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Autore: Vega_95    10/01/2016    3 recensioni
C'era una volta un principe a cui piaceva fuggire dal suo palazzo per giocare con la gente della città. Un giorno, di fronte alla scacchiera di un senet, incontrò un misterioso ragazzino avvolto in strati di stoffa dalla testa ai piedi, che catturò all'istante la sua attenzione. Qualcosa scattò in loro nel momento in cui i loro sguardi s'incrociarono...

Un legame forte e indissolubile, cominciato tremila anni addietro, mantenuto e consolidato nei millenni fino ad arrivare alla storia che tutti noi conosciamo.
Una AtemxYugi che spero vi potrà interessare
Genere: Avventura, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atemu, Mahad, Mana, Yuugi Mouto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eternity'
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Salve a tutti!
Ricominciamo con un po' di puzzle, anche se in questo senso si definisce blind... (boh per me non c'è differenza...)
Comunque! Se avete letto Bonds Beyond Space&Time potete considerarvi avvantaggiati dal momento che considero questa storia un sequel/prequel (quando arriverà il momento capirete ;) ) se non l'avete fatto, vi consiglio da andare a darci un'occhiata.

bene, basta così, vi lascio al capitolo!


 

ONCE UPON A TIME....

...A DREAM
C’era una volta un regno molto grande e molto vecchio.
 
Non era molto ricco, ma la gente aveva da mangiare sulle loro tavole ogni giorno, erano tutti molto felici del loro sovrano a cui volevano molto bene. Un uomo mite e valoroso, pronto a sacrificare se stesso per  il suo popolo.
Aveva solo un figlio, un giovane principe ribelle a cui non piacevano le regole. Adorava i giochi, fuggire dal palazzo in cerca di un degno avversario tra i cittadini, ma, come tutti sapevano, nessuno era in grado di tener testa al figlio del faraone chiamato da tutti il Principe delle Tenebre.  L’aura che emanava il giovane Atem, era delle più oscure, non perché egli fosse cattivo, ma perché nei suoi occhi, da molto tempo ormai, vi era solo perdizione e buio, un vuoto che non riusciva a colmare.
I giochi a cui sottoponeva i suoi sfidanti erano spesso pericolosi se non mortali, anche se, per fortuna, nessuno era mai morto per un suo gioco.
Decine, se non centinaia di persone circondavano il giovane, eppure lui si sentiva sempre solo, incapace di esternare i suoi sentimenti e ogni sorta di emozione. L’unica persona con cui sembrava dolce e affabile era il suo maestro di arti magiche, forse perché erano cresciuti insieme e gli era rimasto accanto nei momenti più difficili, ma negli ultimi mesi aveva iniziato a prendere le distanze anche da lui suscitando ancora più preoccupazione da parte di suo padre che proprio non sapeva che fare e come gestire un figlio tanto ribelle. 
 
Forse, però, le cose stavano per cambiare…
 
Come al solito, quel giorno a palazzo, c’era gran fermento. Il principe era scomparso di nuovo e le guardie furono ancora una volta mandate in giro per la città alla sua ricerca.
Mentre loro correvano da una parte all’altra senza una meta, qualcun altro ce  l’aveva eccome. Un ragazzino che camminava spedito stringendo forte il cesto della spesa, teneva lo sguardo basso facendo bene attenzione a non urtare nessuno. Non c’era una parte di lui scoperta, avvolto da strati di stoffa da capo a piedi, aveva lasciato scoperti solo gli occhi di un brillante viola che gridavano una voglia di vivere comune ai ragazzini della sua età con l’aggiunta di una nota di tristezza.
Doveva tornare a casa e in fretta, ma quando passò in mezzo al mercato del bestiame, gli schiamazzi della gente che si era raccolta in un punto, non riuscirono a placare la curiosità che lo spinse a dimenticare la premura invitandolo ad avvicinarsi.
 
Un ragazzo pressappoco della sua età si stava cimentando in una partita di senet contro un uomo abbastanza anziano, famoso per essere imbattibile a quel gioco. In città era uno dei 5 migliori giocatori, eppure dopo solo 3 mosse dall’arrivo del ragazzino, perse.
 
«è il terzo che batte» commentò un uomo osservando il giovanotto esultare per la vittoria e cercando un nuovo sfidante.
«è furbo, ha tratto l’avversario in una trappola con una falsa offensiva. Sarebbe bastato un po’ di coraggio e un lancio fortuito per batterlo» disse lui più a se stesso che agli altri, ma fu sentito chiaramente dall’uomo accanto come dal giovane campione.
«giochi con me? » sembrava la richiesta di un bambino a cui lui non seppe dire di no. Posò la cesta e si sedette davanti alla scacchiera che il ragazzino sgombrò dividendo le pedine bianche da quelle blu.
«ti lascio la prima mossa» sghignazzò
«sei un po’ presuntuoso» gli rispose a tono il ragazzino mascherato prendendo i 4 bastoncini bicolore in mano.
Li lanciò e uscì un 6 e a quel numero collocò la prima pedina. Il ragazzino dovette complimentarsi e assistere alla seconda mossa, uscì di nuovo un 6 che lo costrinse ad un terzo lancio in cui ottenne finalmente un due che gli permise di muoversi in avanti di due caselle.
 
«non male! » esordì il giovane campione prendendo i bastoncini, li dovette lanciare due volte prima di veder apparire un 2 che lo portò a mettere la sua pedina blu sulla 2’ casella e poi un 3 per spostarsi in avanti.
 
La partita era a un punto cruciale, tutti erano con il fiato sospeso. I due ragazzini scrutavano la scacchiera pronti alla loro mossa, i lanci erano fortuiti, ma le mosse ben calcolate e in quel momento lo sfidante del campione doveva decidere se dichiarare battaglia alla pedina avversaria o aggirarla costringendosi a un secondo e incognito lancio.
 
«guarda che tocca a te» lo esortò irritandolo anche parecchio.
«smettila di mettermi fretta» lo zittì facendo bene attenzione a non incrociare il suo sguardo.
 
Il lancio gli aveva regalato un 6, ma la sua pedina era bloccata alla casella di Horus, gli serviva un 2 per spostarla nella casa di Ra e poi nell’aldilà con le altre 3.
Lanciò e stava per spostare la sua attenzione sulla 5’ pedina quando udì il raglio di un cammello che lo fece voltare, era arrivato il mercante di cammelli, era già tardi. Si era perso nel gioco e stava tardando.
 
«io devo andare! » posò la pedina che teneva in mano e riprese la cesta correndo via
«aspetta! » obiettò il ragazzino che scattò in piedi a sua volta «non puoi lasciare la partita a questo punto! »
 
Cominciò a seguirlo, mentre tutti gli altri si misero a fissare la scacchiera domandandosi quale mossa avrebbe mai potuto seguire a quel punto.
 
Inseguì quel misterioso ragazzo che camminava svelto cercando di seminarlo, ma non ci riuscì, anzi gli prese il cesto dalle mani offrendosi di portarglielo.
 
«quanto sei insistente» si lamentò vedendo un sorrisetto beffardo stamparsi su quel viso così infantile, ciocche bionde lo contornavano illuminando ancora di più quegli occhi così grandi e lucenti. Aveva qualcosa di familiare, forse nei lineamenti o in quegli strani capelli rossicci che schizzavano da una parte all’altra.
Di colpo ,poi, si nascose sotto al cappuccio della sua cappa e chinò il capo nascondendosi dietro di lui. Non capì, almeno finché un paio di soldati non li fermarono.
 
«voi due, avete visto passare un ragazzino? » domandarono
«qui ci sono molti ragazzini» restò sul vago lanciando uno sguardo alle sue spalle
«ha i capelli rossi» aggiunse il secondo soldato per dare informazioni più precise. Avrebbero detto volentieri che cercavano il principe ereditario, ma non era il caso di far sapere che si erano persi il figlio del faraone e poi un egiziano con i capelli rossi non passava di certo inosservato.
«no, niente capelli rossi» rispose  scuotendo la testa. Stavano per chiedere anche al ragazzino alle sue spalle che si nascose ancora di più dietro di lui
«scusateci, mia sorella ed io siamo in ritardo» disse sorpassandoli e allontanandosi.
 
Giunsero nel retro della locanda in cui era diretto e qui prese dalle mani del ragazzino la spesa spingendolo indietro
«perché ti cercavano? »
Non aveva voglia di spiegarsi, si scoprì il viso e incrociò le braccia sul petto «non hanno niente di meglio da fare» bofonchiò
«io non posso parlare con gli sconosciuti. Dovrei andare via»
«ma… la nostra partita? » protestò ancora.
Non aveva la voglia e nemmeno il tempo per star dietro a quei capricci, si era quasi divertito a prendere in giro quei soldati, dovette ammetterlo, ma la sua compagnia lo infastidiva e intimoriva .
Probabilmente si trattava di uno dei tanti nomadi che vagavano per le strade in cerca di cibo e magari qualcosa da rubare, di certo non l’avrebbe invitato a entrare, ma aveva bisogno di sbarazzarsi di lui prima che qualcuno lo vedesse, gli mise una mela in mano e sparì  lasciandolo abbastanza spiazzato.
 
«sei in ritardo» lo sgridò un uomo di mezz’età  dalla mascella pronunciata e il fisico muscoloso, ma non troppo massiccio
«lo so, mi dispiace padre»
«eravamo preoccupati per te Yugi» gli fece presente alzandosi dal tavolo a cui era seduto per prendergli la cesta dalle mani.
 
Sembrava troppo calmo per essere arrabbiato con lui e Yugi scoprì il motivo solo più tardi, quando sua sorella gli raccontò della discussione che aveva avuto con un mercante, un tipo losco che le aveva fatto venire i brividi, infatti, non appena si riprese, il locandiere pensò di dare una bella strigliata al figlio che, per l’ennesima volta, si era attardato in giro anziché rientrare il prima possibile. La cosa più grave fu che si era fatto notare, tutti in piazza l’avevano visto cimentarsi in quel gioco con un completo estraneo che poi l’aveva anche accompagnata a casa.
Yugi si prese la sgridata a testa china, sapeva bene che suo padre era solo preoccupato per lui, temeva che la sua diversità gli provocasse parecchi problemi.
***
Yugi era il figlio di un locandiere, aveva tredici anni ed era il più piccolo di casa. Era cresciuto assieme a cinque sorelle, tutte più grandi di lui, sua madre morì quando era neonato, per cui non la conobbe mai.
Fin dalla più tenera età, venne abituato a nascondere il suo aspetto a chiunque non fosse della famiglia.
Il casolare in cui vivevano era adibito anche a locanda, almeno così veniva chiamata da tutti in città ‘la Locanda’, ma da quando le ragazze erano cresciute, per motivi economici e altri, era diventata più un bordello in cui le cinque sorelle avevano il compito di soddisfare le esigenze di tutti i clienti, qualunque essi fossero.
***
Per colpa di quell’insolito incontro, Yugi venne messo in punizione e non gli fu permesso di uscire, per cui si preoccupò delle faccende di casa.
Le coperte delle camere dovevano prendere aria e dopo tutte le varie faccende in cucina e di pulizia le andò a stendere fuori. Non gli pesavano i suoi compiti, anzi era contento di poter aiutare visto che la sua ‘diversità’ rendeva restio il padre a concedergli di aiutare le sorelle nel servire la clientela e lo portava a segregarsi nel retro e nella cucina.
Non che lui potesse servire proprio completamente chi si sedeva ai loro tavoli. A dire il vero Yugi non aveva ancora la più pallida idea di quello che facessero le sorelle nelle camere con certi uomini che gli facevano venire la pelle d’oca solo a guardarli.
Ogni volta che veniva fuori l’argomento suo padre sembrava piuttosto titubante e le ragazze pure, infatti si rifiutavano ogni volta di parlarne .
«li compiacciamo» dicevano solamente al fratellino, ma lui ancora non poteva capire, semplicemente scrollava le spalle passando a parlare d’altro. Ancora non sapeva la vita tremenda a cui erano costrette le sue sorelle, ma ben presto ne avrebbe dovuto prendere coscienza.
 
Il giovane Atem si aggirava per il cortile dietro alla locanda, le guardie di palazzo lo cercavano di nuovo, mentre lui aveva voglia di rivedere quel misterioso ragazzino che era riuscito a tenergli testa fino all’ultimo al suo gioco preferito.
Si nascose dietro una coperta già stesa per osservarlo, rispetto al giorno prima indossava molti meno strati di stoffa, ma con il cappuccio in testa,  anche volendo non avrebbe potuto vederlo in volto.
La sua idea era di saltare fuori e attirare la sua attenzione, ma si sentiva un po’ impacciato e non voleva essere cacciato di nuovo come il giorno precedente.
Presa una coperta tra le mani, cominciò a muovere i fianchi come facevano le sue sorelle durante le esibizioni per i clienti, muovendosi sinuoso  anche se un po’ rigido. Da bambino imitava spesso le ragazze, sempre con pessimi risultati, tutte le volte si sentiva dare del pezzo di legno e in effetti avevano ragione. Sembrava una di quelle marionette con i fili.
 
«sei un po’ rigido, lo sai? » Atem uscì allo scoperto spaventandolo a morte. Si coprì il volto con la coperta allontanandosi di corsa.
«attento! » gli intimò Atem, ma fu tardi, Yugi inciampò nel cesto vuoto del bucato e cadde rovinosamente a terra.
Fu una bella botta, ma la prima cosa che fece appena ripreso fu stringersi la coperta addosso
«perché sei tornato? » gli domandò un po’ scocciato.
«ma stai bene? » si preoccupò allungandogli una mano. Era la prima volta che lo guardava negli occhi e restò pietrificato, chiari e lucenti come l’acqua del Nilo alle ultime ore del giorno, quando Ra si specchia in esso colorandolo di rosa e di viola.
 
Anche Yugi ebbe un sussulto quando alzò lo sguardo su di lui, i suoi occhi brillavano e davano luce a quel viso infantile e così sorridente. Senza nemmeno pensarci, allungò una mano bendata e prese la sua facendosi aiutare a rialzarsi. Ci mise un po’ a riprendersi da quelle sorpresa e quando accadde  si allontanò da lui voltandogli le spalle.
 
«c-come mai s-sei qui?» mormorò stringendosi la coperta addosso, cercando di far passare quella vampata di calore che l’aveva travolto e che gli aveva colorato le guance di porpora.
«tu ieri mi hai chiuso la porta in faccia» si lamentò il principe tenendosi le braccia ai fianchi.
«sì beh… scusa se sono stato brusco, ma mio padre non vuole che dia confidenza agli estranei» disse il figlio del locandiere.
«ma noi abbiamo giocato insieme… non siamo estranei» obbiettò Atem girandogli intorno per guardarlo in faccia, ma Yugi fu abbastanza svelto da voltarsi di nuovo affondando il viso nella coperta.
«ho da fare! » esclamò.
Saltò il cesto e fuggì in casa lasciando il principino lì da solo e un po’ deluso.
 
Il cuore gli stava esplodendo nel petto, d’un tratto il fiato gli era diventato corto, forse perché quando aveva incrociato lo sguardo con quel ragazzino aveva smesso di respirare. Quegli occhi erano bellissimi e il suo viso. Gli aveva teso la mano, a lui, attraverso le bende aveva avvertito il calore della sua pelle, un calore che non aveva mai provato. Un contatto con un estraneo che non gli era mai stato permesso di avere e poi gli aveva sorriso.
 
«Yugi, tutto a posto? » gli domandò suo padre. Il viso era scoperto e l’uomo poté vedere il rossore e quell’espressione sconvolta sul volto del figlio.
«io credo di sì…non lo so…» borbottò stringendosi le braccia allo stomaco: «io… io mi sento strano»
«ne…ne vuoi parlare? »
Non immaginava minimamente quello che era appena accaduto, e Yugi nemmeno glielo riferì.
Gli occhi del suo giovane sfidante al senet, quello che l’aveva fatto mettere in punizione, però gli restarono bene impressi nella mente, per tutto il giorno, la notte e anche il mattino seguente, quando, di ritorno dalla spesa, lo ritrovò lì davanti a casa ad aspettarlo.
 
«ah eccoti finalmente! Cominciavo a preoccuparmi» gli sorrise andandogli incontro per aiutarlo.
«perché continui a seguirmi? »
«io non ti seguo, ti aspetto» lo corresse accompagnandolo per quei pochi metri che mancavano ad arrivare alla porta.
«è lo stesso. Io… io non posso parlare con te» mugugnò affondando il viso nel velo con cui si nascondeva fino a coprire anche gli occhi, ma cercando contemporaneamente, una via di fuga da quella situazione.
«ti chiami Yugi, vero? »
Quella frase lo freddò sul posto togliendogli completamente ogni via di fuga, come conosceva il suo nome?
«ho sentito tuo padre che ti chiamava così, era tuo padre, vero? »
«ti metti a origliare? »borbottò il ragazzino voltando lo sguardo, un po’ indispettito da quell’atteggiamento.
«no, è solo che… sei fuggito, credevo stessi male e ho provato a seguirti… è stato un caso, ma ti giuro! Non ho sentito altro» si giustificò il principe che, d’un tratto, si sentì al pari di quei criminali che conducevano al cospetto del padre per essere giudicati.
«va bene, va bene. ti credo» lo calmò Yugi sentendosi a sua volta in colpa per averlo accusato di aver origliato: «sì, mi chiamo Yugi. Almeno a casa mi chiamano così »
«è un nome strano» notò il principe. Di certo non era un nome egiziano.
«significa gioco, però non so in quale lingua…» spiegò, un po’ confuso lui stesso: «tu invece chi sei? »
«ma come, tu non sai…» si stupì Atem.
Tutti in città lo conoscevano, insomma era l’erede al trono, il figlio del grande faraone Aknamkanon, come non riconoscerlo con quei bizzarri capelli che si rifiutava di coprire o tagliare, come sarebbe stata buona norma per un egiziano.
Yugi non lo conosceva e questo gli fece provare una sensazione totalmente nuova che gli annodò lo stomaco e fece apparire un caldo sorriso sulle sue labbra. Adesso il problema era rivelargli il suo nome, impossibile non sapere il nome del figlio del faraone.
«allora? » insistette Yugi
«mi chiamo Atem» dovette farlo, ma non vide alcuno stupore in quegli occhi così grandi
«come il principe» disse, ma nient’altro al riguardo: «piacere di conoscerti»
 
Yugi non si sarebbe mai più immaginato che quello era davvero il principe ereditario e ad Atem andò bene così, era la prima volta che stava con qualcuno che non lo trattava come una bambola di terracotta, ma come una persona normale.
Entrò in casa chiedendogli di aspettarlo fuori. Rischiava già abbastanza, senza che la sua famiglia vedesse un estraneo girare. Posò la spesa e uscì con una cesta di lenzuola che una delle sorelle aveva lavato.
 
«io dovrei lavorare…» mormorò con un certo imbarazzo, ci aveva preso gusto a chiacchierare con lui e mandarlo via gli dispiacque.
«ti aiuto» si offrì all’istante.
 
Nemmeno Atem voleva andarsene e aiutarlo gli sembrò una buona scusa per continuare la loro conversazione.
All’inizio fu un disastro e rischiò di sporcare le lenzuola appena lavate, poi capì come fare e allora fu davvero d’aiuto a Yugi che gli regalò anche un sorriso. Aveva la bocca coperta, ma lui lo capì dai suoi occhi che per un momento brillarono. Gli scappò persino una risata quando il principe ruzzolò a terra inciampando lui nella cesta quella volta. Fu un suono cristallino, dolce e delicato che espresse tutto il suo divertimento, ma con dolcezza.
 
«tutto ok? » gli domandò osservandolo rialzarsi da solo, senza dargli il tempo di aiutarlo.
«certo! » esclamò il giovane erede.
 
Avevano finito le faccende e decisero di distrarsi un po’ passeggiando lungo un sentiero  fino a raggiungere la sponda del fiume.
«non ero mai arrivato fin qui» ammise Yugi guardandosi intorno: «mio padre non vuole che mi allontani troppo da solo»
«scusa se te lo dico, ma tuo padre, non è un po’ troppo apprensivo? » domandò Atem visto che Yugi non poteva parlare con estranei, tardare dalla spesa, allontanarsi da casa, mostrare il volto in pubblico e chissà quante altre cose.
«si preoccupa per me» spiegò sedendosi sulla riva, erano nascosti da un canneto, ma riuscirono a scorgere dei pescatori che avevano appena gettato le reti: «sono il più piccolo in casa»
«hai dei fratelli? »
«cinque sorelle»
«cinque?! » sbottò il principe «sei l’unico maschio? »
«c’è mio padre» rispose serenamente scrollando le spalle, aveva capito che lo stupore di Atem stava nel fatto di avere tante donne in giro per casa, ma per lui non c’era nulla di strano, insomma non conosceva altro e gli andava bene, anzi la loro compagnia gli faceva anche piacere.
«ma tu vivi qui? » fu la domanda di Yugi. All’inizio l’aveva preso per un nomade, ma si muoveva troppo bene in città per esserlo.
«sì…sì sono di qui» preferì restare sul vago
«dove? » s’incuriosì
«ma sai, un po’ qui, un po’ là» s’inventò. Yugi non l’aveva riconosciuto e lo trattava come nessuno si era mai permesso di fare, non voleva che scoprisse la verità o le cose sarebbero potute cambiare.
Non immaginava che sentirgli dire quelle cose avrebbe riempito il cuoricino di Yugi di tristezza, non aveva un posto in cui vivere e stava per proporgli di stare alla loro locanda in cambio di un po’ di lavoro, quando Atem pose a lui una domanda
«come mai ti nascondi in questo modo? Hai delle brutte ferite di cui ti vergogni? » gli domandò osservando le bende a mani e piedi: «sai non dovresti, qualsiasi cosa sia successa ne sei uscito vivo, dovrebbero essere un trofeo»
«non…non sono cicatrici, ma sto bene così»
«non è che sei un pericoloso criminale e quindi devi nasconderti? » ipotizzò un po’ preoccupato Atem, ma a quell’ipotesi Yugi sbuffò trovandola estremamente stupida e ridicola.
«tu ascolta troppi racconti degli anziani» lo prese in giro.
 
Gli piaceva chiacchierare con quel ragazzino, ma non gli piacque quando cominciò a farsi insistente cercando di fargli togliere il cappuccio. Aveva paura, se Atem avesse scoperto la verità per lui  e per la sua famiglia sarebbero stati guai seri.
 
«devo andare» disse scattando in piedi nel momento in cui Atem cercò di brancargli il cappuccio: «comunque…» aggiunse fermandosi un momento «se hai bisogno di qualsiasi cosa, non esitare a venire alla locanda, ti aiuterò come posso»
«anche tu» gli rispose con un sorriso Atem.
 
Yugi corse via, ma si arrestò nel momento in cui svanì dalla vista di Atem. Aveva rischiato, alla fine non sapeva nulla di quel ragazzino e per un momento aveva quasi ceduto alla sua richiesta.
Scoprirsi… no, era impensabile, si permetteva di muoversi a volto scoperto solo nei pressi della locanda e solo dopo aver avuto la certezza di non essere visto. Si fissò la mano bendata stritolandosi la tunica. Odiava la sua condizione, lo faceva stare male. La diversità lo escludeva dal mondo.
Meglio tornare a casa e non pensarci.
 
«sei stato di nuovo con quel ragazzo» lo beccò subito la più piccola delle sue cinque sorelle. Neferura. Per tutti Nef. Magrolina anche se abbondante di seno, dal caschetto castano e gli occhi chiari, una giovane dal carattere forte e deciso.
Yugi s’irrigidì. Una sua parola e sarebbe finito di nuovo in punizione. Odiava non poter uscire e andare al mercato per stare un po’ a contatto con la gente.
 
«non so di che parli» tentò di divagare, ma Nef sapeva bene cos’aveva visto.
«vi ho visti, sai? Ma stai tranquillo, non dirò nulla a nostro padre» lo rassicurò
«grazie»
«non ho mai trovato giusto questo isolamento a cui ti costringe» sospirò la ragazza andando ad aiutare il fratello a liberarsi da quella moltitudine di strati di stoffa e bende permettendo così, finalmente, alla sua pelle di respirare. Era bianca come il latte, candida, luminosa e morbida.
Era magro e abbastanza bassino, i fianchi sottili e il viso delicato, femminile ai tratti. Un ragazzino davvero grazioso che non sarebbe passato inosservato, la sua pelle era insolita, ma anche i suoi capelli non scherzavano, una frangetta bionda contornava il viso tondo differenziandosi da una massa scura che schizzava da una parte all’altra sfumando da un nero a un rosso cremisi, per poi ricadergli sulle spalle e tra cui si trovava qualche treccina di tanto in tanto. Una massa di nodi che Yugi curava poco o niente e che le sue sorelle si divertivano a intrecciare di tanto in tanto.
 
«è un tipo strano, avrei detto che veniva dal palazzo, invece mi ha detto di non avere un posto fisso in cui vivere» le raccontò raccogliendo le bende e  arrotolandole.
«conoscendoti l’avrai invitato a stare qui»
«ci ho provato, ma poi… glielo dirò la prossima volta»
«sai che nostro padre non sarebbe d’accordo» gli ricordò
«beh, potrebbe aiutarmi in cucina e in cambio noi lo ospitiamo»
«non lo so Yugi…»
«è tutta la vita che desidero trovare un amico vero e forse con lui io…» mormorò osservando il cielo sperando che Ra esaudisse il suo desiderio.
 
Il problema restava, ma in quel momento Tuya, la sorella maggiore, li interruppe.
«oh certo, noi ci spacchiamo la schiena e voi qui a chiacchierare! » li sgridò ,ma bastò un sorrisetto del piccolo di casa per scioglierla e calmarla
«scusa Tuya»
«ok, va bene, siete perdonati, ma adesso al lavoro che i clienti stanno già arrivando. Yugi copriti» gli chiese posandogli il mantello sulla testa.
 
Atem tornò a palazzo passando, come al solito, dall’ingresso riservato ai mercanti muovendosi di soppiatto per risparmiarsi l’ennesimo rimprovero.
 
«oh eccoti finalmente! » esclamò Mana balzando fuori da un vaso e prendendo in contropiede il principe che per lo spavento ruzzolò a terra.
«ma sei matta? » sbottò osservando l’amichetta mostrargli la lingua
«il maestro Mahad è molto arrabbiato con te, hai saltato di nuovo le lezioni» lo informò atteggiandosi a studentessa modello.
«avevo di meglio da fare» si giustificò rialzandosi e pulendosi dalla terra.
«oh certo, in città a fare del male a qualche malcapitato» sbuffò la ragazzina che conosceva fin troppo bene il principe, ma quella volta non era stato così e lui la corresse.
«oggi nessuna sfida. Ho conosciuto un ragazzo» la informò tenendo il naso all’insù, fiero della notizia:« sai l’altro giorno abbiamo giocato insieme e l’avevo quasi battuto, ma lui è scappato »
«oh certo e tu lo torchi da allora» intuì la ragazzina scrutandolo con aria furbetta
«non si lasciano le cose a metà » protestò
«ok, OK, ma ti conviene far combaciare i vostri incontri furtivi con i tuoi impegni prima che ti mettano il seguito alle calcagna. Sai, i maestri non sono molto contenti di perdere tempo»
«disse quella che di nasconde nei vasi» le rinfacciò.
Lo faceva anche lui, specialmente quando arrivava l’ora delle lezioni di combattimento e spada. Impugnare armi non lo divertiva nemmeno un po’.
 
«parlami del tuo nuovo amico» ridacchiò Mana, davvero curiosa di scoprire chi fosse il giovane che aveva regalato quel bellissimo sorriso che da un paio di giorni si vedeva sul viso del principe.
«ma…non siamo ancora amici, abbiamo parlato poco, so solo che si chiama Yugi» si fece titubante Atem andando a sedersi sulla staccionata del recinto dei cavalli e lei lo seguì.
«beh non è facile aprirsi con te sapendo che sei il principe» lo giustificò la ragazzina.
«è questo il punto, lui non lo sa, non mi ha riconosciuto! Capisci Mana, per una volta qualcuno che mi tratta come una persona normale! » le fece capire con quello sguardo da sognatore, di chi ha finalmente realizzato il suo desiderio.
«io ti tratto come una persona normale! » protestò la giovane apprendista
«sì, ma con te è diverso, ti conosco da una vita…» cercò di farle capire malamente. Intanto Mana era una ragazzina e anche se a volte si comportava come un maschiaccio non avrebbe mai potuto fare con lei cose che lui vedeva più tipiche dei maschi e poi erano amici d’infanzia, la loro confidenza si era accresciuta con gli anni. Comunque ogni tanto si accorgeva che pure lei si tratteneva dal dargli troppa confidenza, intanto non smetteva di chiamarlo ‘Principe’ solo raramente si permetteva di usare il suo vero nome.
«prima o poi lo scoprirà »
«si ma… nel frattempo saremo diventati amici e quindi…» fantasticò il principino.
 
Fu una gioia per gli occhi, quel sorriso così sincero e spensierato che Mana non gli vedeva da tempo immemore.
 
«voglio conoscerlo questo mago che ti ha ridato il sorriso» disse, ma Atem era troppo impegnato a fantasticare per darle retta.
 
Yugi. Non pensava ad altro, solo al ragazzino che gli aveva tenuto testa e con cui aveva una partita aperta che però non volle concludere, sentiva che terminare quella partita avrebbe significato dirgli addio e Atem non l’avrebbe mai permesso.
Voleva scoprire il suo vero volto e che ciò sarebbe accaduto solo conquistando la sua fiducia, diventando suo amico.
Forse il suo desiderio più recondito stava per essere esaudito, presto avrebbe trovato un vero amico, il suo migliore amico.

 


 
 
 
 
   
 
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