3. Patetica
-Posso sapere perché
stai sprecando il nostro tempo?-
Scuoto la testa alla
sua protesta e sorrido, intenta a ripiegare accuratamente il maglioncino che
indossavo fino a poche ore fa.
-Torna qui!- Mi
ordina, picchettando con la mano sul materasso libero.
Sospiro, lascio cadere
il maglione sulla scrivania e mi volto per incrociare due rubini imprigionati
in uno sguardo accattivante.
Accomodato al centro
del letto, Demetri esibisce il suo sorrisino intanto che si accarezza
distrattamente i capelli color paglia, tenendo l’altro
braccio adagiato sul cuscino al suo fianco. Il suo petto marmoreo riflette il
bagliore caldo dell’abatjour sul comodino, ma il suo viso affilato rimane per
metà in ombra, cosicché la sua espressione risulti
ancora più sinistra. Denti bianchissimi splendono, lasciati scoperti dalle
labbra sottili appena sollevate, arrogantemente arricciate con tale maestria
che mi si scatena un uragano nel petto al solo ricordo dei suoi baci. Il
lenzuolo gli copre i fianchi e le gambe, che so essere
nude, lasciando ben poco all’immaginazione.
Prendo un profondo
respiro, richiamando tutto il mio autocontrollo affinché mi calmi i sensi che
mi si sono appena scatenati.
-Sono già vestita!- Appuro, facendo scorrere una mano lungo il mio
fianco, ad indicargli la camicetta che indosso.
Ma lui si limita a stringersi nelle
spalle con una sollevata di sopracciglia. -Vuoi che ti aiuti a spogliarti?-
Alzo gli occhi al
cielo e serro le labbra per trattenere una risatina, quando il broncio
innocente di Demetri si trasforma nel suo ghigno affascinante.
-Oggi devo dare una
mano a Felix con l’addestramento.- Spiego, intanto che raccolgo le mie scarpe
da sotto la sedia per mettermele. -E sono già in ritardo, il che significa che
lo troverò infuriato!-
-Felix è sempre infuriato!- Sottolinea,
con un gesto frivolo della mano.
Afferro il maglioncino
che ho precedentemente ripiegato e lo risistemo dentro
l’armadio, dando una fugace occhiata all’interno per accertarmi che sia tutto
in ordine, e sfioro con le dita la mia preziosa mantella nero sbiadito prima di
chiudere le ante di pregiato legno d’acero.
-Sai benissimo che
occuparsi di vampiri impazziti non fa per lui, per cui preferirei non mettere a
dura prova i suoi nervi più del dovuto!- Dichiaro, prendendo la mia spazzola da
un cassetto dello scrittoio.
-Magari, se la
smettessi di riordinare tutto, avremo qualche attimo in più per stare insieme…-
-Scusami tanto se mi
piace che ogni cosa abbia un suo posto, o se non amo saltellare tra i miei
vestiti sparsi per tutto il pavimento della camera, come fai tu!- Mi spazzolo
per bene i capelli, lasciandoli sciolti sulle spalle.
Demetri ridacchia,
tuffando la testa sul cuscino.
-E non mi piace
stendermi sulle lenzuola sgualcite. Perciò, se ti alzi, vorrei rifare il
letto!- Concludo, riservandogli un’occhiata.
Lui si abbandona a uno
sbuffo teatrale, falsamente esasperato, e scosta le lenzuola per scendere dal
letto. Con movimenti decisamente troppo veloci per
essere considerati umani, inizia a raccattare i suoi vestiti sparpagliati per
la stanza, dato che non si è premurato di metterli tutti in un posto. Ritrova i
jeans sul pavimento e la camicia bianca che penzola dalla struttura del letto a
baldacchino.
Io invece raggiungo il
materasso e tiro su le coperte, scuoto i cuscini e li copro con la piega della
trapunta argentata. Con la coda dell’occhio mi accorgo di Demetri che si è
seduto ai piedi del letto per allacciarsi i mocassini e sorrido.
I vampiri non dormono,
mai, per cui non hanno certo bisogno di un letto.
Solo gli elementi di
rilievo della Guardia dei Volturi avevano diritto a una camera personale dove radunare i pochi averi posseduti e poter
trovare un attimo di raccoglimento. Ed io, Facendo parte di quei pochi eletti,
ho scelto di non rinunciare a un comodo letto su cui rilassarmi per riordinare
i pensieri. Mi dispiace non poter dormire, mi piacerebbe provare a sognare,
avvolta dalle tende di tulle che scendono dal baldacchino di legno laccato
color panna.
Anche Demetri ha un
letto nella sua camera, ma credo che lo abbia scelto
per soddisfare altre funzioni più fisiche. Per questo non muoio dalla voglia di
passare del tempo con lui nel suo letto, non sapendo chi altro c’è stato prima
di me.
Almeno sulle mie
federe so di averci poggiato il viso solo io. E lui.
-Io sono pronto!- Mi
richiama.
Sollevo lo sguardo e
lo trovo fermo davanti allo specchio sistemato sopra al mio scrittoio,
impegnato ad ammirare la propria immagina, mentre si aggiusta il colletto della
camicia.
Mi raddrizzo e lo
osservo in silenzio, avanzando piano verso di lui.
Si passa una mano fra
i capelli e se li scompiglia, valutando con sguardo critico il risultato.
-Non avevi detto di
essere pronto?- Lo provoco, incrociando le braccia al petto.
-E tu non eri in
ritardo?- Accenna un sorriso. -Non riesci a togliermi gli occhi di dosso,
vero?-
Sbuffo e cerco di
sorpassarlo per raggiungere la porta, ma lui mi blocca mettendosi proprio
davanti a me. Solleva una mano e mi accarezza lentamente la guancia con la
punta delle sue dita ghiacciate, poi avvicina il viso e chiudo gli occhi,
aspettando il contatto delle sue labbra sulle mie. Quando mi bacia, i suoi
denti giocano con il mio labbro ma non lo mordono, in una dolce tortura.
Si stacca da me e
rimaniamo per qualche secondo a fissarci negli occhi, intanto che la sua mano
scende ad accarezzarmi la gola.
-Oggi sarò molto
impegnato.- Mi informa, in un sussurro rauco.
Faccio un cenno e lui indietreggia
di un passo, recuperando dalla maniglia della porta il suo gilet nero.
-State ancora cercando
di rintracciare quel vampiro che ha eliminato la squadra d’accatto che era
stata mandata a catturarlo?-
Non so perché l’ho
chiesto, era solo un pensiero ad alta voce e non volevo certo immischiarmi in
affari che non mi riguardano, ma la reazione di Demetri mi mette in allarme.
È rimasto paralizzato
con le mani sui bottoncini del gilet che si era appena infilato. Mi rivolge uno
sguardo tanto tagliente da essere quasi in grado di trafiggermi, mentre tutti i
muscoli del suo corpo si tendono come se qualcuno stesse per attaccarlo.
-Come sai di quella
storia?- Mi chiede, in un ringhio deciso.
-Me ne ha parlato
Marcus!- Affermo semplicemente.
Demetri mi studia
attentamente, smettendo addirittura di respirare, le sue labbra sono serrate e
piegate in una smorfia. Alla fine, dopo aver riflettuto, si rilassa e scuote la
testa.
-Bene!- Conclude, richiudendo gli ultimi bottoni.
Adesso sono io a
studiarlo, in cerca di una spiegazione che però so già che non mi concederà.
-Scusami cuccioletta,
adesso devo proprio andare!-
Sono ancora confusa,
ma lui mi stampa un bacio sulla punta del naso e si dilegua lasciando la porta
aperta, senza aggiungere un’altra sola parola.
I Volturi mantengono
le proprie schiere di soldati costantemente fornite, annettendo nuove reclute
con regolare frequenza.
Primi fra tutti, vengono ricercati adepti con particolari poteri ma, per
rafforzare le prime linee impiegate unicamente come forza bruta negli scontri
più violenti, ci sono gli allievi.
Guadagnarsi un
biglietto di accesso per far parte degli allievi è molto semplice, basta
attirare negativamente l’attenzione con stragi incontrollate e poi chiedere
clemenza. In realtà, esiste anche un altro modo, ma è molto raro che venga usato. Vampiri specializzati nella creazione possono
selezionare campioni di sfortunati umani da trasformare nella speranza che
presentino qualche talento speciale.
In entrambi i casi, ogni
candidato viene tenuto in uno stato di prigionia
forzata fino a quando non supera tutti i vari livelli ma, se è abbastanza forte
da sopravvivere, diventa di diritto un componente dei Volturi. A quel punto gli
viene assegnata una mantella in base alle sue
effettive capacità e per il tipo di aiuto che può fornire alla famiglia, di un
colore che può variare dal grigio chiaro a quello scuro. Potrebbe venire usato
come pedina sacrificabile, oppure avere la fortuna di avanzare rapidamente di
grado.
So che anche Felix ha
dovuto affrontare tutto l’iter prima di avere la sua mantella e meritarsi poi,
nel corso degli anni, la totale fiducia degli anziani che lo tengono in grande
considerazione. Tra i più importanti, lui è l’unico ad aver dovuto sudarsi il
posto. Io, Jane, Alec e Demetri abbiamo scavalcato
l’addestramento grazie ai nostri poteri.
Felix non ha talenti
ma, da quanto ne sappiamo, è il vampiro fisicamente più forte al mondo. Il che,
forse, è da considerarsi un dono.
-Potevi anche restare
dov’eri!- Mi accoglie il mio mastodontico collega, al mio arrivo.
Alle spalle
dell’imponente castello di Volterra, protetto dall’alta muraglia e dalla
struttura principale del bastione, si trova un cerchio di terreno che viene usato come campo di combattimento e che chiamiamo arena. Schiere di alberi filtrano i
raggi del sole e ci proteggono da eventuali occhi indiscreti, anche se lo
spazio aereo sopra la fortezza è stato interdetto e l’intera area circostante è
chiusa al traffico per un raggio di diversi chilometri.
Naturalmente, la prima
regola per i Volturi è non rivelare l’esistenza dei vampiri, per cui non
potremo mai rischiare che qualcuno noti scontri violenti fra immortali, o che
vedano la nostra pelle brillare al sole.
Normalmente ci
muoviamo sotto terra, fra le gallerie scavate in profondità e ci affrontiamo
nella palestra ai livelli inferiori, ma tutti hanno bisogno di un po’ d’aria
prima a poi, soprattutto le nuove reclute.
E anch’io. Qui,
all’aperto, nessuno è più forte di me.
-Prima ti lamenti
perché non ti aiuto mai, e poi vuoi già mandarmi via!- Esordisco, affiancando
Felix.
Lui sbuffa con un
ringhio. -Se fossi arrivata un’ora fa, magari mi saresti stata davvero utile!-
Faccio roteare gli
occhi. -Scommetto che te la sei cavata benissimo anche da solo!-
-Allora tanto vale che
te ne restavi a scaldare il fianco di Demetri!-
Rimango interdetta.
-Aspetta un attimo, chi ti ha detto che ero con lui?-
L’occhiatina furba che
mi rivolge vale più di mille parole.
Colta in flagrante, devio
lo sguardo e, di nascosto, provo ad annusarmi i capelli in cerca di qualche
odore sospetto che potrebbe avermi tradita.
-Non si è fatto vedere
per tutta la notte!- È la spiegazione di Felix.
Scrollo le spalle,
falsamente indifferente alle sue parole. -Magari era con un’altra!- Sibillo.
-Non credo proprio!-
Scuote violentemente la testa. -Ci sarebbe stato al massimo un paio d’ore, e
poi sarebbe venuto a cercarmi per importunarmi!-
-Chi se ne frega!-
Sentenzio ma, anche se vorrei nasconderlo, mi sfugge un
sorrisino soddisfatto.
-Bè, se ti stanchi di
quell’idiota, potrei pensarci io a te…-
Quando sollevo il viso,
mi fa l’occhiolino.
Assottiglio lo
sguardo. -Ti ricordo che siamo all’aperto, e qui potrei farti molto male!-
Felix fa spallucce.
Sorrido, ma non ho il
tempo di dirgli altro perché percepisco una massa in movimento diretta contro
di noi. Intervengo giusto un secondo prima che ci
finisca addosso, sollevando di scatto la mano per creare una barriera d’aria
che blocca il corpo in volo a un soffio da me.
Serro le dita e
imprigiono il giovane vampiro, tenendolo sospeso a mezz’aria, per valutarlo.
Sposto lo sguardo sul gruppo di neonati che si azzuffano senza pietà al centro
del terreno, e deduco che il mal capitato deve essere stato scagliato via dai
suoi sfidanti.
Aggrotto le
sopracciglia, riapro la mano con uno scatto e il vampiro viene
rispedito in mezzo agli altri da una forte raffica di vento.
-Situazione attuale?-
Felix incrocia le
possenti braccia al petto, improvvisamente minaccioso. -Un
branco di inutili neonati in preda alla sete che non supereranno mai la prima
settimana!-
Prestando attenzione
alla massa di vampiri che cercano di scannarsi l’uno con l’altro, non fatico a
credere al quadro di Felix.
Presi dalla furia che
contraddistingue i primi mesi o anni di vita da immortale, e accecati dal
desiderio di sangue, i neonati sono incontrollabili e finiscono per attaccarsi
senza pietà fra loro. D'altronde, se sono finiti qui, vuol dire che erano
incontrollabili anche da liberi, giovani o adulti che fossero. Quasi nessuno sopravvie al primo stadio dell’addestramento,
risparmiandoci lavoro futuro.
-Qualcuno di interessante?- Provo.
-Non ho visto nulla.-
Se troviamo qualcuno
di realmente valido o che magari presenta qualche talento, dovremo augurarci
che sia abbastanza forte da proseguire, o magari farlo avanzare direttamente.
-Posso?-
-Tutti tuoi!- Mi
risponde. -E, se ti viene voglia di ucciderli, fai pure!-
Avanzo di un passo, ma
gli allievi non mi vedono neppure, troppo impegnati ad aggredire i compagni.
-Fermi!- Grido, ma non
ottengo alcun effetto.
Sospiro, non potranno
dire che non ci ho provato con le buone. Spalando le braccia e, all’istante, si
ritrovano tutti spalmati contro il suolo e immobilizzati da una massa
invisibile e inamovibile.
Felix, che non si è
mosso, si gode la scena con un ghignetto.
-Vi affronterete due
alla volta e, chi sopravvie, passa all’avversario
successivo.- Sentenzio. -Chiaro?-
In risposta mi arrivano dei latrati
minacciosi, dai corpi ancora intrappolati dalla coltre d’aria che li schiaccia
a terra.
Lascio cadere le
braccia lungo i fianchi e il vento si disperde e i vampiri possono rialzarsi,
ma hanno il buon senso di non rimettersi le mani addosso.
-Tu e tu!- Dico,
indicando due ragazzi giovani.
Questi avanzano mentre
gli altri indietreggiano, ma il loro scontro dura poco. Il primo salta subito
alla gola di quello che sembrava più robusto e gli stacca la testa in un’unica
mossa.
Muovo la mano e faccio
fluttuare i resti dello sconfitto fino al falò acceso in un angolo, scatenando
un aroma d’incenso che m’invade le narici.
-Tu!- Chiamo un altro
ragazzo.
Con mio stupore i suoi
abiti non sono ridotti in brandelli, sono appena un po’ impolverati. Ha un volto
magnifico, e non è soltanto affascinante come tutti gli immortali, è bello per
davvero. I suoi capelli sono biondo chiaro e il suo sguardo è controllato,
soprattutto mentre serra i pugni.
-Perché devo
ucciderlo?- Mi chiede, serio.
-Per guadagnarti la
cena!- Taglio corto, disgustata al pensiero di
sacrifici umani.
-Non la voglio!-
I miei occhi scattano
su di lui, mentre Felix ringhia e lo fulmina con un’occhiataccia, facendo già
scattare i muscoli. Gli poggio una mano sul braccio per placarlo.
-Pensa a
sopravvivere!- Dico al ragazzo dal viso perfetto. -Poi riparleremo di quello
che vuoi o no!-
Il vampiro sbuffa e si
volta verso il suo nemico.
Inutile dire che il
suo autocontrollo e il suo apparente rifiuto di una preda hanno piacevolmente attirato
la mia attenzione e, per quanto stupido sia, spero che ce la faccia.
In qualche modo vengo accontentata, visto che il vincitore del precedente
incontro viene scagliato via quando prova a lanciarsi contro il biondo.
Strabuzzo gli occhi e
mi scambio uno sguardo con Felix.
Assistiamo per la
seconda volta a un tentativo di attacco, ma un’onda d’urto invisibile spinge
via lo sfidante quando gli si avvicina. Guardo il neonato che mi ha parlato,
trovandolo calmo e perfettamente immobile. Quando sta per essere colpito nuovamente,
si limita a intensificare lo sguardo e il suo avversario viene
spedito al tappeto.
-Uno scudo!- Affermo.
Felix fa un cenno.
-Sì, ma non è niente di che!-
-Non puoi saperlo,
magari migliorerà con il tempo!- Mi accorgo della nota speranzosa nella mia
voce e vorrei nasconderla.
Non voglio dimostrare
che mi sono subito affezionata a quel biondino che forse ha già imparato a
controllare la sua brama di sangue caldo e preferiva non uccidere un compagno.
-Sa soltanto
respingere gli attacchi frontali, sicuramente non protegge chi gli sta accanto
e deve rimanere concentrato sull’avversario!-
-Adesso, ma i talenti
possono essere migliorati!- Insisto.
-Credimi, li conosco
bene gli scudi e ne ho visti un’infinità nel corso dei
secoli.- Sospira, annoiato. -Non ne vale la pena!-
-Sì, ma…-
Non finisco la frase
che un urlo straziante mi fa sussultare. Mi volto verso il giovane vampiro
dotato di uno scudo, trovandolo inginocchiato al suolo mentre si tiene strette le tempie, il suo volto è una maschera di
dolore mentre continua a gridare.
Serro i pugni e
respiro profondamente per calmarmi.
Conosco quel tipo di
reazione, so bene cosa la scatena e non ho bisogno di voltarmi per sapere chi
ha appena fatto il suo ingresso nell’arena, perché riconosco il suo odore e
sento la sua presenza. È come una
scarica elettrica che brucia la pelle e mi fa irrigidire, scatenando una rabbia
che solo lei sa farmi provare.
Silenziosa nel suo
passo leggero e aggraziato, Jene avanza fino a posizionandosi
fra me e Felix. Ha i capelli chiari raccolti in una crocchia dietro la nuca ed
è avvolta dalla sua mantella di una tonalità di nero sbiadito. La indossa
sempre, non la toglie mai. Magari la usa per rammentarci il suo rango, per
ricordarci che dobbiamo obbedirle, d'altronde vive per essere rispettata e ama
essere temuta.
Sotto il suo sguardo
torturatore, il neonato per cui facevo il tifo è ancora inerme, preda del
dolore, così il suo avversario ne approfitta per aggredirlo e staccargli
brutalmente la testa dal collo.
Quando vedo il suo
corpo cadere al suolo e sollevare una nuvola di terra e polvere, smetto di
respirare e mi immobilizzo.
-Visto? Non era niente
di eccezionale!- Canticchia Jane.
Sul suo viso angelico
troneggia un sorriso apparentemente incantevole, ma non ci penso neanche a
guardarla, preferendo continuare a fissare un punto immaginario davanti a me.
-Dovresti ascoltare di
più Felix, è evidente che non sei in grado di trarre conclusioni…- Dichiara,
con un tono più aspro.
Riprendo a respirare,
ma tengo i pugni serrati e i muscoli contratti, cercando di domare ciò che
provo. Oltre al turbinio di emozioni negative che mi si scatena dentro, sento
anche il richiamo del mio elemento, posso sentire invisibili turbinii d’aria
pronti a scattare al mio segnale per abbattersi su Jane.
Ma non posso farlo.
E non posso fare nulla
pur sapendo che la strega, probabilmente nascosta, avrà sicuramente ascoltato
la mia conversazione con Felix e spiato quello che è successo. Per la sua
piccola mente brillante, sarà stato un giochetto cogliere la mia simpatia per
quel frammento di umanità mostrato dal ragazzo, ed è stato solo per farmi un dispetto
che ne ha causato la morte.
Jane pensa che la mia
umanità, la stessa che mi spinge a nutrirmi solo di animali, sia un atto di
ribellione troppo grande da essere sopportato e, se dipendesse da lei, non me
la farebbe passare liscia. I miei occhi ambrati indicano la mia diversità, che
molti vedono come una minaccia.
Per lei, poi, sono
stata una minaccia nel momento stesso in cui ho messo per la prima volta piede
in questo castello. Mi odia perché solo la sua diretta rivale
e perché il colore delle nostre mantelle è lo stesso.
-Ti tengo d’occhio…-
Sussurra malignamente al mio indirizzo.
A rafforzare il
concetto, una scarica di dolore mi attraversa la mente, ma è durato solo un
istante e non era per nulla inteso. Soltanto un formicolio pungente sotto
pelle.
Mi rifiuto ancora di
ricambiarle lo sguardo, prima che la voglia di lanciarle a mia volta un
avvertimento con il mio talento prenda il sopravvento.
In uno scontro tra me
e lei sarebbe solo una questioni di frammenti di
secondi. Sarei più rapida io a creare una lama di vento attorno al suo collo e
farle saltare la testa, o lei a spedirmi dritta fra le fiamme dell’infermo con
un semplice battito di ciglia?
Come in risposta ai miei pensieri, Jane si concede un sorrisino
altezzoso, prima di voltarsi e volteggiare via.
Purtroppo lo sapevo.
Per quando io abbia
provato a non pensarci, a tenere la mente concentrata e su altro, era
inevitabile che accadesse.
Ho sete.
Sento il vitale
bisogno di una vena calda e del sapore inebriante del sangue umano che mi entri
in circolo e mi rianimi. Non ho solo la necessità di nutrirmi, so che una preda
animale non colmerebbe la necessità impellente che mi fa ardere dall’interno.
Per di più, c’è un altro
bisogno che devo colmare, e la colpa è della stessa persona.
Se ieri sera Demetri
non fosse venuto da me a tentarmi con l’aroma del suo ultimo pasto, forse non
avrei subito il brusco risveglio della mia sete. Sapevo che non potevo leccare
quella microscopica goccia cremisi dal suo collo, o che non dovevo lasciarmi
baciare e farmi scivolare dritto in gola il suo alito infuocato che sapeva
ancora di sangue.
E non dovevo lasciarlo
entrare nel mio letto, dopo, avrei dovuto tenere a freno le sue carezze ed
essere sorda alle sue promesse appena sussurrate. Non avrei dovuto lasciarmi abbindolare
dai suoi occhi che mi facevano perdere in un mondo proibito.
Ma c’è una cosa che so con assoluta
certezza, senza essere in grado di cambiarla.
Non posso stare lontana
da Demetri.
È come se fosse una
calamita, forse sono io il segugio e lui è l’obbiettivo
costante della mia caccia. O, forse, è sempre lui che ruota attorno a me come
un satellite ed io ho bisogno della sua ombra per non bruciare.
Mentre cammino per i
lunghi corridoi del palazzo, lasciando un ticchettio agitato a riecheggiare,
posso davvero focalizzare nella mia mente ciò che voglio.
Mi serve Demetri, la
sua complicità, il suo appoggio incondizionato. Mi serve che mi guardi e spenga
ogni voce nella mia testa con il suo sguardo ammaliante.
Se non c’è lui a
prendermi saldamente per mano e a condurmi dentro quella stanza, e a tenere le
sue dita intrecciate alle mie per tranquillizzarmi quando entrano le povere
vittimi, o a starmi accanto nel momento peggiore, non potrei farcela.
E, dopo che abbiamo
bevuto sangue caldo insieme fino a perdere il senso della ragione, voglio che
sia solo mio anche per tutta questa notte. Voglio che, dopo aver colmato la mia
sete, riempia anche quel fastidioso vuoto interiore che mi dilania il petto.
Solo con lui riesco a
non sentirmi smarrita.
Arrivo alla fine del
corridoio e sto per svoltare l’angolo e ritrovarmi nella sala d’attesa dove di
solito lavora una delle nostre assistenti umane, riordinando scartoffie e occupandosi
di noiose faccende burocratiche. Ho seguito la scia di Demetri fino a qui, e so
che ha l’abitudine di aspettare Heidi e il suo gruppo di prede direttamente
all’ingresso. Insieme con Felix, scortano tutti nella
sala dei Troni dove avviene il massacro, per assicurarsi che qualche curioso
non sfugga alla loro accompagnatrice e si perda in giro.
Sento una voce nuova,
ma so che Heidi non è ancora arrivata per cui mi incuriosisco.
Per precauzione, faccio in modo che l’aria presente scorra contro di me, per
evitare che il mio odore arrivi alle narici di Demetri. Ovviamente, se volesse sapere
dove mi trovo, non ci metterebbe molto a capire che sono così vicina, anche
senza l’aiuto del suo potere. Fortunatamente è distratto, e non ci vuole molto
a capire da cosa.
Faccio capolino con la testa da dietro
l’arco murato che separa le stanze, scorgendo la scrivania attorno cui sembrano
essersi appostati tutti.
Perfettamente a suo
aggio seduta dietro la scrivania, c’è una ragazza bionda dal viso d’angelo che
non ho mai visto. Ha gli occhi verdi e la pelle abbronzata, con
sul viso un ammiccante sorriso, ed è evidente cosa scatena la sua gioia.
Seduto sul piano di
lavoro, con una gamba sensualmente accavallata, c’è proprio Demetri,
completamente sporto verso la ragazza. Con una mano dalle dita affusolata le
sostiene il mento, ricambiando il suo sguardo con il suo classico sorriso affascinante
con cui sa far sciogliere ai suoi piedi ogni donna.
Felix, con un cipiglio
annoiato a stento trattenuto, è fermo in piedi vicino alla scrivania. La nostra
attuale segretaria, Amanda, è dietro la sedia della sua collega e sta
riordinando con fare frettoloso la libreria. Non penso che riuscirà a
trattenere per molto il proprio nervosismo, dato che
una nuova arrivata non significa nulla di buono per lei.
O forse, penso quando
vedo il modo in cui fulmina Demetri con lo sguardo, e solo gelosa per non
essere al centro delle attenzioni del ragazzo.
-Ma lo sai che hai
degli occhi incantevoli?- Sussurra Demetri, carezzando la guancia della
biondina.
Lei ride, ma io non lo
farei, considerato il modo in cui il vampiro deglutisce spostando lo sguardo
sulla sua giugulare in vista.
-E Giulia è proprio un
nome delizioso!- Continua, adulante.
Felix fa roteare gli
occhi e Amanda è alquanto stizzita.
A preoccupare me sono
le iridi nere con cui Demetri analizza la scollatura dell’incauta Giulia che,
dal modo in cui arrossisce per i complimenti, temo che non abbia ben chiare le
vere intenzioni di Demetri con lei.
Certo, prima di
dissanguarla se la porterebbe a letto per cui, a conti fatti, la
accontenterebbe davvero, ma è appena arrivata e non credo che i Volturi
vogliano già trovarsi una nuova assistente.
Magari è la fine che
potrebbe fare Amanda, così non dovrebbe essere gelosa della collega, e al tempo
stesso ci si liberebbe di lei senza farla troppo penare.
-Patetica!-
Corrugo la fronte al
sentire quella vocina odiosa e incredibilmente sicura. Volto piano la testa,
con ancora le dita ancorate alla colonna di marmo dell’arco, scorgendo il
ragazzetto che ha parlato.
Alec ha i capelli
castani chiari, leggermente lunghi e un viso pieno e armonioso come i putti
alati dei dipinti dell’epoca barocca. Le sue labbra sono rosso vivo esattamente
come gli occhi profondi.
-Quando lo capirai che
quel rincitrullito ha tutto per la testa fuorché te?-
Il suo è un sussurro
quasi inudibile, in sostanza gli leggo il labiale e credo che lo faccia apposta
per non farsi udire dai due vampiri nell’altra stanza.
-Lascialo
perdere, puoi
avere di meglio!-
-Non hai altro da
fere?- Soffio.
Lui scuote la testa.
-Ti fa credere di essere speciale, ma scommetto che lo dice a tutte!-
La risata squillante
di quella che dovrebbe chiamarsi Giulia mi fa tornare con lo sguardo sulla
scrivania su cui è ancora seduto Demetri, troppo impegnato a fare il cascamorto
per accorgersi di me.
-Se eri venuta a
cercarlo per farti accompagnare a cena, posso aiutarti anch’io se vuoi…-
-Non ho bisogno di
Demetri, né di te.- Sillabo, muta. -Grazie!-
-Si vede da come lo
guardi!- Sospira.
-Che cosa?-
Sorride, ma poi torna
serio. -Che sei davvero patetica!-
Alec ha un dono: è il
vampiro più antipatico che esista al mondo. Magari è per
questo che ha il potere di anestetizzare le persone.
Tuttavia, tra di noi
non c’è traccia della rivalità che ho con Jane. Ho imparato a conoscerlo e a
comprenderlo, come se fosse un fratellino fastidioso e pungente che non riesco
a odiare. Non so lui, ma posso dire di essermici affezionate, tutto sommato.
Torno a guardare
ancora una volta la mano di Demetri sul viso della bionda e lascio che un
sorriso mi tenda le labbra.
-Sai una cosa?-
Esclamo verso Alec, con un tono normale. -Hai ragione!-
Lui strabuzza gli
occhi, forse non è abituato a essere assecondato con tanta facilità, oppure è
rimasto stupito dalla mia scelta di farmi volutamente sentire.
Non perdo tempo,
scatto a un soffio da lui e gli stampo un bacetto sulla guancia. Alec mi guarda
storto e indietreggia, affrettandosi a strofinarsi la manica della maglia
contro la faccia, schifato.
Rido e mi dileguo,
facendo il mio ingresso nell’atrio.
Nell’istante stesso in
cui mi vede, Demetri balza in piedi. Dalla sua espressione dubbiosa comprendo
che ha intuito dove mi trovassi un secondo prima, e
magari adesso sente anche Alec, ma non credo stia facendo i giusti
collegamenti.
La sua mente sta
elaborando un unico pensiero, che mi è piuttosto chiaro. Mi guarda, prima
serio, poi avanza di un passo, sicuro delle mie intenzioni anche
se non ho ancora aperto bocca.
Sa perché sono venuta
a cercarlo, e niente potrebbe riempirlo di felicità come quando gli concedo di
portarmi a bere sangue umano con lui e gli altri. Sa che la goccia che mi ha
fatto leccare del suo collo mi ha reso accondiscendente, e il ghigno
soddisfatto che esibisce me lo conferma.
Mi porge elegantemente
la mano, incantandomi con uno dei suoi sguardi con cui riesce a farmi sentire
come se esistessimo solo noi due, e per un attimo è davvero così. Ha chiuso
fuori tutto, dimenticandosi completamente della biondina che ci sta fissando, accigliata.
I suoi occhi sono soltanto su di me, sono dentro di me, a rafforzare il tacito
invito della sua mano tesa.
È esattamente come il
nostro primo incontro, ed è sempre così. Mi offre la mano e mi
invita a fidarmi, ad abbandonarmi, ed ogni volta che l’ho fatto ha
davvero mantenuto le promesse e mi ha resa felice.
E ogni volta che ho
rifiutato, ho imparato a essere più forte anche senza di lui.
Sono certa che si stia
già pregustando il momento in cui berremo insieme, e soprattutto il dopo, confidando
in un’altra notte intera trascorsa sotto le stesse lenzuola con me.
Ma io non batto ciglio, e la sua mano
rimane sospesa tra noi.
Le porte
dell’ascensore si aprono con un trillo di campanello e rivelano l’arrivo di
Heidi, bella come sempre. Sorride amabilmente alle due segretarie e si sposta
verso una porta nascosta, aprendola per permettere al corteo di una quindicina
di persona di scendere la scala secondaria e fare il
loro ingresso.
Io e Demetri ci stiamo
ancora guardando negli occhi e, anche quando il corteo di umani ci passa in
mezzo, lui non vi presta attenzione e rimane concentrato su di me. Nonostante
la gonna striminzita di Heidi e nonostante il modo in cui si anneriscono
maggiormente le sue iridi dopo il flusso di sangue caldo che gli è passato
sotto il naso, la sua mano è ancora tesa.
Quando il gruppetto è
stato scortato via da Heidi, con Felix che li segue, poso lo sguardo sul palmo
all’insù della mano di Demetri e batto le palpebre con indifferenza.
Senza dire nulla mi
volto e raggiungo l’ascensore, premo il pulsante ed entro nella cabina dopo l’apertura
delle porte. La mia caccia di piccoli roditori mi aspetta e, per quando
riguarda Demetri, credo che sopravvivrà benissimo anche senza di me.
Decido di girarmi, con
calma, dando le spalle allo specchio dell’ascensore.
L’ultima cosa che vedo
prima che le porte si richiudano sono gli occhi fiammeggianti e i denti
spaventosamente scoperti sul volto Demetri, i cui lineamenti appaiono
orribilmente deturpati dalla rabbia.
Continua...
Ciao a tutti, come promesso,
hanno fatto il loro ingresso in scena anche gli altri
personaggi noti della Guardia, ovvero i gemelli stregati e Felix!
Cosa ne pensate? Vi piace
il modo in cui sono rappresentati i personaggi?
E la trama? E i protagonisti?
Fatemelo spero, mi
piacerebbe tanto ricevere qualche commento con le vostre impressioni!
Bacioni!