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Autore: UnGattoNelCappello    04/01/2016    2 recensioni
TRADUZIONE (completa)
Crescere sotto la rigida mano di Walburga Black non era niente di meno di una tortura per il giovane Sirius. Finché un giorno, trovò una piccola, dimenticata porta, nascosta in un ripostiglio. Fu attraverso quella porta che Sirius scoprì un intero nuovo mondo, e un'intera nuova vita.
-
Wolfstar; da bambini a giovani adulti, la relazione di due ragazzi che hanno trovato rifugio da un mondo che non li vuole, creandone uno loro stessi. Trovando rifugio l'uno nell'altro. (non-magic au)
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Attenzione: non ho scritto io questa storia, la sto solo traducendo con il permesso di Amuly, l'autrice. Potete trovare la storia originale qui:  The Door Through the World
 



N/T: 
In questo e i prossimi capitoli sarà presente un linguaggio un po' scurrile, soprattuttto da una certa persona ;)
Niente di che, ma pensavo fosse giusto avvertirvi. :)


 



 

Capitolo 33


 

Sirius si rigirò, gemendo mentre sentiva passi pesanti dirigersi verso il suo bagno. Si buttò il cuscino sopra la testa quando il rumore di qualcuno che vomitava raggiunse le sue orecchie. Non si sentiva neanche lontanamente tanto male quanto il poveretto che stava rovinando il suo bagno, ma ciò non voleva dire che stava abbastanza bene per occuparsene. Invece, lasciò che la morbidezza di cotone lo circondasse mentre cercava di rimettersi a dormire.

“Oi, coglione. Ho bisogno di colazione. Svegliati.”

Lo stomaco di Sirius si ribellò quando un pesante corpo si gettò pesantemente sul suo letto. Si rivoltò ancora di più quando suddetto corpo strappò via il cuscino dalla sua testa e gli respirò vicino con un alito puzzolente di vomito e alcool stantio.

Oh, no. Cazzo. Rotolandosi direttamente sopra l'altro corpo – scendere dalla sua parte del letto e fare il giro avrebbe richiesto troppo tempo – Sirius si lanciò in bagno e procedette nel rigettare il più possibile dentro il suo water.

Il bastardo non aveva scaricato.

In mezzo ai conati Sirius riuscì a gridare: “Ti ammazzo- Idiota- Potter-”

James, essendo il pezzo di merda che era, si limitò a ridere dal letto di Sirius, suonando decisamente troppo vispo per qualcuno che aveva appena fatto quello al povero water di Sirius. “Sbrigati. Voglio andarmi a prendere un caffè prima che arriva la folla della chiesa.”

Asciugandosi la bocca, Sirius rivolse una smorfia alla sua povera toilet. “Già, non vorrei costringerli a sorbirsi un pagano come te.”

Mentre Sirius scaricava e andava a lavarsi le mani – cosa che James non aveva fatto, se Sirius ricordava bene, il che era proprio delizioso – James emise un forte sbuffo dal letto. “Hey, se la gente di chiesa deve avere un problema con uno di noi due, non sarà me, amico.”

Sirius fece una smorfia asciugandosi le mani, rimettendo poi l'asciugamano al suo posto. James aveva sempre pensato che il suo ordine contraddicesse con il suo carattere, visti i soldi e la moltitudini di domestici con cui era cresciuto Sirius che facevano tutto per lui. Il semplice motivo della questione era che crescere in quel modo aveva abituato Sirius che le cose intorno a lui fossero in ordine. Non appena i domestici gli erano stati portati via quando era scappato di casa per andare a vivere con James, era diventato l'ombra di Mrs. Potter abbastanza a lungo per capire come fare in modo che lo cose fossero come le voleva lui.

Sirius tornò nella sua stanza alla vista del petto nudo di James che imbrattava le sue belle lenzuola pulite di macchie di pennarello sudate e brillantini. Con un ringhio Sirius colpì James finché lui non saltò giù dal letto e si diresse verso il salotto di Sirius che fungeva da camera extra. Sirius fece una smorfia rivolta alle lenzuola, poi iniziò a toglierle dal letto. Anche se James non le avesse appena imbrattate di brillantini e pennarello, Sirius le avrebbe lavate comunque. Il corpo da dopo sbronza di James era capace di fare le cose più spettacolari, una delle quali era secernere un sudore che odorava come un orribile mix di benzina, bile, cipolle, e merda. Era davvero un magnifico livello di disgusto.

“E comunque,” gridò Sirius attraverso la porta mentre raggruppava le lenzuola e le gettava nel cesto dei panni sporchi. Considerò brevemente di rifare il letto con lenzuola pulite, ma si sentiva già pallido e sudaticcio, come se dovesse collassare da un momento all'altro. Avrebbe lasciato quel compito per quando si sarebbe sentito più umano. “Non è che mi metterò a sbaciucchiare un ragazzo nel bel mezzo della colazione,” concluse Sirius. Entrò nel salone appena in tempo per vedere James cadere dal divano mentre cercava di infilarsi i pantaloni. Sirius sospirò e raccolse i propri pantaloni da dove li aveva lasciati a terra la notte prima.

Ripensandoci... Sirius odorò i suddetti pantaloni, poi li gettò nei panni sporchi e tornò in camera sua per cercare qualcosa di non così aderente e che non odorasse di sigarette stantie e sudore di genitali. Scavando nel suo armadio, trovò una salopette da lavoro. Si infilò velocemente una canottiera bianca sopra la testa, poi si tirò la salopette su fino alla vita e si allacciò intorno le maniche. Andava abbastanza bene per un dopo sbronza tutto all'inglese.

James era già sulla porta, stringendosi lo stomaco e gemendo in modo penoso quando Sirius uscì dalla stanza. Prese le chiavi dal tavolo, esitando di fronte al casco accanto alla porta. Quando James riuscì a diventare ancora più verde – il che era già di per sé un notevole sforzo – Sirius alzò gli occhi al cielo e lasciò il casco lì dov'era.

“Oh, grazie, amico,” gemette James. Gettò il suo intero corpo contro quello di Sirius mentre uscivano dalla porta dell'appartamento di Sirius e lui la chiudeva dietro di loro. “Sono solo tre isolati, comunque.”

Sirius riuscì a produrre un sorriso genuino mentre scivolava giù lungo il corrimano delle scale dell'edificio in cui viveva, incespicando in avanti e fuori dalla portata di James quando l'altro ragazzo fece la stessa cosa dietro di lui. “Così manchi del tutto il punto di avere una moto, te ne rendi conto?”

James sbuffò. “Sì, sì, la libertà e tutte quelle altre cazzate. Scommetto che tra poco te ne andrai in America, a guidare per il vecchio west e cercare dei ranch per accoppiarti con delle mucche.”

Uscendo fuori nella brillante luce di quella mattina di settembre, entrambi i ragazzi gemettero e si misero gli occhiali da sole quasi in unisono. “Mucche?” chiese Sirius quando iniziarono ad avviarsi lungo la strada. Mise le mani nelle tasche della salopette mentre camminava, i lunghi capelli neri che svolazzavano intorno al suo collo nella brezza gentile. “Perché mucche?”

James scrollò le spalle. Una ragazza bionda carina gli passò accanto, e la mano di James aveva iniziato a salire verso la sua testa per arruffarsi i capelli. Sirius gliela spostò con uno schiaffo senza un momento di esitazione. James gli lanciò un'occhiataccia da dietro i suoi occhiali da sole. “O cavalli, o chi se ne importa. Forse dei morbidi coniglietti, per soddisfare le tue voglie da checca, che ne so.”

Sirius rise, non essendo mai non divertito dalla bizzarre cose che James pensava fossero “da checca”. Coniglietti, apparentemente. Anche il colore rosa (Sirius non aveva neanche una cucitura rosa), fiori (che James comprava più di Sirius, per ogni nuova ragazza che corteggiava), motociclette (bugie. Orribili, calunniose bugie. Le motociclette erano semplicemente la cosa più fantastica del mondo, e James era solo un coglione geloso).

Riuscirono ad arrivare alla caffetteria in fondo alla strada con James che dovette fermarsi per vomitare bile in un vicolo solo una volta, il che la rese una passeggiata riuscita agli occhi di Sirius. Quando arrivarono alla caffetteria Sirius fu contento di vedere che erano arrivati prima che le chiese lasciassero uscire tutti i fedeli. C'erano più che altro uomini in giacca e cravatta venuti per un caffè veloce e studenti che avevano tutti un aspetto simile a quello di James e Sirius. I due ragazzi scivolarono velocemente in un divanetto vicino alla finestra, e James si raggomitolò contro la finestra come se fosse la sua ragazza preferita. Sirius si limitò a spaparanzarsi sul suo posto, con le gambe spalancate e giocando con le maniche della sua salopette legate intorno alla vita.

“Che cos'hai domani?” chiese Sirius dopo che ebbero ordinato le loro colazioni e bevuto i loro tè e caffè – James il tè, Sirius il caffè.

James grugnì nel suo tè, appoggiato alla finestra di schiena ora che aveva la calda tazza nelle sue mani. Sirius chiuse i suoi palmi in modo simile intorno alla tazza di caffè. Era una bella sensazione, quella tranquillità, in un certo senso. Specialmente dopo una notte talmente caotica. “Economia. Politica. Matematica.”

Sirius sorrise rivolto al suo caffè mentre prendeva un sorso. Posando giù la tazza – lentamente, piano – chiese: “Hai già capito le derivate?”

James gli lanciò un'occhiataccia. “No. E se qualcuno-”

Qualcuno,” lo interruppe Sirius, “pensa che non sia divertente quando presumi che non sappia distinguere un logaritmo da un esponente.”

James alzò gli occhi al cielo. “Come facevo a sapere che per il tuo stupido lavoro devi sapere la matematica?”

Sirius strinse le labbra, con gli occhi che lampeggiavano. Ma poi la sua testa iniziò a pulsare dietro i suoi occhi, e Sirius decise che non se la sentiva molto di mettersi a litigare con James così presto di mattina.

“Devo sbatterti la testa nell'asfalto di nuovo per ricordarti che quasi tutti i miei corsi sono di matematica?”

James alzò le spalle, come al solito non preoccupato per la sua mancanza di tatto. Era una delle cose che Sirius amava di lui, certo, ma qualche volta James aveva bisogno di una bella strigliata.

“Come facevo a sapere che voi svitati non-universitari avete bisogno della matematica solo per far volare un aeroplano? Io non ne ho bisogno per guidare.”

Dal bancone il proprietario gli stava facendo cenno di avvicinarsi, due piatti pieni di cibo preparati e pronti per loro. Sirius alzò gli occhi al cielo e saltò in piedi, lasciando James ad amoreggiare con il suo tè: “Non che tu sappia farlo molto bene,” commentò sarcasticamente da dietro la spalla. Poteva sentire James lanciargli insulti dietro, ma Sirius lo ignorò e afferrò i loro piatti.

Ma davvero, James, per quanto fosse un tipo genuinamente decente, non realizzava quanto a volte potesse essere un'imbecille privilegiato. Non che Sirius fosse estraneo ai privilegi, ma... Solo perché lui andava ad una scuola professionale invece della costosa Cambridge come quel pesaculo di Potter non voleva dire che fosse un idiota. Neanche lontanamente. In quelle poche settimane da quando aveva iniziato le sue classi all'accademia, aveva fatto più problemi di matematica che tutti i suoi anni al collegio, probabilmente. A quanto pareva, per fare il pilota c'era bisogno di un sacco di matematica. E fisica. E vettori e tutta quella geometria fica che, per grande sorpresa di Sirius, non era la stessa geometria che aveva imparato al collegio? Il che era da pazzi, ma piuttosto geniale. A volte si chiedeva-

Sirius fece quasi cadere i piatti prima di posarli sul tavolo. Li riprese appena in tempo, facendo scivolare il piatto di James di fronte a lui con leggermente più forza di quanto fosse necessaria. James lo fermò prima che cadesse dal bordo, però, e cominciò a sotterrare con praticità la sua faccia nei fagioli e toast.

“Oh, no, no, assolutamente no, amico.”

Sirius sbatté le palpebre, alzando lo sguardo dalla sua forchettata di uova. James stava gesticolando arrabbiato verso di lui con la forchetta, schizzando sugo di fagioli su tutto il tavolo e su Sirius. Almeno la sua canottiera era già macchiata dall'olio e il grasso degli aeroplani.

“Che cosa abbiamo detto riguardo quell'espressione? Stai facendo la faccia. La faccia da Lunastorta.”

James aveva tirato fuori il suo stupido nomignolo preferito per quando Sirius fantasticava sul suo perso Remus. Doveva essersi notato molto. Sirius fece una smorfia e lanciò un'occhiataccia alle sua uova, infilzandole con violenza e portandosele alla bocca con tanta ferocia da far invidia a un lupo. Quando James continuò a punzecchiarlo con la forchetta, tra un sorso e l'altro di tè, Sirius finalmente cedette. “Stavo solo pensando a qualcosa che volevo dirgli.” James allargò gli occhi, aspettando che gli dicesse di più mentre la sua forchetta tornava al giusto compito: stipare quanto più cibo possibile in una volta nelle sue fauci spalancate. Sirius sospirò. “Geometria iperbolica. Seguo questo corso, e mi chiedevo se Lunastorta sapeva che c'erano altre-”

Con un sonoro gemito James sbatté la testa sul tavolo in modo preoccupantemente forte. Sirius, imperterrito, continuò a mangiare la sua colazione. Lo ignorò quando James iniziò a russare rumorosamente. A James non interessava niente di quella roba, okay, lo capiva. Era per quello che non gli aveva detto subito quello che stava pensando – era per quello che ne voleva parlare con Remus.

Ma ovviamente, Remus non era più nei paraggi. Sirius non era più potuto tornare a Grimmauld Place da quando era scappato da James il primo giorno delle vacanze estive tra il quinto e il sesto anno. Sirius poteva solo sperare, e sognare, e fantasticare che Remus ce l'avesse fatta ad andare via da qualsiasi posto stesse vivendo, ad andarsene da quei ragazzi di cui parlava solo una volta ogni tanto, tanto tempo.

Con un gemito, James si alzò di colpo dal tavolo e corse verso il bagno. Sirius alzò gli occhi al cielo e continuò ad attaccare la sua colazione. Dieci minuti dopo James tornò, sorridendo come se avesse appena ottenuto il numero di una ragazza. “Quelle cazzo di cacate da birra,” si lamentò James. “Adesso sto meglio. E hey: non l'ho fatta nel tuo water. Non c'è di che.”

Sirius fece una smorfia. Almeno quello. Se James avesse fatto al suo povero bagno quello che aveva certamente fatto a l'insospettabile toilet della caffetteria, Sirius non sarebbe stato in grado di entrare nell'appartamento per il resto della giornata.

Ruttando rumorosamente, James allontanò da sé il suo piatto ormai vuoto e sorrise a Sirius, con i capelli che gli stavano dritti in testa in tutte le direzioni. “Vuoi passare da me dopo a lavorare un po'? A fare un po' di matematica, giusto, perché voi piloti avete bisogno della matematica e siete altrettanto brillanti e intelligenti di qualunque ragazzo snob dell'università, lo so.”

Quello riuscì ad ottenere un piccolo sorriso da Sirius. Buttando giù il resto del suo caffè, il ragazzo annuì. “Va bene. Anche se questo è solo un piano non-così-ben-mascherato per fare in modo che ti aiuti in matematica, verrò.”

Tenendo una mano sul cuore e l'altro palmo aperto accanto alla sua testa, James giurò solennemente: “Prometto di cucinare le fantastiche salsicce e purè di mia madre in ricompensa.”

Sirius annuì bruscamente. “Ci sto.”

Si strinsero la mano, e Sirius fu in grado di farlo senza che il suo cuore volesse strappare il suo petto per uscire, senza che la sua mano formicolasse per eseguire i movimenti di una stretta completamente diversa. Stava guarendo, un passo alla volta. Forse. Chi lo sapeva: forse uno di quei giorni avrebbe lasciato che James lo trascinasse in uno di quei club di qui aveva sentito la gente mormorare, dove ai ragazzi che andavano con ragazzi e ragazze che andavano con ragazze non veniva rivolto più di uno sguardo.

Un lampo di tweed e capelli color sabbia catturò i suoi occhi mentre Sirius e James uscivano fuori dal caffè. Girando di scatto il collo come se dovesse separarsi dal suo corpo, Sirius seguì i colori e la vista di un ragazzo magro e basso che camminava velocemente lungo la strada. Troppo basso. E quando si girò per guardare Sirius – probabilmente perché si stava rendendo ridicolo, lì in piedi in mezzo al marciapiede – lui vedette degli occhi verdi preoccupati a rimettere il suo portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni. Forse non era ancora pronto ad incontrare altri ragazzi come lui. Non quando non gli era ancora chiaramente passato quello che provava per Remus.

“Alle sette?” chiese James, inconsapevole della distrazione di Sirius.

Sirius annuì, mettendosi un sorriso sulle labbra. “Alle sette,” confermò. Si salutarono, dirigendosi in direzioni opposte.

“Sarebbe più facile se ti trasferissi da me e basta!” gli gridò dietro James.

Sirius si girò per vedere James che gli sorrideva, camminando all'indietro lungo la strada. Sirius alzò gli occhi al cielo e gli gridò in risposta: “E vedere il tuo brutto muso tutti giorni? No grazie, mai!”

Risero entrambi, ma il sorriso cadde dal volto di Sirius non appena si girò. Affondando le mani nelle tasche della sua salopette, Sirius cercò di ignorare il vuoto dolorante nel suo petto. Non sarebbe mai riuscito ad accettare l'offerta di James di condividere un appartamento. Non quando la persona con cui avrebbe dovuto farlo era lì fuori, da qualche parte, che ancora lo cercava. Forse. Sirius poteva sognare, almeno.


 

  
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