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Autore: TimeFlies    08/01/2016    5 recensioni
Scarlett, diciassette anni appena compiuti e un segreto piuttosto scomodo da nascondere, non potrebbe essere più felice di stare nella sua adorata ombra, lontana da sguardi indiscreti e da problemi presenti e passati che non vuole affrontare.
Adam, riflessivo eppure anche avventato, ha sempre avuto un'innata curiosità e una gran voglia di sapere.
Quando vede Scarlett per la prima volta non riesce a fare a meno di sentirsi attratto dall'aura di mistero che la circonda. Vuole conoscerla, svelare ciò che si nasconde dietro quella facciata di acidità e vecchi rancori.
Tutti i tentativi della ragazza di allontanarlo da sé finiranno per avvicinarli ancora di più portandoli dritti ad un preannunciato disastro. O forse no, perché nei momenti di difficoltà possono nascere le alleanze più impensate, soprannaturale e umano possono trovare un punto d'incontro.
E quando il pericolo si avvicina, l'unica cosa che vuoi è avere qualcuno al tuo fianco. Poco importa se solo poco prima eravate perfetti sconosciuti, se lui è entrato nella tua vita con la grazia di un uragano, se non volevi niente del genere.
A volte, un diciassettenne un po' troppo insistente è tutto ciò che hai, è la tua unica speranza. E tu la sua.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Under a Paper Moon- capitolo 17





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17. Scarlett

Mi stavo odiando da morire in quel momento. Mi stavo odiando per aver accettato di andare ad un'uscita a quattro con Elisabeth e Adam. E James. Mi stavo odiando per essermi seduta accanto a lui. Mi stavo odiando per non aver protestato di più. Ma, soprattutto, mi stavo odiando perché una parte di me era ansiosa di provare com’era baciarlo.
Per questo ci doveva essere una sola spiegazione: ero impazzita. Completamente impazzita. Da ricovero.
I suoi occhi blu si spostarono su di me e sembravano decisamente sorpresi. Fece per dire qualcosa, probabilmente un altro tentativo di fermare quella follia, ma non gli diedi tempo di farlo: mi allungai verso di lui e premetti le labbra sulle sue stando attenta a mantenerle ben strette.
Lo sentii sussultare, sorpreso, ma non si ritrasse. Eppure speravo che almeno lui avesse un briciolo di buon senso che lo portasse a fermare tutto quello. Invece anche lui sembrava troppo confuso per fare qualcosa di costruttivo.
Nonostante tutto, stava andando abbastanza bene, per modo di dire: ci stavamo limitando ad un semplice bacio a stampo, di quelli che non valgono nulla, quelli che consideri importanti quando hai dieci anni ma che poi cominci a trovare quasi ridicoli anche se li ricordi comunque con una certa nostalgia.
Poi uno di noi due ebbe la brillante idea di provare a schiudere le labbra dell'altro, che non si fece problemi ad assecondarlo. Così mi ritrovai a baciarlo sul serio, con la sua bocca che si modellava sulla mia e il suo respiro che era diventato anche mio, che era diventato nostro. L’idea di condividere qualcosa con lui mi mandò ancora più in confusione, tanto che per un attimo gli lasciai prendere il controllo: fino a quel momento avevo fatto di tutto per mantenermi distaccata, per non farmi coinvolgere e per non far trasparire nessuna emozione.
Adesso invece mi ritrovai a dover soffocare sia una specie di calore che mi stava nascendo all’altezza dello stomaco sia il desiderio di infilargli le dita tra i capelli per tirarlo più vicino a me. Sembrava che fosse lo stesso anche per lui, però, perché sentii la sua mano scivolare verso la mia finché le nostre dita non si sfiorarono. Grazie al cielo si fermò lì, probabilmente perché si rese conto che ci stavamo cacciando entrambi in un guaio enorme: c’erano buone possibilità che Beth ci uccidesse visto che sembravamo, e devo ammettere che lo eravamo davvero, piuttosto presi da quel dannatissimo bacio che non sarebbe mai dovuto esistere.
Non ci avevo prestato molta attenzione, ma mi sembrava di ricordare che i baci che si erano dati gli altri fossero durati molto meno del nostro. E questo voleva dire che stavamo combinando un grossissimo guaio proprio di fronte a Beth e James. In effetti, ci stavamo rovinando con le nostre mani, ma nessuno di noi due sembrava intenzionato a fare qualcosa per risolvere quella scomodissima questione. 
Quando, dopo quella che mi sembrò un’eternità, mi allontanai da lui, rimanemmo a guardarci negli occhi per qualche secondo, come se fossimo stati troppo coinvolti per rompere quel contatto visivo o anche solo per guardarci intorno e capire quanti danni avevamo fatto.
Adam aveva le labbra appena arrossate, ed ero certa che anche le mie fossero così. Un altro segnale del fatto che avevamo esagerato. Sentii a malapena l’applauso che fecero gli amici mezzi andati di Cindy, ma sembrò avere un effetto diverso su di lui: sbatté le palpebre e distolse lo sguardo riportandolo sul tavolo.
Mi affrettai a fare lo stesso sentendomi quasi colpevole. E, in effetti, un po’ lo ero.

Qualcuno si decise, finalmente, a mettere fine a quello stupido gioco e andare a ballare. Sinceramente, avrei preferito nascondermi in bagno e sperare di sprofondare, ma dovetti accantonare quel piano.
Elisabeth aveva bevuto un bel po’ dopo il mio bacio con Adam, come se avesse voluto pensare ad altro. Non potevo darle torto, però continuavo a pensare che avrebbe combinato un casino. Anche Adam aveva bevuto e questa volta non si era mantenuto molto sul leggero, il che raddoppiava il rischio che si creassero situazioni di tensione.
Sorprendendomi, James mi prese per mano e abbozzò un piccolo sorriso. «Ti va di ballare?»
Da qualche parte trovai il coraggio di guardarlo negli occhi. «Sul serio?»
Si strinse nelle spalle. «Sì. Insomma, perché no?»
Scossi appena la testa sentendo un sorriso incerto farsi strada sul mio viso. «Hai ragione. Andiamo.»
Trovammo, per puro miracolo, un angolo libero sulla pista da ballo. Con una sicurezza che non potei fare a meno di trovare un pochino strana per lui, James mi tirò verso di sé e posò le mani sui miei fianchi. Come aveva fatto Adam. Cercando di non pensare a quello che era successo al compleanno di Selena, misi le mie sulle sue spalle e provai a fare un sorriso degno di questo nome.
«Allora… Come va?» Chiese James osservandomi.
«Uh… Bene.» Riposi esitante. «Tu?»
«È okay.» Replicò con voce misurata.
«Senti… Per quello che è successo prima, ecco… Io non volevo, voglio dire…» Cominciai. Era più difficile del previsto mettere insieme una frase sensata che non mi facesse passare per la sadica di turno.
«Non dobbiamo parlarne.» Disse lui. «Cioè, non c’è niente di cui parlare. Sarebbe potuto succedere a me. In fondo, era solo un gioco.»
“Già… Solo un gioco…”, pensai poco convinta. «Mi fa piacere che la pensi così. Credevo di aver combinato un casino.»
«Ma no.» Ribatté con un sorriso. «Insomma, mi sembra stupido farne una tragedia. Non è niente di così importante, giusto?»
Annuii anche se non ero sicura che sarebbe stato così facile. Mentre io e James ci muovevamo lentamente fingendo di seguire la musica, mi guardai intorno distrattamente cercando di sfuggire da quell'insistente vocina nella mia mente che sembrava decisa a farmi venire i sensi di colpa.
Dovevo ammettere che quando c’era stato Adam così vicino a me, non ero riuscita a pensare ad altro, a distogliere l’attenzione da lui e dalle sue parole. Probabilmente perché l’istinto mi diceva di tenere alta la guardia, di non lasciargli prendere il controllo della situazione. Con James era diverso, con lui non mi serviva stare sempre in tensione perché lui non aveva idea di cosa fossi davvero, non sapeva che dentro di me si nascondeva qualcosa di pericoloso.
Rimasi quasi a bocca aperta quando vidi Adam ed Elisabeth, stretti l’uno all’altra, appena dietro me e James. Avevano entrambi gli occhi chiusi e si stavano baciando in un modo decisamente poco discreto. Le mani di lui scivolavano sulla schiena di Beth seguendo la spina dorsale dall’alto verso il basso e viceversa; le dita di lei, invece, giocherellavano con il colletto della sua camicia, gli sfioravano il collo, si infilavano tra i suoi capelli...
 Mi costrinsi a distogliere lo sguardo mentre risentivo le labbra di Adam sulle mie, la sensazione di averlo così vicino eppure così lontano.
«Va tutto bene?» Domandò James guardandomi con aria preoccupata.
Annuii sperando di essere credibile. «Sì, c-certo.»
Lui aggrottò le fronte, poco convinto, e si lanciò un’occhiata alle spalle: evidentemente aveva notato che c’era qualcosa dietro di lui.
Quando tornò a voltarsi verso di me, aveva le labbra strette e sembrava in imbarazzo. «Fanno sul serio, eh?»
Feci cennò di sì senza guardarlo. «Già. Molto sul serio.»
“Perché non riesco a fare a meno di pensare che andrà male?”, mi chiesi combattuta: sarei dovuta essere felice per Beth e per come stava procedendo la sua relazione; invece continuavo ad avere un brutto presentimento non solo su di lei, ma anche su di me.
Forse stavo diventando un po’ paranoica con tutto quello stress dovuto all’insistenza di Adam nel volermi conoscere e ai brutti voti in matematica. Sì, doveva essere così: insomma, non ero mica una veggente, come potevo anche solo pensare che la storia tra Beth ed Adam sarebbe stato un disastro? E poi, loro due sembravano andare così d'accordo, Beth era innamorata persa e lui... beh, lui non pareva coinvolto fino a quel punto, però c'era comunque attrazione. Ma sarebbe bastata a mantenere in piedi una relazione? 

Sembrava che il suo essere quasi etereo fosse scomparso di colpo lasciando che il suo lato imperfetto e immaturo venisse fuori. Questa era la visione più filosofica, la realtà era che si era preso una sbronza con Elisabeth e ora ne stava pagando gli effetti.
Mal di testa, voglia di dormire per anni, occhiaie… Chi l’avrebbe mai detto che anche lui, il ragazzo dagli occhi blu e i lineamenti raffinati, si sarebbe ubriacato e ne avrebbe subito i postumi?
La settimana precedente gli avevo chiesto di spostare la lezione al lunedì perché James mi aveva chiesto di andare con lui al cinema mercoledì e, sinceramente, preferivo una commedia romantica banale ai limiti del sopportabile piuttosto che la matematica. Adam aveva accettato senza problemi, anche perché non poteva immaginare che avrebbe esagerato con l’alcol proprio il giorno prima.
Incrociai le braccia al petto e appoggiai la schiena alla sedia. «Direi che con questo siamo pari.»
«Eh?» Chiese in un mugolio smorzato.
Se ne stava praticamente mezzo disteso sul tavolo della sua casa nel bosco, con il viso sepolto tra le braccia; sembrava quasi addormentato. Da un certo punto di vista, era strano vederlo con le difese completamente abbassate, senza più quell’aria infallibile: ero abituata a un Adam capace di lasciarmi senza parole, di tenermi testa, adesso, invece, ero io quella che teneva le redini della situazione.
«Tu mi hai vista ubriaca, e adesso anch’io ti ho visto ubriaco.» Spiegai.
«Non sono ubriaco.» Protestò senza tanta convinzione.
«No, ma meno di ventiquattr’ore fa lo eri. E io ero presente.» Gli feci notare. «In più anche la mia migliore amica si è presa una bella sbronza. E voi due vi siete divertiti parecchio dopo il gioco della bottiglia. Sinceramente, non so dire quante persone vi abbiano suggerito di prendervi una camera.»
La sua risposta fu un gemito a metà tra il frustrato e l’esasperato.
A dirla tutta non avrei voluto essere così acida, né rammentargli i dettagli che sarebbe stato meglio dimenticare, solo che non riuscivo a non sentirmi un pochino ferita dal fatto che si fosse ubriacato proprio la sera in cui ci eravamo baciati, come se avesse voluto cancellare quel ricordo finché era fresco nella sua mente.
Certo, sapevo che era stato solo uno stupido gioco senza valore, però ero comunque tentata di chiedergli spiegazioni riguardo la sua voglia improvvisa di assaggiare tutti gli alcolici del locale.
«Vuoi un’aspirina?» Chiesi addolcendo la voce.
Sollevò il viso e mi guardò con quei suoi occhi color tempesta. «Ce l’hai?»
Il suo tono era speranzoso, come se gli avessi offerto dell’acqua dopo che aveva passato settimane nel deserto. Mi presi un attimo per osservarlo anche se la parte razionale di me continuava a ripetere che non avrei dovuto farlo: era pallido, aveva due ombre scure sotto gli occhi, i capelli arruffati, l’aria di uno che non dorme da mesi. Nonostante questo, c’era qualcosa in lui che lo rendeva comunque affascinante, a modo suo.
Annuii ritrovandomi a sperare di rassicurarlo. «Sì. Sai, il post-plenilunio è molto simile ai postumi di una sbronza quindi…»
Lasciai la frase in sospeso mentre mi allungavo verso lo zaino per prendere le pasticche. Ne feci scivolare una davanti a lui, che la guardò con aria pensierosa.
«Ti prendo un po’ d’acqua, mmh?» Aggiunsi.
Senza aspettare una risposta, mi alzai, presi un bicchiere dalla credenza e lo riempii per metà con l’acqua del rubinetto prima di posarlo sul tavolo di fronte a lui. Tornai al mio posto e incrociai di nuovo le braccia al petto.
«Grazie Scarlett.» Mormorò con voce roca.
Scrollai le spalle. «Mi hai riportata a casa sana e salva dalla festa di tua cugina, ti sto solo restituendo il favore.»
Mi lanciò un’occhiata mentre prendeva il bicchiere. Mi mordicchiai il labbro e distolsi lo sguardo come a volergli lasciare un po’ di tranquillità. Me ne resi conto all’improvviso, anche se probabilmente andava avanti da un bel po’: non mi dava più fastidio stare sola con lui. Tendevo ancora ad essere piuttosto sospettosa, ma non tanto quanto i primi tempi.
Lo sentii posare il bicchiere sul tavolo e sospirare. «Non avrei dovuto farlo.»
Tornai a guardarlo, incuriosita. «Non è stata un grande idea, in effetti.»
Scosse la testa fissando qualcosa all’altezza del tavolo. «Non volevo pensare… Ad essere sincero non lo so perché. Ma ho fatto un’idiozia.»
Lo capivo benissimo, era esattamente quello che avevo fatto io alla festa di Selena. Forse non eravamo poi così diversi, forse un punto d’incontro era possibile.
«Hai diciassette anni, non puoi pretendere di fare tutte le scelte giuste o di avere tutto sotto controllo. Insomma, tutti gli adolescenti fanno stupidaggini.» Anche tu che sembri superiore a tutto questo, aggiunsi mentalmente.
«Lo so, lo so… Ma non è da me. Neanche mi piace bere.» Replicò passandosi una mano tra i capelli.
Mi lasciai sfuggire un sorriso amaro. «Allora il nostro bacio deve proprio averti traumatizzato.»
Spalancò gli occhi e mi guardò, incredulo. «Cosa?»
Abbassai lo sguardo, di nuovo sulla difensiva. «Niente. Dimenticalo.»
«È quello che mi chiedi sempre. Dimenticare.» La sua voce era incredibilmente calma. «Come se potessi farlo.»
«Se tu lo volessi davvero, potresti. Potresti lasciarti tutto alle spalle.» Insistetti.
«Scarlett, guardami.» La sua richiesta mi sorprese, ma mi ritrovai ad accontentarlo.
Il suo sguardo non era severo o arrabbiato come mi aspettavo, era intenso, quasi… bruciante. «Non posso e non voglio dimenticare. E no, il nostro bacio non è stato traumatizzante. Inaspettato sì, ma non orribile quanto credi tu.»
«E allora com’è stato?» Mi sentii chiedere. Quasi contemporaneamente mi venne voglia di mordermi la lingua.
«Odierai qualunque risposta darò, lo sai anche tu.» Replicò. «È inutile anche solo provarci.»
Dovetti ammettere che aveva ragione. «Forse. Ma ho baciato il ragazzo della mia migliore amica e adesso sono da sola con lui: non è una bella situazione.»
Continuava a guardarmi con una certa insistenza. «Stai esagerando, non è niente di così importante.»
«C’erano la tua ragazza e il mio ragazzo.» Ribattei.
Si strinse nelle spalle. «È stato solo un bacio.»
“Oh, certo, solo un bacio. Come se bastasse sminuirlo così per smettere di pensarci”, mi dissi. Forse ci stavo pensando troppo io o forse lo stava sottovalutando lui. In entrambi i casi, qualcosa mi diceva che sarei finita nei guai.
«Sembra che tu voglia evitare di parlarne.» Commentai ricambiando l’occhiata.
«Non c’è niente di cui parlare. Ci siamo baciati, è stato strano, ma ora è finita.» Disse prima di mordersi il labbro.
«Quindi è così che è stato per te? Strano?» Domandai cauta.
Distolse lo sguardo. «Andiamo, ho baciato un licantropo: tanto normale non è.» Esitò per un attimo, come se stesse scegliendo le parole giuste. «In fondo, però, non è stato tanto male. Tu che mi dici, invece? Com’è stato per te?»
Mi infilai una ciocca di capelli dietro l’orecchio: avevo sperato fino all’ultimo di evitare quella domanda. Evidentemente, però, non era servito a nulla. «Uh… Beh, è stato…» Stranamente piacevole? No, non potevo dirlo. Alzai il mento in segno di sfida. «Ho provato di meglio.»
Un sorriso sorpreso e divertito si fece spazio sulle sue labbra. «Qualcosa mi dice che stai mentendo.»
«Il tuo ego smisurato forse?» Domandai evitando di incrociare il suo sguardo.
Scosse la testa senza perdere quell’accenno di sorriso. «Non mi stai guardando negli occhi: chi mente evita il contatto visivo. Pensavo che un’appassionata di telefilm polizieschi lo sapesse.»
Quell’aspirina aveva fatto effetto troppo in fretta per i miei gusti. «Non è sempre vero… E poi dovresti accettare la dura realtà delle cose invece di cercare scuse.» Mi decisi a sollevare lo sguardo su di lui. «Rassegnati, non è stato un bacio memorabile.»
Contrariamente a tutte le mie aspettative, si mise a ridere. E questo sembrò cancellare ogni segno di stanchezza dal suo viso. Improvvisamente, capii un po’ meglio perché Elisabeth era così cotta di lui: quel bastardo con gli occhi blu era tremendamente carino quando rideva.
«Falla finita.» Borbottai aggrottando la fronte. «Non c’è niente di divertente.»
«Qualcosa c’è invece. Insomma, stai facendo di tutto pur di non rispondermi con sincerità. E posso immaginare perché.» Rispose osservandomi. «Ma adesso abbiamo altro da fare, mmh?»
«Intendi matematica?» Chiesi non del tutto convinta da quel cambio d’argomento così improvviso.
«Siamo qui per questo, no?» Mi fece notare inarcando un sopracciglio.
Abbassai lo sguardo: non avevo voglia di mettermi a fare calcoli, equazioni e simili. Per niente. Quasi preferivo continuare a discutere con Adam riguardo quello stupido bacio. «Se proprio dobbiamo…»
Lui mi fece un sorriso strano, non divertito o sarcastico, ma quasi rassicurante, come se avesse voluto dire che era come me in tutto quel casino di formule e regole, che mi avrebbe aiutata ad uscirne.

Dovevo ammettere che mi sentii piuttosto soddisfatta di me quando finii di scrivere l’esercizio alla lavagna. Soprattutto perché ero abbastanza sicura che fosse tutto corretto. La professoressa Smith mi aveva mandata a correggere una disequazione di secondo grado: come al solito, mi aveva scelta come vittima sacrificale per mostrare alla classe un esempio da non seguire. Non poteva immaginare che, per una volta, l’avrei contraddetta.
Posai il gesso e feci un passo indietro guardando la prof, come sfidandola a trovare un errore in ciò che avevo scritto. Lei aveva gli occhi socchiusi dietro le lenti spesse degli occhiali e scrutava la lavagna con aria critica.
Non era un esercizio facile, avevo dovuto rifarlo tre volte, con Adam che mi spiegava ogni passaggio dimostrando una pazienza incredibile, prima di riuscire a risolverlo nel modo giusto. Ma ce l’avevo fatta, e l’importare era questo: finalmente, stavo cominciando a capire come funzionava quello strano miscuglio di lettere e numeri.
«È corretto.» Concesse infine l’insegnante arricciando le labbra in un una smorfia contrariata, come se avesse assaggiato qualcosa di aspro. «Era ora che tu ti dessi da fare.» Aggiunse lanciandomi un’occhiata di sufficienza.
Le feci un cenno d’assenso prima di tornare al mio posto. Non riuscii a trattenere un sorriso soddisfatto mentre mi sedevo: stavo cominciando a prendermi la mia rivincita su quella strega mascherata da professoressa che si era divertita a vedermi sbagliare per anni. Buona parte del merito era di Adam, non avevo problemi ad ammetterlo, ma c’era anche del mio.

Aver dimostrato alla Smith che mi stavo impegnando sul serio per recuperare mi aveva messa di buon umore e non era una cosa che capitava spesso, soprattutto non quando si trattava di matematica.
Quando finirono le lezioni mi sentivo stranamente felice e quasi desiderosa di condividere con qualcuno quel mio primo successo. Beth magari, oppure James. Invece la persona che mi trovai davanti e che mi fece venire voglia di parlargli fu Adam. Per una volta, però, non mi sembrò poi tanto strano: in fondo, senza di lui sarei rimasta al punto di partenza.
Stava camminando lungo il corridoio mentre parlava al telefono. Aveva l’espressione pensierosa e annuiva di tanto in tanto. Indossava dei jeans scuri e una camicia a quadri blu e rossi. Mi soffermai un attimo a guardarlo senza averlo deciso in precedenza: stavo davvero pensando che quei colori gli stavano bene? Non era da me. Sospirai, cercando di non pensare a tutte quelle contraddizioni, e mi avvicinai ad Adam proprio mentre si stava rimettendo il cellulare in tasca.
Sollevò lo sguardo e, quando mi vide, un’espressione sorpresa gli attraversò il viso. «Scarlett.» Mormorò osservandomi incuriosito.
Qualcosa che assomigliava pericolosamente all’imbarazzo cominciò a farsi strada dentro di me. «Ehi.»
«Come mai sei qui?» Domandò.
«Uh, ecco, volevo dirti una cosa.» Risposi guardando con finto interesse il pavimento.
Si passò una mano tra i capelli. «Cosa?»
Mi schiarii la gola. «La prof mi ha mandato alla lavagna oggi, per fare quell’esercizio… il 312, quello che abbiamo rifatto tre volte.»
Annuì continuando a guardarmi. «Sì, mi ricordo quale. Allora, com’è andata?»
Sentii un sorriso spontaneo nascermi sulle labbra. «Bene. Sì, insomma, la Smith ha detto solo che era corretto, però è andata bene.»
Mi sorrise anche lui, ed era di nuovo rassicurante. «Vuol dire che le lezioni stanno funzionando.»
Mi infilai una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Sì, sembra proprio di sì.»
«Mi fa piacere.» Replicò lui inclinando appena la testa di lato.
Sollevai lo sguardo su di lui e incrociai i suoi occhi blu ancora tempestosi, ancora profondi ed intensi. L’avevo notato già prima, ma tornai a meravigliarmi delle pagliuzze dorate nelle sue iridi che rendevano il blu più brillante. Mi sembrava quasi impossibile che occhi del genere potessero essere umani. Improvvisamente mi ritrovai a pensare che avrei potuto passare ore a guardarli, a studiarne ogni sfumatura. 
Tossicchiai, imbarazzata dalla mia stessa mente. «Uhm… Con Beth come va? Voglio dire, dopo quello che è successo l’altra sera ci sono stati… problemi?»
Strinse le labbra per un attimo. «Non saprei. Nel senso, mi sembra più fredda, più distante, ma forse è solo una mia impressione o è solo qualcosa di temporaneo, non lo so.»
Per una volta non scattai subito a difendere Beth: avevo baciato il suo ragazzo proprio sotto i suoi occhi solo pochi giorni prima, non potevo pretendere che fosse tutto a posto, che tutto fosse tornato alla normalità.
«Sì, forse sì. Non è una situazione facile.» Mormorai.
«Già…» Convenne con un sospiro. «Tu con James? Come va?»
«Bene. Non sembra molto turbato da quello che è successo. A volte è un po’ lunatico, però.» Risposi.
I suoi occhi si illuminarono quando pronunciai l’ultima frase, e vidi un accenno di sorriso sfiorargli le labbra. «Ah sì?»
Intuii che si riferiva al mio vizio di cambiare umore ogni cinque secondi, ma, per una volta, non mi feci prendere dalla rabbia. «Un po’. Ma per il resto è tutto okay.»
«Bene.» Commentò prima di mordicchiarsi il labbro.
“Vuoi rimanere qui tutto il giorno?”, chiese una vocina nella mia mente. Distolsi lo sguardo sperando di riuscire a non combinare niente di imbarazzante. «Io adesso devo andare…»
Un’espressione sorpresa gli attraversò il viso, ma fu solo per un attimo, così breve che quasi pensai di essermela immaginata. «Oh, sì. Anch’io devo andare. Ci vediamo mercoledì.»
Sentii un sorriso spontaneo nascermi sulle labbra mentre annuivo. «A mercoledì allora.»
Dopo un attimo di incertezza, mi fece un piccolo sorriso anche lui. E io mi ritrovai a pensare che forse potevamo mettere da parte le nostre divergenze, che forse avere qualcuno che conosceva il mio segreto non era così tragico come avevo pensato fino a quel momento. Forse potevamo trovare un punto d’incontro.



SPAZIO AUTRICE: Ehilà :3
Per prima cosa, buon anno! (di nuovo in ritardo, ma pazienza)
Innanzitutto, voglio chiarire una cosa riguardo James: lui è il ragazzo con cui Scarlett parla in discoteca nel capitolo 5, ricordate? Suo fratello è in una band e lui fa il chitarrista di riserva. Mi rendo conto che, visto che in nessuno dei capitoli seguenti sia stato citato, è normale che ci si "dimentichi" di lui. Nell'editare -si dice così?- i capitoli da pubblicare, ho eliminato, modificato ed aggiunto alcune parti e a quanto pare ho eliminato la scena in cui James esce con Scarlett. E una descrizione degli occhi di Adam che vi riporto qui sotto. Diciamo che ho un po' trascurato James ultimamente.
Ma passiamo a questo capitolo: abbiamo il primo bacio Adamett descritto da Scarlett che, nonostante tutti i suoi buoni propositi, non riesce a rimanere indifferente ad Adam, ed anche lui si fa coinvolgere da lei. Beth affoga i "dispiaceri" nell'alcol, seguita dal suo ragazzo e James... beh, lui cerca di far finta di nulla, ma non è davvero così disinteressato.
Inoltre, Scarlett si apre un po' con Adam, durante le ripetizioni, ma anche dopo, e arriva addirittura a fargli un favore. Forse questi due stanno cominciando ad essere un po' meno ostili l'uno nei confronti dell'altra.
Oddio, ho scritto un papiro, è meglio che la faccia finita qui. Al prossimo capitolo *-*

Dal "vecchio" capitolo 9:
"Lui (Adam) spostò subito lo sguardo su di me e si mordicchiò il labbro. Lo faceva di continuo: quando pensava, quando aspettava una risposta, quando guardava qualcuno… quando mi guardava.
Inevitabilmente i miei occhi finirono nei suoi, tempestosi come sempre. Non solo avevano lo stesso colore del cielo poco prima di un temporale, ma sembrava che ci fossero quasi dei fulmini ad illuminare il grigio-blu delle iridi: minuscole pagliuzze dorate che rendevano il suo sguardo tremendamente magnetico.
Una parte di me si chiese se lui fosse stato scelto per avere gli occhi più belli del mondo, se tutti i pregi che essi possono avere fossero stati convogliati nelle sue iridi. Avrei dovuto essere invidiosa di tanta bellezza racchiusa in uno sguardo che non era il mio, ma ero troppo impegnata a non sbatterlo contro gli armadietti e fargli dire, con le cattive ovviamente, cosa voleva fare con Beth per provare qualcosa del genere."

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