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Autore: missimissisipi    02/01/2016    4 recensioni
ON HIATUS
E’ nella città più insonne al mondo che Lily Evans vive alcuni dei più importanti anni della sua vita. Insomma, tutto inizia con Sirius che le porge con gentilezza le chiavi di casa, per poi andare al college e lasciare che siano Dorcas, Benjy, Alice, Frank e Amos a insegnarle come cavarsela nella giungla. E’ sempre Sirius la persona che conosce da più tempo e fungerà da ponte («Di Brooklyn, Lils. Sono il ponte di Brooklyn») fra il passato – quella famiglia complicata che l’ha tagliata fuori dalla propria vita – ed il futuro, che ha un po’ la forma di un ragazzo con una montatura vintage sul naso e i capelli più spettinati di tutta New York («Preferisce i prequel di Star Wars alla classica trilogia, ma ti assicuro che è un bravo ragazzo. Sa anche cucinare»)
Lo stesso porterà nella sua vita anche Remus, Marlene, convinta femminista amante di Doctor Who e Peter, l’amico di vecchia data di James, quello che ride costantemente alle sue squallide battute. («Cosa sta facendo?» «Il cestino, chiaramente. Si rifiuta»)
E’ nella loro strada senza meta che si ritrovano. E si fanno bastare tutto.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Too late honey
This ice breaking
Words out on the street
Too late baby
The fate is saying
He's a real player
But he's gonna come home to me
 

Too Late, The Atomics

5. My best friend’s roommate

Quando ti svegli perché senti un vago rumore di tazze e non hai ancora realizzato che hai di nuovo un coinquilino, di solito torni a dormire per la felice, tiepida realizzazione, ma se sei Lily Evans e chi armeggia con la porcellana a pochi metri da te è Sirius Black, allora decidi di metterti ritta sul letto, attenta. Soprattutto perché sei certa che abbia sibilato qualche insulto impronunciabile e in grado di far arrossire persino i gatti, se capissero gli umani.

Non che abbia mai avuto un gatto, comunque.

E questa precisa ragione spinge il mio corpo ad alzarsi con lentezza estenuante, il mio cervello a far sì che indossi le pantofole e mi ricopra con il plaid sul mio letto. La sveglia rumorosa alle mie spalle – mentre mi allontano con una celerità in grado di far ridere le più oziose tartarughe – mi ricorda che alle nove devo essere per la mia giornata di prova al Three Breadsticks, armata di buona volontà e speranza. Questa soprattutto.

Scelgo con cura le parole da usare quando noto che la cucina puzza di caffè bruciato e una tazza, nel lavello, pare esser rotta: Sirius è ancora di spalle e non sembra percepire in alcun modo la mia presenza, coperto da una semplice camicia alzata sino agli avambracci, i capelli spettinati, più lunghi di quanto li ricordassi.

Sono davvero indecisa se buttarla sul ridere perché è appena tornato e non è rientrato su quella carreggiata che è la sua routine con me, ma mi oriento in senso fortemente bellicoso quando scorgo, con una rapida e indolore occhiata, un cellulare sul bordo del bancone, in chiamata e vivavoce.

“Merda, ho dimenticato dove sia lo zucchero”

Una risata calda ed odiosa gli risponde vagamente alterata per via della telefonata, ed io mi faccio indietro di qualche passo senza neanche accorgermene. Il mio coinquilino si passa una mano fra i capelli per poi incrociare le braccia al petto, il tutto meticolosamente in silenzio. Come se non fosse mai tornato.

“Io mi preoccuperei per la tua cucina” – fa scrupolosa la voce maschile – “Voglio dire, non vivi con qualcuno? Non pensi sia diritto di ogni persona dover usufruire delle proprie ore di sonno?”

Qualcuno. Sirius vive solo con qualcuno.

Un altro impercettibile passo verso la mia stanza.

Black non riesce a trattenere una risata a metà fra l’isterico ed il latrato. “Se Lily è ancora la ragazza che ho conosciuto anni fa, allora sta’ certo che sta dormendo. Soltanto un uragano potrebbe svegliarla, amico. Ho dovuto letteralmente farla rotolare giù dal letto per far sì che arrivasse puntuale alla cerimonia del diploma”

Nell’istante esatto in cui sto per tradire la mia non-presenza – perché non è esattamente quello che è successo, vorrei correggerlo - la voce maschile tossisce per poi pronunciare in modo del tutto insolente il mio nome: “…Lily?”

“Merda. Merda—non dovevi saperlo”

“Lily

“James, dimenticati quello che ho detto. Potrebbe essere un soprannome. Un nome per confonderti. Potrei parlare di Remus”

Mi maledico perché conosco quel ragazzo in piedi di fronte al piccolo lavello della piccola cucina da tanti, lunghissimi anni e sono in grado di capire che sia veramente pentito e agitato per il solo aver pronunciato il mio nome. Quattro sciocche lettere. Storco il naso alle altre parole che rivolge a James, a James che cambia argomento e all’argomento che, apparentemente, diviene un certo Remus.

Non ho idea di chi stiano parlando—a dire il vero non so neanche con chi il mio amico stia parlando, se quel mio coinquilino sia dispiaciuto dall’essere tornato a casa e se sia sempre lui. Sempre lo stesso, sempre quello che ho avuto al mio fianco.

So solo che non mi importa della tazza rotta, né della puzza di caffè bruciato. Realizzo che voglio prepararmi per andare a lavorare. Solo questo.

Una piccola, minuscola parte di me, mentre Sirius afferra il cellulare togliendo il vivavoce, formula una riflessione dolorosa e vagamente ingiusta: preferivo quest’ambiente vivo solo della mia essenza, preferivo le scatole chiuse di fronte alla sua stanza, il solo odore del cornetto di Dorcas, la sola voce di Buon giorno, New York! a riecheggiare fra queste mura.

Richiudo la porta alle mie spalle, osservo le lancette farsi sempre più insistenti con il loro ticchettio ed apro l’armadio, alla ricerca degli abiti da indossare.

Preferivo la sua assenza.

 

Cappotto in lana color verde acqua, crop top nero, mom jeans e audacia sono gli indumenti che premono sulla mia pelle nivea nel tragitto che va dalla mia stanza al quasi futuro luogo di lavoro: ciò che non avevo calcolato, tuttavia, sta proprio negli ostacoli a forma di persone-care che incontro nel mezzo, ossia Sirius Black con le dita che passano sul bordo del bicchiere fra le mani dinoccolate.

Alza lo sguardo non appena metto piede fuori dalla mia camera, uno sprazzo di sorriso ad ammorbidirgli quella striscia sottile data dalle sue labbra. Ma tutto questo dura poco più di un attimo, bruscamente interrotto dal cipiglio interrogativo che fa capolino fra i suoi lineamenti; una rapace occhiata ai miei abiti – un frammento di me si chiede se non si aspettasse un pigiama enorme ed un plaid addosso – e le labbra si schiudono in un battibaleno.

“Dove—dove stai andando?”

Scrollo le spalle, non mantenendo un contatto visivo. Invece, ciò che cattura la mia attenzione è il mobiletto basso frapposto tra divano e poltrone, sul quale è poggiato un piattino con delle chiavi.

“Un colloquio di lavoro”

Non ho bisogno di voltarmi a guardarlo per capire che sia sorpreso: il suo successivo silenzio, vagamente interrotto dal suo ticchettare le unghie contro il bicchiere, mi lascia immaginare mentalmente la sua reazione.

Le afferro.

“Non me l’hai detto”

Orgoglio personale prima della felicità altrui: Sirius Black, signori e signore. Non rispondo sino a che con un paio di falcate ho raggiunto la porta dell’abitazione; con una mano sulla maniglia, sono certa che i miei occhi verdi si tingano di grigio: “Troppo impegnato a parlare con James?”

Generalmente, non mi reputo drammatica, fatalista o che dir si voglia—mi piace pensare di aver ereditato questo lato dal re del dramma per eccellenza, e trovo anche piuttosto ironico il fatto che questo aspetto di me venga a galla solo quando si tratta di Sirius. Adesso, tanto per dirne una, si tratta di lui. C’è una possibilità del quarantacinque per cento che nel giro di dieci minuti mi penta di quanto detto trenta secondi fa, ma ora sono convinta del fatto che lui mi abbia ferito – davvero, Sirius? Non parlare ai tuoi amici della tua coinquilina? Non voler far sapere della mia sola esistenza? – e nulla potrebbe alleviare questo dolore se non il semplice ricambiare, il classico rispondere con altro dolore.

“…Lily

Infilo con lenta e pacata discrezione le chiavi nella mia borsa, facendole tintinnare contro qualche cerniera o oggetto metallico che vi è all’interno. È esattamente in quel momento che lascio trapelare nel mio sguardo, nella mia espressione un po’ di quel dolore che ha influenzato il mio tono di voce. Non vorrei farlo – mi dico sempre che sono orgogliosa, ferma sulle mie posizioni, capace di ostentare sentimenti che non provo – ma vorrei solo avere indietro il mio migliore amico. O vorrei essere stata capace di andare avanti come lui ha fatto. Vorrei essere dotata di questa magica, fatale capacità di potermi scrollare di dosso il mio passato, la mia famiglia, la mia Petunia, ma la verità è che ho ancora soltanto diciotto anni. E sono incapace, ingestibile.

Lascio che sia lui a chiudere la porta.

 

“Quindi” – ricapitola la voce armoniosa di Fabian, il grembiule appena stretto in vita e verde scuro, in totale contrasto con la maglia bianca ed i jeans neri che indossa – “Il bancone non è altro che il tuo punto di riferimento: prendi le ordinazioni dei tavoli dispari, se sono tutti pieni, e le dai a chi è ha il proprio turno qui dietro, dove mi trovo io in questo preciso istante”

Annuisco e fisso il mio sguardo sull’ambiente stranamente familiare e accogliente del Three Breadsticks. Noto con la coda dell’occhio due foto incorniciate e appese alla parete, fra le mensole piene di bottiglie e cimeli che, grazie alle lampadine a led diffuse in ogni angolo del locale, creano piacevoli giochi di luce. Una delle due ritrae quello che credo sia il team al completo: lo immagino per via di Fabian e Gideon, posizionati centralmente rispetto alle altre cinque, sei persone indossanti tutti lo stesso completo. Armati tutti di sorrisi smaglianti e sinceri, percepisco una certa ed insistente ansia vorticare nel mio stomaco, come se volesse mettermi in guardia. Come se, paradossalmente, volesse mostrarmi un frammento di ciò che potrei essere, un frammento di un ambiente in cui potrei incastrarmi alla perfezione. Sirius, il bastardo, l’avrebbe chiamata ansia da prestazione.

“Puoi dedicarti alle ordinazioni più facili se hai tempo e se riesci” – percepisco quasi il suo tono di sfida nel sorrisetto accennato che curva le sue labbra sottili – “I prodotti fondamentali li abbiamo qui, negli scomparti perfettamente ordinati grazie a mio fratello”

La seconda foto, realizzo mentre inclino di poco il volto che ricambia il sorriso di Fabian, ha come soggetti due signori piuttosto giovani, anche piuttosto simili. Uno ha l’espressione felice e compiaciuta sul proprio volto, emblema della realizzazione, emblema di una certezza che si è ottenuta e non si perderà più. L’altro passa semplicemente il braccio attorno alle spalle del suo familiare, immagino. Un’impellente curiosità quasi mi spinge a fermare il discorso giusto e sensato di Fabian per rispondere a questa sciocca, imprudente domanda. Chi sono quei due signori?

“Verso le undici arriverà mio fratello, e nel corso del pomeriggio – non ricordo se dopo la pausa pranzo – ci delizierà della sua presenza quell’adorabile ragazza che è Lucinda McLaggen”

“Come, prego?” inarco le sopracciglia al solo sentir quel nome impronunciabile, allora lui scrolla le spalle, scocciato e spiega con riluttanza: “E’ una delle prime ragazze che hanno lavorato per questo posto. E’ assurdo pensare come faccia a non perdere il posto, è scorbutica ed eccentrica e piace solo ad A—”

Lo scampanellio proveniente dalla porta annuncia la presenza di un altro essere vivente nel locale. Fabian prende un respiro profondo e mormora, più a sé stesso che ad altri: “Anche questa giornata ha inizio”

 

Al contrario di quanto si possa pensare, è Dorcas la mia prima cliente. Ha i capelli legati in un’alta coda di cavallo, un filo di trucco sul viso magro e stanco e indossa il cappotto meno adatto alla stagione che io abbia mai visto. Si guarda lo smalto rovinato, incrocia le gambe sullo sgabello dove siede e arriccia le labbra quando le dico che no, non puoi ordinare un alcolico prima delle dodici, al che lei ordina un caffè doppio e tenta anche di flirtare in modo blando con Gideon, nella speranza che glielo corregga. I gemelli potrebbero anche sembrare infinitamente disinibiti e malandrini, ma – e sì, lo sono anche – non cedono.

“La convinzione che hai” – fa Dorcas, ticchettando le dita contro il ripiano in legno – “che tutto possa sempre andare per il verso storto…”

“E’ una legge di Murphy, in realtà”

Mi ignora. “Non sai quanto mi costi dirlo – soprattutto di prima mattina dopo una mezza giornata lavorativa schifosa, soprattutto dato il mio orgoglio: ma hai ragione. Voglio dire,” ride istericamente, “guarda me”

“Tutto bene con Amos? Mi avevi detto che avreste dovuto uscire assieme”

“Paradossalmente, Lilykins, non è lui il mio problema”

“Non chiamarmi Lilykins” replico, una punta di disperazione nella mia voce, “Neanche fossi un’ubriaca marcia alle sette di mattina prima dell’unico colloquio di lavoro che ha ottenuto negli ultimi mesi”

Si blocca per pochi istanti, l’arco di tempo necessario a trangugiare il suo caffè doppio. “…hai reso l’idea”

“Lily, due cappuccini ed un Earl Grey”

“Subito”

Dorcas osserva Fabian andar via dal bancone, ma è un attimo ed il suo sguardo carico di tristezza fa ritorno sul mio esile corpo. Mi vede lavorare ed allora esala un profondo respiro, si stropiccia gli occhi e torna a parlare. “Non ho nulla contro Amos, davvero. Riusciamo a vederci spesso e anche se non ne abbiamo ancora parlato – voglio dire, soprattutto dopo ieri sera - ci comportiamo come una coppia e anche se questo, fino a poco tempo fa, mi avrebbe terrorizzata, mi va bene. Non sta facendo il principe azzurro—romantico fino al disgusto e sentimentale come una zitella- ma ridiamo, mi offre birre e, come ti ho già annunciato, abbiamo copulato”

“Non l’hai detto davvero”

“Dovresti andar fiera del mio lessico spregiudicatamente aulico che sto utilizzando in questa situazione drammatica”

“E non me l’hai annunciato!”

“Sì, invece! Ho chiaramente detto soprattutto dopo ieri sera

Fabian fa capolino al mio fianco, un vassoio vuoto sul palmo della mano sinistra. Ritira il mio lavoro con un mezzo sorriso sulle labbra e con la mano destra mi dà piccole pacche sulla spalla.

Dorcas abbassa il tono di voce: “Il problema non è Amos. Il Problema è Benjamin”

“Come, scusa?”

“Questa mattina ci ha, ehm, visti ed ha reagito in maniera eccessiva. So che avrei dovuto avvisarlo, ma, in mia discolpa, avrebbe potuto accorgersene. Insomma, non credo di essere stata particolarmente silenziosa di notte, e comunque non abbiamo mai fissato delle vere e proprie regole su chi invitiamo per un pigiama party poco innocente”

“Oh santo cielo”

“Ed è probabilmente per questo che si è infuriato! Voglio dire, probabilmente dovrei organizzargli un appuntamento al buio con qualcuno! O trovare qualcuno che possa farlo rilassare! Non voglio neanche immaginare da quanto non vada a letto con qualcuno, dio. Persino tu saresti una candidata proponibile per questi affari: conosci Benjy, no? Che ne dici di allontanarti dalla pressante routine di solitudine aiutando un am-”

Dorcas!”

“Hai ragione, probabilmente non avreste molta sintonia a letto—fatto sta che Frank ed Alice stasera passano a prenderci per un’uscita, però Benjy ed io non abbiamo ancora parlato ed è capace di addormentarsi sul divano o—non lo so! Sul mio letto, così da dare inizio ad una stupida lite… è così cocciuto, sai? Mi ricorda un sacco te, sotto alcuni aspetti”

Si passa una mano nella coda, corrugando le sopracciglia in modo da farla apparire terribilmente a disagio e sovrappensiero, ma poi si guarda attorno, lasciando che il locale a metà fra l’indie e l’hipster che trovo immancabilmente accogliente ci avvolga e culli con la sua atmosfera rilassante.

Deve calmarsi, perché noto come i suoi respiri si fanno regolari e le labbra più distese, meno afflitte da quella confusione che lei e Benjy creano con la loro perenne incomprensione. Anzi, non è che non si capiscano: è che lo fanno così bene, così spesso da, la maggior parte delle volte, sorvolare su principi base dell’amicizia e convivenza. Un giorno, mentre Dorcas mi raccontava di una conversazione fra lei ed il suo migliore amico, non ha mancato di specificare che lei era nella doccia, lui seduto sul wc, il pc sulle gambe e solo una tenda di plastica che dovevano sostituire al più presto interposta fra loro.

“A volte mi sembra che non parliate davvero: litigate e basta, trovate un accordo tacitamente mentre vi ignorate perché nessuno fra voi ha compiuto il primo passo verso una tregua. Trascinalo con voi quattro, oggi. E poi rimani a casa solo con lui. Dio solo sa quanto avete bisogno di trascorrere un po’ di tempo di qualità insieme”

La sua reazione mi colpisce: nessun colpo di scena inaspettato, nessuna sciocca replica, niente se non un lieve annuire con il capo, più convinto che altro comunque, un sì risoluto e un cenno di capo verso i gemelli. “Sembrano più simpatici di quanto avessi creduto. Non credo di avertelo detto, ma mi fa piacere vederti così bene in un ambiente tanto nuovo”

 

Torno a casa attraversando le strade più rovinate del quartiere, osservando il pub sottostante la scalinata nera, spessa e vittoriana che annuncia l’ingresso verso l’appartamento che, ora come ora, occupa solo Sirius. E’ ridicolo come spesso si dispensino i migliori consigli in un momento così complicato, così bisognoso di essere districato attraverso quegli stessi consigli. Non che mi dispiaccia aver messo il broncio nelle precedenti ore, né sono convinta di aver fatto la scelta sbagliata agendo d’istinto, ma. Ammetterlo mi fa sentire una ragazzina incosciente e volubile, che cambia idea ogni tre per due, e so che questo fa tutto parte del pacchetto di ragazza quasi scappata di casa, rifugiatasi a casa del suo migliore amico e piena di insicurezze: è che Sirius, nonostante il dramma, le parole capaci di fracassarmi l’anima – non pensavo si potesse persino essere capaci di farlo – ed il suo essere maledettamente un Black, mi è mancato.

Per pochi minuti valuto se sedermi su questi gradini e attendere un segno degli dei come in The Kings of Summer, ma reputo questa possibilità alquanto remota e sciocca nel momento in cui, nella mia direzione opposta, di fronte a me, vedo Sirius Black e due buste traboccanti di cibo.

Lo vedo imprecare – lo fa sempre quando non riesce a fare qualcosa, tipo cogliere qualcuno di sorpresa – e incrocio le braccia sotto il seno, lo sguardo accusatorio che risponde a quello colto alla sprovvista del coinquilino bastardo.

“Non sapevo a che ora finissi” fa, le labbra screpolate ed i capelli scuri come la notte che cala lentamente su New York. “Quindi ho pensato—voglio dire, in realtà non è proprio una mia idea—di preparare qualcosa nel frattempo. So che tra i due è difficile capire chi abbia del talento nel cucinare… magari talento no, ma predispozione poco naturale? Inclinazione divina? Ma ci sto provando. Devi ammettere che sei incredibilmente testarda, più sentimentale di una soap opera e…” adesso scoppia a ridere, le buste che per poco gli sfuggono di mano.

“Cosa c’è di divertente?”

Scuote il capo, avviandosi con cautela e lentezza verso le scale.

“E’ che se tu sapessi…”

Afferro, con una scontrosità maggiore di quanto volessi far trapelare, una delle due buste, facendolo sorridere come un accusato appena scarcerato e capace di respirare, per la prima volta dopo tempo, aria fresca e satura di libertà.

“Vorrei poter iniziare dall’inizio”

“Hai un’ora di tempo”

“Perfetto”

Si toglie il cappotto dopo che poggiamo le buste sul bancone in cucina, si passa una mano fra i capelli e mormora, scomposto e con la voce bassa e roca: “Che l’ora abbia inizio”

Rimango a sentirlo anche quando si blocca per trovare un coltello, un cerotto – perché, obiettivamente, in questo campo facciamo entrambi molta pena e un taglio è la minore lesione che possiamo causare – ed è sul punto di scoppiare in lacrime di fronte ad una cipolla.

(A mio avviso, rimane un buffone di prima categoria)

“Ho conosciuto i miei coinquilini durante il primo giorno al campus, senza che me ne accorgessi: ho gettato del caffè bollente su Peter, condiviso una fiaschetta di scotch con Remus e dato un pugno a James. James, beh—è un bastardo. Un grande bastardo. Con la sua inclinazione verso l’avere successo con il suo apparente inesistente sforzo, l’abilità di far cadere ogni professore ai suoi piedi sorridendo e mostrandosi genuinamente interessato a piccoli, futili dettagli da loro amati. La verità è che non è un arrogante bastardo di merda—scusa il francesismo, Lils, sono da troppo abituato ad essere circondato da maschi alfa e beta e gamma che mi fanno perdere la testa. Non in quel senso, non guardarmi così. Allora. Dicevo”

“James è un arrogante e bastardo di merda, grazie tante”

“Sì, quindi. Non è affatto così. E’ solo sveglio, un po’ egocentrico, fallimentare con le ragazze seppure ne abbia persino viste un paio con lui e leale. Ha un senso dell’umorismo pessimo ma capace di far ridere Remus, è un bastardo amato dalla famiglia, lievemente viziato dai genitori ed è un amico grandioso. Dov’è il sale?”

“Non ne ho mai avuto bisogno, Benjy mi ha sempre prestato il suo. Sai che mi piacciono le cose dolci”

“Cristo, Lily, mi chiedo come tu sia sopravvissuta qui dentro”

“Sei incredibilmente simile a James, non credi? Con l’unica differenza che tu sei anche un buffone”

“Beh, non puoi esserne certa. Potter non è così male: so di averlo descritto rendendolo tanto sfigato quanto strafottente, ma è anche altro. Il punto è che ho mentito. E’ fallimentare solo con le ragazze che gli interessano e non gli danno corda, perché il bastardo è capace di ammaliare persino metà corpo studentesco e un quarto del numero dei docenti, uomini compresi. Ma non lo fa. Voglio dire, pur essendo un ragazzo, è chiaro che abbia un certo—charme, sì, ed è incredibilmente d’aiuto con le sue amiche. Ed è il genere di persona per cui impazziresti, se tu avessi un genere di persona e se tu impazzissi per i ragazzi in modo assurdo”

“Quindi secondo te io impazzisco per i ragazzi?”

“Non avrei alcun problema nei tuoi confronti se fossi diventata lesbica durante la mia assenza. Potresti persino presentarmi qualcuno”

“Sirius, sei un maiale. E per la cronaca, no, ma diventerei lesbica solo per dimostrarti che, in quel caso, avrei più successo io con le donne rispetto a te”

“Sempre maledettamente sfacciata: capito cosa intendo? Lo faresti andar fuori di testa. Ma è chiaro che, da bravo migliore amico quale sono, ho a cuore solo te, almeno in questo campo. E’ per questo che ho detto loro – a Remus, Peter e James – di vivere semplicemente con qualcuno. Sai cosa sarebbe successo se avessi rivelato il tuo nome? Il tuo aspetto fisico? Ahia, non darmi pugni. James avrebbe mosso l’intera America per conoscerti. Ecco perché stamattina sono impazzito: non solo gli ho parlato di te, Lils, ma adesso lui sa che sei una Lils. Chiamalo istinto protettivo da fratello maggiore, non lo so. Il coglione potrebbe – non lo so, non so come funzionino le relazioni, lo sai – farti innamorare, metterti incinta, sposarti. Cristo. Non lo dimostro, ma sai che… beh”

“Come, prego?”

“Non farmelo dire per farmi suonare come un perdente”

“Mi vuoi bene, Sirius?

“Mhm, sì”

“Non voglio una pizza con le cipolle”

“D’accordo, ma dato che è l’ora della verità, c’è un problema”

“Anche Peter e Remus andrebbero pazzi per me?”

“Remus sì, ma in un altro modo. Ti piacerebbe davvero: è la tua versione maschile. Ma non è questo il punto… è James il punto”

“Il problema, vorrai dire”

“Ecco perché non ho un major in scrittura creativa; non sono in grado di raccontare storie. Sono piuttosto certo di averti parlato di lui come un maniaco non maniaco, don Giovanni, perdente, affascinante, dai capelli spaventosamente disordinati, un po’ testardo e pieno di talento…”

“Non esattamente”

“Il punto—problema, d’accordo, problema—è che ha avuto un diverbio con i suoi. Piuttosto serio, aggiungerei. Non lo chiederei se non fosse strettamente necessario ed urgente, e so che c’è ancora un aspetto meritevolmente caritatevole in te, dal momento che sono qui a parlarti e sono ancora al tuo fianco, ma lui ha bisogno di me. James è il fratello che avrei sempre voluto, quello che Regulus non è mai stato. Io e te viviamo insieme adesso, per cui mi sembra giusto chiederti se possiamo farlo stare da noi per qualche giorno. Tra un po’ è Natale, Lils. Non hai mai voluto trascorrere il Natale senza compagnia, da piccola, ricordi? E sai cosa significa litigare con la tua famiglia. Lo sappiamo entrambi abbastanza bene, aggiungerei.  Quindi, duh…”

“Non me lo stai chiedendo davvero”

“E’ gelosia quella che scorgo nella tua bellissima voce? Sai che rimarrai sempre la mia preferita, la migliore amica più bella che io abbia mai avuto, la sorella che non ho mai voluto, la ragazza con i capelli rossi più belli di tutta l’America, i cui occhi sono incredibilmente simili a smeraldi costosissimi?”

“Ecco perché non hai un major in scrittura creativa: fai davvero pena con le parole. Fra l’altro, l’adulazione non ti porterà da nessuna parte”

Lils. Andiamo, so che non hai interpretato una splendida crocerossina alle medie per nulla”

“Stavi sul serio sanguinando: non ho mai creduto che un naso potesse perdere così tanto sangue nel giro di quindici minuti”

“Se non ricordo male, dieci minuti. Sette al massimo, in realtà. Tutta colpa di Rosier: i destri di quel ragazzino erano assurdi. Lily, farei qualsiasi cosa per te. Fra l’altro, chissà, potresti davvero piacere a James—e James potrebbe davvero piacerti e—no, scherzavo. Giuro. Potrebbe rimanere anche pochissimo. Potrebbe risolvere tutto con la sua famiglia in mezza giornata e ci sarebbe persino la remota possibilità che tu non lo incrocerai mai. Non ti sembra grandioso?”

“No?”

“Lily, Lily, Lily. Qualcosa mi dice che ti ho convinta”

“Il tempo sta per scadere! Inforniamo le pizze?”

Sbuffa sonoramente, andando a sciacquarsi le mani. Pochi minuti dopo, è al mio fianco ad aiutarmi ad infornare queste cose che, generalmente, abbiamo definito, durante il corso della preparazione, pizze.

Quando le sforniamo più bruciate di quanto ci piacerebbe ammettere, conveniamo che mangiarle sul divano sia la scelta più azzeccata della giornata.

Non penso a Buon giorno, New York! che mi – anzi, ci – aspetta domattina, semplicemente perché prospettare una mattinata, una diversa giornata con Sirius al mio fianco non è il mio proposito. Vivo nel presente, decidendo di rubargli un po’ di cibo ed un sorso dalla sua birra al limone, ovviamente imbevibile.

Non mi piace sapere di essermi sbagliata, sapere che ci sia qualcuno di così arrogante e spocchioso come James al mondo, capace di rubarmi il migliore amico mentre sono a casa. Non mi piace sapere che sono sempre ed irrimediabilmente così accondiscendente quando si tratta di Sirius, quando si tratta del Natale, della famiglia, di aiutare qualcuno così disperatamente bisognoso di una mano, per quanto si tratti di James Potter.

Però, con la tv accesa, addormentati sullo scomodissimo divano, mi dico che va bene così, almeno per ora.

 


 Bonsoir!

Non c’è scusa che tenga e lo so (forse the raven cycle, star wars, the secret history, lo studio, lucky blue smith)—intanto buon natale e buon 2016 a tutti! Sono felice di aver trovato la voglia e l’ispirazione di continuare questa storia a me a cuore—voglio dire, deve accadere ancora così tanto!! Mi andrebbe di spoilerarvi mucho, ma non lo faccio perché quello che ho progettato e prospettato con maniacale cura, tipica di una tipa come me, dovrebbe accadere nel prossimo capitolo o nel successivo ancora. Non ho ancora deciso:)

Piuttosto, vi rivelo il nome del chapter six: the inglorious intruder.

C’è sirius e c’è lily e c’è james, anche se indirettamente, ci sono le storyline dei miei amati personaggi secondari – Benjy, Amos e Dorcas, Fabian e Gideon, importantissimi per l’esito della storia – e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!!

So che non è esattamente un lungo capitolo, so che non è il migliore che io abbia mai scritto, so che ha ancora la struttura e l’impalcatura un po’ cliché e mi spiace, ma ora stiamo entrando nella storia vera e propria!

Comunque sia, spero che il capitolo sia all’altezza delle vostre aspettative, specialmente dopo tanto tempo.

Grazie a chiunque sia arrivato fin qui e a chi ha il tempo e la voglia di lasciarmi recensione: grazie davvero!!

Un bacio e spero a presto! :-)

Potete trovarmi tanto su twitter quanto su tumblr e ask!

  
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