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Autore: clau91    09/01/2016    0 recensioni
Non ricordo bene come sia iniziata. So solo che a poco a poco quando c'era un problema mi rifugiavo nel cibo e nel senso di colpa che ne derivava. Dicevo "è l'ultima volta" ma era sempre l'ultima volta; non facevo più riferimento agli altri, ma solo a quello. In quei momenti non c'era altro, eravamo io e Mia.
La mia storia, completamente autobiografica, di come sono entrata e sono riuscita ad uscire da un disturbo che è praticamente una malattia: la bulimia nervosa.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Andando avanti con il tempo non mi resi conto di come anche il mio carattere stesse cambiando: ero più diffidente, non riuscivo ad aprirmi più con le persone ed avevo una sensazione di malessere interiore. Il mio malessere tendeva a sparire quando mangiavo, quando sapevo di poter mangiare così tanto da sentirmi male, ma da sentirmi talmente piena che schiacciavo il malessere con il cibo. Ma come sempre la sensazione di inadeguatezza tornava a farsi sentire. Non mi rendevo conto di avere un problema, non mi rendevo conto di star sviluppando una dipendenza dal cibo ben più grave del normale. Mi rendevo conto di ingrassare quello sì, ma non riuscivo a smettere. Nella mia mente non collegavo il mangiare compulsivamente con l’ingrassare. So che molti di voi si staranno chiedendo “ma nella bulimia non mangi e poi vomiti? Come potevi ingrassare?”. La risposta è semplice: avete mai provato a vomitare senza essere realmente malati o avere un virus? È una cosa orribile, contro natura: devi convincere il tuo organismo a fare qualcosa cui è contrario, a fare qualcosa di sbagliato. Sottoponi il tuo organismo ad uno sforzo immane, tale che quando finisci sei stremata. Quindi il motivo è questo, a volte ci riesci e a volte no, di conseguenza il tuo corpo assimila la parte di cibo che non espelli e ingrassi. La motivazione del perché ho iniziato a fare ciò che ho fatto non l’ho ancora trovata, ma mi sono fatta delle idee: era la mia voglia di evadere, di trovare il giusto ambiente e le giuste persone. In quel momento in realtà amavo le mie amicizie, le mie relazioni e la mia vita: ma solo a posteriori ho capito che non era così, che ero circondata da maschere, solo e soltanto maschere. Ma questo ve lo racconterò più avanti. Anche i miei genitori cominciarono a capire che qualcosa non andava, cominciarono a trovare le carte di quello che mangiavo, cominciarono a vedere che prendevo peso. Ma inizialmente forse non videro realmente l’inizio della malattia. Distratti? Assolutamente no, anzi troppo apprensivi, ma non conoscendo veramente bene i disturbi alimentari non potevano capire, non potevano sapere in che circolo vizioso stavo entrando. All’inizio per loro ero solo un’adolescente che mangiava troppo, che magari era più nervosa e sfogava nel modo sbagliato. In più io negavo con tutte le mi forze di avere un problema. Mia madre è sempre stata una persona perennemente a dieta: vedendomi ingrassare andò ancora di più in ansia e mi disse di andare da una nuova nutrizionista, una che conosceva una sua amica. E così feci: nuova dieta, nuova nutrizionista, stessi problemi. Quando andavo al controllo del peso, trovavo scuse assurde perché ovviamente non dimagrivo ma ingrassavo, una volta era colpa di aver mangiato troppa pasta, un’altra volta era colpa del ciclo, c’era sempre una scusa poco credibile. Io mi nascondevo dietro questo e tenevo per me il rapporto che si creava con questa sorta di nuova amica, questa entità che poteva consolarmi e dopo un secondo farmi sentire malissimo. Costruii un muro verso le persone che mi circondavano, non confidavo a nessuno quello che mi succedeva. La situazione iniziò a precipitare durante il secondo semestre della 5° liceo: intrapresi una relazione con il mio migliore amico al tempo nonché mio compagno di classe e di banco. Non eravamo fidanzati, ma ci comportavamo praticamente come tali, in realtà ognuno poteva avere altre relazioni ma non mi rendevo conto che per me esisteva solo lui. Avevamo un legame speciale, in una sola persona trovavo sia un amico, un confidente, sia un ragazzo. Ma questo tener la storia per noi, fingerci amici all’esterno agli occhi degli altri mi faceva male, potevo confidare questa relazione solo alle mie due migliori amiche, per gli altri era solo il mio migliore amico. Qualcuno aveva fatto qualche allusione ma avevamo prontamente smentito. Il problema stava però nella gelosia: entrambi eravamo gelosi dell’altro in maniera non certo da amici, ma senza la forza di dirlo all’esterno. Questo per paura delle conseguenze: lui era stato fidanzato con una ragazza del nostro gruppo nonché mia amica, e avevamo paura che se lo avessimo detto si sarebbero creati contrasti ed incomprensioni e il rapporto si sarebbe rovinato: per come è andata a finire forse sarebbe stato meglio dirlo agli altri. Insomma il rapporto in queste condizioni va avanti per alcuni mesi ed io sfogavo il malessere per questa relazione nel mangiare e nello stare male. Contemporaneamente smisi di andare anche da questa nutrizionista e cercavo di controllarmi da sola ovviamente con pessimi risultati. Era come vivere due vite: una nella realtà di tutti i giorni e una con la bulimia, con la quale sentivo di avere un rapporto esclusivo e individuale. SPAZIO AUTRICE Ecco il secondo capitolo! Spero troviate interessante la storia e che lasciate qualche recensione  io come sempre sono aperta a critiche e confronti, non esitate! Ciao Claudia
  
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