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Autore: Sanae77    11/01/2016    12 recensioni
Sinapsi
si•nà•psi
1. In neurofisiologia, la connessione funzionale tra due cellule nervose o fra una cellula nervosa e l'organo periferico di reazione.

E se questa connessione avvenisse anche tra due persone?
Svegliarsi e non sapere dove si è collocati.
Non ricordare come ci si è arrivati.
Essere da soli, ma essere coscienti che di solito accanto a noi c’è un'altra persona, che però non c’è.
Un percorso particolare per scoprire la vita della coppia più famosa di CT.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Taro
È passata una settimana dal risveglio di Tsubasa, si sta ristabilendo del tutto, per fortuna Genzo aveva pensato alla fisioterapia, è stata davvero la manna dal cielo, il Capitano si sta riprendendo velocemente, è taciturno da giorni, mentre continua a fissare la moglie di sottecchi.

“Non mi piace quello sguardo Ozora, che cosa hai in mente?” chiedo perplesso, perché sono giorni che sta studiando qualcosa ne sono, anzi ne siamo, certi, c’è anche Genzo qua adesso e siamo qui proprio perché Tsubasa ci ha detto che ci deve parlare. Wakabayashi è alla finestra a braccia conserte che guarda fuori, ma alla mia domanda posta al Capitano si è voltato, poi a lenti passi si è avvicinato.

Tsubasa si solleva sul letto e si mette seduto, poi parla “Ho bisogno del vostro aiuto.” Io e l’S.G.G.K. ci guardiamo stupiti, ma lui prosegue.

“Quello che sto per dirvi può sembrare assurdo, pazzo, folle, ma non me ne frega niente, io devo farla tornare da me.” Ci guardiamo sempre più perplessi, ma nessun timore leggiamo nei suoi occhi mentre continua a parlare.
“Mentre ero in coma, con me c’era anche Sanae, mi sono svegliato in una stanza grigia, dalla quale sono uscito digitando i numeri delle nostre maglie in nazionale Taro, 1110, una volta uscito ho trovato lei, vestita come una dea, ho subito capito che c’era qualcosa di storto in tutto questo, ma l’ho seguita, per tutte le porte che ha varcato, e solo adesso ho capito essere le porte della mia mente, o forse anche della sua, questo non lo so.
So soltanto che il profondo sentimento che ci lega ci ha fatto incontrare anche durante il coma, lei mi ha mostrato tutta la nostra vita da quando eravamo bambini, finché non siamo diventati marito e moglie. A proseguire la vita matrimoniale. Credo che fosse una prova, alla quale mi ha sottoposto la mia testa per riuscire a uscire dal coma, dopo che ho trovato la porta rossa con la scritta EXIT, ho iniziato a sentire la tua voce Genzo, ma Sanae mi ha detto fin dal principio che lei non poteva venire con me.
Non capisco se questo è perché era lei nella mia mente e quindi non poteva uscire dalla mia, oppure semplicemente perché da sola non ce la può fare; forse le sue ferite sono più gravi delle mie, questo non lo so, ma… voglio farmi indurre nuovamente al coma e andare a prenderla!” La sputa lì, come fosse la cosa più semplice del mondo.

Io e il portiere ci guardiamo in pieno panico, è Genzo a sbottare: “Sei impazzito, Tsubasa, tutti sappiamo che durante il coma, molte persone hanno raccontato cose strane e assurde, ma non sono vere, non puoi farlo, non puoi dire sul serio!” Lo rimprovera.
“Genzo! Non sono mai stato tanto serio in vita mia” risponde secco, deciso.
“Capitano pensaci per favore…” il mio tono è morbido supplichevole, voglio farlo ragionare, ma lui mi guarda fisso per poi riprende a parlare: “Ditemi voi, con due figli in arrivo, una madre che forse non li vedrà mai, se pensate di lasciare le cose così, ditemelo!? Oppure tentereste il tutto per tutto? Il mio cuore mi dice che è la strada giusta… vi prego aiutatemi!”

I suoi occhi saettano tra i nostri sguardi prima all’uno, poi all’altro, incontro lo sguardo di Wakabayashi, e non so davvero che pensare, dopo lo sento parlare e quello che odo non può essere vero: “Va bene Tsubasa, ti aiuterò che cosa devo fare?”
I due mi guardano, adesso sono io in netta minoranza, quindi sospiro e mentre annuendo esclamo: “Ok, ti aiuterò Golden!”

Finalmente lo vedo sorridere, mentre ci espone il suo piano.
 
 
Genzo
È passata un'altra settimana, oggi è il fatidico giorno, Tsubasa sta per essere indotto nuovamente al coma, dopo una serrata lotta tra avvocati, e dottori di parte ce l’abbiamo fatta, tutti i documenti necessari sono stati compilati e i medici specializzati in questo sono pronti, tutti hanno assicurato che sono capaci di risvegliarlo senza danni o problemi.

Ho deciso di aiutarlo perché l’ho visto così sicuro, così deciso, come quando scende in campo, lui se gioca lo fa per vincere e non per partecipare, quindi se fa questo è convinto di riportarla tra noi.
È sera, la stanza è illuminata da una flebile luce, l’odore di disinfettante è sempre pungente, esattamente come il primo giorno che sono entrato, molte persone sono radunate vicino al letto del Capitano, lui pare rilassato, immagino non veda l’ora di andare da Sanae, sempre a patto che davvero la trovi.
 
Attaccano le flebo, il suo sguardo si sposta tra me e Taro, mentre sulle sue labbra si forma la parola Grazie. Taro gli dice: “Riportaci la nostra prima Manager.”
“Sarà fatto Golden” sorride e dopo si addormenta… il conto alla rovescia parte, gli hanno concesso solo sette giorni, spero siano sufficienti.
 
 
Tsubasa
Dove diavolo sono?
Intorno a me il vuoto, il nulla, è tutto così… offuscato, inizio a gridare a gran voce SANAEEE, ma non odo risposta.
È tutto ovattato, non ci sono rumori, il bianco, il nulla mi aleggiano intorno.
Inizio a spostarmi, anche se la nebbia mi avvolge e non mi fa rendere conto del luogo e dello spazio, non riesco a capire dove devo andare, inizio ad avere anche freddo, quindi a passo più deciso mi sposto in avanti, allungo le mani che spariscono nella nebbia, continuo a camminare, ma non arrivo a niente, è passato tempo, tanto tempo, ma non ho concluso alcunché.

Mi fermo e mi siedo a terra, dove pensare ragionare, mentre una sensazione di nausea misto a panico mi avvolge, credo sia dovuta alla nebbia, che non facendomi percepire le profondità il luogo e lo spazio mi da questa sensazione di vomito persistente.
Chiudo gli occhi e faccio un profondo respiro.
Tocco il suolo, solo adesso mi rendo conto essere d’erba, ne strappo un pezzetto e la porto vicino agli occhi, ma non riesco a vederla, quindi per esserne certo l’annuso, tramite l’olfatto ho la certezza che sia erba, la mia mente vola subito a un campo da calcio. Che sciocco dopotutto l’inizio è stato qua, come ho potuto non capire.

Già, il calcio quello che ci ha sempre unito, ma certo sono dentro la sua mente adesso e magari lei mi sta cercando, non parlo, non grido, penso soltanto a lei intensamente e incondizionatamente, ho ancora gli occhi chiusi, mentre penso al nostro primo bacio, pochi mesi prima che io partissi per il Brasile.
Avverto del calore sulla mia pelle, apro gli occhi e un timido raggio di sole filtra tra la nebbia che adesso non è più così fitta, finalmente riconosco il luogo è il campo da calcio della nostra città natale.
Mi sollevo di scatto, anche se ancora non vedo benissimo, so perfettamente dov’è la struttura degli spogliatoi, è qua che si è svolta tutta la nostra vita.

Quindi correndo raggiungo lo stabile ed entro, per fortuna all’interno non c’è nebbia.
Arrivo allo spogliatoio maschile e lei è lì che ripone le divise. “Sanae, ti ho trovata finalmente” le dico, lei si volta sgranando gli occhi.
“Scusa Capitano, non sapevo che tu fossi ancora qua.” abbassa lo sguardo e arrossisce, mi sembra di essere tornato indietro nel tempo.
“Amore vieni andiamo via da qua.” Le dico allungando la mano.
Mi guarda esterrefatta come se avessi appena bestemmiato mentre ripete balbettando: “Am … Amore? Hai davvero detto quella parola?”

La guardo di traverso, che diavolo sta dicendo?! Quindi entro e mi avvicino, le prendo la mano e l’attiro verso di me, ma lei punta le mani al petto e si discosta.
Poi sbotta: “Tsubasa Ozora, che cosa sono queste confidenze?” dopo porta le mani alla vita nella sua classica posa dove emerge l’Anego che è in lei.
Mi fa sorridere era un po’ che non la vedevo fare così; già, perché adesso lo fa?

“Sanae, siamo sposati da un anno ormai, certe confidenze me le sono prese da un pezzo” sorrido dolcemente, mentre lei avvampa.
“Capitano non dire cavolate, non siamo neppure mai usciti noi due, figuriamoci poi sposati, tu pensi soltanto al pallone!” mi rimprovera.

Le mie orecchie non si capacitano di quello che stanno sentendo, lei non sa davvero nulla e ora come faccio a spiegarle tutto?!
Intanto decido di indagare: “Quanto tempo è che sei qua dentro Sanae?” La vedo ci pensa, si guarda intorno smarrita, non capisce, dopo parla.
“Tutte le volte che ho provato a uscire c’era così tanta nebbia che sono sempre tornata indietro, e tutte le volte ci sono sempre le vostre divise da mettere in ordine, non capisco, e … non lo so” abbassa la testa.
Continuo con le domande, perché deve rendersi conto da sola che non è la realtà. “Hai mai mangiato in tutto questo tempo?”
“No!” ammette dubbiosa
“Sei mai andata al bagno?” indago.
“Tsubasa che domande!” mi ammonisce.
“Rispondi Sanae, ci sei mai andata?” insisto.
“No.” Il suo sguardo è sempre più preoccupato.
“Credi che tutto questo sia reale allora o che ci sia qualcosa che non torna?” domando convinto.
“Io… io non lo so, è che fuori fa così freddo, inoltre non c’era più nessuno, il telefono non funzionava e io non sapevo che fare, quindi sono rimasta qua, ma ho perso la cognizione del tempo e dello spazio, non so più dove, come, e quando – mi fissa negli occhi – aiutami Tsubasa…” e mentre lo dice si getta tra le mie braccia.
“Sono venuto appositamente per questo, solo per questo, per portarti via con me.” Piange, sento la mia maglia inumidirsi, con due dita le sollevo il mento mentre le distanze si accorciano, le nostre labbra sempre più vicine, i respiri si confondono.

Le mie labbra sulle sue, finalmente il suo calore, il suo odore, è salata, le sue lacrime hanno un buon sapore sulle mie labbra. La sua bocca si dischiude per accogliermi, era tanto che non baciavo mia moglie, che non la baciavo veramente, lei non sa, lei ignora, ma il nostro amore supera tutto. Il bacio prosegue, ci scalda, mentre le mie mani sentono il suo corpo che da tanto, troppo tempo, non fondo con il mio, ho voglia di lei, ma non è certo il momento, devo portarla via di qua, devo dirle dei bambini.

Ci dividiamo ansimando, lei mi guarda rossa in volto come un peperone, neppure la prima volta che ci siamo baciati era così rossa, improvvisamente ricordo che con la ragazza che ho di fronte, praticamente non ha ancora fatto niente, lei non sa che siamo marito e moglie, e che siamo intimi già da tempo.
Sorrido e le poso un bacio sulla testa, mentre la invito a sedersi sulla panca degli spogliatoi…

“Vediamo Sanae, da dove inizio…” e con questa frase le racconto tutto. dell’incidente, del coma, di come lei mi ha aiutato a uscirne, di come mi ha fatto rinascere, di come l’ho trovata vicino a me nel letto dell’ospedale.
Non so esattamente quanto tempo passa mentre le racconto la nostra intera vita, poi arriva il momento di dirle dei bambini.
Lei ha ascoltato tutto, non ha proferito parola, mentre annuiva convinta.
“Quindi questo è tutto; c’è solo un'ultima cosa che mi resta da dirti…”
 
 
Sanae
Tutto quello che mi ha detto Tsubasa è incredibile, quindi questa non è la realtà, comincio a esserne convinta, visto che da tempo me lo stavo domandando e visto che lui è qua ne ho la certezza.
Siamo sposati… mi sembra un sogno.
Dopo poco succede qualcosa nella parete dello spogliatoio vedo formarsi un vortice, il Capitano si volta impaurito, si sta tenendo alla panchina, sta lottando, ma inesorabilmente viene trascinato al suo interno, io non avverto l’energia che lo sta risucchiando.

Con tutte le sue forze si aggrappa a ogni oggetto, allungo la mia mano e lui l’afferra mentre mi grida: “Non mollarmi mai hai capito?!” Annuisco, ma sono terrorizzata, volta il viso verso il vortice e inizia a gridare “ASPETTATE È TROPPO PRESTO, ADESSO L’HO TROVATA, ASPETTATE NON SVEGLIATEMI!”

Le nostre mani perdono la presa via via, mentre sento che non ce la faccio a trattenerlo, invece qualcosa trattiene me e non posso seguirlo, mi viene da piangere.

Tsubasa mi guarda terrorizzato. “Corri da me!” mi dice.
“Non posso, non riesco a muovermi!” Sto piangendo, mentre lui si allontana sempre di più.
Il vortice è sempre più vicino, il suo sguardo nel mio. “LA NEBBIA SANAE NON AVERNE PAURA, VIVILA, E RICORDA IL NOSTRO AMORE, TI HO ACCAREZZATO IN OSPEDALE E LA TUA PELLE SI È INCRESPATA, QUINDI TU MI SENTI, DEVI SCONFIGGERE LA TUA MENTE HAI CAPITO? SCONFIGGI LA TUA MENTE E TORNA DA NOI: TI AMO!” lo urla a gran voce prima di scomparire al di là del muro, in pochi attimi tutto torna come prima.
 
Sto tremando e sento un gran freddo invadermi, dalle mie labbra in ritardo esce un: “Ti amo Capitano” ma lui non può sentirmi, non più.
Resto a piangere per un tempo indefinito. Mi sollevo in piedi, mi asciugo le lacrime e cerco di seguire il suo consiglio, afferro la maniglia e la apro, percorro le scale di corsa e finalmente sono alla porta che conduce al campo, la spalanco con entrambe le mani e la nebbia mi avvolge il corpo, sento la paura circolare nelle mie vene, ma non mi arrendo.
A passi spediti affronto la nebbia, conosco il luogo come le mie tasche non devo averne paura, chiudo pure gli occhi, tutta questa nebbia mi dà più fastidio del buio delle palpebre.

Le sue parole:
ricorda il nostro amore… e il mio cuore sobbalza…
ti ho accarezzata… e la mia pelle s’increspa…
torna da noi… perché da noi e non da lui?
Ed ecco che il muro s’infrange, che si sgretola, che cade miseramente al suolo.
 
Flash back
Sono in una farmacia della zona, ho appena comprato un test di gravidanza, lo sto tenendo tra le mani mentre a passi veloci raggiungo l’auto e salgo.
Il mio volto riflesso nello specchietto sorride felice, ho un ritardo di soltanto un giorno, ma sono troppo curiosa, non resisto.
Metto in moto e percorro la strada di casa, parcheggio scendo di corsa e salgo in ascensore, arrivo al piano, scendo, ed entro in casa nostra. Chiudo la porta alle spalle e prendo un gran respiro. Poso la borsa sulla console e con la scatolina tra le mani mi dirigo al bagno, leggo tutte le istruzioni e dopo due minuti sono seduta a terra in bagno che sto ridendo come una cretina, pensando al modo più bello per comunicarlo al mio amato Capitano.
Così decido d’impacchettare il test e farglielo trovare sul cuscino, lo noterà subito appena stasera verrà a casa per cambiarsi per la cena di gala.
 
Passa il tempo, ma Tsubasa non torna, sento squillare il cellulare e corro a rispondere…
“Ciao amore.” mi dice lui dall’altro capo del telefono.
“Ciao Tsubasa” rispondo.
“Senti, ho fatto troppo tardi, fatti trovare pronta, non salgo. Ti faccio uno squillo quando sono sotto casa, scusami” dichiara.
Guardo il test impacchettato e sollevo le spalle, pensando che lo vedrà quando torneremo dal galà.
“Va bene, mi faccio trovare pronta.”
“A dopo Manager.”
“A dopo Capitano.”
Quindi circa un’ora dopo ricevo la sua telefonata e scendo di sotto, salgo in auto di fretta, mentre finisco di darmi un velo di lucidalabbra.
“Sei bellissima” dice mio marito.
“Anche tu sei niente male Ozora…” rispondo divertita, sono elettrizzata vorrei subito dargli la notizia, ma preferisco farlo stasera nell’intimità della nostra camera da letto.
“Ti brillano gli occhi, Sanae, hai passato una bella giornata?” mi chiede.
“Stupen…” ma non finisco la frase perché è l’ultimo ricordo che ho di quel giorno.
Fine Flash back
 
Quindi sono incinta, per quello ha detto Torna da noi.
Apro gli occhi, la nebbia è quasi scomparsa, e adesso finalmente ricordo tutto, la nostra vita, tutto, anche quello che lui ha scoperto dopo, segno che la mia testa adesso è connessa “Sono incinta…” esclamo.
“Sono incinta!” ripeto, mentre cado in ginocchio sul campo da calcio della nostra città e inizio a piangere.
 

Genzo
Stanno svegliando il Capitano, ma appena lo vedo cosciente inizia a sbraitare come un pazzo, che lo hanno svegliato troppo presto che l’aveva trovata, e che non è riuscito a portarla via; adesso piange, io mi avvicino a lui facendomi spazio tra i dottori, mi siedo a fianco del letto, lui mi guarda, nei suoi occhi la disperazione mi afferra per la maglia e inizia a strattonarmi, lo lascio fare, qualcuno tenta di calmarlo, ma io grido un: “Fuori tutti!”

Rimangono solo Taro e la sua ragazza, restiamo noi ad affrontare la sua disperazione. Continua a stropicciare la mia maglia, lo afferro per i polsi e lo blocco in un abbraccio, pochi istanti dopo lo sento piangere come un bambino contro il mio petto.
Siamo così concentrati su Tsubasa che non mi rendo conto del debole suono che proviene dalla mia sinistra.
La cantilena prosegue, è una nenia, una melodia, sono incinta, ripete, sono incinta.

Il Capitano smette di piangere e si solleva dal mio petto, i nostri sguardi si incollano e si voltano nello stesso istante, l’immagine che abbiamo di Sanae, ha qualcosa di diverso dal solito, il braccio che possiamo vedere non è steso dritto come sempre, ma è posato sul suo ventre ingrandito dalla gravidanza.
Torniamo a guardaci smarriti, mentre sento dei passi avvicinasi al letto della Manager, è Azumi: “Sanae?” le chiede.
Adesso notiamo anche il leggero movimento della mano, che liscia debolmente la pancia e una lacrima sgorga dagli occhi ancora chiusi.
Tsubasa si solleva, io mi alzo e lo aiuto a fare altrettanto, intanto Taro è dall’altro lato del letto di Sanae.
Ozora la raggiunge e si mette al suo fianco, le prende la mano posata sulla pancia e inizia a parlare: “Sanae amore, mi senti?” ma niente.

Abbassa il lenzuolo, e solleva la sua camicia, in un gesto di pudore, mi viene da voltarmi, ma per poco, sono troppo curioso di sapere se quel pazzo ce l’ha davvero fatta.
Le accarezza il ventre e la pelle della sua donna s’increspa dopo le parla: “Lo vedi amore che riesci a sentirmi? Resta con noi ti prego!” si china e le bacia le labbra, appoggia la sua fronte alla sua e continua a darle dolcissimi baci, mentre accarezza i suoi figli e sua moglie.

Mi sale un improvviso groppo in gola, sto per piangere ne sono certo, anzi una lacrima è già sfuggita, ma la nascondo cancellandola subito con la mano.
 
 
Tsubasa
Sono sicuro di aver sentito la sua voce, ne sono certo, e poi la mano, non è mai stata posizionata così. Aiutato da Genzo la raggiungo, le parlo, la sfioro, la bacio, voglio farle sentire che io sono qua con il suo corpo, deve solo ricollegare la sua mente. “Sanae, torna da noi, non posso farcela da solo!” sussurro sulle sue labbra.
Sento le sue muoversi debolmente, discosto la bocca e avvicino l’orecchio per sentire, esce un soffio e finalmente capisco: “Ho sconfitto la nebbia Capitano, ho ricordato tutto, sono incinta, non ho fatto in tempo a dirtelo quella sera.”
Il mio cuore lo sento balzare fuori dal petto, è di nuovo con me, è di nuovo con noi. Le afferro il volto e la bacio, ancora e ancora, sulle guance calde, sul naso sugli occhi, la amo, la amo da impazzire, mentre mi volto e inizio a gridare: “SI È SVEGLIATA, SI È SVEGLIATA”.
 
 
… tre anni dopo.
 
Sanae
“Hayate, Daibu dobbiamo andare, papà ha finito venite.” Grido ai miei figli che si stanno rincorrendo per tutto il Camp Nou con un pallone a testa, sembrano due Tsubasa miniaturizzati, quando mi sono svegliata dal coma sapevo di essere incinta, questo sì, ma quando una settimana dopo mi hanno detto che erano due, ho rischiato di caderci nuovamente in coma: per lo shock.

Ovviamente il resto della gravidanza ho dovuto passarlo a letto e ho dovuto fare un taglio cesareo, il mio fisico era davvero troppo provato per affrontare un parto naturale, anche se i bambini erano in posizione perfetta, ho provato a convincere i dottori, ma tutti hanno talmente gridato al miracolo, che i due bambini fossero sopravvissuti all’incidente, che non me la sono sentita né d’insistere, né di rischiare nuovamente.
Perché è vero, loro sono un miracolo, loro hanno continuato a vivere, loro mi hanno riportato dal mio amore, perché è ricordando il test di gravidanza e la gioia provata che la mia mente ha trovato la sua strada e il suo posto.

Vedo arrivare Tsubasa dalla scalinata degli spogliatoi, si è cambiato, ha già fatto la doccia, domani è festa e abbiamo deciso di portare i bambini a un parco giochi. I figli appena lo vedono gli corrono incontro, lui li accoglie tra le sue braccia e li solleva entrambi regalando baci a destra e a sinistra.
Mi avvicino e lo aiuto prendendo Daibu in braccio.

“Non devi fare sforzi amore, se ti dà fastidio venire al campo ci possiamo trovare fuori” dice.
Scuoto la testa e parlo: “Tsubasa, non sono di porcellana, sto bene, i bambini non mi pesano e il campo non mi dà fastidio, anzi lo adoro, perché è proprio grazie al campo, e al calcio che ci siamo rincontrati nuovamente.”
“Hai ragione Sanae, ma sai che da quel giorno …”
“Da quel giorno sei una cozza Tsubasa, non mi lasci respirare, non mi lasci fare niente, ti amo, ma ti assicuro che sto bene e che non mi rompo, ok?!”
“Ho temuto di perderti, lo sai!”
“Lo so, ma non è una scusa per soffocarmi in tutto!” lo rimprovero bonariamente.
“Agli ordini ANEGO!” mi sfotte facendo un saluto militare.
“Piantala di prendermi in giro o torno a mettermi la fascetta rossa!” lo minaccio.
Si avvicina e sussurra al mio orecchio dopo che entrambi abbiamo adagiato i bambini a terra che sono tornati a correre sull’erba verde. “Se indossi solo quella per me va benissimo…” il tono è mieloso e malizioso.
Avvampo, mentre lui si allontana e sghignazza, con una mano picchio un finto pugno sul braccio, lui mi afferra e mi attira a sé.

Ci fissiamo per un attimo mentre sento le sue labbra imprigionare le mie, il bacio è caldo e passionale, come tutte le volte che le nostre lingue si trovano.

Ci stacchiamo ansimando. “Te l'ho detto oggi che ti amo?” mormora sulle mie labbra.
“No, oggi mi sembra di no” rispondo altrettanto accaldata.
“Ricordi cosa ti ho detto durante il coma?” mi chiede.
Lo guardo curiosa, perché sinceramente adesso non ricordo molto bene.
“Abbiamo stabilito che manca qualcosa da fare dentro allo stadio…” il tono è allusivo e malizioso.
Spalanco la bocca con stupore ricordando esattamente che cosa manca alla nostra collezione di eventi all’interno di uno stadio: fare l’amore.
“Sei un pazzo!” ammetto.
“Sì, sono pazzo e innamorato di te, ti amo Manager.”
“Ti amo Capitano, grazie di avermi riportato a voi.”

 
   
 
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