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Autore: rossella0806    29/12/2015    2 recensioni
Philippe Soave è uno psicologo infantile che lavora presso il "Centre Arcenciel" di Versailles, una sorta di scuola che ospita bambini e ragazzi disagiati, a causa di dinamiche famigliari non proprio semplici.
Attraverso il suo sguardo appassionato, scopriremo la realtà personale dei piccoli e grandi ospiti, ognuno dei quali troverà un modo per riscattarsi dalle ingiustizie della vita.
Ci sarà anche spazio per sorridere, pensare e amare!
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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IL COLPO DELLA STREGA



Era un sabato mattina relativamente tranquillo: in giro, infatti, non sfrecciavano molte macchine, sostituite invece da passanti frettolosi ed accaldati, che si riversavano sui bordi delle strade, lungo i marciapiedi in buona parte affollati, mentre la carregiata era presa d'assalto da impavide biciclette che, abbandonata la pista ciclabile per improbabili acrobazie, tentavano di districarsi con successo nelle file infinite di automobili e motorini parcheggiati.
“Sono venuto in treno …” esordì Philippe, dopo che erano rimasti in silenzio per una manciata di minuti interminabili: da quando erano usciti dalla stazione di polizia, infatti, le loro bocche avevano cominciato a tacere, solo le loro dita si sfioravano di tanto in tanto, cercando la prova che erano davvero lì, in carne ed ossa, uno di fianco all'altra, nonostante tutte le difficoltà che stavano accadendo.
“Non fa niente, possiamo anche fare due passi ...”
La voce di Liliane risultava stanca e provata: mentre pronunciava quelle brevi frasi, lo psicologo notò la preoccupazione sul suo volto, lo sguardo basso sulle ballerine, i capelli biondi spettinati in quella che, diverse ore prima, doveva essere una treccia.
“Andrà tutto bene, ne sono sicuro” la consolò, cingendole le spalle e dandole un bacio sul capo, senza rallentare l'andatura.
“Non capisco perché Mathieu mi abbia fatto questo … è assurdo!”
Philippe strinse i pugni: a sentir pronunciare il nome di quell'essere spregevole, uno strano formicolio cominciava a pervadergli le mani, le braccia e le gambe, così cominciò a sciogliere la tensione, aprendo e chiudendo le dita, in attesa che la rabbia si attenuasse.
“Perché è un pazzo, ecco perché! Dopo che tu gli hai negato i trentamila euro per aprire uno stupido studio in Australia, ha voluto vendicarsi del tuo rifiuto, incolpandoti di qualcosa che, solamente a pensarci, mi viene da ridere, talmente è impossibile che tu possa avergli rubato quei soldi … E' davvero una cosa da matti!”
I due si fermarono sul ciglio della strada, il semaforo davanti a loro che segnava il rosso.
Una volta in marcia, lo psicologo riprese con tono più sereno:
“L’ispettore Duran è lo stesso poliziotto che mi ha fermato in seguito agli scontri di Pauligny, più di un mese fa. Quando i manifestanti mi hanno ferito e ho perso i sensi, mi ha portato in ospedale – o ha chiamato l’ambulanza, questo non l’ho mai saputo- ed è stata la prima persona che ho visto, non appena mi sono risvegliato. E’ un brav’uomo e sono convinto che saprà svolgere al meglio il suo lavoro, Liliane. Dobbiamo avere fiducia in lui: molto presto, tutto si risolverà, amore
La donna, il volto sempre abbassato a terra, si fermò di colpo, mentre stavano percorrendo la via parallela a quella del parco, a pochi minuti dal suo appartamento.
“Come mi hai chiamata? A-amore?”
Philippe si voltò e sbatté le palpebre, imbarazzato, temendo di aver fatto l'ennesima gaffe, dato lo sguardo crucciato della psicologa, pochi passi dietro di lui:
“S-sì, perché? Forse non avrei dovuto farlo? Ascolta Liliane, tra me ed Aimée non è mai successo nulla, devi credermi! Io sono innamorato di te ed è questo che conta, tutto il resto non ci deve interessare! Adesso, dobbiamo solo trovare una prova che ti possa scagionare e …”
La ragazza lo raggiunse e, sorridendogli, lo abbracciò, sollevandosi sulle punte.
“Andiamo a casa, Philippe, abbiamo tante cose da recuperare…”


Fu un pomeriggio, allo stesso tempo, dolce e teso: quando arrivarono nel piccolo stabile in cui viveva la psicologa, era ormai l’una e mezza passata.
Nessuno di loro due aveva voglia di mangiare, così si sdraiarono sul letto e rimasero abbracciati fino al primo pomeriggio, dopo essersi addormentati stretti l’uno all’altra.
Fuori c’era un bel sole, invitante e gioioso: dalle persiane accostate, si riuscivano ad intravedere le ombre delle altre abitazioni che la palla infuocata proiettava sui muri, se veniva momentaneamente oscurata da qualche rarissima nuvola.
In lontananza, il rombo di un paio di aerei diretti all’aeroporto di Parigi li svegliò completamente.
“Forse è meglio alzarci …” propose Philippe, levando il braccio intorpidito dalla schiena di Liliane.
“Abbiamo meno di due giorni per cercare qualcosa che possa provare la tua innocenza” continuò l’uomo, girandosi sul fianco sinistro per guardare la compagna e scostarle una ciocca di capelli dagli occhi verdi.
“Lo so, ma non mi ricordo nulla di quel fantomatico giorno! A dir la verità, non so neppure perché Mathieu abbia deciso di utilizzare solamente i suoi soldi invece che i nostri risparmi in comune …” gli rispose affranta, mettendosi a sedere.
“Che lavori dovevate fare?”
Liliane si passò una mano sul volto stanco e tra i capelli biondi, ormai scarmigliati.
“Abbiamo rifatto i pavimenti e cambiato gli infissi. I proprietari precedenti erano dei vecchietti che si erano trasferiti in una sorta di casa di riposo statale, perché non riuscivano più a mantenere le spese per la casa, quindi, quando venne messa all’asta, passarono diversi mesi prima che qualcuno l’acquistasse: un giorno, quando ormai stavamo perdendo le speranze, trovammo l’annuncio su un giornale e decidemmo di comprarla. Quando entrammo, qualche mese dopo, era autunno inoltrato e, trovandosi all’attico, a causa delle abbondanti piogge dell’ultimo mese, l’acqua si era infiltrata praticamente dappertutto. I cinquantamila euro sono serviti per questo e per completare l’arredamento di quello che avrebbe dovuto essere il nostro nido d’amore” concluse ironica, abbassando lo sguardo.
“E non ricordi se in giro, da qualche parte, c'è ancora una ricevuta dei lavori che avete fatto? Qualcosa che dimostri che quella sottospecie di uomo era consenziente quando ti ha dato i soldi?!”
“Può darsi che ci sia, Philippe" ammise a voce bassa, sfiorandogli una mano "ma quando Mathieu partì per l’Australia, si portò via tutte le sue cose, compresi i documenti e decine di pile che, per me, erano solamente carta straccia! Io non so se, in mezzo a quella roba, ci potesse essere quella ricevuta! Non lo so, non lo so…”
Liliane gli si avvinghiò, cercando di reprimere le lacrime.
“Tranquilla, non devi lasciarti abbattere. Ascolta” cercò di rincuorarla, prendendola per le braccia e obbligandola a guardarlo negli occhi “almeno ti ricordi se, per utilizzare quel denaro, ti ha girato un assegno o ti ha fatto un bonifico?”
“Ma l’ho già detto all’ispettore che non lo ricordo!” mugolò la ragazza, coprendosi il viso e cominciando ad agitarsi sul letto.
“Riesco a ricordarmi perfettamente il motivo per cui abbiamo utilizzato quei maledetti soldi, ma non mi viene in mente perché e come sia entrata in possesso dei cinquantamila euro e … aspetta un attimo!”
“Cosa? Cosa ti è venuto in mente?!” domandò speranzoso Philippe, avanzando carponi sul letto.
“Mathieu aveva deciso di donarmi la cifra come regalo di inizio della nostra convivenza insieme, una sorta di gesto beneaugurante!” si entusiasmò Liliane, gesticolando con le mani e sistemandosi sulle ginocchia.
“Sì, ma anche questo lo hai già detto a Duran!” tentò di farla ragionare, mettendosi seduto come lei.
“No, Philippe, questo non gliel'ho detto! Ero talmente in subbuglio ed in soggezione che, stupidamente, non ne ho fatto parola! Adesso, però, mi è tornato in mente tutto! Il mese prima era il mio compleanno e Mathieu era via per lavoro. Quando tornò, mi promise che saremo andati a vivere insieme, perché aveva fatto un colpo grosso e, come risarcimento per non essere stato presente alla festa e non avermi regalato nulla, decise di pagare le spese di ristrutturazione! Ora che mi ci hai fatto pensare, sono sicura di avere ancora da qualche parte il biglietto che mi aveva scritto e in cui mi spiegava il motivo di una donazione tanto generosa!”
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, poi, l’espressione seria, domandò:
“Conservi ancora i suoi biglietti d’amore?”
“Non sarai geloso?! Finalmente ho una prova con cui scagionarmi e ti metti a fare il geloso?!”
“Ma stavo scherzando, amore! Non m’interessa nulla delle sue stupide parole, l’importante è che puoi gridare a tutti la tua innocenza!”
I due si abbracciarono per un tempo che sembrò infinito, finalmente consapevoli del loro sentimento.
“Ti amo, Philippe …” lo baciò, mentre copiose lacrime le rigavano il volto.
“Ti amo, Liliane …”


Trascorsero il resto del pomeriggio alla ricerca di quel biglietto, l’àncora di salvezza per evitare temibili ed illegittime conseguenze con la giustizia.
Misero a soqquadro l’intero appartamento: aprirono cassetti, tirarono fuori vestiti e scarpe dagli armadi, spulciarono tra gli scaffali, controllarono sulle mensole del salotto e nei faldoni del piccolo studio, esaminarono i contenitori sotto il letto, studiarono gli angoli di ciascuna stanza, ma, dopo un’ora, non erano riusciti a trovare neppure l’ombra di quel fantomatico foglietto.
Sembrava un crudele scherzo del destino: scovarono, infatti, quasi due dozzine di biglietti per gli auguri più disparati, ma, quello che avrebbe significato la libertà incondizionata per Liliane, sembrava essersi volatilizzato nel nulla, disintegrato, perso.
“Forse l’ho buttato …” considerò amareggiata la ragazza, buttandosi sul divano, tenendo a bada la rassegnazione che si stava nuovamente impadronendo di lei.
“Abbiamo ancora tutta la notte per cercare! E anche domani, se dovesse essere necessario! Non devi abbatterti: non puoi farlo, Liliane, non puoi!”
Philippe le si avvicinò e le si sedette vicino, prendendole le mani tra le sue.
“Non mi sto dando per vinta, sono solo realista. Se non troviamo quel biglietto, non avrò più modo di dimostrare la mia innocenza! E’ il mio unico appiglio, l’unica prova che testimoni che Mathieu ha sempre mentito!”
I due rimasero in silenzio per qualche secondo: erano quasi le sei e, i loro stomaci, ricordarono loro che non si rimpinzavano da quella mattina.
“Ascolta, perché non ci fermiamo per mezz’ora, così mangiamo e poi riprendiamo fino ad oltranza? Con la pancia piena, si ragiona meglio, fidati di uno chéf stellato …”
Lei lo guardò negli occhi verdi e abbozzò un sorriso tirato:
“Hai ragione. Non volevo dirlo, ma mi è venuta una certa fame"


L’acqua per la pasta stava bollendo: lo psicologo aveva apparecchiato la tavola e adesso stava per buttare i rigatoni, quando gli cadde un’oliva.
Uhm, accidenti!”
 “Cos’è successo?” domandò Liliane, mentre stava recuperando l’acqua e il vino dal frigo.
“Niente, mi è scivolata un’oliva. Dov’è la scopa?”
“E’ sul balcone, sulla sinistra: c'è ancora da togliere il prezzo. Stamattina, con tutto quello che è successo, non ho fatto in tempo: sai, di quella che avevo prima, ieri sera mi è rimasto in mano il manico!” gli spiegò, mentre il ragazzo apriva la portafinestra per recuperare la ramazza.
“Non preoccuparti, il cartellino l’ho già staccato …” continuò, cercando di recuperare il cibo incriminato.
“Ma non ti capita mai di far cadere qualcosa?”
“No, caro, non sono così sbadata come te!” lo punzecchiò, accovacciandosi e stampandogli un bacio su una guancia.
“Oh, finalmente! Rotolava e non riuscivo a …” tentò di spiegare, dopo qualche secondo di quella lotta impari.
Poi, d’improvviso, lo psicologo si bloccò, carponi sul pavimento, la scopa abbandonata da un lato.
“Philippe …? Ti è venuto il colpo della strega? Vuoi che ti aiuti a rialzarti?” s'informò preoccupata, abbandonando il cestino con la baguette appena tagliata.
“L’ho trovato! Liliane, ho trovato il biglietto!”
Si alzò in piedi, più scattante che mai e, brandendo il cartoncino a lungo cercato, esclamò:
“Sei salva, amore! Guarda, la data corrisponde a quella del tuo compleanno, cioè, ad un mese dopo il tuo compleanno!”
Lei rimase immobile per un istante, la bocca semiaperta:
“L’hai trovato! Oh Philippe, ti adoro, non ho mai amato nessuno come amo te!”
Lo abbracciò con tutta la forza e la passione di cui fosse capace e, le lacrime agli occhi, gli promise:
“Ti sarò per sempre riconoscente di tutto quello che hai fatto per me, amore mio, non potrò e non vorrò mai dimenticarlo, te lo giuro …!”
Il ragazzo la baciò e, sorridendo, sdrammatizzò:
“Benissimo! Allora questo vorrà dire che ti avrò in pugno per il resto della mia vita ... cosa ne pensi? Sei d'accordo?”
“Credo proprio che sarà così!”
Il biglietto tra le mani, Philippe consigliò:
“Adesso mangiamo: dobbiamo festeggiare la fine di questo incubo! Più tardi, appena finiremo, chiameremo l’ispettore e gli spiegheremo ogni cosa!"
L' uomo abbracciò nuovamente la compagna: chiuse gli occhi verdi per un istante, sentendosi pervadere da una felicità e da una tranquillità mai provata prima.
Poi, incrociò le dita in quelle di lei e, strappandole un bacio, le promise:
"Nessuno ti farà più del male, Liliane, nessuno …”
   
 
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