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Autore: ceeline    06/01/2016    0 recensioni
Erano passati tre anni.
Tre anni da quella maledetta notte.
Tre lunghissimi anni da quando vidi per l'ultima volta il suo sorriso.
Mi chiusi il cancello del carcere alla spalle sorridendo, finalmente ero libera.
-
«Osa toccarmi di nuovo e giuro che chiamo la polizia e ti faccio sbattere in cella per maltrattamento!» Scoppiò in una grossa risata a quelle parole piegandosi in due, infine dopo svariati minuti smise e la guardò ghignando, «fallo! Mi renderesti il ragazzo più felice del mondo» senza guardarla si avviò nuovamente verso la porta.
«Sai, io penso che tu soffra di qualche disturbo bipolare!» Batté le mani quella raggiungendolo in strada.
Harry si fermò a guardarla da una decina di metri di distanza, «sai, io invece credo che tu debba imparare a farti i cazzi tuoi!»
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NB: I comportamenti dei personaggi in questo mio scritto non hanno nulla a che fare con la realtà, se non per l'aspetto fisico.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo quattro.


Erano passati secondi, minuti infiniti che non avevo contato da quando mi ero bloccata a fissarla con occhi sgranati. Quelle parole appena dette aveveno cominciato a girare nelle mia testa all'infinito, "ho ucciso il mio ragazzo" quelle cinque parole dette senza espressione, con tono piatto.
Essendo rimasta senza parole la lasciai parlare, «bé, non più il mio ragazzo ormai» lasciò che un leggero sorriso si fece spazio tra le sue labbra, «lo amavo, sai? Dio solo sa quanto lo amavo, con ogni fibra del mio corpo, avrei smosso mari e monti, capovolto il mondo se solo servisse a renderlo felice. Eravamo un bella coppia tutto sommato, ma tutto questo non bastava, non mi bastava... Arrivata a questo punto posso dire che il mio era un amore morboso, se così si può chiamare, o forse era solo ossessione, ero così bisognosa, desiderosa quasi, affamata... Del suo amore, e credo che sia stata io stessa a spingerlo via da me.» Prese un'altra sigaretta dal suo pacchetto e si dirisse verso la piccola finestra, «ma oggi, dopo dieci anni sai cos'è?» Buttò del fumo fuori dalla sua bocca, «non mi pento di averlo fatto, di averlo ucciso lì all'istante. Io gli ho dato tutta me stessa, senza escludere niente. E lui mi ha tradita.» Una risata isterica uscì dalle sue labbra, «cosa avresti fatto tu... » La vidi aggrottare le sopracciglia «com'è che ti chiami?»
Continuai a guardarla, provando ad immedesimarmi in lei. Cosa avrei fatto io al suo posto? Avrei ucciso il mio ragazzo che – a detta sua – amavo più di me stessa, come se fosse l'unica salvezza in questa vita? Mi sarei sbarazzata così facilmente di lui?
Ma dall'altra parte, come mi sarei sentita io se la mia ancora mi avesse messo da parte, se mi avesse lasciata cadere in quel baratro che era la vita senza di lui?
«Mi chiamo Elle, ma puoi chiamarmi El.» Le sorrisi tristemente, facendole capire che non avevo risposta alla sua domanda, forse perche nemmeno io sapevo cosa avrei potuto fare.
Sobbalzai, riprendendomi da quello stato di trance in cui ero finita poco prima quando una guardia carceraria aprì la porta della cella ed entrò subito dopo, «Bennet, hai visite.» Venne verso di me, ammanettandomi subito dopo prima di scortarmi fuori dalla cella verso la stanza delle visite, immaginai.
Percorremmo un lungo corridoio prima di fermarci dinanzi ad una porta blindata dove mi fece entrare la guardia dopo aver liberato i miei polsi da quelle maledette manette.
Osservai quello che avevo intorno accompagnata dal rumore della porta che venita chiusa con forza, era una piccola stanza con al proprio centro un tavolo di ferro, – dove sopra di esso vi erano un microfono ed un registratore – con due sedie.
Guardai alla mia sinistra notanto uno sportello, dove dall'altra parte c'era una guardia intenta a leggere un giornale. La porta dall'altra parte della stanza si aprì facendomi intravedere una figura di spalle che entrò, chiudendosi la porta alle spalle.
Mi irrigidii sul posto riconoscendo le sue spalle larghe, i suoi capelli castano scuro e la sua giacca blu notte, e quando si voltò verso la mia esile figura facendosi riconoscere emisi un leggero singhiozzo dalle mie labbra che coprii successivamente con le maniche del mio maglione, «Chip, dio mio!» Gli corsi incontro avvolgendo il suo collo con fin troppa forza e lo attirai a me il più vicino possibile.
Lo sentì ridacchiare e stringermi i fianchi con le sue mani possenti, «mi sei mancata, sorellina.» Sussurrò al mio orecchio prima di lasciarmi un leggero bacio sul collo e allontanadosi definitivamente da me lasciandomi addosso una senzazione di vuoto.
Mi indicò la sedia con un cenno del capo e dopo alcuni secondi ci accomodammo entrambe. Sentivo l'aria farsi più pesante mano mano, osservai mio fratello poggiare la sua valigietta sul tavolo e tirarne fuori un fascicolo che mi accorsi, aveva il mio nome stampato sopra.
«Elle.» Fissai ancora per un secondo le lettere che componevano il mio nome prima di portare lo sguardo su Chip, che ora aveva assunto un'espressione seria, forse quella più torva che avessi mai visto in ventun'anni.
«El, mi spieghi perché ieri sera, esattamente alle 23.47 mi è arrivata una chiamata dal carcere, dicendomi che avevano messo dentro mia sorella, dopo averla colta sul fatto mente spacciava droga con la sua cazzo di combriccola?» Il suo tono di voce si era alzato, quasi urlava mentre io ero presa dal guardare le mie mani contorcersi, sentivo gli occhi gonfi, pieni di lacrime che da lì a poco sarebbero uscite fuori con violenza. «Io non-» «Spiegami per qualche cazzo di motivo sei finita in questa situazione cristo!» Portò le mani ai capelli tirandoseli poi, «sembrava che andasse tutto bene, ti ho sentito un mese fa e andava tutto bene! Erano cazzate?» Sentivo il suo sguardo bruciare su di me mentre io strizzavo gli occhi non volendo crollare. «Perché cazzo non hai chiesto aiuto Elle? Ti servivano dei soldi? Non c'era problema per questo, te ne sei voluta andare di casa per dimostrare a tutti quanto fossi indipendente e capace di badare a te stessa, creandoti la tua vita! E guarda adesso dove sei finita, sei caduta così in basso che neanche ti riconosco più.» Le sue mani erano strette a pugno facendomi notare quanto bianche fossero le sue nocchie, sobbalzai quando sbatté entrame i pugni sul tavolo facendolo vibrare, le sue parole urlate erano arrivate dritte al cuore, colpendomi ripetutamente nello stesso punto e provocandomi un dolore insostenibile. Aveva ragione, ogni parola uscita dalla sua bocca era verità, una verità che faceva male, e che non faceva star male solo me. Mi sentivo una stupida, un incapace per non aver saputo tenere in mano la mia vita e averla lasciata cadere nel baratro.
«Ti giuro-» parlai con voce tremante non riuscendo a trattenere più le lacrime, «ieri sera non ero lì per quello, credimi io- io avevo smesso con quella roba, non faceva più parte della mia vita-» «Allora spiegami per quale cazzo di motivo sei qui dentro!» Urlò con tutto il fiato che aveva sbattendo nuovamente le sue mani sul tavolo creando un chiasso allucinante, portai le mani alla bocca iniziando a singhiozzare fortemente scuotendo più di una volta il capo.
Sentivo i respiri affannati di mio fratello ma non ebbi il coraggio di guardalo in faccia, codarda, pensai di me stessa.
Lo sentii sedersi di nuovo e prendere un respiro profondo, «la legge ha deciso di punirti dandoti sei anni di carcere» sgranai gli occhi a quelle parole, sei anni di carcere. Sentii Chip schiarirsi la gola, «posso comunque vedere di farti abbassare la pena, svolgendo dei lavori di pubblica utilità e con una buona condotta uscirai di qui nel giro di tre anni.»
Alzai finalmente lo sguardo su mio fratello che ora non guardava più me ma la sua valigetta, alcune lacrime continuavano a scendere dai miei occhi gonfi, «grazie, Chip-» «non ringraziarmi, Elle. Svolgo soltanto il mio lavoro.» Si alzò di scatto dalla sedia recuperando la sua roba e dirigendosi verso l'uscita senza degnarmi di uno sguardo. Era incazzato, troppo questa volta, ma non potevo e non volevo che andasse via così, da me. «Chip ti prego, aspetta!» Gli corsi incorntro abbracciandolo e scoppiando a piangere nuovamente tra le sue braccia che, a differenza mia non mi strinsero ma rimasero ferme lungo i fianchi.
Mi allontanai giusto per guardarlo in viso, che presi ad accarezzare. «Ti prego ascoltami-» «Ho già avvertito mamma e papà, sicuramente verranno a trovarti il prima possibile e-» mi guardò poggiando le sue mani sulle mie, «ti ho portato un pigiama ed un cambio.» Con fermezza tolse le mie mani dal suo viso e scappò via da me chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi da sola in quella stanza, in balia delle mie lacrime.


Vagava per le strade della città senza una meta precisa, accompagnato solo dalla bottiglia – ormai vuota – di Scotch e da un pacchetto – anch'esso vuoto – di malboro rosse.
Non ricordava niente ad eccezzione della litigata fatta alcune ore prima con Blake, di come lo avesse preso a pugni nel salotto di casa sua, travolto dalla rabbia.
Elle. La figura che gli occupava la mentre dalla scorsa notte, che aveva accompagnato ogni sua bevuta, ogni sigaretta fumata da lì a poche ore prima. Si domandava spesso che cosa stesse facendo, se anche lui era il centro dei suoi pensieri e se avesse cominciato ad odiarlo per quello che le aveva fatto. Ma quella non era più una domanda per Harry, era la realtà.
Si girò intorno per capire – per quello che poteva – dove fosse finito, quando lesse un cartello al lato della strada che citava: "88 Lawrence Avenue" si portò le mani in viso, stronfinandolo, «dove cazzo sono finito» biascicò.
Riportò lo sguardo sulla strada che aveva davanti, quando notò una figura femminile sul marciapiede a pochi metri da lui. Gli si allargarono gli occhi, «Elle?» esclamò con sorpresa alzando di poco il tono di voce per farsi sentire.
«El, sei davvero tu?» Camminò lento verso la figura accertandosi che fosse davvero la sua Elle. Ma quando le fu davanti e cercò disperatamente di stringerla a se gli scomparve tra le braccia come fumo. Si guardò stralunato attorno, chiamando più volte il suo nome e cercandola con lo sguardo, che quando si accorse di averla solo immaginata scoppiò in una leggera risata. «Vaffanculo» sussurrò più a se stesso che a chiunque altro, «vaffanculo!» Lanciò bruscamente la bottiglia vuota contro il muro che si frantumò in melle pezzi, accompagnata da quell'urlo straziante che continuò a ripetere a squarciagola, non curandosi di chi potesse sentirlo.
Si lasciò cadere tremante e piangente sul marciapiede, disperato e spezzato da quella realtà che lo aveva appena avvolto tra le braccia, così si lasciò andare lì, su quell'asfalto che pian piano cominciava a ricoprirsi di bianco, con il pensiero ancora fisso di lei nella mente. 


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Author's note.
Scusatemi, scusatemi, scusatemi, scusatemi, scusatemiiiiiii! Chiedo venia!
So di essere in tremendo ritardo, ma che dico, colossale ritardo! Ma ho avuto problemi con la scuola (che ho tutt'ora), ci coprono di compiti fino alla punta del naso (non sto scherzando hahaha). 
ANYWAY!
Come state? Come vi sono andate queste vacanze? (A me uno schifo totale) Cosa avete ricevuto per Natale? 
Passando al capitolo: cosa ne pensate? E' entrato in scena Chip, sarà molto importante non ve ne dimenticate, forse a fine storia arriverete perfino a venerarlo! HAHAHAHA ma cosa sto dicendo aiut :(
Lasciatemi una piccola (piccola piccola piccola (almeno dieci parole lol) piccola piccola piccola) recensione nella quale scrivete cosa ne pensate del capitolo e cosa succederà secondo voi nei prossimi che verranno! 
Grazie ancora!
Alla prossima

P.S. Volevo dirvi solo che non so quando potro aggiornare di nuovo, spero al più presto! Ma davvero questa scuola mi sta uccidendo hahaha
Come sempre se trovate errori/orrori grammaticali fatemelo sapere!
Ringrazio HilaryC per il banner!

 

   
 
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