- Capitolo 2-
Shin’o, Accademia per
Shinigami! Primo giorno.
Kaien non
aveva mai visto una cosi grande moltitudine di ragazzi
tutti assieme. Poco dopo che ebbe varcato l’ampio cancello che conduceva
all’interno dell’edificio, si concesse un’ampia occhiata a quella che sarebbe
stata la sua casa nei mesi a venire: notò immediatamente che l’intero l’Istituto Spirituale Shin’o per apprendisti shinigami assomigliava incredibilmente ad un Do-jo, simile a quello nel quale era solito allenarsi con
suo padre, e ciò contribuì a farlo sentire a suo agio più di ogni altra cosa.
I lunghi
corridoi erano affollati di ragazzi di ogni età,
alcuni urlanti, altri entusiasti, altri vagamente preoccupati, ed il rumore
soffocato dei piedi nudi sul tatami era il suono più evidente,
insieme alla moltitudine di voci.
Kaien vide
tutto questo e ne rimase affascinato.
Si guardò
intorno più volte, un po’ incredulo ed un po’ impaziente, lanciò lunghe
occhiate alla folla di coetanei che lo circondava e
provò ad immaginare quali sarebbero divenuti suoi grandi amici e quali i
peggior nemici.
Poi,
fissandoli uno ad uno, notò una cosa che prima gli era sfuggita: tutti avevano
già indossato l’uniforme, e lui era, apparentemente, l’unico a non averlo
ancora fatto.
Avvampò
leggermente, e d’improvviso provò il forte desiderio che nessuno lo fissasse mentre, lesto, sgusciava all’interno di una stanza
apparentemente vuota e sfilava dalla sacca la propria divisa per indossarla.
Si chiuse
la porta alle spalle; stava appunto per sospirare di sollievo, quando udì un
leggero fruscio proveniente da dietro. Prima che potesse
fare alcunché, un dolore acutissimo gli trapanò la testa e la vista gli si
appannò di colpo, il tutto accompagnato da una voce femminile che urlava
qualcosa di tremendamente simile a “Pervertito!”.
Dolorante
e rannicchiato al suolo, Kaien si tenne la testa stretta tra le mani per buoni
venti secondi prima di riuscire a riprendere il possesso di sé.
«Si può
sapere perché accidenti mi hai colpito?»,
sbottò, furioso, rivolto alla ragazza (della quale vedeva solo i piedi) che gli
stava davanti.
«Io?», sibilò quella, altrettanto
collerica. «Tu sei entrato
mentre mi cambiavo! Pervertito!».
Kaien
inarcò un sopracciglio e ricordò: doveva indossare l’uniforme.
Ignorando totalmente
la ragazzina urlante ed il forte giramento di testa, si resse alla maniglia
della porta per rialzarsi in piedi e fece per uscire dalla stanza, quando
quella lo bloccò tirandolo malamente per una manica.
«Ehi!»,
fece, «Non fare finta che io non abbia detto nulla!».
A quel
punto, forse a causa di quelle parole o forse dell’inflessione
particolare della sua voce, nella testa di Kaien scattò qualcosa. Qualcosa come
un ricordo... parole già udite. Una voce già
udita. A quel punto, suo malgrado, sollevò gli occhi color nocciola e li posò
sulla ragazza, guardandola in viso per la prima volta.
Rimasero
entrambi senza parole. La bocca spalancata, si fissarono per secondi
interminabili, puntandosi contro l’indice a vicenda, prima di riuscire a
biascicare qualcosa.
«S-Sora!», esclamò Kaien, quando lo stupore iniziale fu
passato. Era certo che fosse lei: nonostante la voce assai diversa da quella
che ricordava –l’ultima volta era poco più che una bambina-, il tono
autoritario intriso in essa era sempre lo stesso.
E poi - pensò,
con un mezzo sorriso - nessun’altro gli aveva mai
urlato più spesso di lei “non fare finta
che io non abbia detto nulla”, e per di più con quell’inconfondibile nota
imperiosa.
Sora
lo guardava ancora come se non credesse ai proprio occhi.
«Oddio. Kaien», sussurrò, dopodichè
quasi urlò. «Kurosaki Kaien!». Gli
rivolse un ampio sorriso e gli gettò le braccia al collo, poi si ritrasse quasi
subito, imbarazzata, intuendo probabilmente cosa significasse
il fatto che non avevano più nove
anni.
Anche
Kaien arrossì, e non poté fare a meno di domandarsi perché: infondo, lui e Sora avevano più volte fatto il
bagno insieme da piccoli e condiviso la maggior parte della propria infanzia.
«Ehm,
allora, anche tu qui?», domandò, per rompere l’imbarazzo. «Lo zio Uryu ti ha permesso di venire?».
Sora
si gonfiò d’orgoglio. «Si», confermò, «non gli ho permesso di indirizzarmi ad
una vita fatta di tuniche bianche, archi, frecce e ridicole croci. Mi dispiace per la tradizione di famiglia, ma a
quella possono pensarci Go e Roku,
se proprio ci tiene».
Kaien
rise: Sora non era cambiata. «Dimmi, come stanno
quelle due pesti?», chiese, e provò ad immaginare quanto due bambini di tre anni e mezzo potessero essere cresciuti
in ben quattro anni. «Hanno messo la testa a posto?».
Sora sospirò.
«Direi che sono peggiorati. Papà non sa più cosa fare
con loro, mamma invece li trova divertenti... beh, di certo i loro scherzi non
lo sono. Per niente».
«Alla
prossima occasione voglio proprio vederli. Sono... beh, quattro anni. E’ tanto,
eh?».
La ragazza
annuì. «Già! Mi chiedo perché ci siamo persi di vista per tanto tempo. Tu lo
ricordi?».
Kaien si
portò una mano sul mento e rifletté per qualche attimo. «No», concluse. «avevamo litigato, questo è certo...
ma proprio non ricordo per cosa».
«Anch’io... ah! Come sta Sacchan?».
«Rottura
di scatole come sempre».
Sora
sospirò. «Lo è solo per te, Kaien. E’ adorabile!».
«Si,
soprattutto quando ti costringe a giocare a “prendiamo il the coi peluche”. Adorabile».
«Humpf», bofonchiò Sora,
«prestamela ed io ti cedo volentieri Go e Roku».
«Affare
fatto!», esclamò Kaien, ma proprio in quell’istante due Jigoku
Chou entrarono dalla finestra e svolazzarono attorno
alle loro teste.
Una si
posò sulla spalla di Kaien. “Tutti gli
studenti sono attesi nel cortile principale per il discorso di benvenuto entro
cinque minuti”. Il ragazzo rimase per qualche attimo senza parole: il
messaggio trasportato dalla farfalla gli era penetrato
direttamente nel cervello non appena l’aveva sfiorato, come una sorta di
telepatia.
Essere un
apprendista shinigami cominciava a piacergli sempre
di più.
«Kaien!», Sora lo riscosse bruscamente,
scuotendolo per le spalle. «Tra cinque minuti! Presto, non indossi ancora
l’uniforme!».
Kaien
trasalì. «Giusto!», esclamò, e si affrettò a prelevare la divisa dal pavimento
dove l’aveva lasciata cadere. «Non sbirciare!», disse a Sora,
ma lei si era già voltata, leggermente rossa in viso. Kaien si chiese se anche
lei trovasse buffo il fatto che l’ultima volta che si erano visti avevano
nuotato insieme nel fiume senza alcun imbarazzo.
«Fatto?»,
domandò la ragazza, senza voltarsi.
Kaien finì
di allacciare l’obi, con qualche difficoltà -improvvisamente,
sua madre prese a mancargli molto-. «Fatto», annunciò, e schizzò fuori dalla stanza, lungo i numerosi corridoi affollati,
seguito da Sora.
*
Ichigo
non smise un attimo di fissare la moltitudine di ragazzini davanti a sé finché
tutti non furono scomparsi all’interno dell’edificio; a quel punto, prese a
fissare il cortile vuoto, chiedendosi quando ci sarebbero state le prossime
vacanze. Probabilmente a Natale. Quanto mancava a Natale...?
«Papà»,
fece Masaki, accanto a lui, tirandogli l’haori con la manina.
Ichigo
spostò lo sguardo verso il basso ed incontrò gli occhioni
blu della figlia che lo fissavano, vagamente lucidi.
«Papà,
Kaien mi manca già», sussurrò lei, tirando su col naso. Era evidente che si
stesse sforzando di non piangere. «A te no?»
Il padre le sorrise, intenerito, e la sollevo tra le braccia.
«Si, piccolina», rispose, «manca tanto anche a me».
Masaki
rispose al sorriso, mostrando i dentini bianchi, dopodichè spostò
lo sguardo sulla madre e sussurrò, piano. «Manca pure a lei?»
Rukia
stava a qualche metro da loro, pensierosa e con le braccia incrociate al petto,
ed anch’ella fissava l’imponente edificio come se
sperasse di veder ricomparire il figlio da un istante all’altro.
«Si»,
rispose nuovamente Ichigo, «anche a lei».
Masaki,
soddisfatta dalla risposta, si divincolò dalle braccia del padre e sgusciò a
terra.
Ichigo
raggiunse Rukia.
«Nostalgia?»,
domandò.
Lei lo
guardò e scosse leggermente il capo. «No, è solo... beh, è strano essere di nuovo qui dopo tanti anni».
«Come
ritornare al passato? Beh, io purtroppo non c’ero, perciò non posso saperlo».
Lo disse con una punta di rimpianto, e Rukia dovette
percepirlo, perché gli strinse la mano.
«Ora ci
sei, bakamono», sussurrò, la guancia premuta contro
il petto di lui, intensificando la stretta delle loro
mani. «Conta questo»
Ichigo
le sorrise ed avvicinò il volto al suo. «Arigatou», respirò sulle sue
labbra.
Sentì il
volto di Rukia tendersi in un sorriso.
Dopodichè,
la voce della loro secondogenita che li chiamava - evidentemente entusiasta per qualcosa - li costrinse a staccarsi di colpo, un po’
rossi in viso.
«Papà, mamma!», gridava, correndo verso di loro, «guardate chi c’è!».
Alle
spalle della bambina, i due videro avanzare un uomo ed una donna che li salutavano. L’uomo fece appena un cenno col capo, andandosi
a sistemare gli stretti occhiali sul naso, mentre la donna agitò furiosamente
le braccia per farsi notare, urlando un “ciao” a pieni polmoni.
«Sempre gli stessi», borbottò Ichigo, ma dovette ammettere che la cosa non gli
dispiaceva. Erano pur sempre i suoi migliori amici.
I due li
raggiunsero entro pochi secondi.
«Giorno,
Kurosaki», commentò Ishida, con tono falsamente
freddo. «Vedo che purtroppo i tuoi capelli non hanno ancora cambiato colore. Me
ne rincresco».
Ichigo
aggrottò le sopracciglia, piccato. «Vedo che sei ancora un ridicolo Quincy-Megane, neh, Uryu?».
Rukia
ed Inoue sospirarono entrambe.
«Giorno, Kurosaki-kun», salutò allegramente quest’ultima,
ignorando il marito che lanciava insulti d’ogni genere al suddetto Kurosaki.
«Oss», rispose lui, «Si può sapere perché ancora non mi
chiami per nome, Orihime?».
Rukia
annuì. «Anche me. Mi chiami ancora Kuchiki-san!».
«Ma... non riesco a chiamarvi se non Kurosaki-kun
e Kuchiki-san! Oddio, ora ci provo...». E la sentirono borbottare più volte sottovoce le parole “Ichigo e Rukia, Ichigo e Rukia, Ichigo e Rukia...”.
«Proprio
irrecuperabile, eh» rise Rukia, ed Ichigo annuì. Era quasi riuscito a dimenticare
il fatto che non avrebbe rivisto suo figlio per mesi.
«AH!»,
esclamò, all’improvviso. «Se voi due siete qui vuol dire
che Sora-chan è riuscita a...».
Lo sguardo
di Ishida si fece
improvvisamente cupo. «Si», mugugnò, tra i denti. «Quel piccolo diavolo... si è
permessa di dire che... che... che preferisce il nero!». Guardò gli altri
tre, come se si aspettasse di ricevere parole di conforto del tipo “Tranquillo,
sai che scherzava”, ma quelli rimasero zitti e
immobili.
Poi, Ichigo scoppiò in una sonora risata. «E
brava Sora-chan!», esclamò, dando una pacca sulla
spalla dell’amico. «Lo sapevo che avrebbe scelto la strada giusta!».
«Kurosaki, attento a te...», sibilò Ishida, ma venne interrotto da Inoue, che commentò, candida «Anch’io
sono felice che abbia scelto gli shinigami!».
A quel
punto, Uryu Ishida si
rannicchiò in un angolino desolato deciso a non
uscirne per i prossimi decenni.
Ichigo
decise di smettere di provare a cavarlo fuori dal suo
anfratto e dedicarsi a qualcosa di più utile: con lo sguardo, cercò Masaki che giocava lì intorno, per accertarsi che non le
fosse accaduto nulla (l’ultima volta che l’aveva persa di vista per più di un
battito di ciglia, l’aveva ritrovata infilata nella lavatrice). L’avvistò
qualche metro più in la, ridente, intenta a farsi
rincorrere da due bambini più piccoli di lei e palesemente identici tra loro,
ad eccezione del colore dei capelli, un arancione-castano
per l’uno, nero-blu per l’altro. Quando i due ebbero
acchiappato Masaki, lei ed uno di loro presero a
rincorrere l’altro; il gioco pareva divertirli un mondo.
«Quelli
sono i piccoli Go e Roku?», domandò
Ichigo ad Inoue, sorpreso.
Lei annuì.
«Beh, non sono più tanto
piccoli, a quanto pare».
Inoue
rise. «Sono passati quattro anni da quando li hai
visti l’ultima volta, Kurosaki-ku... ehm, Ichigo». Arrossì
un po’.
«Proprio
non ce la fai, eh?», commentò lui, ed Orihime annuì.
«Kurosaki-kun è sempre Kurosaki-kun».
«Ma adesso, tu...».
Inoue
scosse il capo con forza. «Tranquillo, tranquillo, Kurosaki-kun!
Io con Uryu sto bene, davvero,
ormai... non ci penso più».
Ichigo
le sorrise, sollevato. «Sono felice per te».
Si guardò
intorno, alla ricerca di Rukia: la trovò impegnata a
rincorrere i bambini, e pareva incredibilmente divertirsi tanto quanto loro.
Sbuffò,
vagamente intenerito. «Meglio che vada a riprendermi mia
moglie», disse ad Inoue, salutandola. «Altrimenti rischio che le venga la voglia improvvisa di un altro
bambino...».
Per un
attimo, prese in considerazione l’idea. «Beh, non sarebbe male», si ritrovò a
sussurrare tra sé, con sua sorpresa, «per niente».
*
Il
cosiddetto Discorso di Benvenuto era
quanto di più noioso Kaien avesse
mai udito in vita sua, incluse le prediche di zia Yuzu
sull’importanza di lavarsi i denti tre volte al giorno dopo i pasti.
Sora
aveva brillantemente suggerito che potesse trattarsi
di una prima prova da superare. “Solo i più forti di stomaco ce la fanno”, aveva annunciato, e Kaien
si era trovato totalmente d’accordo con lei. Ma non
pensava di essere abbastanza forte da resistere ad altri dieci minuti di filippiche
su “L’importanza dell’essere dei privilegiati Studenti dello Shin’o, Istituto dello Spirito, fondato più di duecento
anni fa dal Capitano Comandante Generale delle Tredici Brigate di Protezione, Yamamoto Shigekuni Genryusai”, ed avanti così all’infinito.
Cominciò a
desiderare ardentemente una delle consuete gare di Shunpo
con suo padre o un sano allenamento con il caro Zangetsu.
«Io mi suicido», sussurrò a Sora, la quale
pareva annoiata tanto quanto lui, ma si sforzava almeno di ascoltare.
«Se lo
fai, voglio che mi lasci la tua collezione di CD», fece quella in risposta, «comunque, addio. E’ stato bello rivederti».
Kaien
sbuffò. «Grazie mille, Sora. Sei un’amica».
«Non c’è
di che», rispose distrattamente lei, e tornò a concentrarsi sull’interminabile
sermone, che ora proclamava “...in quanto l’Orgoglio di uno Shinigami
è donare la sua vita per
«Bla Bla. So già tutto, me l’ha spiegato mia madre quando avevo tre
anni».
«Non sono
tutti fortunati come noi, sai?», gli sussurrò Sora, con
una punta di risentimento «alcuni tra questi sono nati nel Rukongai e non sanno
nulla di Shinigami.
La loro fortuna è stata possedere un po’ di reiatsu. Cosa che per noi è scontata».
Kaien
si sentì improvvisamente molto in colpa. Si guardò attorno, e fu certo di aver
identificato quali fossero i ragazzi del Rukongai:
erano forse più trasandati e malridotti degli altri, ma se ne stavano immobili,
gli occhi fissi sul vecchio shinigami che pronunciava
il discorso, decisi a non perderne neppure una parola. Sapevano di aver
ricevuto un’opportunità unica e non desideravano sprecarla.
Nei loro
occhi, Kaien vide una determinazione simile a quella
scorta negli occhi dei suoi genitori, o dello zio Renji,
o di chi ne aveva già passate tante nonostante la
propria età ed aveva più volte lottato per sopravvivere, ed era fiero d’esserci
riuscito.
«Lo so»,
sussurrò a Sora, stavolta a voce molto bassa. «Anche mia madre era così». E ne sono fiero, si ritrovò a pensare.
Dopodichè,
s’impose di non perdere più neppure una parola dell’orribile discorso, per
quanto fosse difficile (impossibile
suonava assai meglio).
Ma
quello non durò ancora a lungo.
Dieci
minuti dopo, l’anziano shinigami smise di parlare e
fece segno a qualcuno dietro di lui perché si avvicinasse. «Vi presento»,
annunciò. «Il finanziatore dello Shin’o,
Istituto per Shinigami, colui grazie al quale tutti
voi potete essere qui oggi. Attualmente al Capo
del celebre e prestigioso Clan Kuchiki, ultimo
erede...».
«... Kuchiki Byakuya», concluse per lui Kaien, gli occhi
spalancati. Non si aspettava che suo zio Byakuya (decisamente lo zio che detestava di più tra tutti quelli che
aveva, acquisiti e non) fosse il finanziatore dell’Accademia, ne avrebbe
immaginato di trovarlo li.
Era
perfettamente a conoscenza dell’odio che lo zio provava verso di lui,
probabilmente a causa della così evidente somiglianza con suo padre e di
conseguenza con Shiba Kaien,
l’uomo da cui aveva preso il nome.
Non ne fu
certo, ma gli parve di vedere Kuchiki Byakuya che rivolgeva un’occhiata gelida nella sua
direzione. Rabbrividì.
«Simpaticissimo tuo zio, eh?», commentò
sarcastica Sora.
Kaien
non rispose.
Guardò
verso il piccolo palco sul quale suo zio ed il vecchio shinigami
parlottavano a bassa voce. Poi, notò per la prima
volta le razioni della platea che lo circondava:
all’iniziale silenzio si erano sostituiti una moltitudine di mormorii eccitati,
tra i quali Kaien riuscì a distinguere “E’ un
Capitano, che emozione”, “Ho visto un Capitano da vicino! Non vedo l’ora di
raccontarlo a casa!”, “Un nobile, è un nobile....”.
Notò che
tutti pronunciavano la parola Capitano quasi
con riverenza, come si trattasse di una divinità. «Beh?», borbottò. «Mio padre
è Capitano e mia madre Luogotenente! Cosa c’è di strano?».
I ragazzi
attorno a lui lo guardarono come fosse matto e presero a borbottare più forte
tra loro, probabilmente decisi ad ignorarlo.
Sora
sbuffò. «Kami, non sbandierarlo a tutti, Kaien! Potrebbero prenderti in odio a causa delle tue
origini!».
«Tu non mi
odi, però. E non sei figlia
di shinigami».
«Si, ma è
diverso...».
«Lo so, tu sei mia amica. Però spero
davvero che nessuno mi odi», ribatté, seccamente. Rivolse uno sguardo a suo
zio, e stavolta fu certo che l’astio nei suoi occhi di ghiaccio fosse rivolto a
lui. «Basta già lui», bofonchiò.
Decise di
distrarsi concentrandosi sulle parole del vecchio, che aveva ricominciato col
sermone. Non ce ne fu bisogno: quando tra il fiume di chiacchiere udì il nome Kuchiki, la sua attenzione venne
catturata irrimediabilmente.
“Abbiamo
l’onore di ospitare quest’anno anche il rampollo dei Kuchiki, figlio adottivo del Nobile Capitano Kuchiki.”, recitava il vecchio. “Lui, come molti di voi, è
nato nel Rukongai, ma il Nobile Byakuya l’ha
gentilmente preso con sé e fatto diventare il proprio erede legittimo.... vi preghiamo tutti di trattarlo come uno di voi”.
Un
mormorio diffuso si levò dalla folla di studenti.
Kaien
si chiese, piuttosto seccato, perché nessuno menzionasse la presenza tra loro
del figlio del Capitano Kurosaki e della Luogotenente Kuchiki,
della tredicesima brigata.
Meditò per
un attimo di urlarlo a tutti, poi ricordò le parole di Sora
e si sforzò di trattenersi. Non che andasse alla
ricerca della popolarità, ovvio... solo era fiero dei suoi genitori e voleva
che tutti lo sapessero. Voleva che sapessero quanto fosse orgoglioso di essere
il figlio di Kurosaki Ichigo.
«Hai
sentito», bisbigliò Sora, «anche tuo cugino è qui quest’anno».
«Già...
quello lì è sempre stato un mistero. Il caro zio Byakuya
non ha mai voluto che lo conoscessi, nonostante fossimo coetanei. Mi chiedo...
chissà che tipo è».
«Probabilmente
lo sapremo presto».
Kaien
sorrise, improvvisamente curioso. Aveva sempre desiderato incontrare suo cugino
ed avere finalmente un amico maschio e
della sua età con cui allenarsi e trascorrere il tempo...
Anche se, si
disse, Sora da
bambina era più che un maschiaccio. Kaien ricordò
con nostalgia le volte in cui, da piccoli, qualcuno li aveva scambiati tra loro
a causa dei corti capelli neri di entrambi e dell’attitudine di Sora a comportarsi come un maschio, parlare come un maschio, giocare insieme ai maschi...
Spinto da
una forza invisibile, Kaien la guardò.
I capelli nero-blu, ormai lunghi fino alla vita e trattenuti ai lati da due
fermagli celesti simili a fiori, andavano ad accarezzare la schiena fasciata di
bianco con una piccola curva. I grandi occhi verdi erano contornati da ciglia
folte che conferivano allo sguardo una luce femminile, eppure determinata. Le
piccole mani stringevano al petto un’agenda ed il corpo minuto era gentilmente
fasciato dall’uniforme bianca e rossa cucita da Ishida
apposta per lei.
Kaien
si voltò, rapido, prima che Sora lo scoprisse a fissarla;
decisamente, intuì, non era più la stessa bambina con
la quale aveva trascorso pomeriggi giocando all’ombra dei ciliegi in fiore.
Eppure,
il fatto che il suo carattere –almeno quello- non fosse cambiato, lo rassicurò
molto. Era ancora Sora, la sua migliore amica,
nonostante ora sembrasse decisamente... beh, una ragazza.
Fu proprio
lei a distoglierlo dai propri pensieri, brusca come
sempre. «KA-I-EN!», cantilenò, esasperata. «La
cerimonia è finita, si può sapere a cosa pensi? Dobbiamo andare nei dormitori e
scegliere le nostre stanze...».
Ma Kaien non l’ascoltava più.
Improvvisamente,
aveva realizzato che, dopo averlo sperato ed aspettato
per anni, la sua carriera da aspirante shinigami era
cominciata.
*
Fine secondo
capitolo.
Angolo dell’Autrice.
Secondo
capitolo concluso >__<. Beh, spero che sia più bello del primo che - lo
ammetto- ho trascurato molto, a causa di problemi miei [Hota
sa cosa intendo +__+]. Comunque, ho cercato
d’impegnarmi di più in questo, poiché il cosiddetto “Progetto Pargoli” è uno di
quelli che mi sta più a cuore tra tutte le fanfic che
ho attualmente in cantiere.
Per quanto riguarda “gli adulti”, ovvero i personaggi ©Tite
Kubo, spero di non aver creato particolari OOC,
tenendo conto del passare degli anni e dei nuovi rapporti instauratisi tra essi
durante questo tempo.
Poi,
qualcosa che nello scorso capitolo ho dimenticato di
annunciare, e cioè l’ispirazione. Chi
mi ha dato l’idea per questa fanfic? Beh, è presto
detto. J.K.Rowling. Una donna, un mito ù___ù. E vi dicono niente, James, Lily, Albus, Hugo, Rose, Scorpius, Teddy e chi più ne ha
più ne metta? XD.
Non ho
resistito >__<”. Ho finito di leggere i Doni della Morte, e puf. Ho dovuto
scrivere questa cosa.
E
l’ispirazione dell’Accademia-Scuola è comunque Potteriana,
perciò ringrazio davvero tanto, tanto tanto la zia Row per aver scritto
Detto ciò,
passo a rispondere alle (lunghissime) recensioni che mi avete
lasciato XD.
Kyù: Una coincidenza, dici? ù__ù. Eh,
no, per il vecchio Kubo non esistono coincidenze,
cara ù__ù. Sicuramente lui deve averci pensato ed
disegnato Ichigo e Rukia
apposta per... *la sopprimono*.
Grazie comunque per i complimenti, Kyù XD.
Win: Win, NON ti farò notare che nella
tua recensione hai scritto Ichihime al posto di Ishihime. Potrei pensare ad un intervento da
parte di quell’uomo che è pinkO, ma, poiché ti sei adeguatamente scusata, non
ti sottoporrò alla tortura delle pillole anti virus
cinque volte al giorno ù___ù. Contenta? XD. Comunque,
scherzi a parte, grazie mille per i complimenti, e beh, per i bei bambini
complimentati con loro, che ci hanno messo il DNA (e pure qualcos’altro ù__ù).
Smemo92: Spero che il secondo capitolo ti sia piaciuto quanto il primo >__<. Felice
che l’idea ti sia piaciuta, non credevo di poter
riscuotere tanto successo XD. Arigatò gozaimashita <3.
PhOeNiX_93: Eccoti il prossimo, spero che ti
piaccia <3. Grazie per i complimenti, sono lusingata >\\\<.
Tifa: Grazie per la lunghissima recensione,
Tifuccia cara XD (e questo che nome è? òwò). Ti dico che anch’io da
autrice adoro Sora, è una tosta :riot:
Per fortuna non ha preso dai genitori, entrambi un po’ troppo cedevoli, ecco ù___ù.
Davvero
hai immaginato le scene? *O* Ciò implica forse che sono
riuscita a rendere l’effetto che volevo? XD Beh, sarebbe grande ù__ù. Cioè, no, davvero, spero che sia stato lo stesso anche in
questo nuovo capitolo, forse un po’ di transizione, ma credo [ribadisco credo] che sia venuto carino. Smentitemi
pure ;__;
Per quanto
riguarda Kon, non l’abbiamo visto in questo capitolo
perché è stato distratto dalla propria missione a causa della moltitudine di
ragazze presenti all’interno dell’Accademia. Comunque, secondo me ritornerà presto da Masaki
in lacrime. Kaien sa essere altrettanto sadico,
quando vuole ù____ù.
Suor
Pigna: B, è
davvero un papiro, OMG XD. Io amo le recensioni lunghe, comunque,
quindi hountoni arigatò *Q*. Kaien ti ricorda Ikkaku? XD. In effetti, è un po’ pazzo proprio come lui
ù__ù. E si, assomiglia a Ichigo,
a Rukia e pure a Kaien,
perché, come ho detto prima, il caro Kubo aveva
previsto tutto ù.ù. E Ichigo
non potrebbe mai togliergli la play station ed il cellulare, è troppo buono,
mentre Rukia potrebbe eccome xD.
Diciamo che lei si sforza di essere severa per
sopperire un po’ alla “mancanza di severità” del marito, che lascia correre
tutto ù___ù.
E, in
effetti, non avevo considerato l’idea che Kon avesse pagato Ichigo ò___ò. Tu mi
apri un mondo, B XD. Forse è davvero così ed io che sono l’autrice non lo so?
ò___ò. Bisogna indagare ò___ò.
XDD. La
famiglia Jeaguerjaques ci sarebbe stata alla grande, cosi come quella Schiffer,
ma purtroppo non ce li vedo quei due a fare da bravi paparini.
E non so neanche se i takOchanI degli Espada possano
essere usati per procreare, a dire la verità ò__ò.
Beh, di certo per altro si, e conta questo ù_____ù.
Per quanto
riguarda Hikaru e Raikou...
lui lo vedrai (spero) nel prossimo capitolo, per
quanto riguarda lei non posso prometterti nulla per ora ù___ù. E neppure sulle coppie anticipo nulla, anche se, come avrai
intuito, saranno piuttosto canon ed ovvie XD. (che ci vuoi fare, è nella mia indole ù___ù).
OMG, ho
risposto ad un papiro con un altro papiro O__O. Meglio
cosi, no? XD.
(P.S.
Si, Inoue fa ancora roteare i gambi di sedano
ù______ù).
Kaho:
La tradizione Quincy è destinata a non essere
continuata, a meno che quelle pesti di Go e Roku non decidano di farlo loro, ma ne dubito ù___ù. E, sai che ti dico? Anch’io sono
innamorata di codesti pargoli XD. E a quanto pare tutti
amano Sora *O* Wow XD. Spero che tu abbia gradito il
capitolo <3.
Tak:
*O* Sono sempre più sorpresa dal successo di questa fanfic
XD. E sono sorpresa dal consenso che questi pargoli
hanno ricevuto °O° Grazie, Takkuccia cara XD. I bleacher in versione mum&dad
sono assolutamente fantastici, non sai quanto mi diverto a scriverne ù___ù. Che ne dici dei dilemmi-dei-padri
in questo capitolo? XD Certo, poveri Ichigo e Uryu ù____ù.
Yukiko_chan: La prima che dice di odiare Sora XD. Uno a dieci ù___ù. Sono felice di averci preso su tutti
i pairing che mi piacciono, anche se il Renji\Tatsuki è crack, non posso fare a meno di amarlo *O*. Dici che mi suggerisci un pairing? Diciamo che potrei, potrei darti retta ù__ù. E UlquiHime rulla, anche se, per
ovvi motivi, non ho potuto far diventare padre il nostro amato Emo-Batman XD.
Grazie per
la recensione <3.
Hota:
Occhei, nel caso qualcuno non l’abbia ancora intuito,
I fotomontaggi li ha fatti lei!
D’accordo? ù___ù. E non fare spoilers
sui pairing solo perché a te li ho rivelati +_____+.
Non abusare del privilegio di essere la sorella dell’autrice,
okay? ù.ù. La parte finale infatti,
cara, è palesemente ispirata a quella >__> Non riesco a fare a meno di
citare i Doni della Morte, sono diventata dipendente XD. E
restando in tema, si, Go e Roku sono i Fred e George di turno, anche se
ancora troppo piccoletti.
E poi,
odi Masaki. Ovvio, è proprio da te XD. E, naturalmente, odi pure Ichigo.
E pensi che sia un fallito :nuo:
Beh, ma lui è un bravo papà, e non ha mica permesso a suo figlio di diventare
più veloce di lui, eh ù-ù. Diciamo
che glie lo lascia credere XD.
Inoue
avvelenerà sempre tutti, ma per fortuna c’è Uryu, infatti spesso cucina lui. Altrimenti
sarebbero morti tutti quanti ù__ù. Renji... Renji ci sarà, anche se non so
di preciso quando, perciò dovrai continuare a leggere fino ad allora xD.
Ci vediamo al prossimo capitolo
<3.