“Casa”
Ai sorvolò la cittadina fino a raggiungere un
largo spiazzo posto davanti a un grande edificio di legno addossato alla roccia
della montagna.
“Casa.” Mormorò Kimi con un sorriso, poi
scivolò a terra e corse tra le braccia di un uomo dallo sguardo gentile che la
stava aspettando.
“Muoviti, devi incontrare il Maestro.” La
scosse Aki mentre lei, ormai scesa dal dorso del
drago, si guardava attorno spaesata.
Seguì la giovane all’interno del grande
edificio, incuriosita e intimorita da quell’ambiente estraneo. Molti uomini e
donne salutavano Aki e le lanciavano sorrisi, ma la
sacerdotessa non perse tempo a presentarla. Si fermò solo davanti a una porta
chiusa e si voltò a guardarla con quel misto di rabbia e frustrazione a cui Shira ormai si era abituata.
“Il Maestro è già informato della nostra
situazione, ma vedi di non farmi vergognare più del necessario.”
Shira arrossì, offesa da quel ingiusto trattamento, ma non poté rispondere.
Aki si era già voltata, aveva bussato alla porta ed
era entrata.
Il Maestro era un uomo anziano dal volto
solcato di rughe che si infittirono quando le sorrise.
“Benvenuta nella Città dei Draghi, principessa
Shira.”
“Grazie, Signore.”
“Maestro!” La redarguì con un sibilo Aki.
“Oh, non importa,” l’uomo sorrise ancora poi
indicò loro delle sedie e si accomodò. “La situazione in cui ci troviamo è
particolare, normalmente lasciamo che il neo cavaliere, un bambino nel novanta
per cento dei casi, comprenda da solo certi concetti, ma suppongo che ormai Aki vi avrà informato.”
“Io non… no Maestro.” Questa volta fu Aki ad arrossire sotto lo sguardo penetrante dell’uomo.
“Molto bene, allora sarò io ad accollarmi il
compito, partendo dal principio. Quello che sto per svelarvi è un segreto per
cui un cavaliere morirebbe.” Fece una pausa e congiunse le mani. “Siete pronta
ad udirlo?”
“Io…” Shira lanciò
uno sguardo ad Aki che non le venne in soccorso, così
annuì. “Sì.”
“I draghi sono degli esseri molto, molto
speciali.” Iniziò allora il Maestro. “La leggenda vuole che il primo uovo di
drago comparve ad una donna moltissimi anni fa. Questa donna fu il primo
cavaliere. La leggenda però non dice tutto. Il drago nel suo uovo non è nulla
di più che un involucro vuoto.” Shira sbatté le
palpebre perplessa e si voltò a guardare Aki, ma la
ragazza era rigida sulla sua sedia, lo sguardo fisso verso una finestra. Il
Maestro continuò a parlare catturando di nuovo l’attenzione della principessa.
“La donna a cui apparve il drago non era una donna qualunque, lei era incinta.
Suo marito l’amava sinceramente e così lei amava lui. Da questa felice unione
stava per nascere un bambino. Quel bambino si legò al drago alla sua nascita e
divenne il primo sacerdote dei draghi.” Shira annuì
ma il Maestro sorrise dolcemente. “So che credete di aver capito, ma non è
così, non ancora almeno: ascoltate. L’anima del bambino si era spezzata,
rimanendo nel corpo del fanciullo e al contempo riempiendo il corpo vuoto del
drago, solo così nasce un drago. Altrimenti il cucciolo muore poco dopo essere
uscito dall’uovo. Nel corso dei secoli il sacerdote ha acquisito la capacità di
creare un legame unico e speciale con
il cavaliere, facendo di esso il suo legame d’amore e quindi l’origine del
bambino che diventerà un sacerdote.” Shira arrossì
violentemente rendendosi conto solo adesso di quello che il suo travestimento
era costato ad Aki. “Ora abbiamo un problema, Aki non ha trovato un compagno nella sua infanzia e, Daiki, il vostro drago, ha deposto un uovo. Capite, adesso,
perché aspettavamo tutti con grande trepidazione un compagno adeguato a dare un
figlio ad Aki e quindi un bambino per l’uovo di Daiki?”
Shira si alzò, era furiosa: come aveva potuto Aki
metterla davanti alla verità in questo modo! Come aveva potuto farglielo
spiegare da un estraneo? La rabbia per il comportamento della sacerdotessa,
trattenuta per tutti quei giorni di viaggio, le esplose nel petto.
“So che questa notizia può essere fonte di…”
Il Maestro continuò a parlare ma Shira non lo
ascoltava più.
“Come hai potuto?” Sibilò fissando Aki dritta negli occhi. La donna non disse nulla e lei si
voltò per uscire dalla stanza.
Furibonda corse per i corridoi senza badare a
chi incrociava, uscì dal palazzo e continuò a camminare finendo per percorrere
un sentiero lungo la montagna.
L’aria spostata da due ali possenti la schiacciò
a terra mentre un gigantesco drago le calava addosso. Prima che toccasse terra
il drago proruppe in un forte ruggito, assordandola, ma lei non si lasciò
intimorire.
“Smettila!” Il drago atterrò con violenza, gli
artigli che la spingevano al suolo con forza. Shira
sapeva che sarebbe bastata una contrazione degli unghioni e lei sarebbe morta,
ma era troppo furiosa per badarci davvero. “Non sei neanche capace di
affrontarmi faccia a faccia! Codarda!” Urlò.
Il drago le ruggì addosso poi spiccò il volo
allontanandosi nel cielo.
Shira si tirò in piedi, i suoi abiti erano pieni di terra, ma non le
importava piena com’era di rabbia.
Daiki. Aveva appena incontrato il suo drago. L’aveva capito subito, aveva
sentito con lui un profondo legame, anche se le stava urlando addosso tutta la
sua furia e anche in quel frangente, non aveva potuto fare a meno di notare
quanto fosse bello. Era per lo più grigio fumo, le zampe però erano quasi nere
mentre le venature sulle ali e gli unghioni erano bianchi. Di un purissimo bianco
erano anche le numerose corna che aveva attorno alla testa, disposte come una
specie di corona.
“Tu!” Urlò Aki
attirando la sua attenzione. L’aveva presa in parola ed era venuta ad
affrontarla. “Tu mi hai ingannata! Ti sei finta tuo fratello e io ho posto il legame su di te, tu mi hai indotta in
errore! Erano anni che cercavo un compagno per la vita, un uomo da amare e che
mi avrebbe amato! Non osare giudicare la mia vergogna nei tuoi confronti!”
Shira sentì il sangue ribollirle nelle vene, aveva sopportato troppo, era
ora di finirla.
“Hai ballato tra le mie braccia! Hai toccato le mie
mani, guardato i miei occhi, baciato
le mie labbra! Vuoi dirmi che dentro di te non sapevi che fossi una donna? Hai
imposto il tuo maledetto legame senza
che io aprissi bocca! Che diavolo avevi visto in me? Un dannato erede al
trono?” Lo schiaffo arrivò sulla sua guancia con violenza. Aki
era furente, fuori di sé, ma nessuno si era mai permesso di picchiarla. La
guancia di Shira bruciava, ma mai quanto il suo
orgoglio. “Vattene,” sibilò la principessa. “Vattene!” Urlò poi con forza. Aki strinse i pugni, si voltò e andò via lasciandola sola e
tremante di rabbia. Lontano si udì il rabbioso ruggito di Daiki.
Shira avrebbe voluto urlare di rabbia, ma non c’era più nessuno contro cui
farlo. Sarebbe tornata a casa, non le importava quanto tempo ci sarebbe voluto,
non voleva rimanere lì un istante ancora. Si voltò, ma si trovò davanti Aki. La ragazza doveva essere tornata indietro per dirle
ancora una volta quanto fosse stupida o inutile. Shira
prese un profondo respiro pronta a spedirla all’inferno, ma la ragazza la
sorprese afferrandola e spingendo con forza le labbra contro la sua bocca. Fu
un bacio brusco e violento, ma fu un bacio. La sacerdotessa la lasciò e sparì
di nuovo abbandonandola lì, svuotata dalla rabbia e con mille domande
inespresse, il cuore che batteva con troppa forza nel petto.
L’aveva baciata. Aveva baciato lei, non un supposto principe
mascherato, lei. Rimase a guardare il
sentiero con un misto di timore e speranza, sarebbe tornata? Non lo fece.
Shira si sedette a terra, chiedendosi cosa fosse successo. Ricordò le
emozioni che aveva provato al ballo, ricordò il modo il cui gli occhi di Aki potevano diventare dolci e meravigliosi. Ricordò come
avesse sfiorato le sue labbra con un bacio dicendole che appartenevano una
all’altra. Era stato facile mettere da parte tutto quello, dopo il suo brusco
cambiamento di vita le emozioni non erano mancate. Aveva lasciato casa sua, la
famiglia che amava e aveva, letteralmente, spiccato il volo, scoprendo un mondo
completamente nuovo, diventando parte di qualcosa che era stato, per lei,
appena più di una leggenda.
Ora però non poteva più negare i suoi
sentimenti. Aveva provato qualcosa di forte per Aki,
ne era rimasta completamente conquistata. Una parola risuonava nella sua mente:
amore. Non poteva negare che Aki era stata terribile
con lei, non aveva mai smesso di provocarla e offenderla, non aveva mai smesso
di tenerla lontana e di farla sentire indesiderata e le aveva nascosto la
verità sul loro rapporto. Eppure… eppure l’aveva baciata scatenando in lei un
torrente di emozioni.
Shira si passò la mano sulla bocca. Se chiudeva gli occhi le sembrava di
sentire ancora le labbra di lei schiacciate con rabbia sulle sue. Cosa doveva
fare?
Rientrò nell’edifico di legno quando ormai il
sole era tramontato. Tutte le emozioni che aveva provato l’avevano spossata
eppure sentiva che doveva parlare con Aki. Invece
incontrò Kimi.
La donna la fissò a lungo, ma non commentò gli
abiti sporchi di terra. “Vieni.” Disse soltanto, accompagnandola per
l’edificio. Le mostrò la mensa, la stanza dei bagni e la sua camera.
Una volta rimasta sola Shira
si lavò, lasciando che la fatica del lungo viaggio e la tensione di quelle
ultime ore andassero via assieme allo sporco. Quando ebbe finito passò nella
sala mensa, ormai quasi vuota, e recuperò la cena, infine ritrovò la camera
indicatale da Kimi e si sdraiò sul letto. Chiuse gli occhi e in pochi istanti
si addormentò.
Quando si svegliò il sole era alto nel cielo.
Accanto al letto vi erano degli abiti e su un tavolino c’era una colazione
ormai fredda. Per un attimo si chiese se non fosse stata Aki
a portargliela, ma scosse la testa, più probabilmente era stato un gesto di
Kimi, molto più materna. Quel pensiero la bloccò. Aki
e Daiki erano dunque figli di Kimi? Scosse la testa
confusa. Dopo il litigio con Aki e il loro bacio, non
c’era più stato spazio nella sua mente per riflettere sulle parole del Maestro.
Un uovo. Sì, ricordava chiaramente che l’uomo
aveva parlato di un uovo deposto da Daiki, che però
era un drago maschio, ne era sicura, lo aveva sentito.
Doveva parlare con Aki.
Indossò uno degli abiti che erano stati
preparati per lei e uscì dalla stanza.
Si rese subito conto che non aveva idea di
dove fosse la sacerdotessa quindi raggiunse la sala mensa sperando di trovare
lei oppure qualcuno che avrebbe potuto darle delle indicazioni.
La stanza era affollata e Shira
cercò con lo sguardo Aki ma di lei non vi era
traccia, poi però vide Kimi, intenta a chiacchierare con l’uomo che aveva
abbracciato al loro arrivo. Il suo sacerdote, intuì Shira,
la metà umana di Ai. Quell’idea la lasciò ancora una volta perplessa, era un
concetto difficile da assimilare, un essere che è uno eppure due.
“Immagino che siate confusa,” il Maestro era
accanto a lei e le sorrise dolcemente. “Temo di essere stato troppo irruento
nel dirvi la verità.”
“Mi dispiace per il mio comportamento…” Shira imbarazzata fissò il pavimento, ma l’uomo sorrise
ancora.
“Non siatelo, se c’è qualcuno da biasimare
quella è Aki.”
“Oh, io credo che lei avesse le sue ragioni
e…” Il sorriso del Maestro si fece ampio e Shira capì
di essere stata sottoposta ad una prova.
“Bene, come immaginavo i vostri sentimenti
sono forti se la difendete ancora. La scelta
non è mai un errore, malgrado quello che crede la nostra impetuosa Aki. Venite, devo mostrarvi una cosa.”