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Autore: Mue    13/01/2016    1 recensioni
La partenza di Dana per l'università è imminente quando il padre le comunica di aver sventatamente venduto l'appartamento in cui vivono a un vecchio e ricco impresario di città.
Dana, caustica e dall'arrabbiatura facile, ha così l'occasione di scontrarsi con Max, il lusinghiero, contraddittorio e spocchioso nipote del suo nuovo proprietario di casa.
Il loro incontro sarà solo l'inizio di una serie di vicende e personaggi che li porteranno a ritrovarsi e scontrarsi di nuovo sullo sfondo magico e affascinante di Venezia.
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«Salve, Dana. Tutto bene?»
Dana aprì la bocca. Poi la richiuse. Poi la riaprì. «Max?»
«In carne, ossa e tutto il resto, come puoi constatare» rispose lui con un sorriso scintillante.
Il Vetril, pensò subito Dana, senza alcuna logica.
Lo squadrò da cima a fondo, ancora un po’ stordita. «In carne, sigarette e Armani, vorrai dire» osservò critica.
«No, Versace.»
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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III.

ROSE E FUMO



 
Il giorno dopo Dana lo rivide. 
Non era particolarmente allegra e solare, in quel momento -per la verità non lo era mai, considerato il pessimismo cosmico intrinseco nel suo carattere- perché la sera prima non era riuscita a guardarsi nemmeno un incontro degli europei. E questo l’aveva molto, molto innervosita. E il fatto che, il mattino dopo, al TG sportivo non fu pronunciata nemmeno una sillaba a riguardo, mentre si erano sprecati in commenti di dieci minuti buoni sulla partitella di calcio che Elia e suo padre avevano seguito non contribuì a migliorare il suo umore. 
Era quindi piuttosto naturale che, intenta a potare i cespugli del giardino -suo fratello aveva declinato il lavoro adducendo come scusa una tanto fastidiosa quanto falsa tendinite ai polsi- i suoi movimenti con le forbici risultassero piuttosto violenti. Diciamo pure che se fosse passato in quell’istante il regista di un horror l’avrebbe scritturata al volo per la parte della psicopatica assassina.
«Buongiorno», disse una voce profonda, alle sue spalle.
Dana si voltò. Eccoli lì, lui e suo zio -o nonno, il mistero ancora restava-, che la guardavano leggermente inquietati dall’aggressività con cui si accaniva sul povero cespuglio.
«Quella rosa deve aver commesso un terribile crimine per meritare un tale supplizio» commentò Max da dietro lo zio.
Dana cercò di riconquistare tutta la compostezza che poté, impresa non facile considerata la sua tenuta da giardinaggio, ancora più sporca di terra del giorno precedente. «Buongiorno» disse rigida. «Se cercate mio padre è sul retro, a riparare lo scooter», disse rivolgendosi all’uomo anziano e ignorando Max.
«D’accordo, grazie Dana. E, ehm, buon lavoro», aggiunse il signor Raffaeli dubbioso, lanciando un’altra occhiata in tralice alle forbici.
Max fece per seguirlo, poi, come ripensandoci, si fermò. «Io ti aspetto qui, zio.»
«Fai come vuoi», fu la risposta pacata dell'uomo, che poi sparì oltre l'angolo di siepe in fondo, già passato sotto la foga botanicida di Dana.
Ecco svelato il mistero della parentela. Dana, soddisfatta della scoperta, tornò al cespuglio riprendendo a tagliare le cime rinsecchite con dignità. Max, dal canto suo, rimase lì accanto con il suo portamento da damerino e il sorriso brillante che faceva la concorrenza ai riflessi del sole sul suo orologio d’oro. Visto che Dana non lo degnò di una sola parola, alla fine si avvicinò e si sedette sul muretto di fianco a lei. Dana si fermò e si voltò a guardarlo.
«Era meglio se non lo facevi», fece con voce atona.
Max alzò le mani con un sorriso. «Se intendi ieri sera, chiedo venia: è stato poco garbato da parte mia e sono pronto a fare ammenda.»
Dana si accigliò. «No, non intendevo ieri sera» gli rispose compunta. «Dicevo semplicemente che era meglio che non ti sedessi su quel muretto. Non vorrei essere citata per danni se un po' del plebeo fango del mio giardino insozzasse i tuoi aristocratici indumenti.»
Gli occhi di lui scintillarono ma le rispose serio: «Non ti preoccupare, non sarò così crudele da denunciarti alla Santa Inquisizione per questo.»
Dana inarcò le sopracciglia: si aspettava una risposta più simile a delle scuse ma quel maledetto borghese aveva classe persino nell'incassare le provocazioni. Si voltò e tornò al suo cespuglio, decidendo di ricominciare a ignorare completamente Max, probabimente la mossa più efficace per infastidirlo.
Non si sbagliava. «Quindi ieri ti ho indispettita?» domandò lui alle sue spalle, insistente.
Dana cominciava a reputarlo piuttosto fastidioso; tagliò un'altra estremità secca del cespuglio con uno schiocco feroce delle forbici e chiese: «Davvero hai una reputazione così elevata della tua influenza su qualcuno che nemmeno conosci?»
«Ammetto di avere un'alta reputazione della mia influenza, ma per una volta il mio giudizio si basa sul semplice fatto che effettivamente sembri indispettita.» 
Stavolta Dana si girò a guardarlo facendo roteare le forbici in una mano e mettendosi l'altra sul fianco.«E da cosa desumi che non sia indispettita semplicemente per i fatti miei?»
Max fece ancora quel sorriso maledettamente contagioso e Dana, suo malgrado, sentì il fastidio scemare un po'. 
«Da nulla, in realtà» disse lui. «Anzi, sarei sollevato di essere smentito, soprattutto vedendo come maneggi quelle forbici. Nelle tue mani hanno tutta l'aria di un'arma impropria.»
Dana ripose le forbici da giardinaggio nella tasca dell'ampio grembiule verde che portava sopra la maglietta e la solita salopette e si tolse il cappello di paglia dalla testa, sventolandoselo davanti al viso per rinfrescarsi il viso accaldato. C'era un'afa terribile quel giorno. «Stai attento a non indispettirmi troppo, allora, o potresti scoprire se l'aspetto corrisponde a verità.»
Max inarcò un sopracciglio. «Oh? Non avevi suggerito che non sono stato io a indispettirti?»
Dana si mise le mani sui fianchi. «Sai, alla fine credo proprio che verificherò l'affilatura delle forbici sulla pelle di qualche irritante borghese di città.»
«No, no, scherzavo» rise Max. «Piuttosto, dimmi: ti piacciono i cappelli?»
Dana si andò a sedere appena discosta da lui sul muretto. «No, li odio. Li metto solo perché impediscono ai liquidi del mio sistema cerebrale di evaporare nell’atmosfera.»
Max alzò le mani in segno di resa. «Va bene, era una domanda stupida ma non credo tanto da meritare una risposta così... bisbetica.»
«Aggiungerò l'aggettivo bisbetica accanto a "strana" sul mio curriculum vitae», replicò Dana incurante.
«No, non serve: non penso che tu lo sia.»
Dana, sorpresa, lo guardò negli occhi. «Wow, cos’era, quasi un complimento? Devo arrossire?»
«Ecco, lo stai facendo di nuovo.»
«Che cosa?»
«Aggredirmi. Non mordo, sai, non c’è bisogno di stare sulla difensiva.»
Lei si accigliò e si scostò. «Io non sto sulla difensiva!»
«Ah no?», fece Max, beffardo.
Dana rimase corrucciata per qualche momento, meditando. Poi, di punto in bianco, chiese: «Che cosa vuoi?»
Il gran sorriso di Max scomparve. «In che senso?»
«Cosa fai qui, con me? Perché non hai seguito tuo zio di là?»
Max si corrucciò e si alzò. «Perdonami, non credevo di disturbare.»
Fece per andarsene ma Dana, mordendosi un labbro, lo fermò. «Non ho detto che disturbi, ti ho solo chiesto perché sei rimasto qui.»
Max incrociò le braccia. «Sai, chiedere bruscamente "cosa vuoi?" a una persona di solito significa che si vuole tagliar corto il discorso e cacciarla via.»
Dana sorrise furbescamente. «Credo che ieri abbiamo già chiarito che non sono tarata nelle comunicazioni implicite di certe frasi.»
Max le rivolse un'occhiata cogitabonda, in silenzio. Dopo qualche istante tornò a sorridere. «E abbiamo anche già chiarito che sei strana, ma credo di dover ancora capire che tipo di stranezza sia.»
«Be', pensavo stessimo facendo progressi con il "bisbetica" ma tu me l'hai bocciato. Comunque non hai risposto alla mia domanda. Che cosa vuoi? Voglio dire, perché stai qui a parlare con me?»
«Faccio conversazione» replicò Max ironico. «Ah, scusa, dimenticavo che sempre ieri abbiamo chiarito che la conversazione è un'altra competenza che pare sfuggire dalle tue attitudini.»
Dana si tirò su le gambe circondandole con le braccia e fece una smorfia. «Sembra che ieri abbiamo chiarito parecchie cose. Comunque cercherò di migliorare almeno sul fronte della conversazione ma sono un po' stufa del mio profilo psicologico: dopotutto ci convivo tutti i giorni. Che mi dici del tuo? Che sei venuto a fare qui con tuo zio? Mi sembri un po' cresciuto per stargli appresso come un lacché. O di lavoro gli fai da accompagnatore?» 
Un'altra provocazione, ma Max, ancora una volta, incassò inaspettatamente il colpo. Inarcò un sopracciglio con aria sufficiente e disse: «Dovrei parlarti di me? Oh, no, sarebbe una noia mortale.»
Lei si incuriosì. «Ti reputi un tipo noioso?»
«No, mi reputo troppo perfetto per essere di qualche intrattenimento a chi voglia analizzarmi» fu la risposta seria di lui.
Dana alzò le sopracciglia. La stava prendendo in giro o ci credeva sul serio? «È una delle voci che trovo sulle tue competenze sociali, sotto "spocchioso" e "schifosamente ricco"?»
Max tornò a sedersi con un gesto così elegante e in modo così composto che pareva si fosse accomodato su un trono imperiale, non sul fangoso muretto di casa Maniani. Dana s'irritò e s'intrigò allo stesso tempo: ma come diamine faceva? L'aveva osservato durante quella conversazione e sembrava quasi che tutto quello che faceva fosse studiato nei minimi dettagli: ogni suo movimento era equilibrato, controllato, mai troppo veloce o lento. Teneva le mani sempre al loro posto, non incrociava le braccia nè le gambe, non si grattava il naso, la faccia, i capelli... niente. Snervante. E interessante. 
Lui stava ridendo.«Perché, essere "schifosamente ricchi" ora è un insulto?»
«Più che un insulto di solito è una colpa, ma non ti addosserò responsabilità che non ti competono» affermò Dana magnanima. «Nel tuo caso non potevi farci niente, è questione di genetica.»
A Max tremavano le labbra per il riso represso. «Da quest'ultima affermazione deduco che ritieni che la mia ricchezza sia passata per meiosi dai gameti parentali.»
«O "ziali"» lo corresse Dana.
Max sogghignò. «Ah, sì. Mio zio e i suoi teatri.»
Dana si incuriosì. «Lavora con i teatri?»
Max annuì rivoltando la giacca che fino a quel momento aveva tenuto sottobraccio. «È un produttore: talvolta si interessa anche di cinema ma prevalentemente preferisce l'ambiente teatrale.»
«Oh, immagino. Il cinema, dopotutto, fa così proletariato» fece Dana canzonatoria.
Max rise di nuovo mentre tirava fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca foderata di seta della giacca e ne estraeva una.
Dana si accigliò. «Sai, anche fumare è un'attività profondamente plebea, oltre che insalubre e assolutamente cretina.»
Max aveva estratto anche un accendino e se l'era accesa. «Ne sono costernato» disse in tono noncurante. «Quanto sono sceso nella tua scala di stima aristocratica per questo gesto?»
«All'ultimo gradino» disse Dana freddamente.
Max esalò una nuvoletta grigia. «Anche ieri mi hai blandito su questo argomento. Posso sapere se questa tua personale crociata contro la nicotina è un fatto personale o un atto di carità sociale verso il benessere comune? Brutte esperienze? Crisi esistenziali? Ex fidanzato fumatore?»
No, madre morta di cancro ai polmoni.
Non lo disse ad alta voce. Dana aveva freni poco efficienti tra gli output del cervello e la bocca ma pochi selezionati pensieri facevano eccezione alla regola: i pensieri da vittima, li definiva lei.
Non è che provasse tristezza o si sentisse legata a sua madre, che non ricordava, ma il fumo era legato a quella figura evanescente, e lo odiava: era leggero, impalpabile ed effimero; c'era ma mancava, come la presenza di un'assenza. Come quella figura sparita prima di comparire.
Vedendo che Max la fissava con sguardo penetrante a causa del suo momentaneo silenzio, Dana si scosse. «Niente ex fidanzati, soprattutto fumatori» disse alzando le spalle. «L'unico fumatore a cui permetto di stare a distanza ravvicinata, e che purtroppo non sarà mai ex, è mio fratello.»
Elia, già: era il suo contrario; fumava di gusto e nulla l'avrebbe fatto smettere, come aveva dichiarato lui stesso: era come se nelle volute del fumo -che quando si accendeva una sigaretta si soffermava spesso a osservare rapito- ci trovasse quel qualcosa che non c'era. O non ci trovasse più quello che c'era. O tutt'e due. O forse era solo un'idiota, come Dana spesso concludeva scuotendo la testa.
Vide improvvisamente che Max, durante quella pausa di silenzio, stava per chiederle qualcosa a cui lei era sicura di non avere voglia di rispondere, ma per fortuna in quel momento tornò finalmente suo zio seguito da un signore che Dana individuò come il geometra che aveva conosciuto un paio di ore prima e che doveva essere entrato dal retro.
«Ecco fatto, Massimo. Possiamo andare?»
Max si alzò e Dana fece altrettanto.
«Certo. Anzi, Dana sarà contenta che non le appesti ulteriormente le aiuole con il mio terribile vizio plebeo e cretino.»
Lo zio di Max non lo ascoltava, intento a scambiare un ultimo paio di parole col geometra, e Dana rispose a tono: «Le uniche cose ad appestarsi sono i tuoi alveoli polmonari, ma sono una proprietà esclusivamente tua, quindi sei libero di maltrattarli come più ti piace.»
Max scrollò le spalle sorridendo.
«Buona giornata, signorina strana» disse, ponendo provocante l'accento su "signorina."
Dana rispose prontamente. «Buona giornata, signor perfetto



Note:
Buonasera!
Questo capitolo è stato parecchio difficoltoso, soprattutto perché l'ho praticamente riscritto daccapo. Come vi è sembrato? Il tono leggero a volte si fa pesante e ci sono accenni di introspezione che non ho ancora deciso se stonano o sono ben amalgamati con l'insieme leggero e frizzante che -spero- comprende la storia fin qui. Comunque a me piace; lo so che un autore non dovrebbe autocompiacersi o cose del genere ma io scrivo quello che mi piacerebbe leggere e quindi tendo, ahimé, a misurare tutto con il mio gusto personale.
E voi cosa ne pensate? Max e Dana vi sembrano piatti o c'è qualche aspetto che vi interessa o vi intriga? Fatemi sapere ;) Sono curiosa e se c'è qualcosa da migliorare suggeritemi, ne sarei contenta.
Prima di salutarvi ringrazio dal profondo del cuore LUNAticaSTORTA e whinydreamer per le loro recensioni, sono state assolutamente apprezzate <3 E grazie alle dieci persone che hanno inserito la storia tra le seguite.
A presto, carissimi!

Mue
   
 
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