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Autore: BlueFlyingWolf_13    06/01/2016    0 recensioni
Il sabato sera, solitamente momento di svago e divertimento senza precedenti insieme agli amici, si rivelerà un incubo per alcune nazioni, incaricate di badare (a forza) a due ribelli preadolescenti di tredici e quattordici anni: quando i due scappano di casa, i tredici amici dovranno andarli a cercare per l'intera città, e non sarà un'impresa molto facile.
Fra battibecchi, ricerche e fughe, sono lieta di presentarvi questa corta fanfiction che spero vi strapperà un sorriso nel vedere le potenti nazioni rappresentate da adolescenti con delle responsabilità e genitori parecchio rompipalle.
E ricordatevi questo, prima di leggere... durante il sabato sera può succedere qualunque cosa. Qualunque.
-Coppie: Gerita (GermaniaxItalia), Spamano (SpagnaxRomano), UsUk (AmericaxInghilterra), Rochu (RussiaxCina), Pruhun (PrussiaxUngheria) e Giripan (GreciaxGiappone).-
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TERZO: A Bad Day; Una Brutta Giornata.

 

-Domenica mattina, ore 11:50-

 

“Cavolo, e adesso cosa gli dico, che mi invento? Saranno arrabbiatissimi e avrebbero tutte le ragioni del mondo di esserlo: poveri amici miei, a causa del mio egoismo e della mia travolgente e incontrollabile passione hanno dovuto badare a quei due demoni per tutta la notte!” disse ad alta voce e con marcata preoccupazione nel tono Francia, in piedi davanti alla massiccia porta d'ingresso della casa, incerto se entrare o meno. “Non ho il coraggio di entrare, non ne ho proprio il coraggio... mi uccideranno, di certo mi faranno fuori, mon dieu!”.

Quando la sera prima il giovane francese aveva detto di dover “andare da una persona”, non aveva accennato al fatto che questa persona fosse una personcina a lui molto “cara”... la quale aveva tutta l'intenzione di passare la notte con lui. Aveva provato a protestare ma ehi, i desideri del proprio innamorato devono sempre essere soddisfatti a dovere e rispettati.

Ora, dopo una serata di sfrenato divertimento, doveva assumersi da uomo le sue responsabilità, che implicavano anche le ire delle altre dodici nazioni. “Non devo farmi intimidire, gli spiegherò tutto con calma e loro capiranno... magari coprirò un po' di verità. Sì, sì, me la caverò, dirò che mi hanno rapito e torturato i proprietari del negozio messicano sotto casa mia, il quale sta fallendo a causa del successo di quello di mio padre... molto bene... andiamo!” si fece coraggio infine, prendendo un respiro profondo, appoggiando una mano sul pomello e aprendo con lentezza e attenzione l'entrata. “Sono a casa, amici!” si introdusse infine, chiudendo gli occhi e aspettando il mare di insulti e mazzate che gli sarebbero spettate. Aspettò un secondo, poi due, poi tre e poi dieci... ma niente. Nulla. Nemmeno un microscopico “Vaffanculo, bastardo!” da parte di Romano. “Uh, ragazzi? Ehi, siete qui?”.

La casa era stranamente silenziosa e calma, non volava una mosca e la televisione e le luci erano state spente. Che se ne fossero tornati a casa alle prime luci dell'alba o addirittura la sera stessa, troppo stanchi per aspettare il suo ritorno? No, alcuni di loro non avrebbero mai lasciato due ragazzini così turbolenti incustoditi o sotto la responsabilità dei più casinisti, non era da Germania, Giappone, Ungheria o Cina.

Il francese cominciò a camminare nella lunga hall, guardandosi intorno e provando un vago senso di inquietudine. Era tutto troppo tranquillo. “Ma dove siete? Siete di sopra? Ragazzi!” domandò ad alta voce, drizzando le orecchie per captare qualche risposta. Nulla. “Se è uno scherzo non è divertente, dai, uscite fuori! Vi chiedo scusa, perdonatemi per ieri! … No? Non lo farete? Molto bene, adesso sto per entrare in salotto e sarà meglio per voi che usciate allo scoperto- OH, MON DIEU!”: Francis rimase con la bocca letteralmente spalancata fino a terra davanti alla visione che gli si parò davanti.

 

In salotto c'erano America, Inghilterra, Russia e Cina, i primi due vicini e sdraiati comodamente a terra sul tappeto, gli altri due invece abbracciati sul divano semidistrutto. Certo, fin qui tutto a posto, l'unica cosa che turbò non poco l'animo del francese fu il fatto di trovarli completamente nudi (beh, almeno Ivan aveva avuto la decenza di coprire il suo corpo e quello del compagno col suo lungo cappotto, probabilmente sotto consiglio dello stesso Yao) e visibilmente reduci da una nottata niente male, a giudicare dalle loro espressioni distrutte ma beate e soddisfatte.

“Oh, cielo, ma qui è stata consumata un'intensa passione mentre io non c'ero! D-devo andare a prendere un po' d'aria fresca, non mi sento bene, non so nemmeno come presentarmi davanti a loro...” si fece teatralmente vento con una mano il francese, correndo in giardino per prendere qualche vitale boccata d'ossigeno... che gli si smorzò immediatamente in gola alla vista di Giappone e Grecia ancora avvinghiati fra la terra e le aiuole di violette e primule. “Ahh! Ma che succede!? Devo andare a cercare Germania, Prussia e Spagna, loro mi sapranno spiegare tutto! Ma dove saranno!?”.

Oh, li trovò poco dopo. Germania era nel letto dei padroni di casa insieme ad Italia, Spagna era sdraiato nella vasca da bagno insieme a Romano e Prussia era appoggiato ad un muro, abbracciato ad Ungheria.

Nessuno di loro pareva molto propenso a svegliarsi, dare spiegazioni o spostarsi.

“Ma che diamine è successo qui!?” chiese praticamente al nulla Francis, mettendosi le mani nei suoi lunghi capelli biondi e camminando avanti e indietro per i corridoi della casa per lenire la tensione, badando bene ad evitare i punti nei quali le varie coppie stavano riposando. “Questo non va bene, non va assolutamente bene, non posso permettere che i ragazzini scendano e trovino i miei amici ridotti così! Lo direbbero ai loro genitori! Ma che gli è preso a quei dodici, si può sapere-”: improvvisamente, come guidato una mano invisibile, il suo sguardo si fermò sul mobiletto della cucina, sul quale era stata malamente appoggiata una boccetta vuota di medicinale. Strano, di solito i signori erano molto ordinati e precisi riguardo alla buona abitudine di gettare immediatamente i rifiuti. “Che cos'è?” chinò la testa il ragazzo, afferrando l'oggetto ed esaminandolo con attenzione. Gli bastò un solo sguardo per capire cosa fosse successo. “Oh, no...”.

 

Il medicinale, così era scritto sull'etichetta, era un potente stimolatore ormonale o, in parole povere, un efficace afrodisiaco: stando alle avvertenze, l'assunzione di una pastiglia o due era in grado di migliorare sensibilmente le prestazioni e la durata di almeno quattro ore... ma quante cavolo ne avevano assunte i suoi poveri amici? E sopratutto come? Di certo non erano stati loro stessi a ingerire le pasticche.

Guardando curiosamente dentro la boccetta svuotata, il francese scorse un piccolo pezzo di carta sul quale c'era scritto:

 

Ciao, sfigati!

 

Entrambi speriamo che il sonnifero che abbiamo aggiunto alla cioccolata (nostra gentilissima concessione, eheh! <3) vi rintontisca almeno fino all'ora di pranzo, perché noi due ci fermeremo a dormire e a fare colazione a casa di amici (visto che siete così pallosi e perennemente preoccupati per noi, vi abbiamo scritto la via dietro al foglietto). Non serve che passiate a prenderci, non è molto lontano.

Comunque non abbiamo intenzione di tornare presto, sia chiaro!

Beh, buon pisolino e tanti saluti! Au revoir!

 

-Antoine e Fabrice-

 

p.s. Se mostrerete questo messaggio ai nostri genitori, noi due diremo che siamo fuggiti perché ci avete molestati.”

 

“Quei due imbecilli ribelli! Questo non è affatto sonnifero, l'avranno di certo rubato da qualche cassetto segreto dei genitori.” si seppellì il viso fra le mani il povero Francia, dando qualche calcio alle sedie della sala da pranzo per sfogarsi. Che brutta situazione. “Che sconsiderati, che egoisti: se i miei amici non fossero stati nazioni, l'assunzione così consistente di medicinale li avrebbe potuti uccidere o mandare in coma! Invece... a quanto pare si è soltanto rafforzato l'effetto... Oh, e ora che faccio?” mugolò infine, sedendosi di peso e sbattendo volutamente la faccia sul lucido tavolino di legno. Fece qualche respiro profondo, poi prese la decisione più razionale possibile: “Innanzitutto devo stare calmo: visto che so che i due ragazzini stanno bene, devo pensare per prima cosa a svegliare i miei cari compagni. Ma saranno distrutti e poco propensi, e a maggior ragione! Ok... ho trovato: adesso vado al supermercato a comprare bibite energetiche e integratori, è il minimo che gli devo per essere stati qui per tutta la notte... a fare altro, ok, ma non importa, sono sicuro che sarebbero rimasti qui a lavorare al posto mio se non fossero stati drogati. C'è un discount qui vicino, ci metterò al massimo venti minuti.”.

 

Venti minuti dopo...

 

“Forza, stalloni, è ora di alzarsi!” accese senza pietà le luci di ogni stanza Francis, tenendo precariamente fra le mani tre sacchetti di plastica pieni di prodotti zuccherosi. “Su, su, su, mes amis: dovete reintegrare i liquidi e i carboidrati persi.”.

Per tutta risposta, i dodici ragazzi grugnirono con tono arrabbiato e risentito e si coprirono prontamente gli occhi con vestiti o, per chi le aveva, coperte. “Lasciaci in pace e zittisciti, stupido mangiatore di rane combinaguai. Vogliamo dormire, siamo tutti stanchi.” bofonchiò burbero come sempre Inghilterra, pigro, distratto e ben poco volenteroso di mettersi in movimento. “Tutto questo è solo colpa tua, almeno rispetta i nostri desideri e bisogni fisiologici. Zzz...”.

“In effetti è vero, amigo, ci hai consigliato tu di fidarci di quei due e questo è il risultato.” fece eco dal bagno Spagna, cominciando lentamente a stiracchiarsi e cacciando un sonoro sbadiglio. “Ahi, ho il culo tutto indolenzito e freddo a causa della ceramica della vasca. Ma non importa, ho qui il mio Romanito che mi scalderà col suo amore!”.

“Stammi lontano di almeno dieci metri, coglione, devo ancora dire i cinquantatré Ave Maria e i novantasette Padre Nostro che mi redimeranno dallo schifo che abbiamo fatto ieri sera!” sibilò istericamente Romano, cercando di divincolarsi dalla presa appiccicosa, soffocante e fin troppo affettuosa dell'ispanico. “Lasciami in pace, non toccarmi, devo pregare e dovresti farlo anche tu! E METTITI SU DEI BOXER, QUEL COSO MI FA SENSO!”.

“Ieri non ti faceva tanto senso, tomato del mio corazón...” lo strinse ancora più forte Antonio, dandogli un bacio a stampo sulla guancia e appoggiando dolcemente la testa sulla sua spalla. “Lasciati fare le coccole, voglio spupazzarti tutto!”.

“Non le voglio le tue fottute coccole da femminuccia, lasciami bastardo!” gridò a pieni polmoni il sud-italiano, spazientito, cominciando a prendere a calci Spagna e a bestemmiare pesantemente. Beh, almeno il suo temperamento deciso non aveva subito effetti collaterali ed era servito a svegliare completamente tutti.

“Vee... Doitsu... perché siamo entrambi completamente nudi e la camera è un macello?” si udì chiaramente la voce di Veneziano proveniente dalla stanza da letto, seguita da un urlo sorpreso da parte del povero Germania. “... e perché Luddy sembra così sconvolto, che cosa succede? … Perché mi fa tanto male il culo, vee?”.

Un altro urlo.

 

“E' STATO UN SOGNO! DITEMI CHE E' STATO TUTTO UN BRUTTO SOGNO!” corse in casa con viso terrorizzato Giappone, rivestendosi rapidamente e raggomitolandosi in un angolino buio per ritrovare la pace interiore. “E' stato solo un sogno, vero...?” domandò infine con più calma, sperando in una risposta affermativa da parte dei compagni di classe. Davanti al cenno di diniego degli amici, il povero giapponese si depresse completamente e cominciò a dondolarsi con aria traumatizzata alla ricerca del suo posticino felice.

“Ma che succede qui? Ho sentito delle urla...” rientrò pochi secondi dopo anche Grecia, con viso tranquillo ma stanchissimo e capelli tutti scompigliati. “Ah, Kiku, ecco dov'eri finito... facciamo un ventunesimo round nel roseto, che ne dici?”.

“G-Grecia-san, che cosa dici? Ora devi solo pensare a fissare la data del nostro matrimonio.” lo avvertì immediatamente il ragazzo dai capelli neri, facendosi piccolo piccolo e puntandogli un dito contro. “Perdonami se ti indico, ma sono davvero sconvolto con te.”.

“... sei cosa con me?” sollevò un sopracciglio il greco, già confuso e disorientato di prima mattina. Inutile, non capiva mai gli intricati discorsi di Giappone sull'onore e la vita di coppia.

“Sono sconvolto, sai bene che non riesco ad arrabbiarmi se non mi sforzo.” ripeté con più foga Kiku, mentre alcune nuvolette bianche fuoriuscirono a fatica dalla sua testa.

“Aru, la mia povera schiena!” si lamentò a gran voce Cina, mettendosi a sedere, portandosi una mano al dorso e massaggiandosi con cura la regione lombare dolorante. “Ivan, sei un idiota! Sai bene che sono un anziano signore, e pur sapendolo non hai avuto il minimo riguardo l'altra notte!” rimproverò aspramente il russo Yao, svegliandolo con degli energici scossoni e qualche energica pacca sulla pancia. “Svegliati!”.

“D-da? Mh...” si destò solo allora Russia, strabuzzando i suoi occhi viola per abituarsi alla luce e scrocchiandosi le spalle intorpidite. “Yao-Yao!” gioì infine, riconoscendo il cinese e avvolgendolo in uno dei suoi abbracci spaccaossa mattutini. “Dormito bene?”.

“Mi stai soffocando, aru! E no, non ho dormito affatto bene perché russavi come una locomotiva!” boccheggiò disperatamente il povero Cina, bloccato in quell'inespugnabile ma protettiva stretta da orso bruno: non si era ancora abituato a quelle esagerate e materiali manifestazioni di affetto. “Lasciami!”.

 

“Sei. Uno. Stupido. Idiota! Marmocchio. Infantile. Che. Non. Sei. Altro!” scandì ogni parola Inghilterra, sputando veleno e colpendo violentemente in testa America con pugni e scarpate. “Guarda che cosa mi hai fatto, maiale festaiolo! Dovrei spaccarti la schiena a bastonate!”.

“Ma avevi cominciato tu, Iggy, tu mi avevi detto di salvarti, se capisci quello che intendo-! Ahi, ahi, ahi, smettila, mi fai tanto male!” cercò invano di proteggersi alzando le braccia Alfred, sconvolto dal brusco risveglio e dall'ancor più brusco “momento di dolcezza” con Arthur. “Una coppia non dovrebbe accarezzarsi, farsi i massaggi e sussurrarsi dolci paroline all'orecchio dopo una notte del genere? Ahi, ahi, ahi!”.

“Shut up, noi due non siamo una coppia e io ti denuncerò per stupro!” inveì sull'americano con più violenza l'inglese, per sfogarsi e togliersi la soddisfazione di picchiarlo, ormai attività divenuta il suo sport preferito dopo il croquet e il golf. “Sappi che questa me la ricorderò, ti manderò una maledizione non appena metterò piede a casa mia!”.

“ODDIO RAGAZZI, C'E' UN MOSTRO DALLA FACCIA RAGGRINZITA IN CASA, SCAPPATE E METTETEVI IN SALVO! ... Ah no, scherzavo, è solo il culo nudo di Ungheria! Kesesesesese, tutto normale, niente panico, ma siete fortunati a non assistere a quest'ammasso di grinze e ciccia!” si distinse chiaramente la stramba risata di Prussia, seguita da una serie di insulti e rumori metallici. Probabilmente padellate.

“Stai zitto, che l'unico uccello degno di nota che possiedi è Gilbird!” rispose a tono Elizabeta, rincorrendo l'albino per tutte le stanze con la chiara intenzione di smontargli la faccia. “Fatti prendere, brutto cagasotto!”.

“Ahh! West, soccorrimi per favore!” chiese aiuto al fratello minore il prussiano, entrando nella stanza da letto e gettandosi di slancio fra le braccia di Ludwig. “Buongiorno fratellino, ma passiamo alle cose importanti: quell'isterica vuole picchiarmi, aiutami! … Ah, ciao anche a te, Veneziano. Passata una buona serata?”.

“Levati da qui, bruder! Vai a nasconderti da un'altra parte.” lo buttò immediatamente a terra il tedesco, infastidito da tutto quel baccano, lasciandolo deliberatamente alla mercé dell'ungherese imbestialita. “Prenditi le tue colpe e accetta la punizione relativa.”.

“Andiamo, Ludwig, sai meglio di me che quella è pazza da- AHH!” ricominciò a scappare il povero Gilbert, vedendosi apparire dal corridoio un'armata Ungheria decisa a farlo a pezzi. “Aiuto! Qualcuno le spari del sedativo!”.

 

“Che ne dite di appianare le vostre divergenze per un po' e di fare colazione tutti insieme, amici miei?” propose allegramente Francia, porgendo ai compagni di classe le bibite e gli invitanti dolcetti appena comprati. “Andiamo, sono sicuro che avete molta fame e voglia di ristorarvi un pochino dopo uno sforzo fisico di questa portata.”.

“COLAZIONE? Cibo?” si immobilizzarono ed esclamarono immediatamente tutti, chi con più desidero di altri, puntando lo sguardo verso le leccornie a loro offerte.

“Sì, mes amis, cibo. Venite a prendere qualcosa da mettere sotto i denti, coraggio.” li spronò con un sorriso sapiente il francese, che sapeva bene su cosa fare leva (in questo caso, la fame), aprendo scatole di ciambelle, pasticcini, torte, biscotti, meringhe, cioccolato, brioches... “Nel frattempo vi spiegherò anche che cosa è successo-”.

“Le ciambelle al cioccolato sono mie, brutti figli di puttana!” si precipitò a tutta velocità senza nemmeno aspettare la fine della frase Romano, fregandosi un paio di dolcetti e un bicchiere di succo di frutta e preparandosi a difenderli anche a costo di fucilare qualcuno. “Se qualcuno osa toccarmeli, si prepari a ricevere un pugno in culo.”.

“Io vorrei una fetta di torta sacher, per favore.” si avvicinò tranquillamente Germania, con molta più gentilezza e calma del sud-italiano, attirato dall'aroma di cioccolato nell'aria. “Posso farmi anche un caffè? Pulirò la cucina subito dopo. Oh, e prendo anche qualche biscotto per Veneziano, di certo sarà ancora a dormire...”.

“Tranquillo Doitsu, non ce n'è bisogno, sono già qui, vee! Avevo tanta fame, così mi sono alzato subito!” spuntò alle sue spalle del tedesco il ragazzo dai capelli castani, chinandosi sul buffet improvvisato e prendendo un bel po' di cibo. “Qualcun altro vuole favorire, vee? Grazie per tutto questo, fratellone Francia!”.

“Di niente, Feli.” gli fece l'occhiolino il francese, internamente felice di non essere stato rimproverato o linciato vivo dalle dodici nazioni.

 

“Io mi faccio un tè.” commentò piatto e risentito Inghilterra, mollando un ultimo calcio liberatorio ad America prima di alzarsi e stirarsi. “Tu cosa vuoi, brat? Ti ingozzerei di cibo pur di non sentir più le tue lamentele.”.

“Ohi... sei ci sono gli ingredienti in frigo, mi faresti i pancake? Canada me li fa sempre al mattino, sono molto buoni... Ahia, mi fa male la pancia! Iggy, mi hai fatto davvero male con tutte quelle botte!” riuscì a pronunciare fra i vagiti e i mugolii di dolore Alfred, rotolandosi e contorcendosi miseramente sul tappeto del salotto.

“Anch'io voglio mangiare i pancake! Ti aiuto a farli!” ricomparve all'improvviso Prussia, con qualche bernoccolo e taglio sul viso. “Ah, e per caso avete anche un kit medico, qualche benda e del disinfettante, per caso? Ora che ci penso potrei anche essermi preso il tetano con tutte quelle padelle arrugginite che mi sono preso in faccia, farei bene a fare un salto in ospedale, dopo...”.

“Già che ci sei ti consiglio vivamente di fare un salto da uno psicologo bravo, ne avresti il sincero bisogno, Gil.” gli batté amichevolmente la spalla Ungheria, bevendo un bicchiere di succo alla pesca e rivolgendogli uno sguardo superiore.

“Io cucino i churros per tutti!” piombò in cucina anche Spagna, desideroso di mettersi a cucinare quei deliziosi dolcetti. “E poi li intingeremo nella Nutella o nel cioccolato fuso!”.

“Fanne tanti, coglione, ho una fame che ne basta metà.” gli ordinò immediatamente Romano, per poi pensarci su per qualche secondo, sospirare e mettersi al suo fianco. “Anzi, ti aiuto a farli e via. Sei talmente scemo che potresti sbagliare le dosi e mandare a fuoco la cucina...”.

“Sìì, Romanito vuole cucinare insieme a me!” gioì lo spagnolo, al settimo cielo, avvicinandosi tatticamente di qualche passo al sud-italiano.

“Non farti strane idee, pirla!” gli mollò prontamente un calcio negli stinchi lo scorbutico interessato, allontanandosi e cambiando postazione. “Io lavorerò più lontano: ti avverto, se ti avvicini di un solo centimetro me ne vado.”:

“Io prendo i pasticcini per me e Kiku. Ah, e del latte per il mio gattino... vediamo... oh, ecco il microonde, lo scalderò lì.” mormorò pigramente Grecia, preparando una scodella di latte caldo per il suo amato micio.

 

“Yee, dolci e alcol!” esclamò infantilmente Russia, ritrovando immediatamente l'appetito, prendendo qualche biscotto e tracannando contemporaneamente un'intera bottiglia di vodka russa purissima.

“Ivan, bere quell'alcolico, sopratutto in maniera così esagerata e mentre si è ancora sotto effetto di un medicinale, non fa per niente bene! Anche se sei giovane e forte non devi spingerti oltre i tuoi limiti, aru!” cercò di fermarlo Cina, colpendosi la fronte con una mano e cercando di sequestrargli la bottiglia con l'altra.

“Oh, suvvia, un po' di ottima vodka non ha mai fatto male a nessuno, sciocco! In Russia la diamo anche ai bambini di due anni, devono abituarsi il prima possibile a berla.” riuscì a tenersela gelosamente stretta il russo, per poi pensarci su e porgerla con fare deciso e sorridente al cinese. “Ne vuoi un po' anche tu, vero? Forza, ti farà bene, da! Dì “ahh”...”.

“Non la voglio, non la voglio, levamela da davanti!” retrocedette immediatamente Yao, respingendo categoricamente l'offerta e strisciando rapidamente sul divano per sfuggire alle attenzioni dell'enorme ragazzo vodka-dipendente.

“Aww, ma è buona... la mia mamma mi dice sempre di assaggiare prima di rifiutare.” piagnucolò un po' offeso Ivan, gattonando precariamente in avanti per raggiungere Cina e cimentandosi così in una specie di inseguimento a rallentatore con lui. “Tanto prima o poi ti prendo, da! Il divano finirà tra poco...”.

 

Improvvisamente, nel bel mezzo della “felice” colazione fra amici, la porta d'ingresso dell'abitazione si spalancò e rivelò le sagome di Antoine e Fabrice, ridacchianti e spensierati. “Ahah, voglio proprio vedere in che posizione si sono addormentati quegli imbecilli, poi gli disegneremo sulla faccia dei peni, li fotograferemo e infine pubblicheremo le immagini su facebook-” propose con scherno il fratello minore, per poi zittirsi alla raggelante vista dei tredici ragazzi (nessuno escluso) in piedi davanti a loro, col viso buio, indignato e parecchio incazzato. “U-uh... siamo tornati a c-casa, a-avete dormito bene?”.

“... PRENDIAMOLI, NON LASCIAMOLI SCAPPARE!” gridarono all'unisono tutte le nazioni, con Germania fieramente al comando dell'assalto, partendo di corsa per acciuffare quei due demoni. “Ci avete drogati, brutti delinquenti, se vi mettiamo le mani addosso vi daremo una bella lezione di vita! Venite qui!”.

“AHH! Mamma, papà! Qualcuno ci aiuti!” chiesero aiuto al vuoto i due, scappando per le tranquille strade del paesino coi furibondi ragazzi alle calcagna. “Ci vogliono rapire e picchiare, aiuto! Aiuto!”. Le sirene della pattuglia di polizia, allertata dalle grida, si udirono in lontananza.

“P-per l-la prossima uscita di gruppo... pant, pant... io propongo di andare al cinema a vederci un bel film, ragazzi! Mai più una roba del g-genere!” ansimò pesantemente Prussia, cercando di scappare dalle grinfie degli sbirri insieme agli amici. “Sempre se non f-finiremo in... pant, pant... carcere!”.

“Assolutamente, film!” si trovarono d'accordo tutti, annuendo e accelerando il passo per sfuggire alla cattura imminente.

“Tranquilli, sistemo io i poliziotti, ho un kalashnikov nel cappotto, da!”.

“E io ho una pistola e un fucile di precisione nei pantaloni, durufuuuuuuuuu!”.

“Non ci provate, cretini!”.

 

Forse sì, era decisamente meglio non ripetere quel folle, strambo e indimenticabile sabato sera.

 

Fine.

 

Angolo autrice:

Ed ecco qui, finalmente ho finito questa demenziale storia.

Ringrazio sentitamente tutti quelli che l'hanno recensita, messa fra le preferite o semplicemente letta.

Perciò un grazie di cuore a: LittleWhiteFox, Cornelia MoonWinter Witch, Astrobia_13, lastangel e ceci the hedgehog. <3

Alla prossima, un ululato,

 

BlueFlyingWolf_13.

   
 
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