SALVEZZA INASPETTATA
Palestina, VII sec. d.C.
Sarah non ne poteva più, attendeva solo la morte.
Il suo villaggio, ovvero il luogo dove lei era nata e
cresciuta, era in fiamme, pochi passi dietro di lei.
Fino a poche ore fa, quel villaggio sperduto, situato su un
altopiano semidesertico ad ovest del Mar Morto, era stato pieno di vita e di
gioia. Tutti sapevano che i nemici erano poco distanti, ma nessuno immaginava
che si sarebbero spinti fin lì con così tanta rapidità.
Tutta la provincia romana di Giudea era stata vittima della
possente invasione araba, e ormai quasi tutte le città, a parte Gerusalemme e
poche altre ben difese, avevano capitolato. C’era apprensione nell’aria, poiché
l’Imperatore d’Oriente Eraclio aveva promesso di inviare numerosi soldati, che
purtroppo non si erano ancora visti in azione.
In ogni caso, il piccolo villaggio di pastori era appena
stato conquistato e distrutto. I nemici erano molto pochi, probabilmente erano
solo un gruppo isolato, una tribù distaccatasi dall’esercito principale per
cercare rifornimenti. E lì li avevano trovati.
Nonostante il fatto che il terreno di quella zona era povero
e quasi totalmente sabbioso, quello restava un ambiente adatto alla pastorizia,
che in quel territorio veniva praticata ormai da millenni.
E infatti, le greggi erano ben nutrite, e tutti vivevano
grazie alle pecore e alle capre, scambiando latte e lana con i villaggi vicini,
in cambio di granaglie e verdure. Quel luogo, per Sarah, era il Paradiso.
Regnava la pace, tutti si conoscevano e si aiutavano tra loro, e si
consideravano tutti fratelli.
Lei aveva sempre vissuto lì con la nonna materna, poiché la
madre era morta nel darla alla luce, ed il padre era sempre stato impegnato a commerciare
e a praticare la sua professione di medico nelle lontane grandi città.
Solo poche ore prima suo padre si era ripresentato a casa,
impaurito. Quando poi aveva visto in quale condizione versava la figlia, a
momenti gli era preso un malore.
La ragazza aveva bevuto acqua impura, proveniente da una
pozza stagnante e inquinata, e si era gravemente ammalata. La sua bella pelle
ambrata, lievemente inscurita anche dal sole, era diventata estremamente pallida, incolore. Non riusciva quasi più a
mangiare da sola, ed era diventata magrissima, mentre il caldo l’aveva quasi
totalmente disidratata.
Sua nonna era anziana, e non era riuscita ad aiutarla a
dovere.
Ma suo padre David, che era uno dei medici più bravi di tutta
la Giudea, aveva iniziato subito a darle da bere acqua pulita, dopo averla
fatta bollire e sterilizzare il più possibile.
Lei si era sentita subito un po’ meglio. Voleva ringraziare
suo padre, ma non riusciva a parlare. Non ne aveva la forza.
Tremava continuamente. Era l’effetto della febbre alta. Suo
padre aveva atteso, inquieto.
Era tornato per portarle via, sia lei che la nonna. Dovevano andare
subito in un luogo sicuro, poiché i nemici erano a poche ore di distanza dal
villaggio.
Molti abitanti l’avevano già abbandonato, spingendosi ai
margini del deserto o in grandi città fortificate, sperando di non cadere in
mano nemica. E questo l’avrebbero fatto anche loro due, se non fossero stati
catturati.
Sua nonna infatti si rifiutava di partire. Suo padre David aveva
già preparato le cavalcature, caricando viveri e acqua su due bei cavalli, i
cui dorsi rilucevano nel calore di quella caldissima giornata estiva. Poi, aveva
trasportato la figlia fuori, per assicurarla sul dorso di uno dei due cavalli.
Sua nonna aveva iniziato a lamentarsi, poiché se lei fosse
stata sottoposta ad una cavalcata lunga e impervia, sarebbe sicuramente morta.
‘’Se restate qui, morirete ugualmente, cocciuta d’una vecchia!’’,
aveva risposto David, stizzito.
Sarah era rimasta sorpresa da quella risposta sgarbata,
perché non aveva mai sentito suo padre mancare di rispetto all’anziana nonna. Però,
per un certo senso, era molto felice che il genitore fosse tornato per
riprenderle entrambe con sé.
Ma mentre i due adulti continuavano a bisticciare, si era
udito un rombo improvviso. Frecce incendiarie avevano iniziato a piovere su
tutto il villaggio. I nemici erano comparsi dal nulla, silenziosi, senza che
nessuno avesse avuto modo di avvisare la comunità.
I nemici viaggiavano su cavalli bassi e velocissimi, e in
pochi attimi avevano circondato tutto il villaggio. Si erano lanciati sulle
abitazioni con urla selvagge, in cerca di bottino.
Subito, sia Sarah che suo padre erano stati catturati, e la
nonna uccisa a colpi di scimitarra. Era vecchia, a loro non serviva.
Sarah aveva osservato la brutale scena con impassibilità. Non
aveva forze per elaborare meglio nella sua mente ciò che stava accadendo.
Gli invasori avevano rapidamente radunato le greggi, e
avevano recuperato tutto quello che poteva essere di valore dalle misere
capanne dei pastori. Poi le avevano incendiate tutte, una dopo l’altra.
In quel momento avevano appena finito di radunare i civili catturati,
e li stavano smistando, per poi legarli al loro seguito.
Sarah guardò la scena, che seguiva quasi al rallentatore. La
febbre gli rallentava i riflessi. Inoltre, se già faceva caldo a metà giornata,
ora le capanne in fiamme generavano vampate di calore insopportabili.
Fino a quel momento, solo gli anziani erano stati uccisi.
Uomini, donne e bambini erano stati incolonnati, pronti per essere legati.
Suo padre era con loro, e lanciava sguardi sconsolati a sua
figlia. Ormai non poteva più salvarla. Lui era uno schiavo, lei era una morta.
Sarah cercò di osservare meglio, e di contare gli assalitori.
Erano vestiti con abiti lunghi e leggeri, molti erano velati per proteggersi
dalla sabbia e dal sole del deserto. Avevano la pelle piuttosto scura, screpolata
dal sole. Comunque, non erano più di quaranta. Un numero esiguo, giusto solo
per compiere scorrerie.
Di solito non facevano prigionieri, ma quella volta era
diverso. Forse servivano schiavi al loro campo, per svolgere varie mansioni di
fatica.
I cavalli, tra cui quelli già bardati di suo padre, erano lì,
poco distante, pronti anch’essi ad essere assicurati alla nascente carovana.
Lei, invece, era stata semplicemente gettata a terra in malo
modo. Non sarebbe partita con gli altri, era troppo debole per seguirli. A suo
fianco, c’erano altri due ragazzi, entrambi malmessi come lei, ed erano legati
saldamente l’uno all’altro, in modo che non potessero fuggire.
Mentre alcuni arabi si prepararono per incolonnare i primi
prigionieri e gli animali, tre grossi uomini si avvicinarono ai tre giovani
lasciati indietro.
Un arabo si scoprì il volto, e sorrise con malignità. Aveva
una lunga barba nera, e i denti tutti gialli. Era un uomo maturo, mentre gli altri
sembravano più giovani. Sguainò la scimitarra.
Fece cenno con la testa ai compagni, indicando Sarah. La
ragazza voleva muoversi, fuggire, ma a malapena riusciva a tenere alta la
testa. I suoi due compagni di sventura legati iniziarono ad agitarsi, per
calmarsi momentaneamente quando notarono che la prima a morire sarebbe stata proprio
lei.
L’arabo barbuto le tirò su la testa, e la osservò. Ebbe un
moto di disgusto, forse pensando che lei fosse affetta da qualche forma di
peste. Alzò la scimitarra, e prese forza. Le avrebbe mozzato la testa. In quel
modo, avrebbe messo fine alle sue sofferenze, e non avrebbe appestato altre
persone.
Sarah non provò paura, era troppo debilitata per averne. Fu
scossa da un brivido, ma a causa della febbre, non della paura. La scimitarra
si abbassò velocemente.
La giovane chiuse gli occhi, pronta a morire. Ed invece sentì
una scalpiccio, e la terra attorno a lei tornò a tremare.
L’arabo lasciò cadere la scimitarra a terra, di fronte alla
ragazza, che aprì gli occhi, stupita. Il suo sicario era improvvisamente caduto
a terra, e si premeva forte il petto. Le sue mani erano tutte insanguinate, ed
il suo corpo era stato trapassato da una freccia.
E così, dopo un attimo, Sarah vide chi erano gli artefici del
suo salvataggio.
Erano i catafratti bizantini, che dopo essere sbucati dal
nulla ed essersi posizionati in formazione da combattimento, si preparavano a
caricare gli inermi arabi.
Erano solo una ventina di uomini, ma erano più che
sufficienti per dare una sonora lezione agli invasori. Gli arabi abbandonarono
subito i prigionieri e gli animali, per prepararsi a difendersi.
I catafratti, così erano chiamati i poderosi cavalieri
corazzati bizantini, stavano per sferrare l’attacco, dopo aver scagliato altre
frecce, che uccisero parecchi nemici. I cavalieri bizantini indossavano
armature pesanti, ed erano armati di lance ed archi. Gli arabi si disposero
rapidamente, cercando di recuperare i loro cavalli per cercare di rendere più
pari lo scontro, ma era troppo tardi. Nessuno poteva riuscire a far fronte alla
carica di quegli invincibili guerrieri corazzati.
I catafratti
sbaragliarono in un attimo gli arabi, con una sola carica, e iniziarono a
finirli. Sarah si rilassò, per un attimo.
Vide suo padre scattare di corsa, approfittando del fatto che
nessuno lo stava più sorvegliando. L’uomo raggiunse uno dei loro due cavalli, e
gli saltò in groppa in un attimo.
Suo padre David, reso veloce grazie alla cavalcatura, la
raggiunse in pochi istanti e la afferrò, tirandola sulla sella, e
sistemandosela davanti a lui. Non aveva fatto troppo sforzo per sollevarla da
terra, d’altronde era solo pelle e ossa.
Intanto, dalla boscaglia poco distante sbucarono decine e
decine di arabi. Probabilmente, nel grosso dell’esercito arabo qualcuno si era
insospettito della lunga scomparsa del gruppo che era stato inviato alla
ricerca di rifornimenti, e altre tribù si erano lanciate subito a cercarlo.
Gli arabi attaccarono i catafratti di sorpresa, ed essendo in
numero maggiore, li circondarono con rapidità, impedendo loro di riorganizzarsi
e di caricare nuovamente. Altri arabi iniziarono a massacrare tutti i
prigionieri, ma fortunatamente non inseguirono lei e suo padre, che si stavano
allontanando al trotto, fuggendo dal pericolo.
Sarah capì che per i suoi amici del villaggio era finita, e
così anche per i catafratti che le avevano salvato la vita.
Mentre il vento caldo le sbatteva con violenza sul volto,
sentiva suo padre che la stringeva forte a sé.
Si sentiva al sicuro e ben protetta, ma era sempre morente.
Le forze l’abbandonarono, e perse rapidamente i sensi.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per aver letto questo piccolo raccontino
J
In realtà doveva essere l’inizio di una storia a più
capitoli, che per mancanza di tempo non sono mai riuscito a scrivere. Comunque,
avendo questo piccolo scritto già pronto da tempo, ho pensato di pubblicarlo
ugualmente e singolarmente.
Vi ringrazio per l’attenzione e per essere giunti fin qui J
Buon fine settimana e grazie di cuore J