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Autore: PriorIncantatio    02/01/2016    4 recensioni
"Un mese dopo la battaglia di hogwarts, il nuovo primo ministro deve ricostruire una comunità. Gli orrori della guerra pesano tutti sulle spalle dei colpevoli o dei presunti tali che sono sottoposti a processo. Fra questi, vi sono i Malfoy, vittime dei pregiudizi della comunità magica e prigionieri degli errori passati. Cosa può fare Hermione Granger per Draco Malfoy? E cosa sarebbe disposta a perdere per Malfoy, una volta messe da parte i propri pregiudizi? Si può risorgere dalle ceneri o, per farlo, bisogna rendere tali tutti i sacrifici del proprio passato?"
-PriorIncantatio
"Bisognava risorgere, dalle ceneri come le fenici, era doveroso e necessario per non dare nuova linfa al male e lasciare loro la possibilità di riprendersi quello per il quale in tanti hanno dato la propria vita: la libertà."
Genere: Fluff, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Un po' tutti | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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NEI GRANDI GIORNI. NEI GIORNI DI TORMENTA.
 
 
"Il nostro dovere è quello di essere utili, non secondo i nostri desideri, ma secondo le nostre forze." - Henri-Frédéric Amiel
 
Hermione stava risalendo in maniera rapida l’ampia scalinata che l’avrebbe fatta accedere all’ufficio del Primo Ministro. Quella mattina non aveva alcuna intenzione di avvicinarsi al Ministero, anzi voleva svegliarsi con la piena volontà di iniziare a documentarsi su quello che ormai per lei era diventato il “Caso Malfoy”. Nonostante l’atteggiamento ostile di Draco, Hermione non poteva che andare avanti imperterrita e sicura di sé, doveva dimostrare a lui di che pasta fosse e che, dopo gli anni ad Hogwarts, era ancora lei quella ad avere la situazione in pugno.
Tuttavia il karma serbò alla giovane il destino opposto: alle ore otto e trenta minuti una lettera sbucò da sotto la porta di ingresso di casa Granger: il Ministro in persona chiedeva con urgenza la sua presenza in Ministero, di lì a venti minuti.

Hermione sperava in cuor suo che il motivo fosse realmente valido. Odiava posticipare i suoi impegni o declinare gli imperativi, ovviamente categorici, che si imponeva ogni giorno.
Quella mattina il tragitto le sembrò più lungo e tortuoso del solito, le scale sembravano essersi triplicate, le porte, a giudizio di Hermione, sembravano aver preso vita come le scale di Hogwarts e parevano essersi mosse a loro piacimento.
Ma fortunatamente prima che potesse imprecare qualche sortilegio in nome di Morgana, Hermione giunse davanti all’ufficio del Ministro.
La segretaria, Samantha, le degnò un misero sguardo arcigno, le due guardie dietro di lei avevano occhi fissi nel vuoto, come a perlustrare uno sconfinato campo posto di fronte ai loro occhi.
Hermione consegnò alla donna la lettera scritta di pugno da Kingsley: la procedura venne conclusa nel silenzio più totale.
Appena Hermione superò le guardie ministeriali le arrivarono alle orecchie due sorde ma differenti voci. Il Ministro non era da solo. Aveva già in mente il piano d’azione qualora l’altro presente fosse Draco Malfoy.
Avrebbe schiantato il ministro contro la parete più robusta dell’ufficio ed avrebbe polverizzato il secondo. Come sarebbe uscita indenne ancora non lo aveva pianificato.

Per sua sfortuna, o fortuna, l’altra voce apparteneva a Tiberius Ogden, e un po’ si vergognò di non averla riconosciuta.
«Eccoti signorina Granger, iniziavo a temere che ti fossi persa» aveva iniziato Ogden. Mentre Kingsley fu più accondiscendente: «Vieni, accomodati» disse alzandosi dalla sua comoda poltrona di pelle nera.
«Scusate il ritardo, ma di certo non mi aspettavo “un’udienza” così a sorpresa. A cosa devo l’onore?»
Ogden era seduto alla sua destra, il Ministro ancora in piedi non sapeva esattamente se concentrarsi su Ogden o su Hermione. Poi optò per il primo, suggellando quello che doveva essere uno sguardo intimidatorio.
Prendendo al volo il silenzioso suggerimento, Ogden accavallò la gamba sinistra con una grazia che non gli apparteneva e girò il volto incrociando gli occhi curiosi e nervosi di Hermione.
«Ebbene, com’è andato il primo giorno di scuola?» chiese, con un tono che la giovane non seppe identificare se ironico o assolutamente beffardo come a schernirla.
Hermione represse un soffocato istinto omicida, abbassò il capo e le labbra subirono un involontario movimento incurvandosi all’infuori facendo assumere al volto della ragazza uno sguardo serioso o, forse, piuttosto pericoloso.
Sospirò pesantemente rialzando la testa e sorridendo sia in direzione del Ministro che del suo ormai ex istruttore: «Sapete, sono del modesto parere che la presunta amicizia che dovrebbe legarci possa assolutamente andarsi a farsi fottere. Sono stanca di essere considerata come una stupida bambina alle prime armi che tenta inutilmente di fare qualche inutile incantesimo. Non sono un membro del Wizengamot, non sono pagata da voi, non sono una vostra collega, non sono una vostra spia o informatrice. Ho una dignità, ho una professionalità da rispettare e soprattutto il dovere di comportarmi nella maniera più giusta e consona nel rispetto e nella privacy del mio cliente e-» ma a quel punto fu bruscamente interrotta da uno spaventato Ogden.
«C-certo Hermione, non avevamo assolutamente nessuna intenz-.»
«Taccia e mi lasci concludere. Mai e dico mai avrò un’altra discussione del genere. Mai avrete informazioni dei miei presunti progressi o delle mie infamanti sconfitte col caso Malfoy. Voi mi avete affidato il caso e sono onorata di questo, ma non posso assolutamente coinvolgere nessun’altro se non Draco stesso. Non considerate le mie parole e le mie azioni come indegne, ritenetele soltanto giuste e precauzionali. Lo faccio nel rispetto del mio lavoro, della mia posizione, del mio assistito e del Ministero stesso.»

Dopo queste parole di fuoco rimasero tutti in silenzio come se aspettassero, da un momento all’altro, che qualcuno arrivasse in quell’ufficio gridando che nulla era mai realmente accaduto e che potevano stringersi la mano e ricominciare da capo.
Kingsley ovviamente aveva capito, nonostante tutto, che aveva sbagliato ad agire in quel modo. Aveva parlato Ogden certo, ma l’idea era stata sua. Cosa credeva di ottenere? Soprattutto dopo un giorno? Ora si era immaginato in un angolo di casa sua, illuminato soltanto dalla calda luce del suo camino, con un bicchiere di vino appena bevuto e con il suo sapore ancora palese sulle sue labbra, strofinandosi le mani come il più osceno e turpe degli strateghi. Era realmente lui?
Dunque, per scacciare via quella angosciante visione, il Ministro decise di rompere il silenzio: «Tiberius, posso chiederti gentilmente di lasciarci da soli? Parleremo più tardi.»
Ogden ancora visibilmente tramortito si alzò velocemente, fece un intimorito doppio cenno di “sì” col capo, dopodiché guardò Hermione con sguardo sconfortato, umano, non da lui: «Io… mi dispiace Granger, non dovevo parlare in quel modo.» Poi uscì, e prima di scomparire dietro l’infisso di mogano scambiò un’ultima battuta dicendo: «Sono fiero di te.»
Il rumore della porta fu sordo, ma non indelicato. Lasciò i due con i loro personali pensieri, subito però da accantonare.
Kingsley si alzò e si girò di spalle, di fronte a lui un meraviglioso panorama si estendeva dominante: aveva ai suoi piedi la Londra babbana, il London Eye, il Big Ben e il Palace.
Hermione vide che si stava massaggiando nervosamente la porzione di pelle tra la guancia e il mento, poteva riuscire a percepire lo sfrigolio della mano con la barba rada dell’uomo.
«Posso farti una domanda, Hermione?»
Il tono era pacato, la ragazza non poté esimersi dall’avvertire una nota di pura rassegnazione.
«Certo, Ministro» rispose sicura, non voleva perdere il vantaggio accumulato precedentemente.
Ora, ciononostante, si sentì un po’ calcolatrice, un po’ meno se stessa. Probabilmente Ogden le avrebbe fatto i complimenti anche per questo suo nuovo modo di rapportarsi e di ragionare.

«Hai mai dubitato delle mie possibilità, come Ministro intendo?»
«Non credo di essere la persona giusta alla quale fare questa domanda. Con tutto il rispetto che ho anche verso me stessa, ma non credo di ricoprire un ruolo politico così influente da poter consigliare o dare una risposta del genere. Eppure so che non immaginerei qualcun altro al suo posto.»
Hermione stava considerando la sua risposta un po’ troppo convenzionale e diplomatica, ma davvero non credeva di essergli d’aiuto in quel caso.
«Una cosa è certa. Credo di aver superato il limite in questo caso, mi sono lasciato troppo prendere da qualcosa che oggettivamente non dovrebbe competermi. Sì, lo hai detto tu stessa che io ti ho procurato l’assistito, ma il mio lavoro sarebbe dovuto concludere lì. Invece sono andato avanti come se non mi fidassi di te, quindi perdonami se in qualche modo, in questo modo, ti ho ferita. Temo che tutta questa pressione non riuscirò a sopportarla fino alla fine dei giochi.»

Hermione non aveva mai visto Kingsley così aperto, così preoccupato. La sua voce atona rendeva ancora più incomprensibile quel momento. Non era sicura che quell’uomo non fosse in grado di tenere in pungo la situazione e peggio ancora i suoi sentimenti, però credeva al fatto che un po’ l’aveva deluso. Lo aveva sempre considerato un uomo fermo, incorruttibile. Forse aveva ragione, aveva perso il timone della situazione e stava giungendo inesorabilmente tra gli scogli.

«Fa' ciò che più reputi opportuno, Hermione. Se hai bisogno di consigli io e Tiberius siamo a tua completa disposizione, se ti occorrono fondi oppure fascicoli di ogni genere non preoccuparti a bussare alle nostre porte. Faremo in modo che tu possa realmente perdonarci e fidarti di noi.»
«Ministro, Kingsley, non devi assolutamente preoccuparti, non ho mai smesso di fidarmi di voi, tanto meno non occorre adoperarsi in questo modo per il mio perdono perché entrambi lo avete già ottenuto. Sono delusa, questo è vero, ma fino a prova contraria ciò avviene per le persone verso le quali si nutre affetto e fiducia. Il lavoro che mi aspetta è lungo, tortuoso, difficile se non impossibile, quindi è inutile che tu voglia caricarti di altri pesi inutili. Hai tantissimo lavoro di cui occuparti, e non c’è soltanto Draco Malfoy a dover preoccuparsi del processo.»

«Molto bene, Hermione. Però prima di congedarti dobbiamo parlare di un’ultima cosa. Dobbiamo rendere nota questa cosa, più tempo lo teniamo all’oscuro al Ministero e agli inglesi, più potrebbe diventare una bomba ad orologeria e con tutto il rispetto, ma non voglio schiantarmi per paura che qualcuno lo possa scoprire prima che venga rivelato ufficialmente.»
«Dammi una data» rispose sicura Hermione, che ormai aveva si era vestita totalmente in panni istituzionali.
«Domani.»
Hermione si rilassò lungo lo schienale morbido della sua poltrona, piegò il capo leggermente alla sua destra e si portò le mani alle labbra. «Continui a darmi sempre molto preavviso come noto» rispose ironica, ma con tono leggero, dimenticandosi almeno per il momento del diverbio precedente.
Così detto Hermione si alzò elegantemente,  strinse la mano a Kingsley e si scambiarono entrambi uno sguardo d’intesa significativo, dopodiché lei uscì e lasciò l’uomo a riflettere ancora una volta. Poi picchiò il pugno sul tavolo energeticamente con le nocche due volte, facendo risuonare l’anello all’impatto con il duro legno, in puro segno di approvazione. Non poté fare che un’ultima chiamata: «Samantha, rintraccia Narcissa Malfoy, in serata voglio incontrarla. Decide lei dove, come e quando.»
 


Kamëz – Albania

Quella casa diroccata fu sino a quel momento l’unica ambigua forma di fortuna. L’aspetto esterno sconsigliava i possibili visitatori a tenersi alla larga da essa: sembrava reggersi in piedi per chissà quale strana legge fisica. Ricordava vagamente La Tana dei Weasley, sicuramente meno accogliente, meno familiare, meno calda ed umana. La giusta dimora provvisoria di Lucius Malfoy.
Aveva appena finito di cenare con un insulso pasto fattosi recapitare da una locanda poco lontano dalla casupola. L’uomo decise di dedicare la sua libera serata intrattenendosi con la lettura di vari giornali della settimana, con la fortuna di conoscere l’incantesimo per tradurre testi non propriamente inglesi.
Si spostò, dunque, in quello che una volta doveva essere un semplice ma delicato salotto babbano. La temperatura era piuttosto bassa così accese il camino, non preoccupandosi di suscitare curiosità nel far vedere che da quella casa, da chissà quanto tempo abbandonata, fuoriuscisse fumo dal comignolo.
Si sedette su un vecchio e logoro divano dove da più punti si intravedevano pezzi di stoffa strappati, strati di spugna che sbucavano, innumerevoli livelli di polvere annidati in ogni minuscolo spazio.
Così prese il primo giornale.

Venerdì 23 Ottobre 1998.
INTERVISTA AL POTERE, un articolo di Rita Skeeter.

Come poter meglio dissipare ogni dubbio, ogni preoccupazione, ogni possibile traccia di insicurezza del singolo cittadino babbano o non, circa i fatti che intercorrono tra le aule del tribunale del Wizengamot e quelle ancora più segrete dei piani alti del Ministero?
L’unica soluzione possibile che sono riuscita a trovare per far sì che voi, miei carissimi e amati lettori ed illustri portavoce della verità, fosse quello di interrogare, o meglio (fatemi addolcire il termine) quello di intervistare proprio il nostro Primo Ministro che dovrà, purtroppo, rispondere a molte accuse mossegli da più parti e su più fronti.
Si tratta pertanto di una grandissima esclusiva che solo la Gazzetta del Profeta poteva riuscire ad ottenere.
Ho incontrato il Ministro nel suo ufficio e nel via vai generale, anzi, lo definirei universale, sono riuscita qui a riportare le dichiarazioni più importati. Non sono frutto di insulse e inappropriate estrapolazioni, ciò che vi è destinato è il frutto del mio duro lavoro di giornalista-reporter.

Il disgusto che Lucius provava per quella donna non era minore di quello che serbava il resto del popolo magico, tuttavia era realmente curioso di vedere in che modo la donna avesse manipolato l’intervista, quindi decise di continuare, anche un po’ divertito.

Buongiorno, Primo Ministro.
-Buongiorno a lei, signorina Skeeter.

Direi che potremmo saltare i preliminari di convenevoli, siamo entrambi molto indaffarati e sicuramente  non interesserebbe ai nostri lettori. Quindi direi di iniziare subito con alcune domande che si sono posti i lettori e me tra loro. Perché sin dall’inizio ha sostenuto una campagna di ringiovanimento e rinvigorimento del Ministero, per poi cadere su scelte come Tiberius Ogden?
-Secondo la mia modesta opinione, signorina Skeeter, per fare bene il proprio lavoro e per ottenere determinati risultati è obbligatorio affidarsi ad uomini con valide esperienze sul campo e fuori da esso. Ciò non vuol dire che la mia “campagna”, come lei l’ha definita sia andata a farsi benedire, soltanto che in questo momento ho bisogno di affidabilità, di competenze.

Ciò vuol dire che non c’è nessun giovane capace, Signor Primo Ministro?
-Non è ciò che ho detto.

Ha chiaramente più volte sottolineato in quest’ultimo periodo l’importanza di ottenere successi. Ora, mi perdonerà, ma la “mia modesta opinione” mi spinge a chiederle se davvero ne avete avuti?
-Non penso ci sia una labile differenza tra ciò che per ora abbiamo ottenuto e il fallimento. Sono sicuro che si può fare ancora di meglio, questo è ovvio.

Quindi non sempre l’esperienza paga?
-L’esperienza e risultati che ne conseguono si vedono a lungo raggio, non nell’arco di pochi mesi. Devo affermare che ogni singolo uomo o donna che lavora in questo palazzo abbia scelto come filosofia lavorativa e spero anche di vita, quello di adoperarsi nella trasparenza, che sicuramente è mancata dal governo Caramell  in poi.

Allora è difficile lavorare con una voragine così ampia? O sta cercando soltanto di screditare un uomo che ha servito fedelmente il suo Paese per non far ricadere la colpa sulle sue spalle?
-Credo che lei abbia frainteso e non credo sia la prima volta. Ma le risponderò anche in questo caso. E la risposta è un categorico no. Non è difficile lavorare con questo genere di passato e no, non scredito nessuno per il puro piacere di farlo. Caramell ha avuto i suoi meriti, così come le sue colpe.

E la sua colpa?
-Probabilmente aver accettato di presenziare a questa intervista. Tuttavia sono franco e ammetto che probabilmente sto mettendo soltanto il 30% di me stesso. Ma rimedierò e questa è una promessa che intendo fare qui davanti a lei.

Ebbene, cari lettori. Avete letto proprio bene e sono sicura che anche voi vi starete massaggiando gli occhi. Abbiamo approfondito ancora di più l’ambigua personalità di Kingsley Shacklebolt e di certo non credo di essere contenta di averlo fatto, ma considerate questo gesto come puro atto di magnanimità nei vostri confronti.
È stato schietto? Avrà detto la verità? È difficile sapere considerando che metà del tempo passato con lui l’ho sfruttato nel mero tentativo di percepire qualche passo falso. E ne ho notati, e non pochi.
Può cavarsela così apertamente proclamandosi come nuovo legislatore aperto all’innovazione per poi muoversi nella direzione opposta? E perché così tanti ritardi per le udienze? Che fine hanno fatto i grandi nomi da sbattere fino alla fine dei loro giorni ad Azkaban? Cosa ci sta nascondendo di così misterioso? E soprattutto, dove sono gli ultimi fuggiaschi della Guerra?

Oh, siate consapevoli di una cosa.
Lo scoprirò, e voi, soltanto voi giudicherete quella verità
Al prossimo appuntamento,
con affetto,
Rita Skeeter.

 
 
Erano le dieci di sera. Narcissa aveva promesso a Kingsley che si sarebbero incontrati di nuovo nel suo ufficio poiché finalmente era possibile giungervi tramite la metropolvere. Tuttavia non era ancora arrivata e non sapeva se era in ritardo o lei pensava di arrivare con troppo anticipo. Era lì dalle otto di mattina e non sopportava l’idea di tornare a casa troppo tardi anche se, era palese, non c’era nessuno ad aspettarlo.
Decise che fino a quel momento dovesse rilassare i muscoli e le membra, quindi si diresse alla sua scrivania aprì l’ultimo cassetto e tirò via da questo una scatola in legno caratterizzata da eleganti e finissime intarsiature. I bordi erano evidenziati preziosi filamenti in oro. Era antica ma lo stato in cui era mantenuta non lo faceva presupporre. L’aprì per la prima volta e notò che sopra ad una pellicola opaca, che copriva e proteggeva il contenuto, vi era un biglietto. Appoggiò momentaneamente la scatola sulla scrivania ed aprì il foglietto ripiegato con cura e lo lesse con tono normale, non che si preoccupasse che qualcuno potesse sentirlo, dopotutto il Ministero era deserto.

 
Nei grandi giorni.
Perché alla gloria segue la dedizione.
Perché alla dedizione segue il sacrificio.
Perché al sacrificio segue il sudore.
Perché al sudore segue la ricompensa.
Perché alla ricompensa segue la consapevolezza di essere chi hai deciso di essere.
Nei giorni di tormenta.
Perché prima di vincere devi combattere.
 
P.S. Sono sicuro che aprirai questa scatola quando io non ci sarò più, quindi ricordami di essere stato anche qualche volta gentile e magnanimo con te, anche se preferivo le api frizzole.
 Albus Silente
 

«Vecchio pazzo» disse sorridendo.
Perché pensava che quell’uomo avesse scritto quelle parole pensando proprio alla sua attuale situazione.
Ci aveva sempre visto lungo, aveva sempre calcolato ogni minima mossa, previsto scontri, difficoltà, dissensi e ancora una volta si sentiva messo a nudo da un uomo che era morto quasi due anni prima.
Stava per sollevare la carta e scoprire il misterioso contenuto, ma quando fu sul punto di farlo, ecco che comparve Narcissa Black in un lampo verde smeraldo.
Indossava un elegante tubino bordeaux, un colore che generalmente non si adattava ai Malfoy, ma dovette ricredersi, ricordando che erano cambiate un paio di cose. Lo indossava con grazia come se fosse stato cucito sul suo corpo, il colore scuro e ambrato cadeva in perfezione con la sua pelle diafana. Le copriva le spalle una pelliccia nera che lambiva i gomiti.  Sguardo sicuro ma indagatorio e sembrava neanche fare caso alla bottiglia di Porto che stingeva tra le sue mani. Il colore scuro ma al tempo stesso dorato era inconfondibile e per quanto Kingsley non capisse il perché di quell'apparente regalo, non poté fare a meno di sentirsi sollevato.

Narcissa comprese che l’uomo di fronte a lei stava osservando proprio ciò che impugnava e sorrise compiaciuta: «Allora è vero che l’uomo apprezza sempre un buon vino ad una donna.»
«Dipende dal vino in questione» rispose Kingsley andandole incontro e stringendole la mano con delicatezza.
«Ho pensato che avresti apprezzato considerando la mole di lavoro e impegni che hai. Considerata anche quell’arpia» concluse chinando il capo in direzione della Gazzetta aperta proprio sulla pagina dell’intervista della Skeeter.
«Direi che le testate giornalistiche sono l’ultimo dei miei problemi, sfortunatamente.»
«Allora direi che possiamo stappare, non credi?» chiese con tono alquanto retorico la donna.
Il Ministro fece gesto con le mani in modo da esplicitare la sua benedizione, ma quando vide che Narcissa aveva impugnato la sua bacchetta la bloccò: «Ehi, ehi, ehi. Che intenzioni hai? Intendi aprire una bottiglia di Porto con la tua bacchetta? Spiegami, dov’è la poesia?»
Narcissa aggrottò le sopracciglia ed aprì la bocca con un movimento non propriamente suo, sembrava sconvolta e al tempo stesso incuriosita.
Kingsley sollevò la mano ed alzò l’indice facendo una smorfia, chiuse gli occhi come per voler ricordare qualcosa e poi bisbigliò qualcosa. «Kingsley, ti senti bene?»
A quel punto l’uomo tirò fuori dal secondo cassetto un cavatappi in argento. Come fosse possibile non lo sapeva neanche Narcissa, che disse: «Immagino di dover venire più spesso nel tuo ufficio» dopo di ciò gli consegnò la bottiglia e lasciò che il sordo e breve rumore dello stappo echeggiasse nella stanza.
Narcissa fece comparire con l’ausilio della bacchetta due calici. Poi bevvero.

«Immagino ci sia una ragione chiara per cui tu mi abbia fatto chiamare. E non sempre mi dai belle notizie Kingsley, dimmi semplicemente che adesso è giunto il momento che me ne riserverai una di quelle» iniziò la donna dopo un paio di brevi sorsi.
Egli appoggiò delicatamente il calice sulla scrivania e lo allontanò un po’ da sé, così che potette appoggiare i gomiti. «Ho paura di no. Tuttavia ti ho detto di peggio. Domani verrà annunciata la notizia di Draco.»
Narcissa bevve profusamente l’intero liquido ambrato, sentiva il dolce sapore dell’uva esploderle in bocca, si congratulò con se stessa per averlo scelto e dovette ricordarsi che non avrebbe mai fatto toccare la cantina a Lucius. «Immaginavo giungesse questo momento, infatti mi domandavo quando sarebbe successo. Sinceramente mi aspettavo un po’ più di preavviso.»
«L’ho deciso stamane e ho voluto comunicartelo soltanto ora perché non voglio che tu appaia da nessuna parte. Non voglio che tu parli con qualcuno o comunichi all’esterno in nessun modo. Hermione ed io faremo questo comunicato domani e se conosco Hermione abbastanza da poterlo affermare, sono sicuro che vorrà far comparire Draco al suo fianco.»
«Ma lui non lo sa!»
«Mentre noi siamo qui probabilmente Hermione sarà arrivata a Villa Malfoy.»
Narcissa abbassò il capo e si portò una mano alla bocca, stava riflettendo o forse, più probabilmente, stava ricreando il possibile scenario che si sarebbe palesato il giorno seguente.
Lei doveva esserci. Per lui. Non poteva abbandonarlo lì, su chissà quale piedistallo che si sarebbe in un istante trasformato in un immondo patibolo.
Non poteva, non doveva permetterlo.
«Non posso accettare.»
«Devi. Non voglio sentir ragione, Narcissa. Ti sei affidata a me ed io ho accettato di aiutarti nell’unico caso in cui tu mi avessi dato carta bianca. Non hai sollevato remore di alcun tipo neanche quando ho scelto la signorina Granger. Non vedo perché tu debba farlo ora.»
«Non sono la tua marionetta, signor Primo Ministro» rispose accigliata lei, avvicinandosi col busto in avanti.
«Non l’ho detto e non l’ho mai pensato. Sto facendo tutto il possibile per far sì che ogni azione venga calcolata senza margini di errore.»

«Pensi che non farai errori Kingsley? Oh, ne hai già commesso uno. Credere che io accetti questa condizione. Trova un’altra soluzione e questa volta non ti sto pregando.»
«Non ne vedo altre. E non intendo cercarle perché devo dare modo a una madre di stare col fiato sul collo di suo figlio. Pensi di poterlo aiutare in questo modo? Avrà alla sua destra il suo avvocato che, ti ricordo, è stata fondamentale per la caduta di Voldemort e alla sua sinistra il Primo Ministro.
Credi che a qualcuno importi che tu sia lì?»
«Importa a me! Importa a mio figlio! E non osare dire cosa è meglio per lui, non lo conosci e non sai come ci si sente ad essere soli contro tutti!»
«Vuoi capire una volta per tutte che non lo è? Vuoi capire che c’è chi riesce a guardare oltre al fatto che il suo cognome è Malfoy?»
«Sei un dannato illuso se credi a questa falsa utopia sociale.»
Narcissa si portò i palmi delle mani alle tempie come se volesse comprimere tutta la rabbia che aveva accumulato. Ne aveva avuta abbastanza.
Così facendo, si alzò e indirizzò minacciosamente l’indice contro di lui: «Farai bene a pensare a ciò che ti ho appena detto. Hai la mia opinione e non intendo sostituirla, quindi fai un passo indietro, ragiona lucidamente e comportati di conseguenza, Shacklebolt.»
Poi sparì di nuovo tra le brillanti fiamme verdi.

«Non mi lasci altra scelta, Black» sospirò con un filo di voce Kingsley.
 
 
Hermione scivolò via dal taxi  velocemente per incamminarsi verso la tenuta Malfoy. Constatò nervosamente che aveva iniziato a piovere e che non aveva nella sua borsa incantata nemmeno un misero ombrello, ciò significava che avrebbe dovuto accontentarsi del suo impermeabile grigio antracite.
Cominciò a percorrere il lungo sentiero ciottolato difeso ambo due lati da alte siepi scure che rendevano impossibile anche solo immaginare cosa ci fosse oltre.
Ormai era sera inoltrata, non vi era alcuna fonte di luce se non quella flebile della luna offuscata da inquietanti e grigie nuvole. Tuttavia il palazzo si avvicinava sempre di più, incombente come sempre.
Mai aveva immaginato che avrebbe percorso quella strada con tanta sicurezza. Ed ora eccola, pronta ad affrontare per l’ennesima volta Malfoy, sperando vivamente in un esiguo miglioramento.
Mancavano una decina di passi all’arrivo del portone principale quando si scatenò un tempestoso e frenetico nubifragio. Hermione strinse a sé la cartella ed incominciò a correre il più velocemente possibile pregando con tutto il corpo e l’anima che non cadesse sulla pietra lucida.
Poi fortunatamente giunse a destinazione, riparata dal marmoreo porticato che emanava una luce propria.
Inutile darsi un’aggiustata o quanto meno salvare il salvabile, quella era una visita di lavoro e non si sarebbe giustificata per il suo aplomb non consono a quella casa.
Picchiò con determinazione il batacchio due volte, dopo di che attese.
Si aspettava di doversi presentare a qualche maggiordomo o elfo, ma fu proprio Draco Malfoy che comparve dietro l’infisso color noce di Villa Malfoy.
Si presero entrambi alla sprovvista ed erano sicuri di due azioni rapide e brusche: ad Hermione salì l’insana tentazione di tornare sui suoi passi e scappare il prima possibile con la scusa che sarebbe tornata domani, mentre Malfoy le avrebbe gentilmente sbattuto la porta in faccia.

Ad ogni modo ciò non accadde.
«Come mai qui?» esclamò Malfoy turbato e chiaramente infastidito.
«Perdonami se mi sono precipitata qui in questo insolito orario, purtroppo devo parlarti ed è davvero importante, altrimenti avrei posticipato a domani…» rispose lei tenendo ancora aperta la discussione.
«Sei bagnata fradicia, Granger. Credi che possa farti entrare in casa mia conciata così?» la derise lui.
Hermione sbuffò con rabbia e non come una volta a scuola, quando aveva imparato ad evitare le sue frecciatine ed offese. Questa volta non sarebbe andata via, non avrebbe girato le spalle né avrebbe evitato di ascoltare. «Malfoy, non siamo ad Hogwarts. Posso farti confiscare questa casa stanotte stessa, quindi sì, mi farai entrare in qualunque condizione io mi trovi. E tra l’altro, complimenti per la tua signorilità, tuo padre di sicuro ti ha insegnato le buone maniere.»
Pensava di averlo colpito basso, ma si rese conto che non gli aveva fatto del male. Sembrava preparato, come se attendesse quel duello da una vita, probabilmente dopo il primo diverbio il giovane aveva affrontato delle lezioni private sul come affrontare Hermione Granger in uno scontro verbale. Hermione però non si sentì svantaggiata, quella lezione l’avrebbe imparata ancora una volta.
Lui continuava a fissarla, aspettando che la ragazza esplodesse, ma sembrava mantenere piuttosto bene il controllo.
«Ho capito, Malfoy. Non possiamo affrontare un argomento importante come questo quando mamma Narcissa non è con te. E va bene, cercherò di essere più materna possibile, okay?». Aveva fatto breccia.
«Divertente, Granger. Ho più possibilità io di uscire vivo da questa pagliacciata processuale che tu di diventare materna o, peggio ancora, madre.»
«Se sei stato creato con l’inutile dono della parola, non vedo perché io non possa procreare. Malfoy non intendo ripeterlo, prima che io possa usare la forza. Tanto lo sappiamo entrambi che anche senza bacchetta ti ritrovi un naso rotto, no?»
Sapeva che stava alzando i toni della contesa e di certo successivamente avrebbe trovato ancora più ostacoli, ma in quel momento era fondamentale riuscire a rientrare in quella casa, considerando il modo col quale ne era uscita.
Draco grugnì in un modo piuttosto insolito e sparì dietro la porta, lasciandola aperta ad Hermione che tirò un sospiro di sollievo.
Lo seguì silenziosamente, aspettandosi di muoversi in direzione dell’ampio e bellissimo salone dove si erano affrontati l’ultima volta, tuttavia capì che l’itinerario di viaggio le era nuovo ed infatti si trovò in quella che doveva essere la sala bar.
Hermione capì che Draco si trovava in quella stanza quando aveva fatto irruzione in casa sua: il camino era acceso e la stanza si era riscaldata per bene, tanto da farle nascere il desiderio di disfarsi del pesante impermeabile. Quella camera aveva una forma piuttosto irregolare: lunga e stretta, ma particolarmente elegante ed accogliente, del resto come tutta la dimora.
Le pareti erano in pietra e tanto le ricordò la Sala Comune di Grifondoro, se non fosse stato per la presenza di numerosi oggetti appartenenti al campo semantico dei  Serpeverde e della famiglia Malfoy.
Al centro della sala, a pochi passi dalla postazione bar, vi era una scrivania elegantissima caratterizzata da un particolare legno rosso.

Draco la distolse dalla contemplazione di tutti quei particolari invitandola a sedere sui divani posti dinanzi al camino che era piuttosto monumentale: alto quasi quanto tutta la parete.
Hermione si accomodò aspettando che lo facesse anche Draco, ma questi tornò indietro.
Pochi istanti dopo però ricomparve con un bicchiere di latte in una mano, che offrì silenziosamente ad Hermione, mentre nell’altra stringeva un piccolo bicchierino in cristallo finemente lavorato che conteneva assenzio.
Malfoy si tenne a debita distanza sedendosi sull’altro divano e dopo aver bevuto il liquido tutto d’un sorso, si concentrò a fissare mestamente la ragazza.
«Ti ringrazio» iniziò Hermione sollevando leggermente il bicchiere di latte. «Mi aspettavo che alla porta comparisse Eltas, o qualcun altro…» poi continuò.
«La sera sono liberi, fino a un certo punto» intervenne lui «Da quando mamma crede di avere un’anima abbastanza sensibile.»
«Magari è vero» lo corresse Hermione.
«Magari ha soltanto la coscienza sporca» concluse lui.
«Non pensi di essere troppo esigente con lei? Troppo cattivo?»
«Non pensi che dovresti farti gli affari tuoi? Non sei venuta qui per conversare, nessuno dei due ne ha intenzione.» Era freddo, di una freddezza che colpì Hermiome, aveva quel modo di parlare che le era nuovo, che non sapeva come considerarlo. Si sentì colpita, quasi stupida, come se lui sapesse cosa dovessero fare e quali fossero i ruoli da rispettare. Si sentì ingenua. Cosa credeva di ottenere?

«Certo. Non volevo intervenire nella tua vita privata anche se, in un giorno molto vicino, dovremmo analizzare. Tuttavia sono venuta qui per informarti che domani dovremmo rendere pubblica questa situazione. Il tuo arrivo qui, la tua fuga affinché ti consegnassi alla giustizia. Chi si è incaricato di difenderti. Ho scritto la dichiarazione che rilascerai, ci saranno tantissimi giornalisti e detto con sincerità, almeno per ora, più sono meglio è per noi. Io e Kingsley saremo al tuo fianco nel momento in cui parlerai.»
Hermione era stata decisa e ferma nel suo tono di voce. Era stata chiara e concisa e sembrava che Draco avesse capito.
«Non è troppo presto? Dico, non è neanche iniziato un secondo processo…»
«Ed è proprio questo ciò che dobbiamo sfruttare. Faremo rumore ora, dopodiché tutti si concentreranno sulle udienze volta per volta, e tranquillo che ci sono nomi illustri da dover mettere alla prova.»
Draco annuì ed Hermione fu sorpresa, sollevata e decisamente fiera di ciò che aveva detto.
«Mia madre che ruolo ha?» chiese poi il ragazzo.
«Per ora nessuno. Già è così complicata la gestione tua soltanto. Lei non sarà presente domani, Draco» concluse Hermione. Sapeva che ci teneva alla sua partecipazione, sperò di averlo addolcito chiamandolo per nome.
Sperava.
«Non se ne parla nemmeno.»
«È così importante per te?» chiese lei. Decise di voler provare con la ragione e non con la forza, altrimenti avrebbe sconvolto psicologicamente Draco prima di un giorno così importante.
«È fondamentale.»
«Ciò che è realmente vitale è che tu sia sereno. Non importa chi ci sarà o meno, devo contare sui tuoi nervi d’acciaio.»
«Credi non ne sia capace, Granger? Cosa credi, che mentre tu eri a gironzolare in cerca di quei fottuti horcruxes i me ne fossi andato in vacanza? No, mentre tu scappavi da Voldemort, io lo tenevo in casa. So cosa vuol dire avere i nervi d’acciaio. Quindi risparmiami il tuo buonismo, la tua carità. Smettila, non intendo essere parte integrante di questa farsa inutile. Se credi che io sia un altro burattino di Shacklebolt, scordatelo.»

«Pensi che io ti stia manovrando, o che abbia quell’intenzione? Pensi che voglia soggiogarti e metterti in ridicolo? Quello è sempre stato il tuo ruolo, Draco. Mi meraviglio che dopo tutti questi anni non te ne sia fatto ancora una ragione.»
Ancora una volta Hermione sentì di aver utilizzato le parole giuste al momento giusto. Capì che se voleva farlo ragionare e se voleva iniziare a tentare di solcare una strada, doveva essere schietta, ma non troppo.
«Sono stato manovrato così tante volte che inizio a provarci gusto. Draco offendi la mezzosangue. Draco tenta in qualche modo di mutilare qualche arto di Potter e se ci riesci uccidilo. Draco ricorda perennemente a Weasley che è un povero morto di fame. Draco vieni a fare il Mangiamorte con papà. Suvvia Draco, muoviti a uccidere Silente. Sono stanco Granger, prima ancora di iniziare.»
Hermione era amareggiata perché realmente credeva in ciò che le aveva appena detto, ma dentro di sé sorrise: si stava confidando.
Non voleva rovinare quella confidenza con altre sue illazioni o considerazioni personali, quindi provò ad essere più lucida e fredda, e tirò fuori dalla sua cartella dei fogli.
«Questo» avvicinando una pagina scritta a computer «È ciò che leggerai per filo e per segno domani.»
«Non ho intenzione di recitartelo.»
«Non avrei mai offeso in questo modo la tua intelligenza. Ti chiedo soltanto di leggerlo un paio di volte prima di doverlo pronunciare ufficialmente.»
Annuì distratto, lo stava già leggendo.

«Bene» disse lei alzandosi «Credo sia il momento di togliere il disturbo.»
Draco stava ancora fissando animatamente i fogli stretti con vigore tra le mani, quando si accorse dell’ombra di Hermione.
«Cosa stai facendo?»
«Me ne sto andando.»
«Questo credo di averlo notato.»
«Pertanto?»
«Perché?»
«Cosa “perché”?»
«Cosa diamine stai dicendo?»
«Per una volta che stavi zitta e non stavi disturbando.»
«Devo ritenermi fiera di tale comportamento?»
«Non dovresti vantartene.»
«Buonanotte, Malfoy» concluse finalmente lei, prendendo le sue cose e non degnandolo di uno sguardo.
Si appoggiò per un istante alla porta e fece un profondo respiro, il primo tassello era stato messo al suo posto. Ora cominciava il difficile.
 
Appena constatò che la Granger aveva chiuso la porta, un piccolo scoppio rimbombò nella sala: era Eltas.
«Padrone, sono arrivati ospiti?»
«Sgraditi, ma meno del solito. Puoi ritornare ai tuoi impegni.»
E quando l’elfo si inginocchiò prima di congedarsi, di nuovo Malfoy lo interruppe: «Eltas, se dovessero arrestarmi, cosa penseresti?»
«Che la sua amica ha sbagliato, signore.»
«Di chi diavolo stai parlando?» chiese nervoso.
«Della giovane dell’altra mattina, signore» rispose l’elfo con aria sognante e tranquilla.
«Prima che io possa attentare alla tua vita, ti conviene andare via. E se osi origliare ancora le mie conversazioni lo farò davvero.»
Così l’eflo sparì in un momento.

«E invece sbaglierà sicuramente se crede che io abbia solo una possibilità di farcela» disse più a se stesso che ad un ascoltatore fittizio.


NOTE DELL'AUTORE
Salve a tutti, prima di parlarvi brevemente del seguete capitolo, ho il dovere morale con scusarmi con tutti voi che seguite la storia, con chi l'ha messa tra i prefeirti o chi, silenziosamente la legge. Scusate se è passato così tanto tempo dall'ultimo aggiornamento. Qui dovrei elencare tutto ciò che mi ha allontanato (ma non per sempre, tranquilli ahah) dalla storia. Ho dovuto studiare per la patente di guida e trovare tempo tra palestra e tennis sembrava impossibile. Inoltre da agosto sono un recensore di serie Tv per un blog e io mi occupo di Downton Abbey, Doctor Who, Sherlock e da febbraio anche House of Cards. Poi, miei cari lettori (o cielo, sembro la Skeeter) l'ultimo anno di liceo è durissimo!
Bene, vi do alcune note sul capitolo.
1- La città di Kamëz 
esiste davvero, ed è a pochi chilometri dalla capitale albanese.
2- Il gesto di Kingsley di battere il pugno due volte sul tavolo è un (ignorantissimo) omaggio a Frank Underwood, protagonista della serie House of Cards. Kingsley si trasformerà nel corso della storia, e per chi segue la serie, noterò quanto potrebbe assomigliargli. Non so se è un fattore positivo o meramente negativo.
3- La frase del filosofo svizzero riguarda questo capitolo, ma deve farvi presagire qualcosa per quello successivo che sarà difficile per me da scrivre, e chissà, per voi da digerire.

Credo di aver detto tutto.
Appiate pazienza, vi voglio bene ahah!
Con affetto,
Vostro, PriorIncantatio 
  
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