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Autore: Mue    14/01/2016    4 recensioni
Drusilla, sesto anno, Corvonero, odia due cose: il proprio nome e David Steeval, il tracotante, biondo e terribile migliore amico di James Potter. E ama due cose: il Quidditch e Tristan Vidal, il capitano della sua squadra.
Allora perché decide di mettersi con il suo migliore amico, scommette di far innamorare di sé il saccente Steeval e stringe un improbabile legame con il bizzarro Lorcan Scamandro?
Un'antica leggenda, vecchie storie di Folletti ribelli a Hogsmeade e un ballo a Hogwarts per una ricorrenza potrebbero ingarbugliare ancora di più questa situazione o darle finalmente la chiave della porta per il paradiso.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Nuovo personaggio, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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XX.
Ricatto e rapimento

 

 

Drilla era immobile, avvolta da una cappa di silenzio assoluto.
Non sentiva più la musica del valzer, non c’erano più le mille voci che risuonavano nella sala. Non esisteva più niente; solo lei, Hivish e quello stiletto d’oro massiccio puntato alla sua gola.
Aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì un suono.
“Che cosa significa, Hivish?” chiese una voce profonda.
McKinnon era a due passi da loro, dritto e minaccioso, i suoi occhi di ghiaccio puntati sul Folletto.
Le persone intorno smisero di ballare, la musica scemò in una nota stonata e poi tacque. Un forte brusio si levò dagli studenti in fondo alla sala che non riuscivano a capire che cosa stesse succedendo. I Folletti, le ragazze vicine, gli insegnanti, la delegazione del Ministero- tutti parevano impietriti.
“A te cosa sembra, McKinnon?” chiese Hivish con una calma raggelante.
McKinnon non distoglieva gli occhi da quelli del Folletto nemmeno per un secondo. “Che stai mettendo in pericolo una studentessa di questa scuola” disse, atono. “Perché?”
Hivish fece un sorriso inquietante. “Che giorno si festeggia, oggi, McKinnon?”
Lui lo squadrò con freddezza. “Un giorno di pace.”
Drilla sentì la punta dello stiletto tremare nella mano del folletto.
“Risposta sbagliata, Preside” replicò lui aspramente. “Oggi è il giorno in cui, ancora una volta, voi Maghi avete soffocato i diritti del nostro popolo.”
Quebec, alle spalle di McKinnon, fece un passo in avanti e, rapido come un serpente, infilò una mano in tasca.
“E’ inutile, Aritmante” gli disse il folletto con un sorriso astuto. “Puoi cercare quanto vuoi, ma non troverai la tua bacchetta.”
Sul volto di Quebec comparve un’espressione sbalordita mentre frugava nella tasca senza trovarvi nulla. Gli insegnanti e i membri del ministero, colti da un sospetto improvviso, cercarono le loro. Niente, le bacchette parevano come volatilizzate.
“E ora che avete appurato di non poter fare nulla, volete ascoltare le mie condizioni?”
McKinnon, che, come tutti gli altri, non aveva la bacchetta, guardò il folletto trucemente. “Quali condizioni?” domandò aspro.
“Le condizioni per impedire di riversare il sangue di questa ragazza sul pavimento della vostra bella sala” ribatté il folletto stringendo in una morsa il braccio di Drilla.
Lei boccheggiò.
Non era possibile.
Non stava succedendo davvero.
Non a lei.
“Che cosa vuoi, Folletto?” ringhiò Quebec.
“La carta dei diritti che i Folletti sottoposero cinquecento anni fa al Ministero della Magia” rispose Hivish. “Voglio che venga firmata dal Ministro. In tutti i suoi punti.”
Il Ministro Weasley assunse un’espressione allucinata. “Questo non è possibile!” ribatté. “Quella carta era inaccettabile allora, e lo è ancora. Inoltre è una questione di secoli fa e…”
Hivish lo interruppe bruscamente, avvicinando ancora più Drilla a sé. “Non m’importa quanto sia accettabile. Di certo lo è più che sporcarvi le mani con il sangue di questa ragazza.”
Tutti erano immobili, inorriditi.
Drilla, semplicemente, non riusciva ad articolare un pensiero coerente.
Doveva essere tutto un incubo. Un orribile, assurdo incubo. Doveva svegliarsi. Doveva alzarsi e scoprire che mancavano ancora settimane al Ballo dell’Armistizio. Che non aveva mai litigato con Stuart. Che David Steeval non era mai scomparso, andandosene dalla scuola. E non l'aveva mai baciata.
Svegliati, Drilla!, urlava dentro di sé con quanta voce aveva in corpo.
Non si svegliò.
Continuò a sognare; a restare lì, premuta contro il corpo solo apparentemente gracile del Folletto, con gli sguardi di tutti puntati addosso. E una lama puntata alla gola.
“Avete una notte” disse il folletto seccamente. “Domattina, se il Ministro non avrà trasformato in decreto la carta e la notizia non sarà apparsa su tutti i giornali, avrete la vita di questa ragazza sulla coscienza.”
Poi, come per un segnale prestabilito, le luci si spensero tutte di colpo. Grida nel buio, spinte, folla.
Un colpo alla testa.
Poi, nulla.


Drilla si svegliò lentamente, scivolando da un caldo torpore a una senzasione di freddo e umido.
Avvertì la roccia dura su cui era sdraiata sfregare attraverso il vestito e gli arti annichiliti. Poi sentì che aveva la testa appoggiata a qualcosa di morbido, di caldo.
Mosse la mano per capire cosa fosse e sentì la cosa sussultare. Aprì gli occhi, spaventata, e prima di tutto il resto incrociò uno sguardo familiare. Due occhi limpidi, fissi su di lei.
Fu come trovare una torcia in mezzo al buio totale.
“Steeval?”
Il ragazzo era lì, chino su di lei e avvolto dalla penombra. Ci mise qualche secondo a rispondere.
“Sì”, disse laconico.
Drilla aveva la testa appoggiata alla sua gamba; la alzò di scatto e si drizzò a sedere. David si scostò un poco da lei per lasciarle spazio.
Lei si guardò intorno, smarrita. Erano in una grotta buia, illuminata solo da qualche candela sparsa qua e là. Dalla penombra si vedevano emergere sagome di panche, casse, forzieri sventrati e ricoperti di ragnatele. Nell’angolo opposto della caverna si vedeva uno squarcio nella roccia, e due piccole sagome rachitiche. Drilla ci mise diversi secondi per distinguere la corporatura dei Folletti.
“Che cosa succede? Dove siamo? Chi sono quei Folletti?”
David fece una smorfia appena visibile nella penombra. “Ribelli.”
Drilla si voltò a guardarlo, senza capire.
“Sono alcuni dei folletti della rivolta avvenuta a Hogwarts cinquecento anni fa. O i loro discendenti. Sono secoli che si nascondono nelle grotte delle montagne vicino alla scuola in attesa di un’occasione per far valere i diritti che non furono accettati dopo la battaglia avvenuta a Hogwarts.”
Drilla lo fissò stralunata. “Le montagne vicino alla scuola?” ripeté, incredula.
David fece un sorriso di scherno. “Oh, sì. Probabilmente molto vicino a dove il tuo amico fuori di testa ci voleva portare a caccia di tesori. Se non nello stesso posto.”
“Vuoi… vuoi dire che il tesoro c’è? Che è qui?”
David scosse il capo. “Non lo so. Se c’era, qualcuno l’ha portato via da secoli. Forse i Folletti stessi, non gliel’ho chiesto. E’ già tanto se so perché mi hanno trascinato qui.”
Drilla sentì il cuore pulsare forte. “Già. Perché sei qui?”
Lui la studiò per qualche secondo prima di rispondere. “Per il tuo stesso motivo” sbottò alla fine.
Drilla si chinò vicino a lui. “Ti hanno rapito?”
David annuì. “Tre settimane fa.”
“Ma… ma io credevo che tua madre ti avesse portato via con sé!”
“Se lei avesse detto agli Auror che mi avevano preso, i Folletti l'avrebbero scoperto e mi avrebbero sgozzato senza pensarci due volte, non ti pare?” replicò lui aspramente.
Drilla boccheggiò.
“Pare che ai Folletti piaccia ricattare la gente" soggiunse lui. "Per rivedermi, mia madre doveva fare da complice al tuo rapinatore, questa sera.”
Drilla spalancò la bocca. “Ha rubato lei le bacchette?” chiese, sbalordita.
Lui scrollò le spalle. “Da quel che mi ha detto il Folletto che ti ha trascinato qui, deduco che sia andata così.”
“E… sei qui da tre settimane?” chiese lei incredula.
David annuì. “Ho provato a scappare, ma i Folletti sono furbi: c’è sempre più di una guardia all’uscita di questa grotta, e dopo un tentativo sanno come farti passare la voglia di fuggire.”
Drilla lo fissò: era sporco, i capelli in disordine, i vestiti infangati e in alcuni punti strappati o macchiati di sangue. Doveva aver perso il maglione e il mantello, perché si teneva ostinatamente chiusi i lembi della camicia con una mano.
Drilla, prima di rendersi conto di quello che faceva, gliela sfiorò con le dita, e il ragazzo trasalì. “Che c'è?” domandò, brusco.
Lei lo fissò negli occhi; aveva mille domande da fargli, ma una le salì spontanea alle labbra senza che lo volesse. “Quel giorno, nel corridoio…” cominciò.
David distolse lo sguardo da lei fissando il pavimento della grotta.
“Perché mi hai baciata?”
Lui continuò a non guardarla.
Drilla attese un po’ la risposta, poi, dato che lui non accennava a parlare, insisté: “Perché?”
“E tu perché hai ricambiato?” sbottò lui.
Drilla avvampò. “Io…” Non riuscì a terminare la frase, limitandosi a bofonchiare qualcosa come “una vera stupidaggine.”
“Non mi sembrava una stupidaggine” obbiettò David, serio.
Drilla arrossì ancora di più. “Certo che lo era!” Si stava cominciando ad agitare, e sentiva il sangue che le pulsava selvaggiamente contro i timpani. “E’ stata un’idiozia. Ero sconvolta per Stuart! E poi tu ne hai approfittato, e…” disse tutto d'un fiato.
David, finalmente, alzò gli occhi. “Stuart! Stuart! Perché devi sempre corrergli dietro come un cagnolino?!”
Drilla ammutolì.
“Perché diamine non lo lasci perdere? Sai benissimo che non ha bisogno di te!”
Lei deglutì, abbassando gli occhi. David aveva mollato per un attimo i bordi della camicia slacciata; fu solo un secondo, ma Drilla lo vide di nuovo: il suo torace rattrappito, la pelle morta tirata sulle ossa.
David si accorse del suo sguardo e di scatto si richiuse la camicia con una mano.
“Che cosa ti sei fatto?” chiese Drilla senza fiato.
David ebbe un tremito. “Niente.”
Drilla lo guardò con sospetto. “Non mentire. Ti ho visto.”
Lui impallidì. “Non ho niente” ripeté più forte.
“Sì, invece” replicò lei. “L’ho visto. Anche quella notte in cui siamo caduti giù nel lago.”
David spalancò gli occhi. “Nel lago?”
Drilla annuì, irritata. Perché continuava a fingere di non capire? “Ti ho visto. Ma tu facevi finta di non accorgerti... di non vedere...” Le si spezzò la voce.
David non riuscì a replicare, perché una voce lo interruppe. Una voce conosciuta, e che fece accapponare la pelle a Drilla.
“Certo che non se ne accorgeva.”
Alzarono entrambi il volto: Van Duyne era in piedi accanto a loro, un’ombra contro la tenue luce delle candele. Alzò una mano e tra le sue dita lasciò ondeggiare una catenina d’oro da cui pendeva un sottile cerchio di metallo.
“Non avrebbe mai potuto, finché aveva addosso questa.”


 

Note:
Chiedo umilmente perdono se non rispondo alle vostre recensioni ma sono di frettissima stasera e lo farò non appena mi rimetterò al computer. Vi sono comunque grata delle vostre opinioni e spero che questo capitolo valga a farmi momentaneamente perdonare.
Scappo, a presto, e grazie ancora!


*Angolo pubblicità* As usual, pubblicizzo la mia storia originale, che ho aggiornato con il terzo capitolo: Martini&Cioccolato (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3348756&i=1). Vi aspetto anche con Dana e Max, i protagonisti di questa pazza commedia romantica ;)

   
 
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