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Autore: afiree_love    07/01/2016    1 recensioni
Irene è una ragazza come tante: adora passare del tempo con i suoi amici, ascoltare musica, guardare telefilm e correre. La sua vita,però, ha un totale cambiamento quando i suoi genitori decidono di trasferirsi in America, paese completamente diverso dall'Italia. Irene è costretta a cominciare una nuova vita e ad abbandonare il suo migliore amico Gabriele. Riuscirà a trovare la felicità lontana da lui?
Questa è la prima storia che scrivo, spero di non essere troppo ridicola :)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Oggi è il grande giorno. La sveglia suona alle sette e riesco ad alzarmi subito perché non ho dormito quasi per niente, troppa era l'ansia. Vado in bagno a lavarmi e una volta uscita decido di indossare dei jeans stretti e una semplice maglietta di colore rosso bordeaux; lascio i lunghi capelli sciolti e scendo in cucina per fare colazione. Vedo mia madre intenta a preparare il caffè e papà legge il giornale seduto sulla sua poltrona. Saluto tutti e due e mi rispondono con un caloroso "Buongiorno". Sanno che sono ansiosa e quindi cercano in tutti i modi di rendermi le cose più facili. Aspetto che il caffè sia pronto e dopo averlo bevuto esco di casa, salutando i miei e ricevendo un "in bocca al lupo" da entrambi. Vado verso la fermata e aspetto che arrivi l'autobus; quando salgo ci sono abbastanza posti liberi e decido di sedermi vicino al finestrino. Per fortuna ho già fatto il percorso che porta alla scuola, così non ho problemi a capire dove devo fermarmi. Una volta scesa dall'autobus sono pervasa da un senso di ansia assoluta; non so dove andare, non so cosa fare, non so a chi chiedere informazioni. L'unica persona che sarebbe in grado di rassicurarmi è Gabriele ma è troppo lontano da me. Decido di chiamarlo anche se non so se mi risponderà a causa del fuso orario; anche se, secondo i miei calcoli, in Italia dovrebbero essere le cinque del pomeriggio. Dopo il terzo squillo continuo a sperare che rispondi, incrociando le dita. "Ehi Irene" finalmente risponde alla mia chiamata ed io non potrei essere più felice. "Gabriele, ho bisogno di te!" Gli rivelo subito la mia ansia, chiedendogli disperatamente aiuto. Non so se riuscirò ad affrontare questa giornata. "Irene, tranquilla. Andrà tutto bene, sei una ragazza intelligente e simpatica; conquisterai tutti." Rido alla sua affermazione, per nulla vera e sono felice perché si è ricordato che oggi è il mio primo giorno di scuola e quindi sa quello che sto provando ora. "Grazie, basta una tua sola frase e le cose non sembrano essere così male." Gli dico quello che penso perché è la verità; è sempre stato capace di rassicurarmi. Sento il suono di una campanella e vedo tutti i ragazzi entrare nella scuola, ma ora non mi interessa fare tardi; vorrei solo continuare a parlare con Gabriele. A quanto pare anche lui ha sentito la campanella perché mi dice: "É meglio che vai, non voglio che tu sia in ritardo anche il tuo primo giorno di scuola." Comincio a ridere e ripenso a tutte le volte che sono arrivata in ritardo nella nostra vecchia scuola, praticamente anche i professori sapevano che non sarei mai arrivata puntuale. "Hai ragione, è meglio che entri. Grazie Gabri, sei riuscito ancora una volta a tirarmi su il morale. Ti voglio bene." Sorridendo aspetto una sua risposta che tarda un po' ad arrivare: "Anche io ti voglio bene, non sai quanto." Subito dopo queste parole chiude la chiamata e io rimango sorpresa dalla sua frase e dal suo tono di voce. Era come se stesse soffrendo. Decido di mettere da parte Gabriele e di pensare più tardi a quello che ha detto; mi faccio forza ed entro in quella che d'ora in poi sarà la mia scuola. Soltanto dall'ingresso capisco che questa è una scuola completamente diversa da quella a cui ero abituata, a partire dalla presenza degli armadietti, uguali a quelli che si vedono nei film. Vedo gente che si reca subito verso il proprio armadietto ed io osservo tutti, cercando di individuare qualcuno a cui poter chiedere informazioni su dove trovare la segreteria. Comincio a camminare verso gli armadietti e vedo una ragazza con un cappello nero e dei pantaloni strappati che sta usando il telefono tutta sola, quindi ne approfitto per parlare con lei "Ciao, scusa se ti disturbo, ma posso farti una domanda?" La ragazza alza lo sguardo e mi rivolge un sorriso bellissimo rispondendomi: "Dimmi pure." "Puoi dirmi dov'è la segreteria?" "Certo, se vuoi posso accompagnarti!" Rimango sorpresa dalla sua gentilezza e accetto la sua offerta: "Sarebbe davvero stupendo, grazie." Le sorrido e la seguo ad ogni suo passo. "Sei nuova?" Mi chiede la ragazza mentre camminiamo. "Sì, mi sono trasferita qui da poco." "Sei straniera, vero?" Cavolo, il mio inglese deve essere un vero schifo, è riuscita a capire subito che non sono americana. Avrei preferito confondermi tra la massa di ragazzi americani, invece ora verrò etichettata come la ragazza straniera con un accento strano. "Sì, sono italiana. È così evidente?" "Wow italiana. Ho sempre desiderato visitare l'Italia e l'Europa in generale!" La ragazza si volta e mi guarda con gli occhi pieni di gioia e mi porge una sua mano "Comunque io sono Sarah, scritto con l'h finale." Stringo la sua mano con la mia e rispondo sorridendo: "Piacere Sarah con l'h finale, io sono Irene." Dopo aver camminato un po' e aver memorizzato la strada, giungiamo davanti alla segreteria e Sarah mi dice: "Io ora vado a lezione, magari ci vediamo in giro." "Sì, grazie mille per avermi aiutato. Da sola non sarei mai arrivata qui." Sarah ride alle mie parole e mi saluta con un cenno della mano. Bene, se tutte le persone di quella scuola sono gentili come Sarah potrebbe anche piacermi restare qui. Dopo aver preso il mio piano di lezioni e la combinazione del mio armadietto (non posso ancora credere che ora ho un armadietto tutto mio), capisco che le mie lezioni cominciano un'ora più tardi rispetto agli altri e vado verso il mio armadietto, così da poter mettere i libri che oggi non mi serviranno. Quando arrivo nel corridoio degli armadietti vedo che non c'è nessuno a parte un ragazzo che sta cercando di aprirne uno ma senza successo. "Dannazione!" Sento il ragazzo imprecare perché l'armadietto non vuole proprio aprirsi e spero che non succeda lo stesso a me, ho sempre avuto problemi con qualsiasi tipo di combinazione. Controllo quale sia il mio armadietto ed ora comprendo perché il ragazzo sconosciuto non riesca ad aprirlo: quello è il mio. "Credo che non riuscirai mai ad aprirlo." Dico, sorridendo divertita dalla strana situazione in cui mi trovo. Il ragazzo toglie lo sguardo dall'armadietto e lo rivolge a me. Io rimango completamente incantata, penso di non aver mai visto un ragazzo così bello: occhi azzurri, capelli corti sul biondo, alto e muscoloso. Mi guarda con un'espressione stupita e mi regala un sorriso; troppo bello per essere vero. Per caso è un dio? "Ah si? E perché?" Cosa? Anche la sua voce è perfetta. Continuo a fissarlo, cercando di trovare le parole giuste per potergli rispondere. Mi ricompongo ed indicando l'armadietto gli dico: "Perché quello è mio e la tua combinazione non va bene." Wow, non so come sono riuscita a comporre una frase di senso compiuto. Torno a guardare il ragazzo aspettando di vedermi un'espressione arrabbiata o almeno scocciata, ma scopro con molta sorpresa che il ragazzo continua a sorridere. "Hai ragione. Questo è sempre stato il mio armadietto, ma evidentemente hanno cambiato le cose." Sorrido e mi fa piacere sapere che prima era il suo armadietto. Sento il suono della campanella e torno alla realtà: è l'ora della mia prima lezione. Gli alunni cominciano ad uscire dalle aule e il dio di fronte a me si allontana dal famoso armadietto dicendomi: "Ci vediamo in giro." A quanto pare è una frase usata dagli americani e io non riesco a rispondergli visto che se ne va dandomi le spalle. D'accordo, se i ragazzi sono tutti così belli e le ragazze così gentili, questa scuola potrà davvero piacermi.
   
 
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