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Autore: Najara    06/01/2016    4 recensioni
Shira è la ventiduesima principessa del regno di Saharin, davanti a sé ha una tranquilla vita di corte, ma un mancato rifiuto la porterà verso un futuro completamente diverso, fatto di avventure, dolore, amore e… draghi!
Storia scritta per il contest: "L'inizio e la fine di ogni cosa" di ManuFury.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Casa”

 

Ai sorvolò la cittadina fino a raggiungere un largo spiazzo posto davanti a un grande edificio di legno addossato alla roccia della montagna.

“Casa.” Mormorò Kimi con un sorriso, poi scivolò a terra e corse tra le braccia di un uomo dallo sguardo gentile che la stava aspettando.

“Muoviti, devi incontrare il Maestro.” La scosse Aki mentre lei, ormai scesa dal dorso del drago, si guardava attorno spaesata.

Seguì la giovane all’interno del grande edificio, incuriosita e intimorita da quell’ambiente estraneo. Molti uomini e donne salutavano Aki e le lanciavano sorrisi, ma la sacerdotessa non perse tempo a presentarla. Si fermò solo davanti a una porta chiusa e si voltò a guardarla con quel misto di rabbia e frustrazione a cui Shira ormai si era abituata.

“Il Maestro è già informato della nostra situazione, ma vedi di non farmi vergognare più del necessario.”

Shira arrossì, offesa da quel ingiusto trattamento, ma non poté rispondere. Aki si era già voltata, aveva bussato alla porta ed era entrata.

Il Maestro era un uomo anziano dal volto solcato di rughe che si infittirono quando le sorrise.

“Benvenuta nella Città dei Draghi, principessa Shira.”

“Grazie, Signore.”

“Maestro!” La redarguì con un sibilo Aki.

“Oh, non importa,” l’uomo sorrise ancora poi indicò loro delle sedie e si accomodò. “La situazione in cui ci troviamo è particolare, normalmente lasciamo che il neo cavaliere, un bambino nel novanta per cento dei casi, comprenda da solo certi concetti, ma suppongo che ormai Aki vi avrà informato.”

“Io non… no Maestro.” Questa volta fu Aki ad arrossire sotto lo sguardo penetrante dell’uomo.

“Molto bene, allora sarò io ad accollarmi il compito, partendo dal principio. Quello che sto per svelarvi è un segreto per cui un cavaliere morirebbe.” Fece una pausa e congiunse le mani. “Siete pronta ad udirlo?”

“Io…” Shira lanciò uno sguardo ad Aki che non le venne in soccorso, così annuì. “Sì.”

“I draghi sono degli esseri molto, molto speciali.” Iniziò allora il Maestro. “La leggenda vuole che il primo uovo di drago comparve ad una donna moltissimi anni fa. Questa donna fu il primo cavaliere. La leggenda però non dice tutto. Il drago nel suo uovo non è nulla di più che un involucro vuoto.” Shira sbatté le palpebre perplessa e si voltò a guardare Aki, ma la ragazza era rigida sulla sua sedia, lo sguardo fisso verso una finestra. Il Maestro continuò a parlare catturando di nuovo l’attenzione della principessa. “La donna a cui apparve il drago non era una donna qualunque, lei era incinta. Suo marito l’amava sinceramente e così lei amava lui. Da questa felice unione stava per nascere un bambino. Quel bambino si legò al drago alla sua nascita e divenne il primo sacerdote dei draghi.” Shira annuì ma il Maestro sorrise dolcemente. “So che credete di aver capito, ma non è così, non ancora almeno: ascoltate. L’anima del bambino si era spezzata, rimanendo nel corpo del fanciullo e al contempo riempiendo il corpo vuoto del drago, solo così nasce un drago. Altrimenti il cucciolo muore poco dopo essere uscito dall’uovo. Nel corso dei secoli il sacerdote ha acquisito la capacità di creare un legame unico e speciale con il cavaliere, facendo di esso il suo legame d’amore e quindi l’origine del bambino che diventerà un sacerdote.” Shira arrossì violentemente rendendosi conto solo adesso di quello che il suo travestimento era costato ad Aki. “Ora abbiamo un problema, Aki non ha trovato un compagno nella sua infanzia e, Daiki, il vostro drago, ha deposto un uovo. Capite, adesso, perché aspettavamo tutti con grande trepidazione un compagno adeguato a dare un figlio ad Aki e quindi un bambino per l’uovo di Daiki?”

Shira si alzò, era furiosa: come aveva potuto Aki metterla davanti alla verità in questo modo! Come aveva potuto farglielo spiegare da un estraneo? La rabbia per il comportamento della sacerdotessa, trattenuta per tutti quei giorni di viaggio, le esplose nel petto.

“So che questa notizia può essere fonte di…” Il Maestro continuò a parlare ma Shira non lo ascoltava più.

“Come hai potuto?” Sibilò fissando Aki dritta negli occhi. La donna non disse nulla e lei si voltò per uscire dalla stanza.

Furibonda corse per i corridoi senza badare a chi incrociava, uscì dal palazzo e continuò a camminare finendo per percorrere un sentiero lungo la montagna.

L’aria spostata da due ali possenti la schiacciò a terra mentre un gigantesco drago le calava addosso. Prima che toccasse terra il drago proruppe in un forte ruggito, assordandola, ma lei non si lasciò intimorire.

“Smettila!” Il drago atterrò con violenza, gli artigli che la spingevano al suolo con forza. Shira sapeva che sarebbe bastata una contrazione degli unghioni e lei sarebbe morta, ma era troppo furiosa per badarci davvero. “Non sei neanche capace di affrontarmi faccia a faccia! Codarda!” Urlò.

Il drago le ruggì addosso poi spiccò il volo allontanandosi nel cielo.

Shira si tirò in piedi, i suoi abiti erano pieni di terra, ma non le importava piena com’era di rabbia.

Daiki. Aveva appena incontrato il suo drago. L’aveva capito subito, aveva sentito con lui un profondo legame, anche se le stava urlando addosso tutta la sua furia e anche in quel frangente, non aveva potuto fare a meno di notare quanto fosse bello. Era per lo più grigio fumo, le zampe però erano quasi nere mentre le venature sulle ali e gli unghioni erano bianchi. Di un purissimo bianco erano anche le numerose corna che aveva attorno alla testa, disposte come una specie di corona.

“Tu!” Urlò Aki attirando la sua attenzione. L’aveva presa in parola ed era venuta ad affrontarla. “Tu mi hai ingannata! Ti sei finta tuo fratello e io ho posto il legame su di te, tu mi hai indotta in errore! Erano anni che cercavo un compagno per la vita, un uomo da amare e che mi avrebbe amato! Non osare giudicare la mia vergogna nei tuoi confronti!”

Shira sentì il sangue ribollirle nelle vene, aveva sopportato troppo, era ora di finirla.

“Hai ballato tra le mie braccia! Hai toccato le mie mani, guardato i miei occhi, baciato le mie labbra! Vuoi dirmi che dentro di te non sapevi che fossi una donna? Hai imposto il tuo maledetto legame senza che io aprissi bocca! Che diavolo avevi visto in me? Un dannato erede al trono?” Lo schiaffo arrivò sulla sua guancia con violenza. Aki era furente, fuori di sé, ma nessuno si era mai permesso di picchiarla. La guancia di Shira bruciava, ma mai quanto il suo orgoglio. “Vattene,” sibilò la principessa. “Vattene!” Urlò poi con forza. Aki strinse i pugni, si voltò e andò via lasciandola sola e tremante di rabbia. Lontano si udì il rabbioso ruggito di Daiki.

Shira avrebbe voluto urlare di rabbia, ma non c’era più nessuno contro cui farlo. Sarebbe tornata a casa, non le importava quanto tempo ci sarebbe voluto, non voleva rimanere lì un istante ancora. Si voltò, ma si trovò davanti Aki. La ragazza doveva essere tornata indietro per dirle ancora una volta quanto fosse stupida o inutile. Shira prese un profondo respiro pronta a spedirla all’inferno, ma la ragazza la sorprese afferrandola e spingendo con forza le labbra contro la sua bocca. Fu un bacio brusco e violento, ma fu un bacio. La sacerdotessa la lasciò e sparì di nuovo abbandonandola lì, svuotata dalla rabbia e con mille domande inespresse, il cuore che batteva con troppa forza nel petto.

L’aveva baciata. Aveva baciato lei, non un supposto principe mascherato, lei. Rimase a guardare il sentiero con un misto di timore e speranza, sarebbe tornata? Non lo fece.

Shira si sedette a terra, chiedendosi cosa fosse successo. Ricordò le emozioni che aveva provato al ballo, ricordò il modo il cui gli occhi di Aki potevano diventare dolci e meravigliosi. Ricordò come avesse sfiorato le sue labbra con un bacio dicendole che appartenevano una all’altra. Era stato facile mettere da parte tutto quello, dopo il suo brusco cambiamento di vita le emozioni non erano mancate. Aveva lasciato casa sua, la famiglia che amava e aveva, letteralmente, spiccato il volo, scoprendo un mondo completamente nuovo, diventando parte di qualcosa che era stato, per lei, appena più di una leggenda.

Ora però non poteva più negare i suoi sentimenti. Aveva provato qualcosa di forte per Aki, ne era rimasta completamente conquistata. Una parola risuonava nella sua mente: amore. Non poteva negare che Aki era stata terribile con lei, non aveva mai smesso di provocarla e offenderla, non aveva mai smesso di tenerla lontana e di farla sentire indesiderata e le aveva nascosto la verità sul loro rapporto. Eppure… eppure l’aveva baciata scatenando in lei un torrente di emozioni.

Shira si passò la mano sulla bocca. Se chiudeva gli occhi le sembrava di sentire ancora le labbra di lei schiacciate con rabbia sulle sue. Cosa doveva fare?

 

Rientrò nell’edifico di legno quando ormai il sole era tramontato. Tutte le emozioni che aveva provato l’avevano spossata eppure sentiva che doveva parlare con Aki. Invece incontrò Kimi.

La donna la fissò a lungo, ma non commentò gli abiti sporchi di terra. “Vieni.” Disse soltanto, accompagnandola per l’edificio. Le mostrò la mensa, la stanza dei bagni e la sua camera.

Una volta rimasta sola Shira si lavò, lasciando che la fatica del lungo viaggio e la tensione di quelle ultime ore andassero via assieme allo sporco. Quando ebbe finito passò nella sala mensa, ormai quasi vuota, e recuperò la cena, infine ritrovò la camera indicatale da Kimi e si sdraiò sul letto. Chiuse gli occhi e in pochi istanti si addormentò.

Quando si svegliò il sole era alto nel cielo. Accanto al letto vi erano degli abiti e su un tavolino c’era una colazione ormai fredda. Per un attimo si chiese se non fosse stata Aki a portargliela, ma scosse la testa, più probabilmente era stato un gesto di Kimi, molto più materna. Quel pensiero la bloccò. Aki e Daiki erano dunque figli di Kimi? Scosse la testa confusa. Dopo il litigio con Aki e il loro bacio, non c’era più stato spazio nella sua mente per riflettere sulle parole del Maestro.

Un uovo. Sì, ricordava chiaramente che l’uomo aveva parlato di un uovo deposto da Daiki, che però era un drago maschio, ne era sicura, lo aveva sentito.

Doveva parlare con Aki.

Indossò uno degli abiti che erano stati preparati per lei e uscì dalla stanza.

Si rese subito conto che non aveva idea di dove fosse la sacerdotessa quindi raggiunse la sala mensa sperando di trovare lei oppure qualcuno che avrebbe potuto darle delle indicazioni.

La stanza era affollata e Shira cercò con lo sguardo Aki ma di lei non vi era traccia, poi però vide Kimi, intenta a chiacchierare con l’uomo che aveva abbracciato al loro arrivo. Il suo sacerdote, intuì Shira, la metà umana di Ai. Quell’idea la lasciò ancora una volta perplessa, era un concetto difficile da assimilare, un essere che è uno eppure due.

“Immagino che siate confusa,” il Maestro era accanto a lei e le sorrise dolcemente. “Temo di essere stato troppo irruento nel dirvi la verità.”

“Mi dispiace per il mio comportamento…” Shira imbarazzata fissò il pavimento, ma l’uomo sorrise ancora.

“Non siatelo, se c’è qualcuno da biasimare quella è Aki.”

“Oh, io credo che lei avesse le sue ragioni e…” Il sorriso del Maestro si fece ampio e Shira capì di essere stata sottoposta ad una prova.

“Bene, come immaginavo i vostri sentimenti sono forti se la difendete ancora. La scelta non è mai un errore, malgrado quello che crede la nostra impetuosa Aki. Venite, devo mostrarvi una cosa.”

 

  
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