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Autore: Elly_Lucy26    03/01/2016    1 recensioni
L'ho fatto, questa è la pura realtà, il peggior peccato di cui l'umanità da millenni si è sporcata l'anima rendendo il corso della vita un vero e proprio inferno. Il senso di colpa in questi casi dovrebbe essere automatico, per ogni singola cosa brutta, atroce e cattiva che si compie, il risentimento e il senso di colpa devono essere lì pronte a colpirti alle spalle... Ma io in fondo sono sempre stato diverso agli occhi di tutti...
Alzando lo sguardo, incrociai gli occhi vispi del ragazzo che mi stavano sfacciatamente squadrando da capo a piedi. Il cuore batteva sempre più forte e l'adrenalina cominciava a farsi strada nelle mie vene...
Due strade diverse, un'unica via.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Sei una persona coraggiosa, Catherine?- 
Stesso sguardo profondo ed indagatore, leggevo la sua frustrazione negli occhi ghiaccio che risplendevano alla luce del sole. Poteva una semplice domanda destabilizzarmi?.
-Non lo so.- Sussurrai, abbassando il capo osservandomi le scarpe. Per un momento, la sua figura mi faceva sentire una persona infantile, stupida e codarda. Avevo davanti a me non più un semplice ragazzo che amava divertirsi ma una persona più adulta. Io non riuscivo a fare lo stesso, non riuscivo a rimanere in quel posto dopo quanto accaduto.
Sospirò sconfitto alzando la testa al cielo, come se stesse invano cercando un appiglio per fuggire da quella situazione. Non riuscivo a guardarlo, le sue dite affusolate tirarono su il mio mento per costringermi ad incrociare le mie iridi alle sue.
-Non credevo fossi così- Pronunciò quelle parole con puro disprezzo arricciando le labbra come se avesse visto un topo morto ricoperto di sangue sulla strada.
Una risata amara mi uscì, forse perché non volevo piangere o semplicemente non volevo sentirmi dire quelle parole da lui.
-Non ti puoi permettere! - Sbottai digrignando i denti dal nervoso che mi aveva rapita. Puntai un dito sul suo petto così forte da farmi male. –Tu credi di essere più coraggioso di me! Ah bella questa!. Io e te non siamo poi così tanto diversi. - Affermai battendo più volte le palpebre per non scoppiare a piangere.
-Tu sapevi tutto e non l’hai mai detto! Diamine Catherine! Ha tentato il suicidio e tu non hai detto nulla.-
-Avevo dato la mia parola, Lucas! Lei era anche mia amica.- Urlai mentre le lacrime mi rigavano il volto.
Un tuono fece il suo ingresso in una discussione che non aveva poi tanto senso. Non si distingueva più il pomeriggio dalla notte, il tempo cambiava in peggio come il nostro umore. I temporali sono sempre più frequenti in questi periodi dell’anno, specialmente in montagna che il tempo non è mai dei migliori. Eravamo isolati da tutti, come quel giorno in pineta, soli al mondo. Gli alberi facevano da sfondo alla nostra drammatica scenetta, e ogni tanto si sentiva il brusio dei motori delle macchine che sfrecciavano sulla strada principale.
Tre settimane erano passate dall’ultima volta che ho visto i miei amici. Le tre settimane più brutte della mia vita. La madre di Anne ha costretto sua figlia ad andare da uno psicologo perché la notte urlava e si dimenava nel suo letto, sognando un uomo nero incappucciato con un’ascia imbrattata di sangue in mano. Clare non l’ho più vista dopo l’incidente, non esce di casa e passa le sue giornate in camera sua a fissare il nulla davanti a se. Sono state settimane difficili, la polizia ci ha interrogato più volte su quanto accaduto ma la realtà fu che nessuno di noi sapeva cosa realmente successe quel giorno.
-Signorina Leys, sa dirmi se era a conoscenza del fatto che la sua coetanea Roselle Everdeen si trovava in uno stato interessate?- Domandò un uomo alto con dei lunghi baffi ed uno sguardo duro e determinato.
-Si- Risposi reprimendo ogni mia singola emozione, quell’uomo con i suoi modi indifferenti mi infastidiva. Come se stessimo parlando del più e del meno. Ma in realtà stavamo discutendo della mia amica morta per chissà quale assurdo motivo.
-Bene- Disse annuendo ripetutamente la testa ed appuntando qualcosa sul suo taccuino. – Sa anche che la sua amica ha tentato più volte il suicidio, signorina Leys?- Domandò passandosi la mano sulla folta barba marrone.
-Si, lo sapevo- Assecondai guardando interessata il soffitto di quella cella dai colori smorti e dall’odore di bagni pubblici.
-Perché non ne ha parlato con nessuno?- Chiese, con lo stesso modo rilassante che mi irritava ogni secondo di più.
-Mi può dire cosa cavolo centra questa domanda con la morte della mia amica?-Pronunciai quelle parole con la stessa lentezza del poliziotto.
-Risponda alla domanda.-
-Si- Affermai innervosita da quella situazione.
-Può andare signorina Leys.- Sorrise mellifluamente, alzandosi di botto dalla sedia che emise un suono stridulo.
Feci lo stesso e scappai via da quell’orribile posto.
 
 
-Cosa vuoi sentirti dire! Hai sempre pensato a te stessa, non hai mai voluto dirlo perché non ne avevi il coraggio, questa è la realtà. Scappa, vai via da questo posto di merda come lo definisci tu, ma poi non tornare perché sappi che nessuno sarà qui ad accoglierti a braccia aperte.- Il suo respiro era irregolare, i suoi occhi lucidi e la sua espressione carica di disprezzo. Feci un passo indietro allontanandomi da quella figura che non riconoscevo più. La morte aveva portato via l’anima azzurra di Lucas macchiandola di nero, mi guardava diversamente ormai dopo l’incidente. Mi guardava come se fossi stata io l’assassina, non potevo rimanere, non riuscivo a sopportare tutto questo.
Il temporale stava peggiorando sempre di più fino a scoppiare come se fosse preso da un lungo pianto. Delle fredde goccioline fecero il loro ingresso. L’ultima cosa che ricordai di quel giorno furono i suoi occhi pieni di tristezza, che un tempo mi scrutavano timidamente.
Non disse nulla, si avvicinò mi baciò lievemente sulla guancia gelida e poi semplicemente sparì tra gli alberi. Sembrava fosse stata una proiezione della mia mente, come se quella conversazione non fosse mai avvenuta, con il passare del tempo infondo mi convinsi di ciò. Lo zaino che tenevo a tracolla iniziava a pesare, la pioggia non dava segno di smettere. I capelli erano oramai completamente bagnati, i vestiti si aderivano alla mia pelle. Il mio sguardo era fisso in quel punto dove tutto è iniziato e tutto è finito.
 
La gente del paese, dopo che i cadaveri erano stati analizzati in laboratorio per capire la causa del decesso e si era venuto a sapere che Rose aspettava un bambino ed io lo sapevo, mi odiava. E così anche Lucas si era unito al gruppo. Ricordo anche l’incontro con il fratello di Rose, William.
-Tesoro, esco a fare la spesa ci vediamo dopo!- Urlò mia madre uscendo di casa.
Ero sdraiata sul letto a fissare il soffitto, prima che le voce stridula di mia madre mi interrompesse, la mia mente si era resettata, riuscii a non pensare a niente per cinque minuti fino a quando qualcuno busso alla porta.
-Arrivo!- Dissi, sapendo che la persona dietro alla porta non poteva sentirmi.
- Ciao Catherine!- Occhi neri come la notte, sguardo famelico e fuori di se, sorriso da matto.
William
Non feci in tempo a chiudere la porta che con un calcio riuscì ad entrare facendomi cadere a terra. Sapevo che non dovevo stare li ferma impalata, così mi rialzai e cercai di dirigermi in cucina per uscire dalla finestra. Mi aggrappai alla ringhiera delle scale, ma una mano mi tirò un piede e scivolai di faccia a terra. La testa faceva davvero male, mi divincolai dalla stretta di William ma lui non diede segno di arrendersi. Conoscevo il fratello di Rose da anni, era stato anche dentro per rapina a mano armata, prima o poi sapevo che mi avrebbe fatto visita specialmente dopo essere venuto a conosceva della situazione di gravidanza. Mi afferrò per un braccio costringendomi ad alzarmi. La testa mi girava e non riuscivo a tenermi in equilibrio così fece sbattere la mia schiena al muro.
Iniziò a ridere di gusto, provando piacere a vedermi in quello stato di totale confusione dopo la botta subita.
-Cara Catherine, ti vedo un po’ pallida. Cos’hai?- Sghignazzò risoluto e stringendomi con una morsa letale il collo. 
-Va-tte-ne!- Sussurrai, cercando di prendere aria con la bocca.
-Non mi sei mai stata molto simpatica, lo sai?- Disse divertito facendo pressione con la mano sulla faccia.
-Neanche tu, se per questo!- Affermai convinta spuntandogli in faccia.
La sua espressione mutò, da puro divertimento a pura rabbia. Non so in realtà perché lo feci, insomma sapevo quale sarebbe stata la sua reazione, eppure lo feci senza pensare alla conseguenze.
Il seguito non riesco tuttora a ricordarlo, ma il dopo di quell’agghiacciante incontro si.
Diciamo che da come mia madre mi aveva ritrovata agonizzante a terra, la situazione mi era leggermente uscita di mano. Ricordo il sangue sulle sue mani, il dolore ovunque e la cosa più orrenda di tutte fu che non mi picchiò per sfogarsi della morte della sorella, ma il fatto che io non avevo detto nulla sulla gravidanza. Aveva utilizzato il rossetto rosso di Rose per scrivere le sue motivazioni sullo specchio del soggiorno.
“È colpa tua se mia sorella è morta!”
Avevo perso i sensi per qualche minuto, nel momento in cui riuscii ad aprire gli occhi mi accorsi che William era lì disteso con la schiena contro la porta. Con le mani sporche del mio sangue si copriva le faccia e piangeva senza ritegno come se fosse un bambino.
Ho sempre pensato che la vita è davvero troppo breve. In certi momenti, mi sono ritrovata a fissarmi in bagno completamente sola. La gente mi indicava per strada, sentivo i lori commenti cattivi, acidi e pieni di rancore nei miei confronti. La verità è che dopo tre settimane di indagini da parte della polizia, non si sapeva ancora chi fosse stato a sterminare quell’intero gruppo di ragazzi. Rose, Mark, Jasmine e Matt erano stati assassinati ingiustamente senza un motivo apparente. In città tutti avevano paura di questa figura oscura dagli occhi di lupo, pronta a strappare via l’anima di giovani innocenti. La gente voleva un colpevole, qualcuno a cui puntare il dito e sfogarsi per quella ingiusta morte. Eccomi qui, si proprio io con la scusa della gravidanza di Rose, ero stata etichettata come l’amica dannata, colei  che non parlò perché in fondo voleva la morte di tutti. All’inizio non diedi peso alla cosa fino a quando non era venuto William. In quel momento coperta di lividi ho pensato che forse aveva colpa anch’io.
-Hey!- La sua voce era stanca e triste.
-Ciao.- Sussurrai con la bocca ancora gonfia e lo sguardo spento.
La mia amica Clare era seduta su una sedia accanto al mio letto nella mia stanza. La sua mano era intrecciata alla mia, potevo sentire il suo calore e la sua forza in quell’umile gesto.
-Guarda cosa ti ha fatto!- Disse voltandosi dall’altra parte per ammirare la vista oltre la finestra.
-Non è quello che tutti volevate in fondo.- Affermai, sperando che in realtà non fosse così.
-Ma cosa stai dicendo?- Si girò per guardarmi negli occhi. –La morte… di tutti non è stata colpa tua Catherine, ma come ti viene in mente?-
-Non è quello che gli altri pensano, perfino Lucas non riesce a guardarmi in faccia!- Conclusi con una stretta atroce allo stomaco per quanto quelle parole mi ferivano nel profondo.
-Anche se avessi detto a qualcuno di Rose, comunque saremo andati in pineta a giocare, non credi?-
- Questo è il punto Clare.- Sorrisi debolmente, ricacciando indietro le lacrime. -Quel giorno Rose aveva deciso di dirlo ai suoi, ma io…-Affermai puntandomi il dito contro.- ho tentato di persuaderla perché sapevo che non le avrebbero mai permesso di tenerlo.-
-Quel lurido bastardo non aveva comunque il diritto di toccarti!- Urlò passandosi una mano disperata tra i folti capelli biondi.
-Lo so, ma nessuno sembra poi così preoccupato, avrei in fondo preferito rimane li distesa sul quel fottuto pavimento in salotto e non risvegliarmi più.-
-Dannazione Caherine ma che dici?- Proruppe Clare alzandosi dalla sedia che per poco non fece cadere a terra.
-È così, Clare.- Affermai senza guardarla, fissando il soffitto della mia oscura stanza.
-Non ti riconosco più, mi fai paura.- Sussurrò guardandomi con occhi profondi prima di uscire frettolosamente dalla mia camera.
Il silenzio fu colmato dai miei singhiozzi che divennero urla di pura rabbia tanto che strinsi forte i pugni fino a disfare il letto lanciando le lenzuola via da quel corpo che ormai non riconoscevo più come prima.
 

-Catherine! Mi senti, apri gli occhi!-
Una voce diversa e dannatamente familiare mi cullava in quel sonno senza fine. Sentivo il suo profumo di menta che mi faceva sempre pensare all’estate. Aprii gli occhi incerta, speravo non fosse uno di quei sogni orribili nei quali mi svegliavo con il cuore a mille in una stanza rossa, ricoperta solo di urla disumane, strazianti piene di terrore. Il suo viso fece capolino davanti a me, e in quel momento senza essere davvero molto cosciente capii.
-Non ci posso credere!-Esclamai iniziando a ridere di gusto. La sua espressione da preoccupata tramutò in pura sorpresa.

 
Cari lettori!! 
Sono qui con un nuovo capitolo della mia stramba storia... spero vi piaccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Saluti
Elly
 
   
 
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