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Autore: light_inthedark    03/01/2016    0 recensioni
"Era una missione suicida. Ma per le mie amiche avrei fatto questo ed altro
- Ok… ma solo per un’ora… non un minuto di più.
- OH TI ADORO!!!! Ma ora bisogna che ci vestiamo come se dovessimo andare ad una gara clandestina e non a una riunione di suore del convento di San Gregorio. Ho tutto l’occorrente in macchina… aspettatemi un attimo!!! – e Aly balzò su dal divano e si diresse verso la porta d’uscita, canticchiando “We are the champions” mentre saltellava allegramente, pensando che la sua carriera non si sarebbe rovinata, quella sera.
Io, invece, forse schiava del mio negativismo cosmico e della mia sfiga enorme, avevo un presentimento: sarebbe andato tutto male e, se anche probabilmente avrei evitato la morte o la galera, sicuramente sarebbe successo qualcosa di pari gravità.
Non sapete quanto potessi aver ragione… da quella sera, la mia vita sarebbe cambiata per sempre."
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ero in ritardo. Stramaledettamente in ritardo. Avevo ben 15 minuti per lavarmi, vestirmi, truccarmi ed essere a lavoro.
Non ce l’avrei mai fatta. Forse sarebbe stato meglio avvisare Taylor, del mio ritardo.
Frugai nella mia borsa , o meglio nella borsa che mi aveva dato Aly, alla disperata ricerca del mio cellulare.
Ma non lo trovai
  • Perfetto! Ora, oltre che in ritardo, ho anche perso il cellulare. Cazzo!!!! Che serata di merda! Che idea di merda!  Ali , ti odio!!! – urlai, sperando che lei mi sentisse.
Uscii di casa tutta trafelata, cercando di non pensare alla perdita del mio cellulare, che mi era costato metà stipendio di marzo. 
Arrivai leggermente in ritardo a lavoro: non mi era mai successo, perciò Taylor non poté dirmi nulla, mi salutò con un sorriso chiedendomi soltanto se fosse tutto apposto.
  • Perché? Ti sembro strana?
  • Sembra che ti sia passato sopra un camion, tesoro. Hai dormito stanotte?
  • Poco e male. Posso versarmi una tazza di caffè? – chiesi, prendendo in mano la brocca.
  • Fai quello che vuoi, piccola. – Taylor, la mia capa, aveva 60 anni. Era come una zia per me. Mi adorava, ed io adoravo lei. Amavo il mio lavoro ed era stato tutto merito suo. Mi aveva assunta a 18 anni, mentre frequentavo l’università pubblica locale (al contrario dei miei compagni ed amici, la mia famiglia non aveva fondi a sufficienza per frequentare un’università privata).  Avevo un bisogno disperato di soldi, i miei genitori non potevano mantenermi negli studi, faticavano a mantenere loro stessi. Per questo decisi di lavorare e i miei primi stipendi finirono direttamente nel loro conto in banca. Fortunatamente , poi, mio padre e mia madre ricevettero un’eredità da una lontana prozia di mio padre, che divisero equamente con me e con i miei fratelli. Ciò permise loro di tirare un respiro di sollievo, ma, nonostante i soldi ricevuti grazie a quell’eredità grazie a cui avrei potuto frequentare l’università senza dover lavorare, non me l’ero sentita di lasciare Taylor
Il sabato mattina era sempre una giornata frenetica: signore che venivano al bar a prendere un caffè con le amiche e a spettegolare, mamme con bambini che si fermavano dopo aver fatto spesa nel supermercato accanto, signori che alle 8 del mattino erano già pronti per il primo gin della giornata.  E poi vi erano i clienti abituali, quelli che quando entravano trovavano già il caffè praticamente pronto, la brioche calda sul piattino e le frittelle di mele già con lo zucchero a velo sopra. Quelli erano le persone che più preferivano.
  • Laura, tesoro, ti cercano al telefono – immersa com’ero nei miei pensieri, non mi ero nemmeno accorta che il telefono del locale stava suonando. Finii di versare il caffè alla signora Swift e mi diressi al telefono.
  • Sicuramente è mia mamma. Mi sono scordata di dirle che ho perso il telefono. Che stupida
  • Non credo che sia lei, tesoro… - guardai con aria interrogativa Taylor, che mi porse la cornetta
  • Pronto?
  • Dovresti dire a Sebastian di telefonarti un po’ meno spesso, la vostra relazione potrebbe diventare tossica – disse la voce, dall’altra parte della cornetta
  • Con chi parlo, scusi?
  • Ho il tuo telefono… l’ho trovato ieri sera, ho chiamato il numero del lavoro… immaginavo di trovarti lì, visto che è il numero dello Schiller’s Café e siete aperti sempre
  • Ha il mio telefono?- Chiesi, praticamente urlando . Metà del mio stipendio allora non era andato perduto!!!!
  • Sì, tra un’oretta arrivo al Cafè a portartelo. Mi aspetto minimo un cappuccino
  • Assolutamente, io non so come ringraziarla… davvero
E mise giù. Strano tipo , questo . finalmente però qualcuno di onesto. Chi avrebbe riportato un Iphone al legittimo proprietario? Sicuramente nessuno!
Ero così contenta che canticchiai allegramente per tutto il tempo. Controllavo continuamente l’orologio, ma della persona che avrebbe dovuto portarmi il telefono neanche l’ombra . stavo seriamente iniziando a preoccuparmi.
9 e mezza, 10, 10 e 30.
  • Laura, tesoro, potresti andare a prendere il caffè dal magazzino? Sai che con la mia artrite non riesco…
  • Non ti preoccupare, vado subito… se dovesse arrivare il tizio del telefono…
  • Gli dirò di aspettare un attimo, tranquilla.
Il nostro magazzino era un vero e proprio disastro. Ci ripromettevamo sempre di risistemarlo, ma non era successo, neanche dopo 6 anni.
  • Taylor, ecco il caffè…  - dissi , porgendole il sacco da 5 kg di caffè e pulendomi le mani sul grembiule giallo - forse è meglio se un giorno ci mettiamo davvero a…  - mi bloccai improvvisamente. Non poteva essere . Non poteva essere lì … - sistemare il magazzino .
  • Ciao – davanti a me avevo Nick il pilota in persona che mi porgeva il cellulare. Tra tutte le possibili persone che potevano aver trovato il mio telefono, doveva essere proprio lui?
  • Ciao… ti ringrazio molto…
  • Non c’è di che… Laura – cavolo, mi aveva scoperta. Aly avrebbe fatto una brutta fine…
  • Senti, mi vorrei scusare per aver detto una bugia sul mio nome.. .Aly ci ha impedito di farlo…
  • Aly tua sorella o Aly la tua amica morettina?
  • Aly la mia amica… mia sorella non si chiama Aly . Posso offrirti qualcosa? Un cappuccino, un caffè? Prendi quello che vuoi.. sono in debito con te, davvero.
  • Un cappuccino …e poi vorrei sapere esattamente cosa ci facevate lì ieri sera
  • Senti, io non c’entro nulla… è stata … un’idea di Aly. Doveva scrivere un articolo per il giornale locale su ciò che fate alla sera e ci ha trascinate lì. Io non volevo nemmeno venire…
  • Però c’eri. E ora la tua amica pubblicherà un articolo su di noi, bel casino , no? Sai vero che ciò che facciamo è illegale? – disse Nick tirando fuori una sigaretta dal pacchetto e facendomi segno di uscire dal locale.
  • Taylor… arrivo tra un minuto, scusami… - dissi alla mia titolare, togliendomi il grembiule.
Aprii la porta d’uscita del Café e si accese la sua sigaretta. Non mi aveva ancora guardato negli occhi dall’inizio della nostra conversazione .
  • So che ciò che fate è illegale – presi per prima la parola – ma so a malapena come ti chiami e penso che se non ti avessi rivisto oggi ma tra un mese probabilmente non ti avrei nemmeno riconosciuto. Sono molto brava a mantenere un segreto e non mi viene in tasca nulla a spiattellare in giro i tuoi giri loschi. Non dirò niente, te lo assicuro… non sono una gran chiacchierona, ok, sono sbadata e spesso fuori luogo, ma non penso che dirò mai niente di niente a nessuno… anzi, ne sono certa – dissi , praticamente senza prendere fiato.
  • Giri loschi? – disse Nick cercando di trattenere le risate – saranno 10 anni che non sento questa parola – disse, mentre si strozzò con il fumo, ridendo sonoramente
  • Sì, giri loschi. Sai cosa intendo. Senti, devo tornare a lavorare. È stato un piacere rivederti, grazie per il telefono, prego per il cappuccino, siamo aperti tutti i giorni dalle 7 alle 20, ci si vede in giro oppure no. – dissi , girando le spalle e cercando di tornare a lavoro
Ma non riuscii. Nick mi prese il braccio e mi strattonò per farmi girare verso di lui. Sentivo il suo profumo così forte, così forte da farmi quasi svenire, e vedevo i suoi occhi di ghiaccio fissi, finalmente su i miei. D’istinto tolsi lo sguardo, timorosa che quegli occhi potessero incenerirmi da un momento all’altro, e guardai per terra, fissando le Converse rosa vecchie di più di 10 anni che mi aveva regalato zia Ella come regalo di compleanno.
  • Sapevo già tutto… Aly e Sophie, a quanto pare, sono meno brave di te a tenere i segreti…
  • O mio Dio… allora tutta questa messa in scena cosa diavolo era? Sapevi già tutto, bene, allora lasciami in pace e torna da Melissa –Gambe - Lunghe. – dissi , sottraendomi con uno scatto dalla sua presa.
Scossando la testa, si allontanò dal bar, buttando via la sigaretta e camminando a passo lento verso la sua automobile, ma all’improvviso si girò di nuovo.
  • Ehi, ragazzina… penso che ci vedremo spesso io e te… forse le tue amiche non te l’hanno ancora detto, ma stasera escono con Ryan e Trent.  Non credo che questa sarà la nostra ultima conversazione.
  • Grazie per il telefono… - dissi, liberandomi dalla sua presa e guardandolo per un secondo dritto negli occhi, prima di abbassare lo sguardo e tornare al locale.
Lui aspettò che fossi entrata e , con un cenno della mano, si mise in auto e partì sgommando.
Scossai la testa e tornai dietro al bancone, mentre pensavo a ciò che mi aveva appena detto
“Non credo che questa sarà la nostra ultima  conversazione”- Ma chi si crede di essere?!?!?!
  • Come dice , scusi? – chiese la signora dal cappello verde di fronte a me. Era un’anziana cicciona di 70 anni, truccata come Sophie la sera prima e vestita come la Professoressa Umbridge del libro Harry Potter.
  • Mi scusi, stavo parlando tra me e me… - dissi, avvicinandomi a lei per chiedere la sua ordinazione.
  • Inizi a fare il suo lavoro e a non pensare a se stessa… ma chi l’ha assunta? Lei è qui per versare i caffè, non per perdere tempo a pensare alla sua vita al di fuori di qui. Io alla sua età, ero già una donna affermata, lei invece lavora in un caffè.
  • Cosa posso portarle? – dissi, cercando di mantenere tutta la mia calma e di non mandarla a quel paese. Di persone maleducate ne avevo viste e sentite tante, ma non fino a quel punto: sapevo che il signor O’Malley era burbero e a tratti maleducato, ma era un burbero abbastanza rispettoso e che mi portava sempre i bulbi in primavera, come per scusarsi della sua “arroganza”.  Questa era solo un’attaccabrighe cafona
  • Mi porti un cafè au lait e delle frittelle con sciroppo d’acero, grazie. E un bicchierino di cognac.
Cognac alle 11?!?!
 
Come se quella non fosse già stata abbastanza una giornataccia, dovevo anche incontrarmi in biblioteca con Jack per finire il progetto di economia e la mia macchina non accennava a voler partire.
  • Ma porca miseria, ho appena fatto la revisione… cosa c’è che non va, Gilda? – la mia macchinina, di ormai 10 anni suonati , mi stava lentamente abbandonato.. me l’aveva detto Jack, era giunto il momento di cambiarla, ma proprio non me la sentivo.. un po’ per i soldi , un po’ perché ci ero affezionata. Era la macchina di mio padre , che aveva lasciato a me perché “i miei fratelli e mia sorella non avrebbero potuto apprezzare una tale meraviglia”.
In quel preciso istante mi suonò il telefono . Era Jack,  il mio più grande amico, già dai tempi delle elementari. Era il bambino che arrivò quel giorno di novembre, ad anno scolastico già iniziato e che scoprii essere il mio vicino di casa. Il bambino con cui avevo costruito una casa sull’albero a 9 anni , che usavamo per nasconderci dai genitori quando ci sgridavano o quando volevamo combinarne una delle nostre; come quel giorno,ormai 15 anni fa, quando rubammo le ciliegie dall’albero della signora Palmer, o quando a 17 anni non sapevamo come dire ai nostri genitori che ci eravamo tatuati entrambi. È sempre stato l’unico vero amico uomo che abbia mai avuto.
Ogni volta che ero triste e cercavo di nasconderlo, Jack lo capiva soltanto guardandomi negli occhi e riusciva a farmi tornare il sorriso.
Se c’era una cosa che però Jack non tollerava erano i ritardatari. Ecco perché mi stava già chiamando: ero già in ritardo di ben 5 minuti
  • Se non ti muovi, giuro che non vengo al cinema con te a vedere Cinquanta Sfumature di Grigio domani sera!!!! Dove cavolo sei?? – imprecò Jack facendomi strizzare gli occhi e cadere il telefono dalle mani
  • Sono ancora a casa, ti prego non arrabbiarti, J.. purtroppo Gilda non va in moto! Ho provato di tutto, non funziona! Non so come fare… - sbuffai, tirando un calcio alla ruota della mia vecchia auto
  • Te l’ho già detto, quell’auto la devi far demolire, lo dico per te! Beh, senti, vedi tu come arrivare qui… se riesci a prendere un taxi bene, sennò chiamami e arrivo
  • Grazie – dissi, buttando il telefono nella borsa e cercando di capire cosa potesse avere la mia auto – e vaffanculo Jackie.
  • È ora che cambi il motore – sentii dire mentre , inginocchiata per terra, controllavo se vi fosse una perdita d’olio dall’auto. Ovviamente sobbalzai e mi bloccai quando vidi quegli occhi. Li riconoscevo, erano gli occhi di Nick
  • Ti ringrazio per il suggerimento – dissi, alzandomi di fretta non appena ripresi un po’ il senso della ragione – forse però farei prima a cambiare l’auto.
  • Forse hai ragione… però se sostituisci il motore e ci dai una bella verniciata, potresti tirarci su parecchi soldi, vendendola. Sai, nel mio ambiente macchine così le cercano tutti
  • Nel tuo ambiente… - dissi , ridendo – non sono solita frequentare ambienti del genere, quindi non ho gli “agganci giusti” per venderla e tanto meno altri soldi da spendere.
  • Tu – disse, avvicinandosi a me con uno scatto – forse, tu no, ma io sì – disse sorridendo e spegnendo la sigaretta per terra – fammi controllare un attimo ,magari riesco a farla partire comunque, poi forse è meglio se la porti da un meccanico.
E prese ad armeggiare sotto l’auto, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Io , che avevo appena imparato a fare benzina e a cambiare una lampadina, lo guardavo con lo sguardo corruciato: non ero invidiosa ne tanto meno preoccupata per la mia auto, ma ero davvero curiosa di sapere cosa voleva fare.
  • Per il momento è soltanto la batteria scarica, hai lasciato i fari accesi stanotte – disse, ridendo sotto i baffi , poi improvvisamente tornò serio – però è meglio se la porti davvero da un meccanico. Se aspetti 10 minuti , ho i cavetti in macchina e posso aiutarti a metterla in moto.
  • Sei gentile – dissi – sono davvero in ritardo e ho una persona che mi aspetta e potrebbe uccidermi se non sono lì entro dieci minuti... scusa, parlo troppo…
  • Non sono gentile , Laura, sono tutt’altro che gentile – disse, con uno sguardo che avrebbe gelato anche un vulcano in piena eruzione. – andiamo, non posso perdere tutta la giornata.
Mi bloccai di colpo, mentre lui avanzava con passo svelto verso la sua macchina , intento ad accendersi un’ennesima sigaretta.
  • Che diavolo ti prende? -  dissi, stizzita come non lo ero mai stata – ho per caso detto o fatto qualcosa di male? Un secondo fa ridevi e scherzavi e ora ti comporti come se fossi l’ultima delle stronze. Cosa diavolo ti ho fatto?
Si girò di scatto e mi guardò, rabbioso, come se lo avessi davvero ferito nel profondo. Gettando furiosamente la sigaretta a terra, ancora accesa, si avvicinò con una falcata, mi prese per un braccio e, guardandomi negli occhi, mi gettò il fumo addosso
  • Cosa ti fa credere di essere così importante per me? Non vali niente per me, sto cercando soltanto di aiutarti perché ti ho vista in difficoltà, ma per me sei il nulla.
Sconcertata dall’affermazione di Nick, mi liberai dalla sua presa, con le lacrime agli occhi e, con passo svelto, mi diressi più lontano possibile, lasciando il ragazzo solo, nel bel mezzo della strada, mandandolo a quel paese alzando il braccio dietro di me.
Non mi voltai neanche un secondo , ma riuscivo a percepire il suo sguardo che seguiva ogni mio movimento. Riuscivo perfino a vederlo, mentre con quel suo ghigno mi prendeva in giro da lontano.
  •     Jack!!! – dissi, urlando come una pazza al telefono – vienimi a prendere o ti giuro, ma ti giuro che qui commetto un NICKICIDIO!!!
  • Sono già per strada, Laura, calmati oppure ti vengono le rughe… e sai che con il mio ed il tuo stipendio non possiamo permetterci un lifting…
  
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