“Cosa devo
fare?”
Il
Maestro accompagnò Shira sullo stesso sentiero in cui
si era inoltrata il giorno prima, ma proseguì fino ad attraversare un piccolo
passaggio tra le rocce che li condusse in un vasto spazio aperto posizionato
alle spalle della Città dei Draghi. Shira osservò
meravigliata il gran numero di draghi radunati in quel pianoro. Stesi a godersi
il sole di mezzogiorno vi erano almeno una trentina di esemplari di tutti i
colori e le dimensioni.
“Venite.”
L’uomo la guidò, inoltrandosi in una caverna che sulle prime Shira non aveva notato, troppo presa ad osservare un gruppo
di giovani draghi giocare a pochi metri da lei.
Non
dovette fare molti passi prima di trovarsi davanti Daiki.
Il grosso drago la fissò per un lungo momento, mentre lei sentiva il cuore
battere veloce, infine si spostò lasciandola passare.
La
grotta non era molto profonda, ma sul fondo vi era un piccolo lago la cui acqua
era calda come quella della sala dei bagni. La luce proveniva da alcune fessure
sulla volta della caverna e Shira si guardò attorno
perplessa, la stanza era vuota.
“Guardate
meglio.” Le suggerì il Maestro interpretando senza difficoltà la sua
espressione perplessa. Shira si avvicinò al lago,
profondo solo una ventina di centimetri, e lo vide. L’uovo era più piccolo di
quello che si era immaginata: doveva essere appena più grande dei suoi due
pugni messi assieme. Il guscio era nero con appena qualche sfumatura grigia.
“E’…”
Era impossibile definire a parole quello che provava per quel piccolo uovo. Era
assurdo eppure era sommersa da una sensazione di affetto, come se stesse
guardando qualcosa che amava profondamente. Una singola lacrima le scese lungo
il viso. Ora capiva davvero la rabbia di Aki. Quell’uovo
si sarebbe schiuso e il drago sarebbe stato vuoto.
“So
quello che provate,” la voce del Maestro si era fatta triste. “Io sono un
sacerdote che non ha mai trovato un cavaliere.” Shira
si voltò a guardarlo, ma l’uomo aveva lo sguardo perso nei ricordi. “La mia
metà drago ha deposto un uovo quando avevo venticinque anni, il drago sarebbe
stato arancio, con sfumature rosse. Ho pianto per settimane, consapevole che la
sua morte era solo colpa mia,” si interruppe, gli occhi che mostravano tutto il
suo dolore si fissarono nei suoi. “Non voglio che questo piccolo muoia.”
“Cosa
devo fare?” Shira guardò con disperazione il vecchio
sacerdote che però scosse la testa.
“Non
lo so…”
Quando
uscirono Daiki ritornò nella caverna.
“Avrei
voluto parlare con Aki, ma non so come trovarla.” Disse
allora Shira al Maestro che la guardò perplesso.
“E’
partita questa mattina all’alba. Credevo che ne foste a conoscenza.”
“Partita?
Per andare dove?” Il Maestro corrugò la fronte.
“Non
la sentite?”
“Non
capisco cosa vogliate dire.” Confessò la giovane.
“Non
mi aveva detto che il vostro problema era così grave… testarda di una ragazza,
tiene sempre tutto dentro…” Nel vedere Shira
guardarlo senza capire le fece segno di sedersi. Shira
obbedì, accomodandosi sull’erba verde e appoggiando la schiena alla parete
rocciosa. L’uomo la imitò, prese un profondo respiro e iniziò a parlare.
“Il
legame tra sacerdote e cavaliere è per me estraneo, ma posso spiegarvi quello
che so. Quando il sacerdote sceglie il suo compagno e dunque il cavaliere per
il suo drago, crea un legame. Questo
rapporto si scioglie solo con la morte e permette ai vincolati di sentirsi. Quello che avete provato
guardando l’uovo di drago deriva dai sentimenti che Aki
e dunque Daiki provano per esso. Con un po’ di
allenamento dovreste poter comunicare a parole, ma fin da subito avreste dovuto
percepire i sentimenti una dell’altra. Allo stesso modo dovreste, senza il
minimo sforzo, sapere dove si trova l’altro.”
“Io
non ho mai percepito questo legame con Aki…” L’uomo
corrugò la fronte, riflettendo.
“Eppure
ho visto i vostri occhi esprimere gli stessi sentimenti di Aki
nel guardare l’uovo.”
“Non
capisco.” Ammise Shira, ormai era al di là dello
stupore e dello sconforto per quello che sapeva e non sapeva.
“Credo
che Aki abbia respinto il vostro legame e che questo
vi tenga lontane.”
“E
ora è partita, io avevo bisogno di parlare con lei di quello che…” Si
interruppe arrossendo, ma il Maestro stava osservando i draghi crogiolarsi al
sole e sembrava perso nei suoi pensieri. Proprio in quel momento scese a terra
un maestoso drago rosso. Era una femmina e quando si avvicinò al vecchio, Shira capì che era la sua metà.
“Ti
presento Cassandra.” Il drago la guardò con occhi gentili e sorridenti. Per la
prima volta Shira si rese conto di quanto fosse stata
stupida nel credere che fossero degli animali. “Io e lei condividiamo la stessa
anima e comunichiamo con la mente. Questo fa sì che io e voi, principessa,
possiamo parlare e comprenderci malgrado la vostra lingua mi sia sconosciuta.
Essere per metà drago mi permette di comprendere a fondo molte cose, ma non mi ha
permesso di accettarmi,” Shira guardava il drago e
percepì le parole come se arrivassero da due esseri diversi. “Mi sono rifiutato
di accettare che il mio compagno avrebbe dovuto essere un uomo, questo mi ha
impedito di aprirmi e di trovare un cavaliere per Cassandra…” Sospirò e alzò lo
sguardo verso il cielo. “Questo sta impedendo ad Aki
di lasciarsi andare, di abbracciare i suoi sentimenti.” Shira
scosse la testa.
“Non
ha importanza, il piccolo morirebbe comunque, ed è colpa mia.”
“No,
non è colpa di nessuna di voi due, ma Aki non lo
capirà mai. Rovescia il torto su di voi ma in realtà è profondamente convinta
che la mancanza sia sua.”
“Ditemi
Maestro, se io morissi lei potrebbe trovare un altro cavaliere per Daiki?” L’uomo si voltò bruscamente a guardarla. Gli occhi
nocciola che si stringevano in uno sguardo penetrante.
“Non
dite una sciocchezza simile! E’ vero, la vostra morte spezzerebbe il legame, ma annienterebbe Aki e Daiki. Un cavaliere muore
sempre assieme al suo drago. Anche quando si tratta di vecchiaia. Ho visto solo
una volta un legame spezzato e il
dolore ha reso folli il sacerdote e il drago.”
Shira rimase in
silenzio, riflettendo.
“Tra
quanto si schiuderà l’uovo?”
“Non
possiamo saperlo con certezza, forse un anno, probabilmente un po’ di meno.”
Non era molto tempo per trovare una soluzione.
Scoprì
che Aki era partita assieme ad un cavaliere di nome
Harry e il suo drago Sansone per una missione diplomatica. Non potendo fare
altro che aspettare si immerse nella vita della cittadina dei draghi.
Vista
la sua ignoranza su tutto quello che concerneva i popoli a cui erano più vicini,
Shira iniziò a seguire le lezioni che erano riservate
ai neo cavalieri e ai loro sacerdoti, così si ritrovò a studiare assieme a sei
bambini di cinque, sette e otto anni.
Passò
un mese ed ormai la vita aveva assunto una sua routine, eppure si sentiva sola.
Attorno a lei vi era comunione e comprensione, mentre Shira
viveva nella solitudine. Non si trattava di qualcosa di percepibile, infatti
aveva iniziato a conoscere e ad apprezzare molti cavalieri e sacerdoti, ma
questo non toglieva nulla al vuoto presente nel suo cuore. Aki.
Non
aveva notizia della ragazza ma Sun, la sacerdotessa
di Sansone nonché compagna di Harry, la teneva aggiornata sui loro spostamenti
attraverso le Libere Città grazie al loro legame mentale.
Il
sacchetto di gemme consegnatole dal padre
iniziò a essere utile a Shira dopo la sua
prima esplorazione della cittadella. Un sarto le confezionò vari abiti adatti
al volo, con caratteristiche più consone ai suoi gusti, un taglio più femminile
delle giubbe e un ampio cappuccio che la proteggesse dal freddo. Inoltre
l’istruttore di volo Jia, il cavaliere di Costanza,
le aveva suggerito di far fare un’imbragatura per Daiki.
Il drago aveva collaborato mentre il maestro del cuoio della città gli prendeva
le misure, ma non aveva fatto capire in nessun modo a Shira
se desiderava portarla in volo, spingendola a chiedersi se mai avrebbero volato
assieme.