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Autore: AmbraDellaRosa    14/01/2016    1 recensioni
Immaginate una terra divisa in magici regni: C'è quello del Nord dove domina l'incanto di neve e gelo, quello dell'Est ricco di misteri, magia, segreti oscuri, castelli infestati, c'è il piccolo regno dei sogni, un gioiellino da visitare ad occhi chiusi, dove tutto è possibile se ci credi, e decine di altre terre incantate, tutte da scoprire. Immaginate sortilegi, magia, giochi di bambini, racconti, parole sussurrate davanti fuoco, incantesimi, creature fantastiche, inganni, scommesse, il bene ed il male. Mettiamoci un pizzico di fantasia, guardando tutto con gli occhi di un bambino. Ancora un po' di usi, costumi, culture, colori, canzoni, musica, sapori caratteristici di ogni razza ed ogni popolo, tesori preziosi, luoghi inesplorati. Aggiungiamo ancora una manciata di divinità capricciose, creature mitologiche, libri e leggende, non tutto insieme, s'intende. Mescoliamo bene, sentite i profumi?Vedete il colore viola-azzurro della pozione?Sì, è luccicante. Assaggiate, non abbiate paura, manca ancora qualcosa: un po' di sentimenti, amore, gelosia, passione, amicizia, invidia, sorrisi e lacrime. Coraggio, bevete. Come vi sentite? Benvenuti, questa, è Everland, il luogo dove tutti i vostri sogni da bambini prendono forma.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Jaque

"Respira" si disse, "respira". Si gettò un po' di acqua sul viso, per riprendersi, era gelida e gli causò brividi lungo tutta la spina dorsale. Quello era il giorno in cui Lila avrebbe capito che lui l'amava. Jaque aveva undici anni, uno più di lei, ma sapeva cos'era l'amore. Lui l'amava, non come gli uomini che sposavano le donne per poi ubriacarsi alla taverna e picchiarle, non come quei ragazzi che seduti sulla staccionata nella piazza del pozzo guardavano le ragazze da lontano e parlavano di loro, perché erano belle, i loro capelli erano lunghi e i loro fianchi erano rotondi; sentiva le loro parole quando la nonna gli diceva di andare ad attingere l'acqua. Lui era poco più che un bambino, ma amava Lila da molto prima, la amava da quando aveva visto per la prima volta il suo sorriso, ricordava di quando da piccoli giocavano insieme e amava la sua voce, il suo essere spensierata, la sua risata ed il modo in cui lo faceva sentire. Jacque amava Lila e sognava di sposarla un giorno e sapeva che l'avrebbe trattata come una principessa ma nel profondo sapeva anche che questo non sarebbe accaduto perché lui era solitario, non aveva amici, non era ne' divertente ne' bello, e Lila era Lila e non lo avrebbe notato. Ma le cose quel giorno sarebbero potute cambiare. quel giorno lui non sarebbe più stato solo Jacque, sarebbe stato l'eroe che si sarebbe intrufolato nell'oscura fortezza abbandonata e che avrebbe portato a Lila un dono così prezioso da farla innamorare di lui, per questo non doveva avere paura, o avrebbe rovinato tutto. Era la sua occasione e nulla doveva andare storto. Si odiava per essere così, timoroso e sempre un passo indietro, lui pensava mentre tutti gli altri agivano. Era un codardo. Si gettò altra acqua sul viso, bagnandosi i sottili capelli scuri. Quando l'acqua tornò calma e libera da ogni increspatura guardò il suo riflesso sulla superficie, aveva la pelle pallida, le occhiaie a circondare gli occhi azzurri e delicatissimi, sempre gonfi o arrossati; i capelli umidi gli ricadevano lisci sulla fronte. Era un ragazzino magro, minuto per la sue età, nonostante il suo ceto fosse più alto di quello della maggior parte degli altri abitanti di quella parte del villaggio e aveva sempre qualcosa da mettere sotto i denti. 
Il sole era sorto ormai da qualche ora e mancava poco, si vestì con i suoi abiti migliori, si pettinò i capelli all'indietro e fece per uscire di casa quando sentì dei passi al di là dell'uscio.
Il cuore iniziò a battergli forte, la nonna non sarebbe stata contenta se fosse uscito tutto solo, per di più se avesse saputo dove stava andando. Non poteva permetterle di rovinare tutto. Corse lungo il corridoio e rientrò nella sua stanza, si gettò nel letto più velocemente che poté e si coprì fin sopra le orecchie, scompigliandosi anche i capelli. Il suo respiro era ancora affannato quando i passi si fecero più vicini, sentì la nonna entrare nella camera, avvicinarsi al letto, trattenne il fiato. Percepiva l'ombra che la vecchia donna proiettava su di lui, la sentì avvicinarsi e stampargli un bacio sulla tempia per poi uscire a passi lenti dalla stanza. Attese qualche attimo, ma resosi conto che lei non sarebbe più uscita di casa per alcune ore decise di provare ad raggiungere l'esterno in maniera alternativa. Si alzò in piedi sul letto, probabilmente sarebbe riuscito a tirarsi su' per la piccola finestra, era magro abbastanza per passarci per intero. Non gli piaceva mentire alla nonna, non stava bene, gli piaceva ancor meno l'idea di dover uscire dalla finestra anche se era il piano terra. Avrebbe potuto farsi male. Si issò con le braccia fino a mettere un ginocchio sull'alto davanzale, la finestra era troppo stretta per permettergli di inginocchiarsi su di essa, cosi riuscì a far uscire l'altra gamba e si abbassò fino a essere all'esterno, mantenendosi a cavalcioni. Era a due metri dal suolo, in una posizione non favorevole a saltare, non sapeva proprio come fare, era incastrato, ma non c'erano scuse, non poteva tirarsi indietro e non avrebbe potuto farsi aiutare dalla nonna. Sganciò la gamba che era all'interno e si gettò sul prato con le mani a parare la caduta. La botta non fu così dolorosa come si aspettava, le mani lo fecero rotolare a mo' di ruota e cadere di schiena. Non si lasciò uscire neppure un gemito, era fuori, questo era quello che contava, si rialzò dolorante, e iniziò a correre: il sole avrebbe toccato la quercia spoglia in men che non si fosse detto.
  
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