire un sussulto.
“L’ho trovata negli spogliatoi” spiegò Drilla. “E quando l’ho letta e ho letto la firma in fondo ho capito.”
“Lo spogliatoio è stato… è stato il posto dove ci siamo dati il primo appuntamento di nascosto” disse Rose tirando su con il naso. Poi lesse tutta la pergamena e la sua espressione passò dall’afflizione a una gioia indicibile. “Non posso crederci” mormorò euforica, tenendo il pezzo di pergamena in mano come se fosse un cimelio preziosissimo. “Lui…”
“Non m’interessano le vostre faccende” la avvertì Drilla. “Te l’ho dato solo perché era giusto così.”
Rose la guardò sprizzando felicità da tutti i pori. “Oh, grazie, Drilla. Grazie!”
Drilla bofonchiò un “prego” non troppo convinto. Non aveva ancora perdonato a Rose di averle soffiato Tristan e, soprattutto, di essere così bella e perfetta.
“Tu... tu non hai idea di che felicità tu mi abbia dato! Se posso fare qualcosa per te… qualsiasi cosa…” si offrì Rose, entusiasta.
Drilla stava per ribattere un secco “no!”, ma i ricci ramati di Rose le fecero venire in mente un'altra chioma di uguale tinta cromatica.
“Mi sai dire perché tua cugina mi tratta così?” chiese accigliata.
“Lily? Oh, pensavo che fosse evidente” disse Rose sorpresa.
Drilla inarcò un sopracciglio a dimostrazione che per lei non lo era poi così tanto.
“E’ gelosa” spiegò Rose semplicemente. “Le piace Stuart Dunneth.”

 

   
 
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